3.
«Pronta a partire?» chiede Maddie raggiante entrando in camera mia.
«Più o meno», rispondo incerta dando un'ultima occhiata allo zaino che Maddie mi ha detto di preparare senza darmi informazioni su cosa metterci dentro.
«Cos'è quella faccia? Un po' di entusiasmo, no?» mi rimprovera.
«Se mi dicessi dove stiamo andando magari potrei essere più entusiasta», mi lamento chiudendo la zip a fatica.
«Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa! Non ti fidi di me?» mi guarda con espressione innocente.
«Considerando quello di cui potresti essere capace, no», le sorrido mentre lei si finge offesa.
Per tutta la settimana, da quando ho saputo di questo misterioso regalo per il mio diciottesimo compleanno, ho provato a carpire qualche informazione da mia zia e addirittura ho cercato di corrompere Ashley ma niente, non si sono lasciate sfuggire neanche un particolare. Mia nonna ha addirittura fatto finta di non sapere nulla. Maddie deve averle minacciate seriamente.
«Forza ragazze, sbrigatevi altrimenti farete tardi», ci richiama zia Annie dal piano di sotto.
«Non sei ancora andata in pasticceria?» le chiedo scendendo le scale.
«C'è già la nonna, io la raggiungo tra poco. Le fan di Henri Byles non si presenteranno prima delle dieci, come ogni sabato, quindi me la posso prendere con comodo», sorride.
«A distanza di due mesi vengono ancora con la speranza che lui passi di nuovo di lì?» si intromette Maddie con le sopracciglia alzate per lo stupore.
«Beh, all'inizio venivano per quello ma adesso vengono perché i nostri dolci le hanno conquistate», risponde seria mia zia.
Non sono sicura che sia veramente così ma quello che conta è che, grazie alla pubblicità gratuita che ci ha fatto Henri, i clienti anzi le clienti, sono aumentate sensibilmente. Ci sono stati giorni in cui abbiamo avuto difficoltà a soddisfare tutte le richieste nonostante fossimo tutte e quattro presenti. È stato faticoso ma anche estremamente soddisfacente.
«Te l'avevo detto che avresti fatto morire d'invidia tutta la scuola», esclama la mia amica soddisfatta. Neanche fosse lei l'oggetto di tutte quelle attenzioni.
«Non me ne parlare», alzo gli occhi al cielo. «Ho gli occhi di quasi tutte le ragazze dell'istituto puntati addosso da quando hai appeso quella maledetta foto in pasticceria, zia».
«Vogliono tutte diventare sue amiche», aggiunge Maddie.
«Non mi sembra così male, no?» propone mia zia.
«Per favore, almeno per questo weekend vorrei non parlare di Henri Byles o delle sue fan», congiungo le mani a mo' di preghiera rivolgendomi principalmente alla mia amica. Lei accetta annuendo. Vediamo quanto resiste.
Dopo due ore di treno arriviamo finalmente a destinazione. Maddie ha cercato di tenermela nascosta il più a lungo possibile ma mi sono rifiutata di rimanere per tutto il viaggio bendata e con la musica ad altissimo volume sparata dalle cuffiette. Così, ha dovuto arrendersi e farmi scoprire la meta mentre aspettavamo il treno in stazione.
Londra. Non riesco a smettere di sorridere da quando l'ho scoperto.
Londra è la città dei miei sogni. Dove vorrei trasferirmi a settembre per andare a studiare alla University College London. Mi immagino già perdermi nei suoi lunghi corridoi o passeggiare in uno dei giardini del campus. Le enormi aule piene di studenti, la biblioteca e tutto il resto.
Ho controllato il loro sito da cima a fondo decine di volte. Mi sono studiata anche la mappa del campus e tutto ciò che sta attorno. Manca solo quella dannata lettera di ammissione che, però, potrebbe non arrivare mai.
«Ehilà, c'è nessuno?» Maddie interrompe il mio sogno passando ripetutamente la mano di fronte al mio viso.
«Scusa, ero sovrappensiero. Stavi dicendo?»
«Andiamo prima in hotel a lasciare le nostre cose, poi potrò finalmente accompagnarti a vedere il tuo futuro college», annuncia elettrizzata.
«Non so ancora se sarò ammessa», replico preoccupata.
«Si, certo. Come potrebbero lasciarsi sfuggire una come te?» risponde tranquilla.
Mi limito ad accennare un sorriso per evitare di approfondire il discorso. Non voglio pensare troppo alle poche probabilità che ho di entrare in uno dei college migliori del mondo, mi rovinerei la giornata.
«Perché, invece, non ci andiamo subito?» la prego con lo sguardo oltre che con le parole.
«Va bene», sbuffa, «poi prova a dire che non faccio nulla per te», mi punta l'indice in segno di avvertimento. «Dopo la visita, però, facciamo tutto quello che voglio io, ok?» continua.
«Come sempre», le ricordo.
Prendiamo la metro fino alla fermata più vicina a Bloomsbury Street e proseguiamo a piedi fino all'entrata della UCL. Superiamo il cancello e il vialetto e ci ritroviamo davanti all'edificio principale dove si trova la biblioteca. La si riconosce subito grazie alle alte colonne che sembrano quasi proteggerla e ai tantissimi studenti seduti sulle panchine sottostanti. L'intero complesso è maestoso. Gli studenti vanno e vengono da talmente tante direzioni diverse che non posso fare a meno di girarmi attorno con la bocca spalancata.
«Se fai un altro giro con la bocca aperta, ti si riempirà di moscerini», mi prende in giro Maddie. «Da questa parte», mi fa strada come se sapesse davvero dove andare.
Entriamo in una piccola porta laterale e mi sembra di essere in paradiso. I corridoi sono esattamente come me li ero immaginati: ampi e molto luminosi, con scrivanie su entrambi i lati. Curiosiamo qua e là ma sembra di stare in un labirinto, ogni porta conduce ad un nuovo corridoio che si snoda in due o più direzioni. Ci sembra di passare sempre per uno stesso punto ma alla fine troviamo l'uscita e ci dirigiamo verso uno degli altri edifici del campus. Maddie mi segue paziente senza mai lamentarsi ma dopo quasi tre ore di visita comincia a mostrare segni di insofferenza.
Dopo esserci fermate a mangiare qualcosa la sua espressione migliora notevolmente ma credo che ne abbia abbastanza di aule e corridoi così le propongo di tornare in hotel e poi proseguire la visita al resto della città.
Nonostante la stanchezza per le ore di camminata ininterrotta e la pesantezza dei nostri zaini, decidiamo di tornare in albergo a piedi. In fondo sono solo due chilometri, non dovrebbero fare molta differenza, no?
Mi volto un'ultima volta verso la UCL e spero con tutto il cuore che questo sia un arrivederci a settembre. Se così non fosse, ho diversi piani di riserva, ho inviato talmente tante domande che quasi non ricordo più dove ma, dopo la visita di oggi, sono ancora più convinta che sia questo il posto che fa per me. L'atmosfera era così rassicurante. Certo, anche spaventosa, con gli enormi spazi al chiuso e all'aperto in cui di sicuro mi perderei ma ogni cosa in quel posto sembra essere lì per accogliere gli studenti. Perfino Maddie ha avuto una buona impressione, lei di solito trova sempre qualcosa da criticare.
Non ha smesso di parlare da quando abbiamo finito di mangiare. Le mie giornate saranno decisamente noiose senza di lei.
La mia faccia deve essersi rabbuiata perché Maddie non tarda ad interrompere i miei pensieri.
«Se ti va, più tardi possiamo andare a visitare un museo a tua scelta», propone con entusiasmo. In realtà, lei odia i musei, deve aver intuito la negatività dei miei pensieri e sta cercando di distrarmi.
«Come farò senza di te?» le domando affranta.
«È questo che ti preoccupa?» mi guarda come se le avessi chiesto la cosa più sciocca al mondo.
«Sono seria, Maddie. Abbiamo inviato domande di ammissione in college diversi quindi qualunque sia la nostra futura università, non la frequenteremo insieme», piagnucolo continuando a camminare al suo fianco.
«Non sono nemmeno sicura che continuare gli studi sia davvero la mia strada», ribatte subito. «Potrei anche trasferirmi qui a Londra per fare la barista», aggiunge scherzando. La fulmino con lo sguardo ma lei fa finta di nulla.
«Annie, saremo lontane al massimo qualche ora. Ci vedremo molto più spesso di quanto pensi. Sarai talmente impegnata a studiare che non avrai tempo nemmeno per sentire la mia mancanza», mi tranquillizza. «E poi ti farai nuove amiche, magari anche qualche amico», dice ammiccando.
Le do una gomitata e mi metto a ridere. È proprio questo che mi mancherà di più: la sua allegria contagiosa, il suo entusiasmo nel raccontare le cose, le sue battute e la sua sfacciataggine.
«Dov'è finito il tuo entusiasmo per la UCL? È un anno che non parli d'altro, ora non vuoi più andare?» mi provoca.
«Certo che voglio andare! Ma sai che non dipende da me», rispondo imbronciata.
«Ancora con questa storia che non ti prendono? Il tuo nome è già inserito in uno dei loro registri dei futuri ammessi, lo vuoi capire?» alza gli occhi al cielo.
«Forse sì, ma non posso permettermi di convincermene perché se non fosse così la delusione sarebbe troppo grande», ammetto infine.
«Questo tuo pessimismo è snervante», risponde scocciata.
«Non sono pessimista, sono realista. Sai quante possibilità ho di entrare alla UCL? Il dieci per cento, cioè entra una persona su dieci», sono un po' più aggressiva di quanto vorrei.
«Beh, non è male. Quante possibilità c'erano che Henri Byles finisse nella tua pasticceria, una su un mille?» si porta l'indice al mento come se ci stesse davvero riflettendo.
«Cosa c'entra adesso Henri Byles?», replico infastidita. «Ti sei proprio fissata. Non riusciamo a non parlare di lui per una giornata intera...» continuo a lamentarmi, sono un fiume in piena. Ma lei, stranamente, non ribatte.
«E qual è la probabilità di incontrare Henri Byles due volte in meno di tre mesi?» mi chiede indicando qualcosa dall'altra parte della strada.
Non so come, siamo finite davanti alla sede della BBC Radio e da un furgoncino nero sono appena usciti i Just Us. Si guardano attorno, forse a controllare che non ci siano fan urlanti e si dirigono verso l'ingresso. Il vialetto è vuoto a parte noi due che li fissiamo inebetite. Credo che Maddie stia per avere un infarto mentre io sono ancora immobile per la sorpresa.
Henri si volta verso di noi poco prima di entrare e ci nota all'istante. Probabilmente pensa che siamo delle fan (beh, Maddie in realtà lo è) ma, dopo essersi sporto in avanti per osservarci meglio, il suo viso si allarga in un bellissimo sorriso e alza la mano a salutarmi.
«Credo ti abbia riconosciuto», bisbiglia Maddie.
Rispondo al saluto accennando un sorriso imbarazzato. Lui si allontana dal resto della band e viene verso di noi.
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