17.
«Allora, ti ha già chiamato oggi?» esordisce Maddie entrando nella mia stanza.
«Di chi stai parlando?»
«Come se non avessi capito», alza gli occhi al cielo.
«Guarda che non mi chiama tutti i giorni. Ci sentiamo quando capita», sbuffo infastidita richiudendo la porta dietro di lei.
«Da quando è partito quante volte è capitato, tre, quattro volte a settimana? Senza contare i messaggi». Quanto le piace smentirmi, non perde occasione per mostrare il ghigno di soddisfazione che sta sfoggiando anche adesso.
«Sei la solita esagerata». Ci siamo sentiti meno di quanto lei pensi ma, come al solito, è convinta del contrario e non vuole sentire ragioni. A che scopo poi?
Contro ogni mia aspettativa, qualche giorno dopo la sua partenza, Henri mi ha chiamato davvero. Doveva essere una telefonata breve, invece siamo rimasti a chiacchierare per quasi un'ora. Ho volutamente parlato poco e ascoltato molto, Henri mi ha raccontato delle interviste, degli incontri con le fan, le foto, gli autografi, gli impegni per promuovere il disco incastrati uno dopo l'altro come tessere di un puzzle, le risate senza senso di Nick, le imitazioni di Lucas. La chiacchierata si è ripetuta altre volte nei giorni successivi. Una di queste sono anche riuscita a salutare i ragazzi e a scambiare due parole con Nick che mi ha ufficialmente invitata a passare a trovarli la prossima volta che saranno in città. E ora, Maddie crede che ci sentiamo ogni santo giorno e chissà quali altri film mentali si è fatta.
«Ma perché non lo ammetti? Non c'è niente di male», insiste con quel suo fare da maestrina. Vuole mettermi alle strette e farmi confessare cosa, di preciso?
«Cosa dovrei ammettere? Ti ho già detto che ogni tanto parliamo al telefono. Non tutti i giorni come pensi tu, solo qualche volta. Siamo amici, è normale tenersi in contatto», rispondo crollando sulla sedia di fronte alla mia scrivania, esasperata. Si può essere più petulanti di Maddie?
Lei scoppia in una risata esageratamente rumorosa mentre io resto a fissarla allibita.
«Cosa c'è di tanto divertente?» chiede curiosa Vic entrando in camera.
«La tua coinquilina ha appena detto la cosa più assurda del mondo», le dice continuando a sghignazzare. La fulmino con lo sguardo, per colpa della sua boccaccia Vic ci riempirà di domande e non posso parlarle di Henri, non avrei dovuto dirlo nemmeno a Maddie viste le continue frecciatine e il terzo grado che mi riserva quotidianamente.
«Cioè?» indaga la mia compagna di stanza, scrutandoci con i suoi occhioni verdi.
Perfetto, ora cosa ci inventiamo? Lancio uno sguardo a Maddie ma, stranamente, non sembra avere la risposta pronta.
«Le ho detto che secondo me esiste l'amicizia tra uomo e donna mentre lei sostiene il contrario», sparo su due piedi. Non è la verità ma è attinente a quello di cui stavamo discutendo.
«Non la trovo una cosa così assurda», conferma Vic con un velo di delusione negli occhi, sono convinta che si aspettasse un argomento molto più interessante.
Maddie rimane stupita per la mia prontezza di risposta ma, in un attimo, si ricompone e si inserisce nella discussione. «Se i due passano tutto il tempo a loro disposizione a sbaciucchiarsi, non credo si possano definire amici», infierisce guardandomi soddisfatta.
«Chi sono questi due sbaciucchioni? Voglio i dettagli». Ora sì che abbiamo stuzzicato la sua curiosità. Incrocio le braccia al petto per resistere all'impulso di prendere per i capelli Maddie e le rifilo lo sguardo più cattivo che riesco a fare.
«Due del mio corso che si ostinano a negare di stare insieme», le spiega Maddie ignorandomi.
«Che ne dite se ci mettiamo a guardare il film? Cos'hai portato Maddie?» cambio rapidamente discorso, le minacce mute che le sto urlando con gli occhi abbastanza chiare da impedire ogni suo tentativo di opporsi. Vorrei spostare l'attenzione su qualcosa che non abbia nulla a che vedere con me e Henri, almeno per stasera.
«Veramente, le ho detto che ci avrei pensato io», interviene Vic. «Non è un film, spero non vi dispiaccia». Estrae il suo portatile dalla borsa e si accomoda a letto, io e Maddie recuperiamo patatine e bibite prima di stenderci accanto a lei.
«In Italia non trasmettono mai questo programma in diretta. Cavolo, ci siamo già perse la prima mezz'ora», si lamenta appena parte il video.
Il rapper Tinie Tempah stringe il microfono tra le mani mentre apre un cartoncino. Davanti a lui, sopra un leggio che gli arriva poco sopra la vita, c'è una statuetta a forma di uomo dipinto orizzontalmente con i tre colori della bandiera inglese e la scritta BRIT su tutta la lunghezza. Solo così realizzo cosa stiamo guardando e ne ho la conferma quando il cantante pronuncia il nome del vincitore della categoria: i Just Us.
Ho proposto questa serata tra donne proprio per distrarmi ed evitare di andare a sbirciare i Brit Awards nella speranza che Henri venisse inquadrato almeno una volta e Vic, ragazza italiana che non dovrebbe nemmeno conoscere l'esistenza di questa premiazione, decide di guardare proprio questo. L'universo deve avercela con me.
La telecamera inquadra i cinque ragazzi che si alzano dalle loro sedie esultando e abbracciando le altre persone al tavolo con loro. Henri è il primo a dirigersi verso il palco dopo aver dato il cinque a Zack. Passa un microfono a Lucas mentre sale le scalette e prosegue fino al centro del palco dove Tinie gli porge la statuetta.
Rimango immobile, probabilmente a bocca aperta, a fissarlo. Indossa un completo grigio, una camicia bianca e un papillon nero. È davvero elegante. Lucas è il primo a parlare, dedica il premio alle fan e le ringrazia per tutto il sostegno che hanno dimostrato loro. Poi è il turno di Henri, sentire la sua voce bassa ma così avvolgente mi fa venire i brividi. Continuo a guardare la scena in silenzio finché James Corden, il presentatore, ringrazia i ragazzi e introduce la categoria successiva. Sono inspiegabilmente agitata, faccio finta di niente ma vedo che Maddie mi guarda di sottecchi. Quella per il British Single era la loro unica candidatura quindi, per il resto della serata, non saliranno più sul palco e forse è proprio questo che mi innervosisce. È proprio questo che volevo evitare. Non vedo Henri da quasi due mesi e poterlo guardare attraverso quello schermo ha risvegliato in me la voglia, chiusa a forza dentro un cassetto, di incontrarlo di nuovo di persona.
Cerco di rilassarmi e di godermi le esibizioni di Adele, Bruno Mars e tutte le altre premiazioni ma quasi salto giù dal letto quando James raggiunge il tavolo dei Just Us e scambia qualche parola con Lucas e Henri. Niente di troppo rilevante, qualche battuta e si passa alla pubblicità ma questo basta per farmi sorridere.
Resisto a fatica fino alla fine della diretta, poi mi metto subito a letto con la scusa di essere molto stanca e la consapevolezza che mi aspettano sogni tutt'altro che tranquilli visto lo stato d'animo in cui sono dopo aver posato di nuovo gli occhi su quei riccioli.
Apro gli occhi come se di colpo non avessi più sonno e mi accorgo che sono ancora le due e quarantasette del mattino. L'idea di unire il mio letto con quello di Vic e dormire tutte e tre insieme non si è rivelata molto azzeccata, Maddie non sta ferma nemmeno mentre dorme. D'altronde, l'alternativa sarebbe stata farla dormire per terra quindi stringerò i denti ancora qualche ora fino a quando lei tornerà al suo dormitorio dall'altra parte della città.
Vado in bagno a rinfrescarmi un po' e torno a letto cercando di non fare rumore, per fortuna le mie amiche dormono profondamente. Una luce improvvisa, proveniente dal mio cellulare, attira la mia attenzione. Avvicinandomi, noto che ci sono diverse chiamate perse e questo mi allarma all'istante. Non sono mai buone le notizie date durante le telefonate notturne.
Mentre apro il menù per vedere chi mi abbia cercato, appare la schermata di una chiamata in arrivo da un numero che non conosco. Corro in bagno e, con mano tremante, rispondo.
«Pronto?» bisbiglio, la voce ancora roca.
«Ciao Annie», mi saluta una voce sommessa e traballante.
«Chi è?»
Preoccupata, vaglio mentalmente tutti gli scenari possibili e mi preparo al peggio.
«Sono Henri, non mi riconosci più?»
«Ma sei pazzo a chiamarmi a quest'ora, mi hai fatto venire un infarto!» lo rimprovero sottovoce mentre continuo a girare per il microscopico bagno.
«Scusa, non mi sono reso conto che fosse così tardi», biascica in modo quasi incomprensibile.
«Sei ubriaco?» ribatto divertita.
«No, abbiamo solo festeggiato il nostro primo Brit Award. Sai che abbiamo vinto?» mente spudoratamente in un farfuglio entusiasta.
«Sì, lo so», sorrido ripensando all'effetto che mi ha fatto vederlo al pc.
«Scendi giù e ti faccio vedere la statuetta», propone tranquillamente come se mi stesse chiedendo di andare a prendere un gelato insieme.
«Giù dove?» chiedo confusa.
«Esci dal dormitorio, sono qui sotto», mi esorta, la voce impastata d'alcool.
«Non dire cavolate, sono quasi le tre del mattino». Mi vedo già uscire e non trovare nessuno mentre lui ride all'altro capo del telefono.
«Non sto scherzando, sono qui». Il suono di un clacson molto vicino rimbomba nel silenzio della notte. «Hai sentito?» continua a suonare.
«Smetti subito o sveglierai tutto il dormitorio», gli intimo alzando la voce.
Apro piano la porta del bagno e controllo che le mie amiche non si siano accorte di nulla. «Dammi un paio di minuti e sono lì». Riattacco senza aspettare la sua risposta.
Esco dal bagno, infilo il cappotto e le scarpe e mi precipito giù per le scale con il cuore in gola.
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