11.

Comodamente stesa a letto, scorro le foto del mio cellulare per decidere quali stampare e mettere nell'album di famiglia. Alla fine, nonna Eloise me ne ha regalati altri due dopo il diploma, avevo troppi scatti da conservare. Anche ora, è difficile scegliere, ne abbiamo fatte tantissime durante questo periodo di feste. Non so quali scegliere: io e mia zia mentre addobbiamo l'albero; io ed Ashley che scartiamo i regali ancora in pigiama; il pranzo di Natale tutte quattro insieme; Maddie con la faccia ricoperta di farina mentre aiutava mia nonna a fare un dolce; io e lei vestite eleganti prima di andare alla festa di Capodanno.
Le foto del post festa è meglio evitarle, Maddie non si ricordava nemmeno quale fosse casa sua. Le ho perfino fatto un video, dopo averla stesa a letto, in cui ride a crepapelle e dice che la stanza le ruota attorno e balla solo per lei. Credo proprio che potrà tornarmi utile per minacciarla o dissuaderla da una delle sue mille idee folli.
Guardo ancora le foto dalla più recente alla più vecchia e, inaspettatamente, mi ritrovo davanti a otto volti sorridenti. Sono tutti rivolti verso l'obbiettivo tranne due, leggermente girati l'uno verso l'altro mentre si guardano e sorridono. Io ed Henri.
Ci sono altre due immagini simili ma in nessuna di queste abbiamo gli occhi puntati verso la fotografa. È come se fossimo in un mondo a parte, come se non ci accorgessimo di tutto ciò che ci stava attorno.
Sono stata così presa dalle giornate passate in famiglia e dai ricordi della nottata passata a baciarci – soprattutto da questo, in effetti – da essermi dimenticata di queste foto fatte nel backstage.
La voce di Maddie proveniente dall'ingresso mi ridesta dai miei pensieri, mi affretto a chiudere la galleria prima che entri in camera e fingo di leggere un libro. Non mi va proprio di sentire i suoi soliti commenti su Henri e i Just Us, anche se so che prima o poi dovrò raccontarle tutto e allora sì che saranno guai. Tra pochi giorni riparto per Londra, magari le confesso tutto all'ultimo secondo prima di salutarci o direttamente al telefono dal dormitorio così non dovrò sentire la sua strigliata d'orecchie.
«Hai presente Tom, quello della festa di Capodanno?» inizia a parlare senza neanche salutarmi, come al solito.
«Mh sì», rispondo incerta sollevando lo sguardo dalle pagine che, in realtà, non sto leggendo.
«Mi ha appena scritto per chiedermi di uscire. Non mi ricordo nemmeno di avergli dato il mio numero», si sdraia sul letto accanto a me. «Spero sia carino. Ti ricordi com'è?»
«Certo che me lo ricordo, non ero mica ubriaca come te», le faccio una linguaccia.
«Sei la solita puritana. Quand'è che cominci a divertirti?» passa subito al contrattacco tenendo il volto girato verso di me.
«Ci sono tanti modi di divertirsi anche senza bere fino a star male», ribatto in tono saccente mettendo un finto muso.
«Sentiamo, quali sarebbero questi altri modi?»
Tipo baciare Henri contro un muro di un vicolo non illuminato in una notte gelida di dicembre. Ma tu questo non lo sai ancora.
Sospiro e metto definitivamente da parte il libro, appoggiandolo sul comodino alla mia destra. «Visto che bere è tanto divertente, ti è piaciuto anche vomitare per ore il giorno dopo?» svio la sua domanda.
«Mi sembri mia madre. Ma quanti anni hai, quaranta?»
«Non ti ci mettere anche tu con questa storia dei quarant'anni anni», sbuffo tirandomi su e mettendomi a sedere.
«Perché, chi altro te l'ha detto?» aggrotta le sopracciglia, confusa.
«Niente, lascia stare», mi metto a giocherellare con la manica del mio maglione per paura che, guardandomi negli occhi troppo a lungo, possa scoprire che le sto nascondendo qualcosa. «Piuttosto, cosa hai intenzione di rispondere a Tom?»
«Penso che accetterò».
L'ho scampata per un pelo. Stavo per tradirmi con le mie stesse parole.
«Se è carino e non è idiota, potrei finalmente passare una bella serata. Non faccio sesso da una vita», ammette senza imbarazzo. Scuoto la testa ridacchiando, è un caso irrecuperabile.
«Ma pensi sempre a quello?» le do un leggero colpo sulla gamba.
«No, mia cara. Io ci penso il giusto, sei tu che non ci pensi mai». È una mia impressione o mi sta davvero rimproverando per questo?
«Ancora questo discorso. Lo sai che non è...»
«Non è una tua priorità», mi interrompe imitando la mia voce. «Sì, certo come no. Se non ti manca il sesso significa che quello con cui l'hai fatto non era un granché», alza un attimo lo sguardo su di me per poi tornare a guardare lo schermo del suo cellulare.
Povero Daniel, distrutto dalla mia amica in quattro parole. Ma, forse, non ha tutti i torti. L'amore con lui è sempre stato piuttosto tiepido. Niente a che fare con la passione, il desiderio di cui mi parla sempre Maddie o il fuoco che ho provato baciando Henri. Dio, quanto vorrei tornare indietro nel tempo a quella notte. Vorrei farla durare di più.
Sto per controbattere quando il mio telefono comincia a squillare. Lo prendo da sopra la scrivania e controllo lo schermo. È un numero che non ho memorizzato in rubrica. Strano.
«Pronto?» faccio qualche passo dando le spalle al letto.
«Ciao Annie, come stai?» una voce profonda ma allegra mi saluta. Mi sembra di riconoscerla. Possibile che sia...?
«Henri?» domando sgranando gli occhi. Maddie alza subito il viso verso di me e mi osserva.
«Sì, sono io. Volevo augurarti buon anno», mi sembra un po' nervoso. Il mio cuore si agita in risposta, torno a sedermi sul letto per evitare che le gambe mi cedano.
«Grazie, buon anno anche a te», rispondo impacciata mentre penso a qualcosa da aggiungere. «Dove hai trovato il mio numero?»
«Ho le mie conoscenze», resta vago.
Maddie si alza di scatto e gattona verso di me facendo sobbalzare il materasso. Accosta l'orecchio al cellulare per sentire la conversazione ma io la scanso con una gomitata.
«Dove sei adesso?» domando ancora mentre cerco di tenere lontana la mia amica.
«Siamo a Birmingham ma subito dopo il concerto di stasera ripartiamo per Plymouth per lo spettacolo di domani, poi Nottingham, Brighton e tutte le altre».
«Ti aspettano giorni impegnativi, insomma», mi limito a replicare mentre continuo a lottare con la mia amica impicciona.
«Quando torni a Londra per le lezioni?»
«Lunedì, perché?»
Maddie prova ancora ad avvicinarsi ma con una spinta, la faccio ricadere di schiena sul letto così ho il tempo di correre fuori dalla camera e chiudermi in bagno prima che lei mi raggiunga.
«Che stronza!» la sento urlare.
«Ehi, tutto ok? Cos'è stato quel rumore?» mi chiede Henri divertito.
«Niente, niente. Stavi dicendo?» spero non indaghi ulteriormente.
«Dicevo... martedì e mercoledì saremo all'Hammersmith ma noi arriveremo a Londra già da lunedì e così pensavo che... ecco, se ti va... potremmo rivederci», propone tentennando. Se mi va? C'è anche bisogno di chiederlo?
«Certo. Cosa avevi in mente?» tento di non mostrare troppo sfacciatamente l'entusiasmo.
«Poi vedrai. Ti passo a prendere nel pomeriggio, ok? Inviami l'indirizzo del tuo dormitorio».
«Di nuovo con la macchina di Paul?» sto sorridendo come una scema.
«Forse, è un problema?»
«No, nessun problema ma facciamo in modo di mangiare prima, altrimenti dovrò riportarti alla serra e non credo che sopravvivresti ad un'altra fuga da Marlon», scoppio a ridere ricordando l'espressione di paura che aveva dopo essere stato inseguito dal cane del signor Wilson.
«No, grazie. Quella parte possiamo saltarla. Mi è piaciuto molto di più quello che è successo subito dopo», pronuncia in tono malizioso provocandomi una fitta allo stomaco.
«Muoviti Henri, dobbiamo iniziare il sound check», sento qualcuno in sottofondo, mi sembra di riconoscere la voce di Nick.
«Scusa, devo andare. Ci vediamo lunedì, allora».
Chiudo la chiamata e mi lascio cadere a terra non riuscendo a smettere di sorridere e di pensare ai suoi occhi, ai suoi ricci, alle sue fossette. Mi prendo qualche minuto per calmarmi e prepararmi all'interrogatorio che mi attende oltre la porta del bagno. Quando la apro, infatti, trovo Maddie ad aspettarmi lì davanti con le braccia incrociate al petto e una faccia che non promette niente di buono. Il mio piano di tenerle tutto nascosto fino al giorno della mia partenza è definitivamente fallito con quella telefonata.
«Mi sa che devo raccontarti una cosa», ammetto con aria innocente e un sorriso tirato. Lei mi prende per un braccio e mi trascina in camera chiudendo a chiave la porta alle mie spalle.
«Così mi fai paura», mi sfugge una risatina nervosa.
«Non divagare. Raccontami ogni dettaglio», mi mette subito alle strette. Non ho scelta, devo arrendermi.
«Ecco, hai presente il giorno del concerto? Quando eravamo nel backstage Henri mi si è avvicinato e mi ha chiesto di incontrarci dopo lo spettacolo».
Lei rimane incredibilmente in silenzio per tutto il racconto. Si lascia sfuggire solo qualche oh ma le sue espressioni sono favolose: un crescendo di curiosità, stupore e gioia. Fino ad arrivare alla sua bocca spalancata mentre le racconto del vicolo e di come non sentissimo minimamente il freddo, persi com'eravamo ad assaporarci.
«Non posso crederci! Hai baciato Henri Byles e non me l'hai detto. Avresti dovuto chiamarmi il giorno stesso», sbraita. Perché deve sempre urlare così forte?
«Shhhh, abbassa la voce che ti sentono anche i vicini», provo a contenerla.
«Ma ti rendi conto? Tu ed Henri», esclama entusiasta, con occhi sognanti.
Stento ancora a crederci ma sì, è successo davvero. Le sue labbra morbide contro le mie, quei ricci indomabili tra le mie dita e quello sguardo un po' perso che aveva quando ci staccavamo, come se fosse ancora immerso nei nostri baci. Quante ore mancano a lunedì?
«Cosa ti ha detto al telefono?» domanda con voce stridula.
«Mi ha chiesto di rivederci», cerco di dirlo come se non mi importasse più di tanto mentre il mio stomaco, al contrario, sta facendo le capriole per l'emozione.
«Aspetta», sbotta d'un tratto facendomi sobbalzare.
«Che c'è?»
«Ecco perché si sono lasciati», conclude ad alta voce il ragionamento fatto solo nella sua testa.
«Ma chi?» non ci sto capendo niente, ovviamente.
«Uffa, possibile che tu non sia mai al corrente di niente? Sembra che Henri e la sua amichetta si siano lasciati. Scommetto che è stato lui a mollarla dopo quella serata passata con te», squittisce euforica con un sorriso inquietante.
Di certo, non si può dire che la mia amica non abbia una gran fantasia. Come faccia ad elaborare simili teorie in pochi secondi mi è ancora del tutto incomprensibile, nonostante la conosca praticamente da sempre.
«Non cominciare con i tuoi soliti sproloqui», la avverto minimizzando le sue parole.
«Oh, sta' zitta. Non credere che te la farò passare liscia per avermi tenuto nascosto così a lungo un fatto così importante. Ho talmente tante cose che mi passano per la testa che non so da dove cominciare», dice tutto d'un fiato scuotendo l'indice verso di me come se stesse sgridando un bambino. La guardo terrorizzata. Forse dovrò davvero ricorrere a quel video per tenere a bada quella sua bocca sputasentenze. 

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