Capitolo I
«Jessie! Come stai?» mi salutò Charles solo dopo che mi fui guardata attorno e, constatando che non c'era nessuno, gli buttai le braccia al collo.
Solo lui mi chiamava Jessie, tutti gli altri invece mi chiamavano Jessamine.
Secondo loro era un nome che trasudava onore.
Bah.
«Sono esausta! Quest'anno c'erano il triplo delle persone degli anni passati» confessai, mettendo le mani sui fianchi. Impresa piuttosto ardua, dato il vestito molto pomposo che indossavo.
La mia balia quella mattina mi aveva acconciato i lunghi capelli biondi in due spesse trecce, che mi facevano sembrare la classica principessina da fiaba. Ed ero anche truccata troppo per i miei gusti.
Nel frattempo, Charles mi guardava con fare preoccupato e protettivo, con quei capelli castani e gli occhi verdi che mi trasmettevano calore.
Era davvero un bel ragazzo, strano che non si fosse ancora sposato.
Diceva sempre che lo avrebbe fatto quando avrebbe trovato la persona giusta, e io non potevo fare a meno di sperare il meglio per lui.
«Ci vediamo stasera?» mi chiese, abbassando la voce.
Annuii convinta e sorridente.
Mi metteva sempre di buon umore parlare con lui.
«Principessa» mi chiamò una voce femminile.
Mi girai e vidi la mia balia affrettarsi verso di me.
«Oh, balia, quante volte vi ho detto di chiamarmi per nome?» le ricordai, sorridendo.
Era come una seconda mamma per me, forse anche migliore della prima.
«Oh, avete ragione, Jessamine».
Faceva molta fatica a non chiamarmi come avrebbe dovuto ma io le volevo molto bene e non volevo si rivolgesse a me come chiunque altro.
«Ditemi» la incoraggiai.
«Il Re, vostro padre, mi ha mandato a convocarvi, pare sia urgente. Vi prego di seguirmi» disse lei, torcendosi le mani.
Brutto segno. Pessimo.
Deglutii.
«Arrivo» le promisi, poi mi girai verso Charles, ancora più preoccupato di prima.
Sapevamo entrambi che quel giorno sarebbe arrivato.
«Andrà tutto bene» mi rassicurò, abbassando la voce.
«Sì, tutto bene» dissi, più per convincere me stessa che lui.
«Jessamine?» mi chiamo stranita la mia balia.
Nemmeno lei sapeva del mio rapporto con Charles, nessuno avrebbe dovuto scoprirlo, sarebbe stato troppo pericoloso.
Ed era chiaramente stranita a causa del tono informale che avevo nei confronti di Charles, che secondo lei era un umile contadino e niente più.
«Arrivo» ripetei.
«Murray? Charles Murray?» chiese la balia indicandolo.
Accidenti.
«Sì, signora» rispose lui.
«Oh! Mi ricordo di te, mi aiutavi a badare alla Principessa».
Scorsi Charles in difficoltà, la balia era anziana ma non stupida.
«Non dovevamo andare?» intervenni.
«Certo, seguitemi» mi rispose la donna, e si incamminò.
Mi voltai per seguirla, salutando Charles con la mano.
Ci inoltrammo nei corridoi del castello, per giungere alla sala dove si trovava mio padre.
Tutte le pareti erano ornate di arazzi che ritraevano gli innumerevoli successi del Regno, avvenuti prima del governo di mio padre.
Guardavo la balia, Esmeralda, mentre la seguivo. Aveva un portamento teso, per cui già sapevo a cosa sarei andata incontro.
Ma non avevo paura, non potevo permettermi di averla.
Portava sempre lo stesso vestito, triste e grigio, abbastanza largo per non far intravedere nessuna forma del corpo. Aveva il capo coperto da una cuffia ricamata, ma io sapevo che sotto si nascondeva una fluente chioma di capelli grigi. Era anziana, quell'anno andava per i sessant'anni ma era allo stesso tempo molto energica e grintosa.
Io, al contrario, ero costretta ad indossare ogni giorno un vestito diverso. I più bizzarri, di fogge che la mia fantasia non era nemmeno in grado di immaginare. Quel giorno indossavo un vestito celeste e pomposo. La gonna mi obbligava a tenere le braccia lontane dai fianchi, e mentre camminavo dovevo tenerla leggermente sollevata, sempre se non volevo ritrovarmi con la faccia per terra. Portavo una collana, regalo di mia madre, tempestata di gioielli che andava ad incastrarsi nell'ampia scollatura del vestito. Portavo anche una raffinata corona, molto più piccola e delicata di quella di mia madre o di mio padre. Ma era ugualmente bella e preziosa.
A dir la verità, invidiavo molto gli uomini, loro potevano indossare i pantaloni!
Sicuramente mille volte più comodi delle gonne.
Ammetto di averli provati... più di una volta.
Se qualcuno lo venisse a sapere mi butterebbero fuori dal Regno di Kahan a calci.
Avevo affidato dei soldi a Charles, rubati al Re, e gli avevo detto di andare da una sarta che non lo conosceva per commissionarle un completo da ragazzo, composto da una leggera camicia e un paio di morbidi pantaloni.
Ci era andato con la scusa che fossero per il figlio piccolo dei suoi amici, quando in realtà erano per me.
La prima volta che ho indossato il tutto era notte, io e Charles eravamo al nostro posto.
Mi ero nascosta dietro il cespuglio e, con fatica, ero riuscita a togliermi il mio vestito per mettermi quelli che mi aveva portato il ragazzo.
Appena mi ero fatta vedere da Charles, lui era scoppiato a ridere, non aveva mai visto una donna abbigliata come un uomo.
Una qualsiasi ragazza si sarebbe indignata se un ragazzo le fosse scoppiato a ridere in faccia, ma, per fortuna, il nostro rapporto andava oltre tutte quelle sciocchezze.
I primi minuti erano stati terribili ma poi mi ero abituata, i pantaloni erano mille volte più confortevoli dei vestiti che mettevano le dame, i quali rendevano quasi impossibile la respirazione.
E poi, volente o nolente, con la gonna non riuscivo a muovermi per combattere e usare la spada quindi i vestiti da uomo erano d'obbligo.
Fantasticando su Charles non mi resi conto che la balia mi stava schioccando le dita davanti al naso, a giudicare dalla sua espressione già da parecchio tempo, e che ci eravamo fermate davanti ad un’elegante porta di legno intagliato.
«Principessa!» mi chiamò esasperata.
«Jessamine» la corressi.
Alzò gli occhi al cielo.
Se lo avesse fatto con mia madre sarebbe stata licenziata.
«Sono cinque minuti che provo ad attirare la vostra attenzione! Vostro padre è di là. Buona fortuna»
«Me ne servirà» mormorai.
Poggiai le mani sulla pesante porta, inspirai, espirai e la spinsi.
Entrai nella stanza di mio padre.
In realtà era una sorta di sala di ricevimento del Re.
Le pareti erano dipinte di un rosso caldo e decorate con decine di teste di animali impagliati. Erano anche numerose le spade appese e le varie armi.
Notai mio padre, Thomas Wood, seduto alla scrivania, dopo aver soppesato con aria sognante tutte quelle armi, privilegio di pochi.
Il Re, invece, non mi aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno per un secondo. Lo guardai rispettosa e feci un piccolo inchino in segno di rispetto.
Un'altra cosa che non capivo era tutta questa formalità che si doveva tenere nei confronti dei propri genitori.
I suoi lucidi capelli neri erano stati pettinati all'indietro con cura, anche la barba era stata sagomata alla perfezione. Indossava, come sempre, la sua sontuosa corona e la sua miglior vestaglia, fabbricata con la pelle dei leoni.
Che spreco inutile.
Accanto a lui, in piedi, stava mia madre, Isabelle. Il suo atteggiamento era fiero, ma troppo impostato. Anche lei era bionda come me, e portava i capelli sempre raccolti, perché, come tutti, considerava una donna che si mostrava in pubblico con i capelli totalmente sciolti una donna volgare e di facili costumi.
Altra sciocchezza.
Invece, al centro della stanza, posto davanti ai sovrani, c'era un giovane uomo di circa vent'anni vestito molto elegante.
Aveva corti capelli castano scuro, tendente al nero, e occhi marroni.
Ma nel complesso non era affatto un bell'uomo.
Anzi, era proprio orribile.
Deglutii forse troppo rumorosamente e rivolsi uno sguardo rispettoso ma interrogativo a mio padre.
«Jessamine, ti presento il signor Deeds, stimato duca, in successione al Trono» esordì il Re indicando il giovane troll.
Io lo guardai e, con più indifferenza possibile, mi inchinai a lui.
«Piacere, Principessa Jessamine Wood» mi presentai pacatamente.
«Il piacere è mio, vostra grazia» mi sorrise.
Orripilante, meglio mentre stava serio.
«Il signor Deeds ha chiesto la tua mano, io e la Regina siamo propensi a concedergliela».
Strinsi le labbra in una linea sottile, dovetti contare fino a 175 per non saltare addosso a quel duca e fare una carneficina.
Sapevo che sarebbe arrivato questo momento, ma non con quel ragazzo.
Non volevo nemmeno pensare di essere troppo superficiale ma mi rivoltava l'idea di sposare quel tipo.
Il matrimonio in sé mi spaventava.
L'uomo, secondo la mentalità di tutti, era l'essere supremo, ragion per cui non sarei mai stata indipendente.
In conclusione, non volevo sposarmi, e se proprio doveva capitare lo avrei fatto per amore e non per profitto.
«Che ne pensi, cara?» mi chiese mia madre.
Strinsi i pugni mentre il mio battito diventava irregolare.
E adesso? Cosa avrei dovuto rispondere?
La bozza del mio piano era sposarmi ma poi conquistare il potere e impadronirmi del Regno, ma in quel momento sembrava una cosa così sciocca.
«Penso che per decidere sia presto» buttai fuori.
Pessimo errore.
Vidi lo sguardo di mio padre farsi duro.
Mia madre sgranò gli occhi e poggiò una mano sulla spalla del Re, che la cacciò via in malo modo.
Deglutii.
«La chiameremo noi, signor Deeds» lo congedò mio padre.
«Certamente» rispose lui, poi si inchinò e uscì.
«Ma chi ti credi di essere, ragazzina? Quel ragazzo è perfetto! È un ricco duca e sarà un ottimo Re per il Regno! Inoltre sarà in grado di farti vivere in maniera più che dignitosa per molto tempo, tu lo sposerai!» urlò mio padre alzandosi bruscamente dalla scrivania e sbattendo i pugni sul tavolo.
Sapevo che se fossi rimasta e avessi parlato avrei combinato solo un disastro, quindi uscii con le lacrime che minacciavano di sgorgare.
Corsi più veloce che potevo, infischiandomene se non era consono per una ragazza.
Mi diressi, sfrecciando tra i corridoi, verso il giardino non sorvegliato, per aspettare Charles.
L'unica persona con cui potevo parlare, l'unico che mi avrebbe ascoltata e capita e l'unico che mi avrebbe impedito di commettere un omicidio.
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SPAZIO AUTRICE
{- ultima revisione 27/02/2017 -}
Ciao ragazzi!
Scusate tantissimo per questo ritardo, ma con l'organizzazione del concorso #EnjoyIt non ho il tempo di combinare nulla.
Fatemi sapere che ne pensate con un commento e non dimenticate di far brillare una stellina!
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