61. "Burn!" Disse l'ambasciata
Amos è una tigre in una gabbia troppo piccola. È la trentesima volta che mi supera, mentre cammina avanti e indietro nel soggiorno di casa sua. Bofonchia improperi e frasi smozzicate, lanciando continue occhiate a suo marito.
Ford è seduto su una sedia accanto alla portafinestra aperta, il cellulare incollato all'orecchio. Sta cercando di mettersi in contatto con l'ambasciata americana in Brasile, ma è stato messo in attesa da circa dieci minuti.
"Da quanto non la sentite?" Domanda per l'ottava volta Sam. Ha i gomiti puntati sul tavolo, la testa tra le mani. Fino a un quarto d'ora fa sembrava più agguerrita, ma temo che l'ora - sono quasi le undici di sera - e la tensione stiano cominciando a far effetto. Anche sul viso di Chris si legge la stessa sofferenza: trattiene le mani in grembo e ci guarda, uno per uno, come se avessimo delle risposte da darle. Per la fretta di arrivare a casa De Luca ha indossato solo una gonna e una camicetta quasi normali, un abbigliamento non curato come al solito.
"Tre giorni." Ripete Amos.
"E quindi avete contattato Léo?"
"Già."
"E lui vi ha detto che..."
"Che è scomparsa in mezzo alla foresta! Dio, Sam!"
"Sto cercando di rendermi utile, cazzo!"
"Ripetendo cose che abbiamo già detto settemila volte?!"
"Cercando di fare il punto della situazione!"
"Ragazzi." Ruben interrompe l'alterco. Tra tutti sembra il più tranquillo. Io a causa della preoccupazione non parlo, ma Ruben... è strano sentirlo così quieto. È seduto di fianco a me e sembra attendere qualcosa. Non so se stia aspettando la risposta dell'ambasciata o cosa. Sembra un po' pallido, ma non teso. È questo che mi fa particolarmente paura. "Basta."
Amos sbuffa e ricomincia a macinare miglia a grandi passi.
"Perché cazzo non risponde nessuno?" Inveisce contro Ford. "Che cazzo li paghiamo a fare se non lavorano?"
"Forse è tardi." Oso dire, nel tentativo di essere utile. Non vengo degnato di uno sguardo e Ford fa un cenno spazientito al marito. Amos sbuffa di nuovo e qualcosa mi dice che vorrebbe tirare un pugno alla parete o rovesciare una sedia. Non l'ho mai visto così arrabbiato, nemmeno quando Eirene non passò il concorso per il lavoro di ricerca della NYU. È fuori di sé dalla preoccupazione: spettinato, le maniche rimboccate in disordine, la camicia abbottonata male. Sembra uno dei protagonisti di Narcos appena venuto a sapere della perdita di un intero carico di cocaina.
Cerco di fare umorismo per mantenere a bada la mia ansia. Avrei voglia di urlare.
"Magari non è davvero scomparsa." Abbozza Sam, molto più a bassa voce di prima. "Forse ha solo avuto un contrattempo."
"Un contrattempo. Davvero?"
"Senti, Amos..."
"Ssssh!" Sibila di colpo Ford, scattando in piedi e schiacciando il telefono contro l'orecchio. "Sì, salve. Sì, Baker e De Luca. Abbiamo chiamato già un paio di volte."
Ci irrigidiamo tutti, lo sguardo puntato su Ford che prende il posto di Amos camminando avanti e indietro. Stitola il suo smartphone con una mano, mentre tortura l'unghia del pollice dell'altra. Amos rimane in piedi, pugni chiusi contro i fianchi.
"Sì, signora. La signorina Georgalis. Non riusciamo a contatt-"
Ford si blocca, ascolta la voce acuta dall'altro lato della cornetta. Aggrotta la fronte.
"No. Non siamo suoi parenti." Altro silenzio. "No, nemmeno vincoli matrimoniali. Scusi, ma..."
Un altro silenzio e questa volta Ford diventa nervoso. "Senta, vogliamo solo un'informazione dal momento che non riusciamo a... no, siamo i suoi coinquilini, i suoi migliori amici."
"Cazzo, non vorrà mica..." Ringhia Amos, prima di scattare in piedi e tendere imperiosamente una mano verso Ford. "Passamela."
L'altro tituba per un istante, ma mentre scuote delicatamente la testa, Amos gli ruba il telefono dalle mani. "Senta, salve, sono il signor De Luca. Vogliamo sapere se avete registrato la sparizione della signorina Georgalis e... capisco che servirebbe un parente, ma Eirene vive con... mi lascia parlare, per cortesia? I genitori di Eirene non vivono in America, come pensa che... signora, per piacere, le sto chiedendo solo di dirmi se la ragazza sta bene, non chiedo molto."
La donna dell'ambasciata si lancia in un lungo sermone che irrita fin dalle prime battute il nostro amico. Lo capisco da come la sua mascella si contrae. I suoi occhi mandano bagliori furiosi. Ford conosce bene suo marito e tenta di riprendere il cellulare, ma Amos si volta di scatto e poi attacca: "Mi stia bene a sentire. Noi siamo la famiglia di Eirene. Me ne strafotto se per voi non valiamo un cazzo. Ora, le cose stanno così: o lei mi dà le informazioni che le ho chiesto o partirò seduta stante per il Brasile e me le andrò a cercare da solo e poi farò una capatina ai vostri piani alti per farmi rimborsare il viaggio."
Non è il modo giusto per trattare con la gente delle ambasciate. Forse nel mondo dei locali notturni la minaccia funziona, ma Amos ha ben poche speranze di spuntarla. Ne ho la certezza quando l'impiegata risponde concisa con poche frasi, prima di interrompere la chiamata. Amos si stacca il cellulare dall'orecchio, nella sua espressione la sorpresa ha battuto la rabbia.
"Cosa ti ha detto?" Domanda subito Ford.
"Di fare buon viaggio." Risponde lui. In altre circostanze sarebbe una risposta burn, ma in queste causa solo disperazione.
"Ora che facciamo?" Chiede Sam, premendosi i palmi contro la fronte. "Dall'ambasciata non caverete un ragno dal buco."
"Partiamo per il Brasile. Ovvio." Risponde Amos. "E l'andiamo a cercare."
"Dove? Non sapete neanche dove sia..."
"Cercheremo Léo e ci faremo dire da lui in persona cos'è successo."
"Manaus." Commenta stranito Ruben. "È in mezzo alla foresta amazzonica."
"Forse dovreste aspettare." Consiglio, anche se so che è una proposta che neanche io prenderei in considerazione. "Forse ha davvero solo avuto un contrattempo, magari ha trovato le api e... e non riesce a contattarvi. Non penso ci sia il wi-fi nella foresta."
Amos e Ford mi guardano e io vorrei sprofondare dalla vergogna. Sto facendo la parte dell'amico di merda che non ha voglia di interessarsi a Eirene. Giuro che sto solo cercando di mantenere la calma, visto com'è precipitata la situazione con l'ambasciata statunitense con cui, quasi certamente, ci siamo giocati ogni rapporto da qui alla pensione di quella impiegata.
"Davvero tu riusciresti a stare mani in mano pensando che una delle persone che più ami al mondo, con tutti i problemi che ha, si sia persa in mezzo all'Amazzonia?" Sibila Amos.
"No, ragazzi, non intendevo questo. Volevo solo..."
"Anche Crystal non si trova più." Comunica Ford. "Molto probabilmente si sono perse assieme. O l'ha fatta perdere, non lo so. So solo che l'ultima persona con cui vorremmo vedere Eirene in una situazione di pericolo è proprio lei."
Non sapevo che anche lei si fosse persa. Improvvisamente tutto assume una tonalità più scura e inquietante e vengo anche io contagiato dal nervosismo truce degli altri.
"Non avevano una guida?" Chiede Christine.
"Sì. Non trovano più neanche lei."
"Allora non tutto è perduto. Sicuramente non è sola!"
Il delicato entusiasmo di Chris solitamente ha effetto su tutti. Ma oggi non accade nulla: Amos e Ford rimangono impassibili, gli sguardi cupi e persi in riflessioni che sicuramente hanno già raggiunto livelli inimmaginabili di apocalitticità.
"Vi conviene prenotare un volo." Consiglia Sam, parlando lentamente.
"Lo faremo." Conviene Ford.
"Ho delle conoscenze in Brasile." Aggiunge Amos. "Sentirò se possono darci una mano a ritrovarla."
"E la riporteremo a casa."
"Immediatamente."
Non penso che sia il comportamento giusto da adottare. Per la paura di perderla, stanno dimenticando che quello che Eirene sta - o stava - vivendo era il sogno della sua vita. Se, come spero, la ritroveranno sana e salva e intenta nel suo lavoro, come potranno costringerla a tornare?
Non pongo la questione, non è proprio il momento. Ruben e io ci fermiamo a casa De Luca per un'altra mezz'ora, ma tutti noi parliamo poco, non sapendo cosa dire o cosa fare. Alla fine attendiamo che Ford completi la prenotazione per un volo di un paio di giorni dopo e li salutiamo: è meglio se li lasciamo un po' da soli, vista la loro inquietudine.
"E non provare più a chiamare l'ambasciata." Dice Sam ad Amos prima di abbracciarlo. "Vedrai che non è successo niente."
"Comunque spaccherò la faccia a Léo." Ringhia lui. "Perché è una testa di cazzo. Non vale niente come uomo."
"Calma."
Ruben cammina al mio fianco mentre ci avviamo verso la metropolitana. Ha le mani nelle tasche e una strana espressione. Mi ricorda un vaso di vetro in equilibrio sul ciglio di un tavolo molto alto: pronto a rompersi in qualsiasi momento.
"Tutto bene?" Gli domando, dopo più di dieci minuti di silenzio.
Lui scuote la testa e per un secondo le sue labbra tremano.
"In Amazzonia ci sono un sacco di pericoli."
Mi fermo, stentando a capire il suo discorso. Mi acciglio e quasi arrabbiato gli dico: "Non penserai mica che sia successo qualcosa come..."
"Siamo abituati a un mondo sicuro, Jess. Un mondo ammantato di giustizia. Se qualcuno ti ruba la borsa, basta andare dalla polizia. Sparire non è la regola. Avere la febbre non è un dramma. Ma in un posto come l'Amazzonia... Jess, se è stata punta da qualcosa? Se è scivolata in acqua? E poi è una ragazza... una ragazza giovane... nella foresta non bazzicano solo animali pelosi o squamati, sai..."
"Non voglio neanche pensare a quello che stai dicendo. Ne stiamo facendo un dramma, tutti quanti. Vedrai che domani salterà fuori come nulla fosse e riderà delle nostre preoccupazioni."
Lo vedo dalla sua faccia che non mi crede, ma mi fa arrabbiare il fatto che lui possa immediatamente pensare al peggio. Non che sia sparita, no. Che sia addirittura morta o che stia per esserlo.
"Dovremmo essere positivi." Dico irritato.
"Detto da te..."
"Beh, visto che tu stai subito pensando a queste cose... cosa vuoi fare, imbastire un funerale senza corpo?"
"Smettila di dire queste cose."
"Lo stai facendo tu stesso."
"Io ho solo detto che... beh, lascia perdere. Meglio se non lo diciamo. Sì, domani Eirene ricomparirà, chiamerà Amos e Ford e li farà incazzare di brutto perché si sarà persa dietro a una di quelle api metalizzate."
"Esatto."
"Okay. Ci voglio credere."
Sperare non costa nulla, in fondo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top