Cap. 5: Epidemia


Se voleva raggiungere Sioux Falls aveva bisogno di un mezzo di trasporto, o non sarebbe arrivato neanche fuori città. Preferibilmente qualcosa di pesante e di resistente, ma non troppo difficile da manovrare, e con una decente capacità di carico. Inoltre gli serviva un'arma migliore del mazzuolo da cantiere, qualcosa di più lungo e resistente, magari di metallo, tipo una sbarra o un tubo, con cui tenere a distanza i morti viventi ma ugualmente maneggevole.

Per questo motivo era andato di corsa alla sede della R.C.M., dove avrebbe potuto trovare tutto il necessario.

Come si aspettava, i cancelli erano ancora chiusi col lucchetto, nessuno era ancora arrivato (e dubitava che chiunque arrivasse, a questo punto), e i mezzi erano tutti nel parcheggio. Lui aveva la chiave, per fortuna, ma preferì scavalcare: al momento non c'erano zombie in giro, ma era consapevole di quanto in fretta potesse cambiare la situazione. Meglio mettere un cancello di ferro tra lui e loro.

In lontananza sentiva ancora il suono di sirene e di spari, qualche grido e, ogni tanto, uno scoppio sporadico, ma a occhio e croce i disordini si erano concentrati soprattutto nel centro della città, decisamente più popoloso, lasciando la zona industriale relativamente tranquilla. Certo, mentre correva verso la sede della R.C.M. aveva incrociato qualche scena poco gradevole, per così dire, ma era riuscito a evitare i guai.

Senza perdere tempo, quindi, raggiunse l'area del magazzino, dove lui e tutti i suoi colleghi depositavano gli attrezzi di proprietà della ditta: usando qualcuno dei suoi forzò le serrature degli armadietti e ruppe le catene che gli bloccavano l'accesso, recuperando in breve tempo vanghe, piedi di porco in titanio, un tagliacatene, una mazza da fabbro, qualche pennato e diverse barre di metallo e tubi di piombo.

Scartò tubi, mazza da fabbro e barre di metallo, caricò una vanga, il tagliacatene, un paio di piedi di porco e i pennati e si diresse verso l'officina, forzando anche quella, dove poté arricchire il suo inventario con una cassetta piena di attrezzi e una sparachiodi, probabilmente lasciata fuori posto (di norma avrebbe dovuto trovarsi in falegnameria). Continuando nel suo giro di razzie recuperò un'accetta dimenticata in giro da un collega e una pesante catena d'acciaio. Considerò per un attimo l'idea di prendere anche il trapano e l'avvitatore, ma l'accantonò quasi subito: per quanto utili nelle costruzioni, difficilmente avrebbe avuto il tempo per usarli, e le batterie avevano bisogno di una ricarica costante.

Cerca di essere realista, Je... Si disse, scuotendo la testa. Stai cercando di attraversare il Sud Dakota in piena apocalisse zombie, non stai giocando al sopravvissuto in "Ark".

Il riferimento ai videogiochi gli fece chiedere, non senza una punta di infantilismo, se e quando avrebbe potuto stendersi di nuovo sul suo piccolo divano e farsi una partita. Scacciò subito anche questo pensiero, tuttavia: doveva raggiungere Madison.

Tornò nel parcheggio, dove lo attendevano i mezzi dell'azienda, e si prese un momento per scegliere il più adatto: i camion cabinati potevano portare anche molto peso, ma non erano facili da manovrare, e il cassone aperto non offriva alcuna protezione da elementi o zombie di passaggio. I mezzi più pesanti come i cabinati coperti, invece, erano scarsamente maneggevoli e lenti, e le vasche avevano gli stessi difetti dei cabinati, senza contare che avevano meno autonomia.

Non restavano che i furgoni.

La ditta ne possedeva quattro, e lui aveva avuto modo di guidarli tutti. Il suo preferito era l'ultimo acquistato, un modello di Ford Transit bianco abbastanza grande e potente da trasportare anche molto materiale con facilità. Nel vano di guida c'era spazio sufficiente per tre persone, ed era abbastanza grosso da poter investire gli zombie senza subire danni eccessivi, o da poter incassare urti che la sua povera auto non avrebbe mai sostenuto.

Certo, se gli fossero di nuovo arrivati addosso a cento chilometri orari anche il Transit avrebbe sentito il colpo...

Spinse la carriola fino al veicolo, mettendo i suoi attrezzi e quelli recuperati in sede nel vano di carico, a parte il mazzuolo da cantiere e il piede di porco, sistemandoli sui sedili. Subito dopo corse verso la mensa aziendale, dove saccheggiò la dispensa: prese tutte le scatolette e le bottiglie d'acqua che trovò, qualche pezzo di formaggio e insaccato conservati nel frigorifero, i sacchetti del caffè più la caffettiera (Almeno questo concediamocelo. Si disse) e in generale qualsiasi cosa potesse tornargli utile, inclusa la mannaia da cucina e il coltello più grosso che riuscì a scovare nei cassetti. Arrivò anche a forzare e svuotare le macchinette degli snack in area relax, assicurandosi così di recuperare quante più provviste possibili.

Depositò tutto come meglio poteva nel Transit, cercando di dargli un minimo di ordine, e quando ebbe terminato saltò subito sul sedile del guidatore, inspirando a fondo.

Poco meno di un'ora e mezza prima stava guidando per andare al lavoro, addolorato per la morte di Sandy Flagg, con in testa mille programmi su come raggiungere il funerale, e all'improvviso si ritrovava catapultato in un'apocalisse zombie, con auto che gli venivano addosso, persone folli e malate che cercavano di strappargli la carne dalle ossa a morsi, costretto a sfondare il cranio di una ragazzina a martellate...

Il pensiero di ciò che aveva fatto lo assalì all'improvviso e tutto insieme, ora che finalmente si era fermato e non si sentiva più in pericolo immediato: una ragazzina. Probabilmente aveva non più di sedici anni. Ricordava ancora quando li aveva lui, com'era quel periodo, tra ormoni, voti scolastici, il ballo di fine anno... tutto questo, per lei, era terminato nell'esatto momento in cui si era trasformata, per poi venire uccisa definitivamente da... lui.

Un sapore acido gli salì fin sulla lingua e, una frazione di secondi dopo, si ritrovò chinato accanto al muro più vicino, rimettendo la frugale colazione di quella mattina.

Porco... cazzo... Pensò, pulendosi alla meglio col dorso della mano.

Aveva ucciso una persona, sempre che si potesse considerare tale anche dopo essere diventata uno zombie, e per sopravvivere avrebbe dovuto farlo ancora, con ogni probabilità. Era vivo solo per un caso, ma se voleva rimanerlo allora doveva usare tutto ciò che sapeva e sperare che bastasse. Doveva tenere alta la guardia.

Doveva vivere.

***

La situazione sembrava essere ancora calda, nel centro della città, anche se meno caotica rispetto a quando ci era passato poco prima: non c'erano più persone che scappavano a caso inseguite dai morti viventi, anche se passando incrociò un folto gruppo di zombie che lo costrinse a un lungo giro per evitare di essere individuato: adesso la maggior parte dei sopravvissuti alla prima ondata di aggressioni sembrava essersi organizzata e, anche se c'era ancora qualche isolato che scappava a piedi da una o più di quelle cose, molti sembravano aver deciso di combattere, organizzandosi in squadre scarsamente armate che andavano direttamente incontro agli zombie per ucciderli. La maggior parte di esse contavano sì e no cinque o sei persone, e facevano tanto di quel baccano per ucciderne uno da attirarne moltissimi altri da ogni parte.

Dubitava che un simile modo di fare li avrebbe fatti vivere molto a lungo.
I più intelligenti, d'altro canto, si erano già messi in macchina, carichi di provviste e oggetti utili, prendendo le famiglie e scappando via il più rapidamente possibile. Gli ultimi rimasti erano i classici sciacalli, profittatori senza morale che, approfittando del caos della situazione, entravano nelle case e nei negozi e portavano via tutto ciò che non era inchiodato. Neanche loro sarebbero durati troppo a lungo, probabilmente, se avessero continuato ad agire senza pensare: televisori e microonde erano appena diventati totalmente inutili. Perdere tempo a rubarli equivaleva a suicidarsi.

Era quasi arrivato a confine cittadino quando lo sguardo gli venne calamitato da una vecchia volkswagen verde schiantata contro un lampione, accanto alla quale un uomo con un taglio sulla fronte, forse dovuto all'impatto, stava combattendo da solo contro tre zombie che cercavano di ucciderlo.

Non ebbe bisogno di notare il berretto ai suoi piedi per riconoscere Ben.

***

In mano stringeva un pezzo di tubo, e aveva la maglia strappata. Era pallido, forse stordito, di sicuro molto spaventato, ma combatteva. Non si poteva pretendere altro, vista la situazione.
Il più vicino dei tre zombie, una vecchia senza un braccio, lanciò un grido e si lanciò verso di lui, le fauci che colavano bava mista a sangue, e subito Ben alzò il tubo, cercando di colpirla. Purtroppo quella, rivelando un'agilità impressionante, si scansò proprio all'ultimo e Ben, sbilanciato dallo slancio e dal peso dell'arma, incespicò e quasi cadde per terra, scoprendo il fianco ai suoi aggressori.

Jessie schiacciò con tutto il proprio peso l'acceleratore, puntando contro di loro; li travolse in una sola volta, sbalzandoli a terra e facendoli rotolare sull'asfalto, lontani da Ben, ancora intontito lì dov'era.

Subito, Jessie aprì la portiera del passeggero e gli fece un cenno eloquente.

- Muovi il culo!- gridò.

Dopo appena un altro istante di esitazione, Ben raccolse rapidamente il berretto e saltò accanto a lui, mentre Jessie ingranava la marcia e ripartiva in sgommata, seminando rapidamente gli zombie che li inseguivano.

***

Rimettendosi il berretto in testa, Ben si stese contro lo schienale del sedile, la tensione che abbandonava il suo corpo. Si passò una mano tremante sul viso, lanciandogli poi uno sguardo di estrema gratitudine.

- Grazie, Green Valley.- disse - Davvero. Se non fossi passato...-

- Sì, una bella fortuna.- annuì Jessie - Piuttosto, ti hanno morso?-

- Cosa?-

- Ti hanno morso, Ben?- insisté Jessie - Non scherzo, dimmelo!-

- No!- esclamò lui, confuso e, forse, spaventato dal suo tono - No, ho battuto la testa quando sono andato a sbattere...-

Sentendo quel "no", Jessie sospirò di sollievo.

- Meno male.- disse - Scusa se ho alzato la voce... dovevo chiedertelo.-

- Ma cosa sta succedendo?- chiese Ben - Cos'ha quella gente là fuori? Perché fanno così?-

- Non l'hai capito?- rise amaramente Jessie, scuotendo la testa - È ovvio, no? Sono zombie, Ben.-

Il collega lo guardò con tanto d'occhi per qualche istante, come se si aspettasse una rettifica e, magari, l'ammissione di una presa in giro. Quando comprese che nessuna delle due sarebbe mai arrivata, si lasciò scappare uno sbuffo di risata isterica.

- Stai scherzando.- disse - Gli zombie esistono solo nei film!-

- Hai affrontato una vecchia senza un braccio.- gli ricordò Jessie - Se a te staccassero un braccio saresti in grado di saltellare a destra e a manca cercando di masticare la gente?-

Ben non rispose, incassando l'osservazione senza replicare.

- Ascolta, non so come sia successo...- continuò Jessie - Stamani stavo venendo al lavoro e mi sono trovato in mezzo al casino. Per questo ho fatto un po' di scorte prima di partire, sto andando a Sioux Falls.-

- Perché vuoi andare lì?-

Jessie scosse la testa.

- Devo raggiungere qualcuno.-

Il collega annuì, ora più serio, e guardò fuori dal parabrezza, mentre si avviavano verso la I–90.

- Sì... anch'io.-

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