Le nuvole si riaddensarono presto sopra le loro teste, tornando a coprire il cielo come il giorno prima, tuonando qualche volta. Alex alzò gli occhi verso l'alto, aggrottando la fronte con aria dubbiosa, poi scosse la testa.
- Pioverà ancora.- sentenziò.
- Beh, se questa è la cosa peggiore che ci succederà ne sarò molto felice.- commentò Kevin, mentre riponeva il proprio sacco a pelo.
Nessuno gli rispose, e salirono tutti sul furgone senza più badare al clima. L'atmosfera sembrava decisamente più leggera, adesso, e mentre Jessie si sedeva al volante gli sembrava quasi di sentire Carol ridere per qualcosa.
Mentre allacciava la cintura l'occhio gli cadde su Maddie e Day: la prima stava quasi per salire sul furgone accanto a lui, e aveva già messo la mano sulla maniglia, ma sembrava che l'altra le stesse chiedendo di non farlo. Non colse quello che si dissero (parlavano entrambe a bassa voce, e quasi subito Day la portò un po' più in là), ma vide Madison lanciargli un'occhiata veloce e annuire, per poi salire sul retro con gli altri e chiudere lo sportello, mentre Day sedeva da sola accanto a lui.
- Tutto bene?- le chiese, mentre si allacciava la cintura.
- Sì, sì... ho chiesto a Madison se poteva lasciarci soli un momento.-
- Sì, ho visto.- disse Jessie, avviando il motore e dirigendosi fuori dalla fattoria - Per questo ho chiesto.-
- È solo che... voglio parlare un po', e... e voglio farlo con te, perché sei quello che... beh, con cui ho parlato un po' di più. E perché sembri tu il capo, anche.-
- Sì, smaniavo per esserlo...- commentò sarcasticamente Jessie, che in effetti aveva ricevuto questo ruolo più dalle circostanze che dalla sua volontà - Va bene... qual è il problema?-
Day si diede un colpetto sul fianco, dove entrambi sapevano essere il suo morso.
- Questo.- disse, mentre Jessie dirigeva il furgone di nuovo verso nord, seguendo l'itinerario concordato con Alex poco prima - Questo è il problema.-
- Beh, ti rimarrà la cicatrice, e allora?- chiese - A me non da fastidio. Forse un buon chirurgo potrebbe...-
- No, non è quello che intendevo io.- lo interruppe Day - Cioè... sì, mi da fastidio pensare che mi resti la cicatrice. Sai al mare che palle?- ammise, anche se a Jessie sembrò di percepire una nota di ironia - Ma al momento io... mi sento oppressa.-
- Oppressa?-
- Mettiti nei miei panni.- gli disse - Ho appena scoperto che potrei essere la speranza di salvezza per il mondo intero. Hai idea di cosa voglia dire?-
Jessie esitò, colto un po' alla sprovvista perché, in effetti, nell'euforia generale non aveva pensato minimamente a come potesse sentirsi lei. Un ruolo del genere doveva essere piuttosto pesante, non era una responsabilità da tutti i giorni.
- Voglio dire... io sono una precaria.- spiegò - Tiro avanti a fatica con lavori occasionali e col mio blog. Come posso salvare il mondo da sola?-
- Siamo al dilemma delle "piccole persone che fanno grandi cose".- commentò lui - Lo so che non è come i film a cui faccio affidamento per sopravvivere... che tu sei seria. Ma lo sono anch'io, e comunque non importa molto, perché te l'ho già detto, non sei da sola.-
- Sì, è vero, siamo un gruppo e ci aiutiamo a vicenda.- ricordò lei, annuendo - Però, Jessie... sono io quella che poi dovrà farsi carico di... test, e sperimentazioni e chissà cos'altro. Insomma... e se diventassi una specie di cavia?-
- Tu una cavia? Scherzi?- rise Jessie - Sei l'unica persona, per quello che sappiamo, in grado di sopravvivere al morso di uno zombie. Sarai trattata come la Regina d'Inghilterra, probabilmente. Sì, è vero, ti toglieranno il sangue per fare dei test, ma non sperimenteranno niente su di te... serviranno cavie infettabili, cosa che tu non sei, e soprattutto non vorranno mai compromettere la loro fonte di anticorpi, o di mutazione del virus, o quello che è...-
- Già, appunto...- disse Day, interrompendolo ancora - Tu sai tutto sugli zombie, vero?-
Jessie si strinse nelle spalle.
- Più o meno.-
- Bene. E allora sai dirmi com'è possibile che io possa essere... così?-
- Beh... non lo so. Cioè, posso fare ipotesi, ma...-
Guardando Day, vide nei suoi occhi il disperato bisogno di una qualsiasi risposta, anche se solo ipotetica. Solo in quel momento si rese conto che forse pensava di essere una sorta di scherzo della natura o chissà cos'altro.
- Va bene.- disse - Allora... potrei citare il caso di The Last of Us, per cominciare: il mondo è stato infettato da un fungo che trasforma le persone in zombie, ma una ragazzina poco più grande di Amy è immune. Questo perché il fungo che l'ha infettata è mutato, rendendo possibile una cura.-
Omise di dirle che, nel finale, veniva fuori che per creare tale cura sarebbe stato necessario ucciderla.
- Altro esempio è la sempre famosa serie di Resident Evil, ma lì il virus responsabile dell'epidemia è nato in laboratorio, e quindi l'antidoto esiste già, ma per fini di trama è raro e difficile da ottenere, anche se abbastanza semplice da produrre. Oppure possiamo prendere in esame Ventotto settimane dopo, dove un'epidemia di rabbia modificata ha colto la Gran Bretagna, e salta fuori una donna che pur essendo contagiata si scopre essere una portatrice sana, totalmente priva di sintomi.-
Anche stavolta omise un dettaglio, ma non parve essere necessario, perché Day fece una risata amara.
- Non sono te, ma qualcosa l'ho visto, sai?- disse - Conosco anche il film precedente. Li ho guardati tutti e due, non ho vissuto nelle caverne... so che quella donna muore nella prima mezz'ora scatenando una nuova epidemia.-
- Okay, lasciamo perdere Ventotto giorni dopo. Però in generale non è una cosa brutta essere immuni.-
- Sì, ma solleva un'altra domanda.- disse Day - Cioè... perché mia madre e mio fratello non...-
Jessie scosse la testa: stavolta, non era davvero in grado di rispondere.
- Non ne ho idea.- ammise - Potrebbe non essere genetico, o forse lo è ma lo hai sviluppato solo tu... questo andrebbe chiesto a un medico specializzato. Non so davvero cosa dire, onestamente, se non che la tua immunità ha un significato importante: vuol dire che sei speciale. E anzi... hai trovato il tuo ruolo, adesso, ed è il più importante di tutti.-
Day si lasciò scappare un sorriso più sincero, questa volta, e non rispose. In ogni caso il suo linguaggio del corpo si fece più rilassato, più sereno, come se si fosse tolta un grosso peso.
- Grazie.- disse alla fine, dopo un paio di secondi.
- Di nulla.- rispose Jessie - Tutto a posto, ora?-
Lei scosse la testa.
- No. Siamo lontani dall'essere "a posto".- sospirò - Però... va un po' meglio.-
Jessie annuì.
- Allora... non c'è altro, giusto?-
Day esitò, confusa; subito dopo la sua espressione si fece più indecisa, mentre le compariva un diffuso rossore su tutta la faccia.
- Oh... no, certo... cioè... vuoi parlare d'altro?-
- No, io... perché non c'è niente di cui parlare, no?-
- No, no, ovvio che no... insomma... è tutto normale, no?-
- Giusto, tutto... tutto normale.-
Il silenzio successivo fu uno dei più imbarazzanti che avessero mai vissuto.
***
Guidò per diverse ore, e per tutto il tempo l'acqua continuò a cadere a intermittenza, concedendo solo brevi pause tra uno scroscio e l'altro. Il vento in compenso non smise di soffiare un minuto, costringendolo a rallentare significativamente la marcia e ad inserire l'aria condizionata per spannare il parabrezza. Ci volle molto tempo per fare meno di metà della strada, un po' a causa dei rottami che incrociarono e un po' perché volevano evitare il più possibile i centri abitati, soprattutto quelli più grandi. Trovarono due grossi gruppi di zombie, che dovettero aggirare per non essere notati, e si fermarono solo una volta, il tempo che Jessie e Day ci misero a mangiare: non volevano fermarsi a lungo, non con i morti viventi che iniziavano la tanto annunciata migrazione, lasciando le città per cercare cibo.
Fortunatamente non incontrarono problemi degni di nota, ma il viaggio non fu dei più piacevoli o dei più veloci, e il tempo continuò a peggiorare.
- Ci dobbiamo fermare.- disse all'improvviso Day, riprendendo a parlare per la prima volta dopo tanto tempo - Non puoi guidare in queste condizioni.-
- La pioggia non è forte, e abbiamo ancora qualche ora di luce. Posso farcela.-
- Anche con quello?- chiese lei, allungando un dito verso l'orizzonte.
Jessie strizzò gli occhi per scorgere qualcosa attraverso la cortina di pioggia e il vetro coperto dalla condensazione. Anche in quel modo fu complicato capire di cosa parlasse Day, ma riuscì a scorgere, bene o male, una figura oblunga e serpentina a pochi chilometri di distanza, in mezzo ai campi.
- Oh, per la miseria...- borbottò.
- Dimmi che nelle tue nozioni di sopravvivenza c'è anche questo.-
Jessie scosse la testa lentamente, senza sapere bene cosa stava facendo.
- Possiamo solo trovare un riparo. Subito.- disse, scalando la marcia e accelerando.
Day aveva visto un tornado.
***
Erano a poco più di quattro o cinque miglia da Howes quando si fermarono, trovando un'altra fattoria abbandonata ad alcune centinaia di metri dalla strada.
- Dobbiamo trovare il rifugio.- disse Alex, scaricando sua figlia come se fosse un borsone e prendendola per mano - Jessie, lo nascondi tu il furgone?-
- Lo metto nel granaio, spera che sopravviva!- esclamò Jessie.
- Devi ancorarlo, potrebbe resistere!- gridò Carol, saltando a bordo con lui - Ti aiuto io, forza!-
Jessie non protestò, troppo occupato a infilare il Transit al coperto, mentre gli altri correvano in casa e cercavano il seminterrato. Dopotutto Carol non aveva detto qualcosa di sbagliato, e quel veicolo era troppo prezioso per loro, sia per la mobilità che per il contenuto. Perderlo sarebbe stato un duro colpo.
Il granaio, all'interno, si rivelò spoglio e vuoto, ma come speravano trovarono grosse corde e anelli metallici fissati al suolo: probabilmente i proprietari avevano attrezzato il posto proprio in caso di simili problemi. Prima di scendere Jessie abbassò i finestrini, in modo tale che non esplodessero, e quando fu a terra corse verso le funi.
- Tu a destra, ti lancio una di queste!- gridò Jessie, correndo a prendere la più vicina.
Carol afferrò al volo il capo che lui le lanciò, fissandolo all'anello più vicino, mentre il legno del granaio cominciava già a scricchiolare e scuotersi: il tornado non era più così lontano.
- Ha cambiato direzione?- chiese Jessie, alzando lo sguardo, mentre un po' di polvere mista a schegge cominciava a piovergli addosso.
- Non lo so, non vedo niente!- rispose Carol, da qualche parte dietro al Transit.
- Ehi! Muovetevi!- gridò qualcuno.
Voltandosi verso l'ingresso Jessie vide Kevin che, sulla porta, faceva loro cenno di raggiungerlo. Jessie gli fece cenno col pollice, come a dire che aveva capito, e fissò un'altra corda con Carol. Ne mancava solo una.
- Hai già affrontato una tromba d'aria?- chiese lei.
- Una volta sola, ma non è arrivata fino a me!- rispose Jessie, prendendo l'ultima corda - Forza, è l'ultima!-
Il granaio si stava scuotendo sempre più forte, le assi di legno scricchiolavano più che mai, e il vento ululava in modo tremendo. A malapena riuscivano a sentirsi l'un l'altra.
Quando anche l'ultimo nodo fu bloccato nell'anello, entrambi corsero fuori verso la casa, il cui ingresso ora era totalmente sgombro: Kevin era già corso al sicuro.
Erano ancora lontani dalla porta quando si fermarono, comprendendo quanto inutile sarebbe stato correre ancora.
Il tornado era ormai vicinissimo, e li avrebbe raggiunti troppo in fretta. Entrare in casa sarebbe stato inutile.
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