Cap. 29: Migrazione

Kevin rimase in stato di shock molto a lungo, seduto in un angolo con Maddie che cercava di convincerlo che aveva fatto la cosa giusta, mentre Jessie aiutava Alex con la sua ferita.

Fortunatamente il coltello non aveva reciso nessun punto vitale, anche se la lama era penetrata a fondo nel suo braccio. Sarebbe bastata poca forza in più e avrebbe intaccato l'osso.

Versò una generosa dose di disinfettante preso dall'armadietto del pronto soccorso del bagno sul bicipite di Alex, tenendogli il braccio sollevato per minimizzare il sanguinamento, e gliela pulì con del tessuto sterile, per poi premerci sopra un'altra garza, seguendo le indicazioni del soldato, che si lasciò scappare appena un grugnito. Accanto a lui c'era Amy che, ancora spaventata, sembrava non volergli lasciare la mano per nessuna ragione al mondo.

- Così dovrebbe andare.- disse, esaminando la medicazione quando Jessie ebbe finito di sistemare bende e nastro - Grazie per l'aiuto.-

Jessie scosse la testa come per dire che non era niente, abbandonandosi sullo sgabello accanto a lui.

- Starai bene?- gli chiese.

- Per essere un dilettante non te la sei cavata male.- disse Alex - Ho visto medicazioni peggiori, sul campo di battaglia. Vedremo come andrà, ma dubito che possa andare in suppurazione.-

- Ti fa tanto male?- chiese Amy, guardandolo con gli occhi lucidi.

- Un pochino.- ammise, sorridendole e passandole una mano tra i capelli - Ma non è niente, tesoro. Ora perché non vai a riposarti?-

- E se entra ancora qualcosa di brutto?-

- Jessie e io faremo la guardia. E comunque siamo tutti svegli, sarai al sicuro. Ora vai, io devo fare alcune cose.-

La ragazzina annuì, tirando su col naso, e si allontanò verso il proprio sacco a pelo. Smettendo di sorridere, Alex guardò gli altri, passandosi la mano buona sulla faccia, sconsolato.

Lucas era morto, ucciso dal leone, e Paul si era beccato un colpo d'artigli all'addome che gli aveva lacerato la milza e rotto tre costole con la sola forza d'impatto, cosa che aveva finito con l'ucciderlo in pochissimo tempo. Di conseguenza c'erano tre cadaveri adesso nella stanza accanto, incluso quello dell'animale, e non potevano rimanere lì in eterno.

Senza contare le condizioni di tutti gli altri: Day, Amy e Madison erano ancora traumatizzate, ma Kevin, che aveva appena ucciso un uomo, sembrava prossimo all'esaurimento nervoso, mentre Carol non sembrava capace di smettere di piangere, in crisi dopo la morte del fidanzato.

- Dobbiamo andare via.- disse Jessie - Il prima possibile. Non arriveranno zombie solo perché il temporale ha coperto il rumore, ma non possiamo contarci in eterno, e poi potrei sbagliare. Sappiamo che ore sono?-

- Sì... aspetta...-

Alex frugò per un attimo in un cassetto vicino, estraendo un orologio militare.

- Le tre e cinquantasei. Sarà l'alba tra meno di un paio d'ore.-

- Beh, accettabile.- disse Jessie - Potremmo caricare il necessario mentre aspettiamo. Io di certo non ho più sonno.-

- Nemmeno io.- ammise Alex - Va bene, ti aiuto. Prendi tutto quello che avete voi, io scelgo le cose più indicate e poi mi dici se vanno bene per gli zombie, che sono materia tua. Poi partiamo.-

***

Tra gli articoli in vendita nel negozio c'era roba veramente interessante, per non dire incredibile: tra abbigliamento, accessori, armi e cibo avevano decisamente fatto jackpot nel recarsi proprio lì.

Jessie avvicinò il Transit alla porta in retromarcia, e vi caricarono tutte le razioni che osarono prendere, insieme ad armi da fuoco, munizioni, torce e armi contundenti.

Presero poi abiti puliti per ciascuno, comprese le cinture e i cappelli di lana. Fu un piacevole cambiamento poter indossare qualcosa di integro e privo di macchie di sangue, specie dopo gli ultimi avvenimenti (a detta di Alex, quei vestiti sarebbero durati molto più a lungo di qualsiasi altro capo di abbigliamento in loro possesso).

Oltre a questo, Alex insisté perché prendessero tutti delle nuove borracce e dei kit di sopravvivenza comprensivi di bussola, coltello da sopravvivenza, sega a cerniera a mano, fibbia da arrampicata, pietra focaia, raschietto, torcia elettrica, mini luce, penna in acciaio e tungsteno, fischio, carta svizzera e coperta termica di emergenza, il tutto in una scatola impermeabile nera. A detta sua, erano reperibili anche su Amazon, tuttavia acquistarli in negozio era più vantaggioso. Quantomeno, non c'era il rischio che i corrieri tardassero o sbagliassero la consegna...

Diede loro anche dei marsupi in cui mettere tutto questo e degli orologi come il suo, oltre a zaini capienti e scarpe nuove, senza contare i sacchi a pelo in cui avevano dormito, walkie talkie e una radio portatile, che montarono subito sul furgone, così da rimanere in contatto con Ben e i militari.

Quando ebbero finito di caricare e sistemare tutto nel retro del Transit era ormai l'alba, e la pioggia stava cessando lentamente. Decisero che era ormai il momento di partire, aspettare non aveva alcun senso.

- Porta il furgone davanti alla porta principale.- disse Alex, chiudendo gli sportelli posteriori - Farò uscire tutti da lì. Meglio che non vedano quello che rimane là dietro.-

Jessie annuì.

- Va bene, ma... fammi spostare Ernie. Quantomeno per Amy.-

Alex annuì e chiuse la porta, sparendo nel magazzino. Jessie si affrettò a raggiungere il corpo di Ernie, ancora sdraiato dove era morto, e lo fece rotolare oltre il bordo della strada, nascondendolo dietro un albero vicino, poi tornò al furgone e lo parcheggiò davanti all'ingresso, permettendo a tutti di salire.

Vide Kevin che passava, e anche se aveva ancora lo sguardo fisso sembrava aver recuperato un po' di colore. Gli vide anche muovere le labbra, segno evidente che adesso rispondeva a quello che Maddie gli stava dicendo.

Lei scoccò un rapido sguardo a Jessie, come per dirgli che avrebbe viaggiato dietro con lui; recependo il messaggio annuì, avendo immaginato che le cose sarebbero andate in quel modo. Anche Alex si andò a sistemare dietro: avevano concordato fin da subito che lui si sarebbe preso cura di Amy.

Anche Carol, camminando come uno degli zombie che cercavano di evitare, salì dietro. Day fu l'unica a sedersi davanti con lui, dovendogli indicare la strada.

Era pallida, le occhiaie di nuovo marcate e gli occhi rossi, ancora scossa per gli eventi di quella notte, così come tutti gli altri.

- Non ti ho chiesto se stai bene.- disse Jessie, mettendo in moto.

- Nemmeno io.- rispose lei, voltandosi a guardarlo - Ti sei ferito?-

Lui scosse la testa, allontanando il furgone dal negozio.

- Alex è l'unico che si sia beccato una coltellata. A me è andata bene.-

- Decisamente meglio che a Paul e Lucas.- osservò Day, mordicchiandosi una nocca.

Jessie scosse la testa, imboccando una strada che li avrebbe portati fuori città.

- Stavo per ammazzarlo.- ammise - Ma ha dovuto farlo Kevin. Dovrei averli io i sensi di colpa.-

- Mi sembra che tu li abbia lo stesso.-

- Beh, sì, ma... ah, è complicato.- sbottò.

- Già... tutto è complicato, nelle apocalissi zombie.-

Jessie la guardò aggrottando la fronte.

- E tu cosa ne sai?-

Lei si strinse nelle spalle.

- Sto imparando da te.-

Suo malgrado, Jessie sorrise.

***

Tea non era molto distante dal confine cittadino, poco più di dieci miglia. Evitando l'autostrada (il cui accesso si rivelò, come Jessie immaginava, totalmente ostruito) ci avrebbero messo meno di mezz'ora. Jessie c'era stato una volta sola, da ragazzino, ma credeva di ricordare ancora la strada. Una volta arrivati sarebbe toccato a Day.

In quel momento si era quasi assopita, abbandonata contro lo schienale del sedile, le gambe distese sul cruscotto e le braccia avvolte attorno al proprio corpo. Cercava disperatamente di tenere gli occhi aperti, ma si vedeva che stava cedendo: gli eventi della notte precedente l'avevano tenuta sveglia, ma adesso stava accusandone le conseguenze.

- Parlami un po' di te.- disse Jessie a un certo punto, mentre guidava.

Day sembrò riscuotersi, tirandosi un po' su. Si strofinò gli occhi con una mano, guardandolo con aria confusa: doveva tenerla sveglia, o durante la notte non avrebbe riposato, e nella loro situazione non era un aspetto da sottovalutare.

E poi lui voleva compagnia: gli zombie che incrociava lungo la strada non erano abbastanza minacciosi da preoccuparlo, non fino a quando rimanevano su un veicolo più veloce e pesante di loro, e anche lui era stanco. Gli serviva una distrazione, o si sarebbe addormentato al volante.

- Cosa vuoi sapere?- chiese la ragazza - Te l'ho detto... una poveraccia che tira avanti come blogger e giornalista occasionale. Vivo... cioè, vivevo in un appartamentino tutto mio in cui non mi era permesso tenere animali, o sarei diventata una gattara già da un po'...-

- Non volevo sapere questo.- la fermò Jessie - Volevo chiederti della tua vita sentimentale.-

Lei aggrottò la fronte, incrociando di nuovo le braccia e guardandolo con aria quasi di sfida.

- Me lo stai chiedendo sul serio?- chiese - Così, dopo nemmeno un giorno e mezzo?-

- Tu mi hai costretto a raccontarti della mia, sei in debito.- osservò Jessie, schivando un Vagabondo che tentava di aggredire il cofano del Transit.

- Un punto a tuo favore.- ammise lei, storcendo la bocca - Beh, è da un po' che non ho una relazione.- ammise - L'ultima è stata... simile alla tua. Però, al contrario di te, l'ho affrontata in modo maturo.-

- Fingo di non aver sentito e ti chiedo i dettagli.-

- Okay... allora, stavo con questo tizio.- raccontò Day - Mark Riley. Un irlandese a cui piacevano gli animali, la storia, l'arte... insomma, era uno interessante, anche se col senno di poi penso che in realtà volesse solo farmi vedere che avevamo "tante cose in comune".-

- Sì, lo facciamo spesso.- ammise Jessie - Si chiama "gettare l'esca".-

- Siete odiosi. Comunque, siamo stati insieme per un po', poi alla fine abbiamo pensato di convivere.- continuò lei - Mi sembrava giusto, in fondo: erano già quasi due anni, io volevo lasciare la casa di mia madre e pensavo di darmi all'arte... sai, mi piace disegnare, e non sono nemmeno tanto male. Ho anche studiato. Qualche corso più specifico, magari un po' di tempo in un museo come il Louvre e ora sapresti chi è Dayana Flanagan.-

- Difficile, alle mostre ci vado solo per far colpo sulle ragazze.-

Day si lasciò scappare una risata, dandogli una leggera spinta alla spalla.

- Scemo.- disse - Ci siamo trovati un posto tutto nostro e abbiamo cominciato a mettere da parte un po' di soldi... lui vendeva elettrodomestici, ma voleva aprire un negozio di articoli per animali, e a me servivano per i corsi.-

- Chiaro.-

- Dopo un anno è arrivata la mazzata.- continuò Day - Ero uscita come tutti i mercoledì per sbrigare le solite faccende di casa e consegnare un pezzo su cui stavo lavorando, ma il meccanico era chiuso e alle poste non c'era tanta fila, così ho pensato di tornare a casa per lavare qualche lenzuolo.-

- Scommetto che lui avrebbe dovuto essere fuori.-

- Sarebbe stato a lavorare fino a tardi.- confermò Day, perdendo il sorriso e accigliandosi - Mi aveva detto di avere accettato qualche turno straordinario per guadagnare più soldi. Non avevo capito che significava "ho fatto uno scambio di turni per sbattermi la stagista sul nostro letto".-

- Okay, questo è un pelino peggio di quello che ho visto io.- ammise Jessie, sterzando a zigzag tra alcuni rottami.

- Lo dici a me? Sono io quella che è entrata con le buste della spesa tra le braccia solo per trovare...-

- Va bene, puoi limitare i dettagli, sto bene così.- la fermò Jessie, alzando una mano.

- Oh, e che fine ha fatto il tizio "fingo di non aver sentito e ti chiedo i dettagli"? Tu volevi i dettagli, ti sto dando i dettagli...-

- Piantala coi dettagli!-

- E la cosa peggiore è che si comportava come se stessi esagerando. Io! Ti rendi conto?- sbuffò, ignorandolo - Come se fossi io la bambina!-

- Un bel pezzo di... ah, siamo a Tea!- esclamò Jessie, notando solo in quel momento il cartello stradale - Dai, dimmi dove.-

- Vai avanti, c'è l'incrocio con la prima est.- rispose lei - Casa è sulla quarta.-

Jessie annuì, guardando con più attenzione fuori dal finestrino: Tea era accanto a loro, sotto una cortina di nuvole che ancora faticava a diradarsi e che continuava a lasciar cadere aghi d'acqua a intermittenza su uno scenario di desolazione.

I morti camminavano sul ciglio della strada senza meta, anche se in numero minore rispetto a quelli di Sioux Falls, calpestando erba fradicia e piena di immondizia e pezzi di cose rotte; un campo di grano devastato dal fuoco e dalle auto in fuga correva alla loro destra, in mezzo al quale alcune figure solitarie caracollavano tra i resti delle piante e i rottami di un aereo per disinfestazione schiantato a terra.

Oltrepassarono un semaforo rovinato sull'asfalto, oltre il quale sorgeva un distributore di benzina un po' malconcio, in cui forse avrebbero trovato del carburante. Jessie prese mentalmente nota della posizione e di passarci più tardi per rifornire il furgone.

- Più avanti. Un po' più avanti.- continuava a dire Day a ogni incrocio, sporgendosi sul sedile, ora perfettamente sveglia e vigile.

- Hai detto che devo girare sulla prima?-

- Sì... è laggiù... accelera, dai!-

- C'è gente, dietro.- le ricordò - Se accelero rischio di ammazzare qualcuno.-

- E allora guida e basta!-

Comprendendo la sua tensione, Jessie tenne per sé la replica e continuò a evitare i rottami di auto abbandonate e gli zombie, ignorando i suoi borbottii fino a un negozio di alimentari dove, quasi in preda a un raptus, lei allungò la mano sul volante, che Jessie allontanò stizzito.

- So girare da solo.-

- Scusa... ma sbrigati! Un chilometro ancora!-

Trattenendo un verso esasperato, Jessie prese il walkie talkie dal posacenere in cui lo aveva lasciato.

- Ragazzi, tra poco arriviamo.- annunciò.

- Ricevuto.- rispose Alex - Ci organizziamo.-

Fu il chilometro più lungo che Jessie avesse mai percorso in vita sua, a eccezione di quello che lo separava da casa Flagg: ad ogni metro Day diventava più nervosa e impaziente, e poco mancò perché lei non aprisse la portiera durante la corsa per fiondarsi fuori.

- Laggiù!- esclamò a un certo punto, indicando un punto non lontano, tra le case.

Jessie grugnì, guardandosi intorno con poco entusiasmo: si trovavano nell'area sud di Tea, tra le case a schiera, il posto peggiore per resistere alle invasioni zombie: quella era una zona tranquilla, senza sbarre alle finestre o steccati attorno ai cortili. Non c'era niente che ostacolasse in qualche modo uno zombie affamato.

Vedeva ovunque vetri infranti e porte spalancate o penzolanti da cardini rotti, e c'erano più auto incidentate di quante ne avesse trovate lasciando New Underwood. Vide anche qualche brandello di stoffa insanguinato per terra, e a giudicare dal colore proveniva da una tuta mimetica. Riuscì anche a scorgere, in un ingresso, un soldato ormai trasformato che sbavava e gemeva, seguendo il furgone col suo sguardo vitreo da sotto l'elmetto storto, muovendo un passo stentato a causa di una caviglia piegata in modo innaturale.

Stava cominciando ad avere un pessimo presentimento.

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