Cap. 23: Fortezza assediata
Scesero dal Transit solo dopo diversi isolati, sulla Willow, all'altezza di un capanno color crema. Un po' più lontano dalla strada, proprio di fianco, c'erano diversi garage circondati da una rete metallica, e dal lato opposto dell'edificio sorgevano i resti di alcune tende militari da esposizione, ora distrutte e lacerate nella foga dai fuggitivi passati di lì prima di loro. Un po' più in là c'era una ferramenta dall'ampio parcheggio quasi vuoto, occupato solo da un paio di rottami e qualche rifiuto, mentre dall'altra parte della strada, circondato da una recinzione, c'era un enorme edificio anonimo dal tetto piatto, probabilmente la sede di una qualche azienda o chissà cosa. Doveva essere andato a fuoco per ore, all'inizio dei disordini, a giudicare dai danni e dalle ampie macchie nere che circondavano quasi tutte le finestre e si stagliavano su gran parte delle pareti. Alcune erano anche crollate, lasciando intravedere l'interno devastato. Alcune macerie giacevano a terra, e un braccio sporgeva da esse, muovendosi debolmente nell'aria immobile e silenziosa, una pietosa richiesta di aiuto che non avrebbe mai ricevuto risposta.
La pioggia si era un po' attenuata, pur senza cessare del tutto, e il vento continuava a soffiare forte, mentre qualche tuono rombava lontano. Probabilmente era solo un po' di calma prima della tempesta vera e propria.
- Quindi è qui?- chiese Jessie, guardando il capannone color crema, sormontato dall'insegna di un punto vendita di articoli militari e da caccia.
Non era in pessime condizioni, anche se aveva subito qualche danno, seppur minimo, e la porta era ancora chiusa. Per qualche motivo era sopravvissuto senza troppi problemi alle prime fasi dell'infezione, anche se era impossibile dire come fosse all'interno.
- Non mi viene in mente un altro posto.- disse Kevin - Ci sono passato davanti varie volte ma non l'ho mai visitato.-
- Beh, un motivo come un altro per cominciare.- disse Madison, schiacciata contro lo sportello - Ora possiamo scendere? Voglio respirare di nuovo.-
Jessie annuì, guardandosi intorno.
- Va bene, ma occhi aperti.- disse - Li abbiamo seminati, ma potrebbero essercene altri.-
Tornarono in strada, e subito Jessie fece il giro per recuperare Day, dandole una pacca sulla spalla mentre passava.
- Con me.- le disse - Ti serve un'arma.-
La ragazza, spaesata, annuì dopo un istante di esitazione, mentre lui apriva lo sportello laterale, rivelando tutti i loro bagagli.
- Porca miseria...- commentò, vedendo le provviste e gli attrezzi - Avete derubato un ferramenta?-
- No, è... vengo da Rapid City.- spiegò Jessie, rovistando tra gli attrezi - Lavoravo in una ditta di manutenzione, ho preso tutto quello che potevo prima di venire qui.-
- Non è che hai preso anche un ombrello, eh?-
- Scusa, pensavo a sopravvivere, non a coprirmi.-
- Se ti becchi una polmonite puoi anche morire.-
Lui sbuffò, lanciandole un'occhiata esasperata, ma la vide sorridere. Decise di incassare e tacere, trattenendo a malapena una smorfia divertita. Tornò a cercare tra gli attrezzi, passandole un martello come inizio, mentre decideva cos'altro affidarle. Pensò per un momento di darle la catena (era almeno un metro buono di anelli d'acciaio terminante in un grosso lucchetto), ma guardandola bene decise che forse sarebbe stata inadatta: per qualche motivo, non riusciva a vedergliela bene in mano.
- Prendi.- le disse alla fine, tendendole una pala molto simile a quella di Kevin, solo un po' più piccola - Se ti si avvicinano troppo, sbattigliela con forza sulla testa. Se sono troppo vicini per questa, usa il martello. L'unico modo per ucciderli è distruggere il cervello. Pensi di farcela?-
Day annuì, guardando la pala come se non ne avesse mai vista una prima di allora.
- Grazie.- disse - Ma chi sei?- chiese poi.
Jessie ridacchiò imbarazzato, richiudendo il furgone.
- Uno che non esce molto.- ammise.
***
La porta era in realtà un semplice telaio di alluminio ad anta singola con un pannello di vetro incassato all'interno, ma dentro c'era una pesante saracinesca calata fino a terra che impediva di passare. Le vetrine erano oscurate da teloni pubblicitari di carta, e non era possibile stabilire cosa avrebbero trovato anche se fossero riusciti a entrare.
Jessie abbassò senza molta convinzione la maniglia, accertandosi che fosse chiusa, e si guardò intorno: Kevin aveva la faccia schiacciata sulla vetrina lì accanto, le mani a coppa intorno agli occhi, cercava di vedere attraverso gli spiragli tra i pannelli, mentre Maddie era in punta di piedi accanto al Transit e teneva una mano sulla fronte per coprirsi gli occhi dalla pioggia, come se stesse cercando di guardare sopra il tetto. Day se ne stava in disparte, apparentemente incerta su cosa fare, se aiutarli in qualche modo o ripararsi temporaneamente nel furgone.
- Vedi niente?- chiese Jessie.
Kevin scosse la testa, allontanandosi dalla vetrina.
- No, è troppo buio e bagnato, e gli spazi troppo piccoli. Non so se c'è qualcuno o no.-
- E bussare non è mai una grande idea...- sospirò Jessie - Proviamo a fare il giro... questo posto avrà un ingresso secondario.-
- Ne vedo uno da qui.- disse Day, indicando un po' più a destra - C'è un garage, e anche una porta. Forse puoi forzarla.-
Si trovavano in fondo a un corto vialetto di cemento, ed entrambe erano state danneggiate da precedenti tentativi di aprirle con la forza, anche se nessuno di essi sembrava essere andato a buon fine. Mentre si avvicinavano videro che, proprio lì davanti, c'erano numerose macchie di sangue, alcune anche molto grandi e solo parzialmente lavate dall'acqua, come se qualcuno fosse morto nel tentativo di entrare. C'erano anche segni di trascinamento, ma si perdevano presto nella macchia d'erba lì accanto, e alcuni oggetti scintillanti giacevano attorno alle chiazze scure.
- Bossoli.- decretò Jessie, strizzando bene gli occhi per vederli.
Erano ancora ad alcuni metri dal fondo del vialetto, bloccati alla vista di quello spettacolo niente affatto invitante.
- Ora non mi va più molto di entrare...- ammise Kevin, tamponandosi la fronte con un lembo della maglietta.
- Sì, nemmeno a me.- disse Madison - Je?-
- Concordo.- rispose - Non è sicuro... qualunque cosa sia successa qui, non mi va di scoprirla.-
Day annuì per dirsi d'accordo, e tutti insieme si voltarono per allontanarsi, mentre alle loro orecchie giungevano alcuni tonfi sordi provenienti proprio da dove venivano loro, a malapena percettibili sotto il ticchettio della pioggia. Esitarono un istante, mentre i tonfi si ripetevano, finché alla fine qualcosa girò l'angolo, superando la parete.
Era un animale, o almeno lo era stato in vita, il pelo tutto schiacciato dalla sporcizia e dall'acqua, ma originariamente color sabbia. Una folta e sudicia criniera fradicia gli circondava la testa, su cui si aprivano alcune ferite grumose e un solo occhio ancora sano, benché ormai quasi totalmente bianco. Su tutto il suo corpo c'erano molti segni di pallottole, come se qualcuno avesse tentato più volte di sparargli, ma neanche il segno di un morso.
In qualsiasi modo fosse stato infettato, comunque, quello era senz'altro un leone africano maschio adulto di almeno duecento chili, e puntava dritto su di loro.
- Vi prego, ditemi che è uno scherzo...- gemette Day.
***
Si avvicinava lentamente, scoprendo le zanne sporche di sangue con ferocia, una zampa alla volta. Per essere morto si rivelava inaspettatamente coordinato e silenzioso, entrambi aspetti che, sotto un certo punto di vista, andavano ammirati in lui.
- Je...- disse Madison, con voce tremante - Je, ti prego... dimmi che sai cosa fare... dimmi che ne possiamo uscire!-
Lui deglutì, frugandosi disperatamente nel cervello, mentre tutti insieme indietreggiavano lentamente, le armi strette nelle mani: quell'animale era quasi identico a un nemico di uno dei giochi di Resident Evil, lo "Stalker". Un nemico eccezionale persino nelle modalità meno impegnative. E in quei giochi si poteva contare sulle armi da fuoco.
Loro erano armati di pale e piedi di porco contro due quintali di animale che già senza infezione rappresentava una seria minaccia per qualsiasi essere umano. Si trovavano davanti a una delle macchine assassine più potenti di Madre Natura con in corpo la malattia più letale del mondo ed erano armati solo di randelli. Aveva considerato l'eventualità (peraltro remota) di incontrare al massimo cani e altri animali domestici, non un leone adulto.
Combattere era fuori questione... dovevano venirne fuori in un altro modo.
- Va bene...- disse lentamente - Ragazzi... al mio segnale ci sparpagliamo... e corriamo via il più in fretta possibile.-
- Stai scherzando?- esclamò Day in tono quasi isterico - Questo è un leone! Un leone, cazzo! Sai quanto sono veloci? Sanno anche arrampicarsi sugli alberi e nuotare! Come cazzo lo seminiamo, me lo dici?-
L'animale lanciò un ruggito ancor più feroce, facendo un piccolo balzo avanti che li fece sussultare. Madison gridò per lo spavento e cadde a sedere; gli altri l'acchiapparono per le braccia e la ritrascinarono in piedi, continuando a muoversi all'indietro finché non si trovarono spalle al muro.
- Cazzo...- gemette Jessie - Va bene, allora... allora corro solo io... me lo trascino dietro. Cercherò di raggiungere il furgone, e voi... voi scappate via, andate a rifugiarvi nella ferramenta, trovate il modo di entrare.-
- Sei scemo? Ti ammazzerà!- esclamò Kevin.
- Sta per ammazzarci tutti, non credo che...-
Uno sparo attutito da qualcosa risuonò nell'aria piovosa, centrando il leone a una zampa. Quello non diede segno di essersene neanche accorto, ma si voltò comunque verso l'edificio alla sua sinistra, ruggendo di nuovo. Alzando lo sguardo, i quattro videro un uomo con abiti mimetici inginocchiato sul tetto che imbracciava un fucile silenziato da cui espulse un bossolo grosso quasi quanto un dito. Sparò ancora, centrandolo di nuovo al corpo già martoriato, il colpo di nuovo attutito dal silenziatore dell'arma e dal suono dell'acqua, mentre il rumore di catenacci che venivano aperti attirava ulteriormente la loro attenzione.
Qualcosa rotolò a terra emettendo fumo talmente denso da nascondere l'animale alla vista, poi una testa piena di capelli bianchi sbucò fuori dallo stipite, allungando una mano che afferrò Day, la più vicina, e la tirò dentro di corsa. Gli altri non esitarono un secondo a seguirli entrambi, tuffandosi oltre la soglia insieme a loro.
Subito, l'uomo che aveva aperto richiuse tutto alle loro spalle, bloccando di nuovo ogni singola serratura mentre il leone ruggiva per l'ennesima volta e un suono di passi correva sopra le loro teste, diretto a una botola nel soffitto da cui, pochi secondi dopo, sbucò l'uomo con il fucile silenziato, che scese e bloccò anche quell'accesso con un chiavistello di ferro.
Ancora stravolti, bagnati e terrorizzati, i quattro si rimisero in piedi con le gambe molli e le mani tremanti. L'impatto di un corpo pesante scosse violentemente la porta; Day lanciò un altro grido, ma l'uomo coi capelli bianchi le fece cenno di tranquillizzarsi, tendendole un asciugamano.
- Non preoccupatevi, non può entrare.- disse - Qui siete al sicuro.-
Jessie, ancora aggrappato allo scaffale alle sue spalle, annuì convulsamente, sentendosi ancora come se fosse fatto di ricotta, guardando i due che li avevano salvati.
Il più vecchio indossava una camicia azzurra un po' sporca e stropicciata ma integra e pantaloni cachi. Sul suo petto era appuntata una targhetta con su scritto "direttore" su cui era stampato il logo del negozio. Aveva gli occhi azzurri e tratti somatici squadrati, netti, forse era di origini scandinave; in quel momento li stava osservando tutti con quella che sembrava sincera preoccupazione. Probabilmente doveva avere una cinquantina d'anni, forse sessanta. In una mano stringeva diversi asciugamani, e li stava allungando a ognuno di loro perché si asciugassero.
L'altro era più giovane, sulla quarantina forse. Era però più magro di Kevin, dalle spalle più larghe ma non particolarmente muscoloso, anche se in passato doveva avere avuto un fisico più definito. Aveva i capelli castani e corti, un po' arruffati, e un profondo sguardo blu.
- Tutto a posto?- chiese - Feriti?-
- Eh?-
- Ho chiesto se siete feriti.- ripeté - Vi ha presi?-
- Ah... no, no... stiamo bene.- rispose Jessie, staccandosi dalla parete alle sue spalle e prendendo il telo di spugna che gli veniva offerto.
- Bene?- esclamò istericamente Madison, ancora ansimante, aggrappandosi con forza all'asciugamano - Ma che cazzo stai dicendo? Io sto per morire, qui! Chi cazzo sta bene? Chi ha detto che sto bene?-
- Maddie, respira!- sbottò lui, asciugandosi nervosamente la faccia. Sentiva addosso un freddo tremendo - Io... grazie. Sul serio, siete stati... siete stati provvidenziali.-
- Sì... stavolta mi sono visto passare tutta la vita davanti.- concordò Kevin, pulendo gli occhiali fradici - Ho... ho bisogno di un momento...-
L'uomo annuì, sistemandosi meglio la cinghia del fucile sulla spalla, continuando a squadrarli con occhio attento.
- Io sono Paul Erickson, sono il proprietario.- si presentò l'uomo coi capelli bianchi, tendendo loro una mano, che Jessie strinse lentamente - Lui è Alex Livingston, è il mio responsabile marketing.-
- Lo ero finché non è successo tutto questo casino.- corresse lui - Ora sono uno qualsiasi.-
- Uno qualsiasi che sa sparare... grazie a Dio.- sorrise Paul, dandogli una pacca sulla spalla.
Il leone là fuori ruggì di nuovo e diede un'altra spallata alla porta, facendola tremare ma senza smuoverla più di tanto.
- A cuccia!- sbottò Alex, dando una pedata alla parete - Tranquilli, siamo al sicuro... questo posto è solido, la porta è blindata... non la sfonderà.-
Jessie annuì, asciugandosi la fronte. Si sentiva ancora traumatizzato da quanto era appena successo, ma il cuore stava già rallentando. Meno male, perché sentiva di essere sul punto di svenire.
- Io... Je... Jessie Shaw.- balbettò, restituendo l'asciugamano - Loro... Maddie... Madison Flagg, e... e Kevin... dio, come fai di cognome?-
- Malone.- rispose lui, togliendosi gli occhiali per sfregarsi gli occhi con le dita.
- Ah, già... e lei è... è Day Flanagan. Siamo... volevamo... cercavamo armi e provviste.-
Alex fece un sorrisetto, muovendo la mano come a dire loro di seguirlo.
- Venite, andiamo di là... ne parliamo come si deve.-
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