Cap. 17: Ricerca
Per riempire di nuovo il serbatoio del furgone servì tutto il carburante che Jessie aveva con sé, dunque avrebbero dovuto procurarsene di nuovo prima ancora di lasciare Sioux Falls. Fatto ciò fornì ai due nuovi compagni qualcosa per difendersi pescando dal mucchio di attrezzi che si era portato dietro.
Insisté perché portassero tutti almeno due armi, una lunga e una più corta. Lui tenne il solito piede di porco e il mazzuolo da cantiere, oltre alle solite forbici da elettricista come portafortuna e due cacciaviti per sicurezza, mentre Kevin prese il badile e l'accetta. Madison invece scelse la chiave inglese più grossa che trovò (residuato dell'officina meccanica della R.C.M.) e il tagliacatene, che in effetti era sufficientemente lungo, duro e pesante da poter essere usato come arma contundente. Inoltre, se avessero incontrato qualche lucchetto non avrebbero avuto difficoltà a romperlo.
Decisero di non tornare indietro una volta trovato tutto ciò di cui avevano bisogno, così presero dalla casa qualche cuscino e tutte le coperte che trovarono, del sapone (- Dovremo pur lavarci, porca puttana!- sbottò Madison, scaraventando i flaconi in una borsa), il poco cibo che Sandy aveva nella dispensa e alcuni frammenti dello specchio del bagno, opportunamente smussati con del nastro.
Quello fu un'idea di Jessie, a dire il vero: muoversi in silenzio sarebbe stato fondamentale, e se avessero dovuto comunicare a distanza senza farsi sentire quello avrebbe fatto al caso loro. Quantomeno, avrebbero potuto segnalarsi reciprocamente la propria posizione senza farsi notare troppo o sbirciare da dietro gli angoli.
Una volta pronti lasciarono la casa di Sandy senza voltarsi indietro, diretti verso Downtown. L'unico lato positivo dell'indirizzo a cui si sarebbero dovuti recare era che, quantomeno, si trovava molto vicino alla strada che aveva fatto Jessie per raggiungerli una volta entrato in città.
La percorsero a ritroso, scoprendo con rammarico che la sua profezia in merito alla migrazione degli zombie si stava già avverando: ne trovarono molti di più di quanti ne avesse incontrati lui la sera prima, forse attratti proprio dal suo passaggio, anche se non in numero sufficiente a bloccare il furgone.
Madison insistette per far guidare Kevin, così che Jessie potesse riposarsi un altro po' (secondo lei dopo quella lunga tirata aveva ancora bisogno di riprendersi), così mentre il nuovo compagno avanzava a velocità relativamente bassa tra i non morti che si affollavano attorno e dietro di loro e le carcasse delle auto in fuga, lui si accontentava di tenere gli occhi aperti alla ricerca di un varco che li conducesse più rapidamente a destinazione.
Riuscirono ad arrivare relativamente in fretta all'incrocio con River Road, ma ormai alle loro spalle c'era già un folto gruppo di non morti che, per quanto distante, non poteva ancora dirsi seminato.
- Non riusciremo a entrare e uscire prima che ci raggiungano.- disse Kevin, guardando lo specchietto retrovisore con apprensione - Serve un diversivo. Potrei scaricarvi qui e tirarmeli dietro.-
- No, non separiamoci.- disse subito Madison - Non lo sai che è così che si muore nei film horror?-
- Ha ragione lei, niente divisioni.- concordò Jessie - Prosegui, se possibile scendiamo al volo. Ci inventeremo dopo come evitarli.-
Kevin annuì e svoltò in River Road, mentre gli zombie incespicavano nella loro scia. Ne trovarono altri anche lì, ma in numero minore di quelli che Jessie aveva temuto: forse avevano ancora una possibilità. Arrivati in fondo incontrarono finalmente la nona est, entrarono nel parcheggio della banca, proprio di fronte al palazzo a cui miravano.
- Credo che sia la prima volta in cui trovo posto qui.- disse scherzosamente Kevin.
- Sarà perché gli altri sono morti o scappati?- grugnì Madison.
- Basta chiacchiere e scendiamo.- disse perentorio Jessie - Non ho visto Inseguitori, quindi correte alla porta e pregate che sia aperta.-
- Non serve che lo sia.- ridacchiò Kevin, estraendo qualcosa di tintinnante da una tasca - Ho le chiavi!-
***
Per la notte erano riusciti a rifugiarsi in una stazione di servizio poco distante, praticamente saccheggiata ma in buono stato. Trovarono anche un po' di carburante nei pozzi, segno evidente che le persone passate da lì prima di loro non erano riuscite a prosciugarli del tutto.
Riempirono sia i serbatoi che le taniche che Ben aveva con sé e quelle che trovarono nell'officina sul retro, per un totale di almeno duecento litri (che comunque, come puntualizzò cupamente Brown, non era poi molto), cosa che avrebbe permesso loro di procedere ancora per un po'.
Per quanto riguardava la loro ultima destinazione, il Maggiore dichiarò di aver bisogno di tempo per capire dove si trovava con esattezza (sospettava da qualche parte verso ovest), ma da quello che sapeva avrebbe dovuto essere una base ritenuta sicura e inviolabile.
Quando si svegliò quella mattina, Ben scoprì di avere un gran mal di schiena, dovuto alla notte passata sul duro pavimento dell'area di ristoro dell'autogrill. Mentre si alzava lentamente, la ruvida coperta militare che gli avevano fornito gli altri scivolò sgraziatamente a terra, come il suo umore.
Non aveva un reale motivo per sentirsi giù a dire il vero: aveva buoni motivi per credere che la sua famiglia fosse al sicuro, era in compagnia di un gruppo militare armato e motivato, e presto avrebbe potuto smettere di scappare. Era semplicemente il brutto risveglio a dargli fastidio. E poi, sentiva la mancanza della nicotina: tra le emozioni e le corse del giorno prima non aveva più cercato sigarette, e iniziava a covare un po' di irritazione. Forse era troppo assuefatto.
Vide Brown seduto a un tavolo d'angolo con Puckett e il soldato con la testa rasata, mentre Zapata e un altro montavano la guardia a una finestra. Un altro ancora era nei pressi della grossa macchina del caffè, che la sera prima avevano scoperto essere ancora funzionante, e stava provando a fare dell'espresso per tutto il gruppo, mentre gli ultimi due non si vedevano.
- Ben svegliato, ragazzo.- lo salutò Brown mentre si avvicinava al tavolo. Quando fu abbastanza vicino notò che c'era una cartina dispiegata tra loro - Stavamo proprio facendo il punto della situazione.-
- Sappiamo dove siamo?- chiese Ben, grattandosi la testa e rimettendosi il berretto.-
- Certo. Siamo qui, con uno scarto di cinquanta metri.- disse Puckett, mettendo il dito poco sotto Keystone.
- Come lo sai?-
Il soldato senza nome aprì una tasca e ne estrasse un aggeggio grigio vagamente simile a un cellulare piuttosto grosso.
- Localizzatore GPS. È in dotazione.- rispose, strizzandogli l'occhio - A proposito, mi chiamo Nelson.-
- Piacere. Il mio nome già lo sai.- rispose Ben - Siete riusciti a capire dove dobbiamo andare?-
Brown annuì, con aria pensierosa, e picchettò il dito diversi centimetri più in là, in un punto apparentemente in mezzo al nulla.
- Montagne rocciose.- disse - Le coordinate sono di questo punto esatto. Dobbiamo andare verso Livingston e da lì proseguire per Gardiner. Solo per arrivarci è una giornata in auto, senza contare la situazione attuale. Da lì dovremo inoltrarci nei sentieri non segnati su questa carta. Anche partendo adesso arriveremmo non prima di sera.-
- L'importante è arrivare.-
- Concordo, ma dobbiamo considerare l'ipotesi peggiore.- rispose Brown - Resistenza, e parecchia. Ieri notte abbiamo consumato un bel po' di munizioni, e il carburante difficilmente basterà. Il nostro hummer consuma parecchio, e il serbatoio della tua macchina non è così capiente... senza contare che l'hai danneggiata mettendo sotto tutti quei morti, ieri. Forse dovremmo...-
Il suono di armi automatiche che sparavano misto a grida interruppe il discorso.
***
Il cielo era diventato un'indistinta massa di nuvole, e un tuono lontano rimbombò sopra le loro teste. Presto Sioux Falls sarebbe stata colpita da un temporale.
Kevin aveva fermato il mezzo proprio di fronte alla porta, ma per raggiungerla aveva dovuto investire almeno tre zombie e speronarne cinque, riempiendo la carrozzeria di macchie rossastre e ammaccature, ma nonostante questo il numero di morti viventi non faceva che aumentare, soprattutto a causa dei lamenti della massa già presente i quali, andando in accumulo, stavano richiamando l'intero quartiere nei dintorni del palazzo, trasformando il gruppo in un piccolo esercito.
- Lo sapevo che era una pessima idea...- gemette Jessie, scendendo al volo.
- Dirai "ve l'avevo detto" dopo, ora corri!- gridò Maddie, prendendolo per la maglietta e trascinandolo verso la porta, dove già Kevin trafficava con le chiavi.
Era una semplice porta di alluminio e vetro, proprio all'angolo del palazzo che dava su Phillips Avenue, troppo debole per reggere a lungo un assalto in massa. Non che si aspettasse di trovarsi davanti a un pannello blindato, ma onestamente Jessie aveva sperato che ci fosse quantomeno un solido portone di legno.
- Kevin, datti una mossa!- esclamò, voltandosi per fronteggiare il muro gemente di carne morta che, lentamente, si avvicinava a loro, stringendo il cerchio.
Riusciva già a vedere i loro occhi smorti e i denti macchiati. Ogni singola ferita putrescente e sporca di sangue rappreso. I lembi più sbrindellati dei loro abiti. Il vento sottile gettava fetide zaffate del loro odore. Un grido si levò dal mucchio, segnalando la presenza di almeno un Inseguitore. Strinse forte il piede di porco, e Madison il tagliacatene.
- Kevin...- ripeté con voce tremolante, mentre un Vagabondo alzava un braccio.
- Quasi fatto!-
- Non c'è spazio per i quasi!-
- Quasi... FATTO!-
Tirò la porta e allungò alla cieca un braccio, afferrando l'orlo della maglietta di Madison, che a sua volta agguantò il colletto di Jessie, formando una catena umana che incespicò all'interno, rovinando sul pavimento di fronte agli scalini.
Scattando a molla, Jessie si lanciò a pelle d'orso verso la porta, sbattendo forte la fronte sullo stipite di alluminio ma al tempo stesso agguantando la maniglia. L'urto lo fece rimbalzare indietro, così forte che la porta scattò verso di lui con estrema violenza, non prima che un quattordicenne privo di un occhio riuscisse a infilare un braccio, che rimase schiacciato tra i due pezzi di metallo. La porta ci sbatté sopra con forza, producendo uno schiocco secco di ossa rotte, senza chiudersi del tutto.
Stordito ma pronto, Jessie afferrò la maniglia con entrambe le mani e puntellò il piede sul telaio esterno, tirando con tutte le proprie forze nel tentativo di impedire agli zombie di aprire, combattendo una battaglia che sapeva di non poter vincere.
Kevin, all'istante, afferrò la sua piccola accetta con entrambe le mani e la calò come una vera e propria scure sul polso rotto, colpendolo con la lama talmente forte da lacerare la carne e martoriare ulteriormente l'osso.
Lo zombie cadde indietro, mentre Jessie chiudeva la porta e mozzava definitivamente il suo braccio, rovinando addosso ai morti viventi alle sue spalle. In un effetto domino persero l'equilibrio molti altri, che vennero calpestati dai loro compagni retrostanti, prima che questi venissero a loro volta spinti via dalla furia di due Inseguitori, i quali cozzarono furiosi contro i doppi vetri a isolamento termico, picchiando forte i pugni nel tentativo di raggiungerli.
Jessie rimase a guardarli ansimando, il bernoccolo che pulsava follemente, mentre una goccia di sangue gli scivolava lungo il setto nasale, sentendo una intensa scarica elettrica percorrerlo da capo a piedi, l'adrenalina che fluiva e lo invadeva come un virus.
Si voltò verso i suoi amici, pallidi e ansimanti quanto lui, che lo fissavano con gli occhi spalancati, le facce pallide come teschi. La testa pulsò un po' di più, e una goccia di sangue cadde a terra, scivolando giù dalla punta del suo naso.
- Ho... l'emicrania.- borbottò.
***
Non avrebbe retto mai molto a lungo: era di vetro, non era chiusa a chiave e stava subendo la pressione di una folla sempre più numerosa di zombie.
Erano praticamente in trappola.
Ad ogni modo, ormai erano in ballo, e non potevano fare altro che salire.
Il palazzo non aveva molti piani, e la loro destinazione era il terzo. Kevin aprì anche quella porta, sormontata da un'insegna col nome dello studio; a differenza della precedente era molto più massiccia, di legno duro e munita di due serrature: richiuderla avrebbe garantito loro una barriera decisamente più solida della precedente.
Entrarono con cautela, le orecchie tese e i piedi leggeri, ritrovandosi in un anonimo corridoio dalla moquette color polvere e un'orrida carta da parati giallognola.
- Un po' tetro per uno studio di desing.- commentò Jessie.
- Curati il mal di testa, tu.- brontolò seccata Madison, dirigendosi prontamente a disattivare l'antintrusione prima che facesse scattare l'allarme - Ah... non l'avevano inserito.- aggiunse.
Fece per precederli, ma Jessie la fermò col piede di porco, facendo cenno di diniego.
- Non da sola.- disse.
- Non c'è nessuno qui.-
- Non necessariamente.- corresse Kevin, dando un'ultima scossa alla maniglia per accertarsi di aver chiuso bene - Bernard dormiva in ufficio, a volte. E poi c'è sempre qualcuno della vigilanza nel palazzo.-
- Cosa?- sbottò Jessie - No, un secondo... sapevi che qui c'è qualcuno?-
- Beh... no, sto facendo supposizioni.-
- Dobbiamo essere sicuri. Non possiamo andare alla cieca.-
- Se è la certezza assoluta che vuoi, pretendi davvero troppo, Je.- disse Madison - Dai, andiamo all'archivio. Se ci sbrighiamo potremmo anche farcela prima che...-
Un tremendo fracasso, come di decine di vetri che andavano in frantumi, risuonò dal fondo delle scale, a stento attutito dallo spessore della porta chiusa alle loro spalle, facendoli sussultare tutti e tre.
- ... entrino.- terminò lei.
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