Prologo

Chicago, 1929.

La donna si guardò attorno per assicurasi che non passasse nessuno. Si tirò indietro i capelli scuri e si infilò il cappello, sperando che bastasse a tenerli a posto e nel contempo ombreggiasse il suo viso. Il suo contatto stava dritto di fronte a lui, il nervosismo leggibile su ogni ruga, rabbrividendo per qualcosa di più del freddo delle sere di Chicago. Gli infilò una fascia nera sul braccio e gli disse: -Questo l'aiuterà a passare. Le basterà dire che è lì per presenziare al funerale.-

Il detective Donovan osservò di sfuggita l'impresa di pompe funebri dall'altra parte della strada. Sapeva che non erano esattamente funerali, quelli che si organizzavano all'interno, così come sapeva che le bare ospitavano un contenuto ben diverso dai corpi dei defunti: più liquido e più alcolico.

Soprattutto sapeva chi ci stava dietro: Jim Moriarty, uno dei più pericolosi esponenti della malavita di Chicago, e grazie alla soffiata di Charlie, quella sera sarebbe probabilmente riuscito ad arrestarlo.

Moriarty si sarebbe trovato lì, e ci sarebbe stato anche lui. Dopo anni di indagini e giochi al gatto e al topo, finalmente il loro conto sarebbe stato regolato.

-Grazie Charlie,- disse Sally Donovan, si aggiustò la fascia, si strinse il cappotto attorno al petto mascherando il suo distintivo, e si avviò verso l'impresa mortuaria.

L'ingresso avrebbe ingannato chiunque, doveva ammetterlo. Un lavoro ben fatto, con mazzi di fiori sparsi qua e là, un organista che suonava motivetti lugubri, e due signori dall'aria ufficiale a servire all'ingresso.

-Posso aiutarla, signora?- fece il più anziano dei due.

-Sono qui per il funerale- disse semplicemente Sally, alzando il braccio con la fascetta nera. L'impiegato sorrise in modo stupido, come se non capisse.

-Temo che sia stato male informato, signora. E' da una settimana che non ci viene commissionata una funzione.-

-Io sono un amica del defunto. Charlie mi ha detto che proprio oggi si celebra una veglia in questo edificio, lei capisce...- insistette, con calma e con un sorriso. I suoi occhi azzurri brillarono di complicità.

In un attimo, quella stessa intesa si rifletté negli occhi dell'impresario.

-Glielo ha comunicato Charlie? Ma perché non l'ha detto subito. Mi scusi tanto per la mia cautela, signora. Sa, non si può mai sapere chi cerca di imbucarsi alle cerimonie funebri.-

-Come ha ragione- concordò Sally.

L'uomo anziano fece un cenno all'organista, e questi tirò verso il basso un candelabro, senza smettere di suonare. Un mobile addossato alla parete strisciò lungo il muro, e la lugubre melodia venne soffocata dal vociare di un'allegrissima folla, che faceva a gara con un'orchestra a chi riusciva a raggiungere il volume più alto.

-Prego, signora- fu l'invito ossequioso del padrone di casa, che gli spianò la strada attraverso la porta nascosta.

Sally entrò, e venne sommersa da una baraonda degna di un porto di mare, ma con molta più classe e malizia. Su un palcoscenico, una fila di graziose ballerine agitavano le gambe nude con fare provocante, strizzate in costumini di scena che davano assai poco spazio all'immaginazione. I loro tacchi scalpicciavano sulle assi di legno, offrendo un ritmo nuovo alla melodia suonata dalla banda.

Sally passò accanto a quel vortice di paillettes e piume nei capelli, e si sedette ad un tavolo vuoto. Un cameriere la raggiunse subito.

-Cosa desidera signora?-

-Un whiskey, per favore.-

-Mi dispiace, ma non ne abbiamo.-

La mora lo guardò sorpreso. Come era possibile? Forse la soffiata non era poi così affidabile.

-Possiamo offrirle solo caffè. Caffè allo scotch, al brandy, alla vodka... Mi confidi pure i suoi gusti- disse il cameriere ammiccando vicino a lei.

Tombola! Pensò allora Sally. Uno speakeasy* fatto e finito, un covo di contrabbandieri di alcolici, che si davano alla bella vita e ai guadagni facili alla faccia del Proibizionismo.

Se fosse stato ancora più fortunata, a breve Jim si sarebbe trovato lì, nella sua stessa sala. Non gli restava altro da fare che ordinare un caffè al brandy e attendere.

Con un ultimo assolo di sax e una posa provocante da parte delle soubrettes, la musica cessò, e il pubblicò applaudì fragorosamente.

Sherlock si sedette sullo sgabello accanto al suo contrabbasso, tirando un sospiro di sollievo e pensando che la serata stava per finire, finalmente. Lavoro portato a termine significava paga, e l'attesa lo riempiva di trepidazione perché, dopo due settimane senza un impiego fisso, non si ricordava nemmeno più come fossero fatti i soldi.

Accanto a lui Greg, suo migliore amico, coinquilino, sassofonista e tante altre cose, dedicava la sua pausa alla contemplazione trasognata della metà femminile del pubblico e del personale di servizio.

-Hey, Greg- lo chiamò Sherlock.

-Sì, che c'è?- fece distrattamente lui.

-Questa è sera di paga,- gli ricordò.

-Come? Oh, certo, certo. E so anche come investirla. C'è questo mio conoscente che lavora al ristorante messicano, sai, quello con i baffi? E mi ha raccomandato una puntata fortunata alle corse dei cani. Vedi, lui conosce il cugino del cognato del manovratore della lepre, e mi ha assicurato che può pilotare le corse a nostro favore- gli confidò.

Il riccio lo fissò con disapprovazione, e strinse il contrabbasso sperando che il suo amico notasse quanto fosse contrariato.

-Starai scherzando, spero. La padrona di casa minaccia di buttarci fuori, non mangiamo come si deve da due settimane, e i negozi non ci fanno più credito. Il gestore della lavanderia pubblica mi ha anche detto che se mi rivede e non lo pago chiamerà la polizia. E tu pensi a queste scemenze?-

Greg gli diede una pacca sulla spalla. -Rilassati, è una scommessa sicura, praticamente abbiamo già i soldi in tasca. Il tuo problema è che ti accontenti di poco. Abbiamo la possibilità di raddoppiare, o addirittura triplicare la nostra paga, come puoi non considerare il grande guadagno che avremo al prezzo di un minimo rischio?-

-Se tu i soldi li risparmiassi, non avremmo bisogno di rischiare affatto. Io sono stufo di mangiare cibo in scatola e tenere a bada la gente con cui ti indebiti- soffiò il riccio. -E poi chi ti dice che questa storia della scommessa non sia tutta un imbroglio? Meglio tenerci i nostri soldi in tasca, domani potremmo ritrovarci di nuovo senza lavoro.-

Dall'ingresso principale comparve un uomo alto, con capelli neri curatissimi a incorniciare il suo volto magro e pallido. Due occhi gelidi e maligni suscitavano il terrore e il rispetto di chiunque incrociasse il suo sguardo. Greg notò questo, ma non solo. Frequentando quegli ambienti era inevitabile avere a che fare con gangster e malavitosi, tuttavia bastava un'occhiata per capire che, comportandosi nel modo giusto, si poteva essere lasciati in pace, e fare magari abbastanza soldi da comprarsi una sciarpa di seta verde e oro come quella che l'uomo in nero aveva addosso.

-Guarda quel tipo, Sherlock. Con i vestiti che indossa potresti mangiare per un anno. E' evidente che questo posto ha una ricca clientela, e difficilmente andrà in rovina, quindi non preoccuparti. Il lavoro è sicuro e ben pagato, vedrai che ci terrà impegnati per un bel po' di tempo. E poi smettila di essere così negativo. Domani potrebbe metterci sotto un camion, potrebbe capitare un'inondazione, un'invasione di cavallette, o che so io. Come speri di goderti il presente se vedi sempre tutto nero?-

Davanti a loro una donna dai lunghi capelli scuri, estrasse un distintivo da sotto il cappotto e se lo appuntò sulla giacca, in bella vista, incrociò le braccia e si mise in attesa di qualcosa. Sherlock fu il primo a notarlo.

Lo indicò al suo amico con un cenno della testa. -Greg, guarda.-

Lui lo fece, e il sorriso di prima gli cadde dal viso come un frutto maturo. -Oh, porc...-

-Questo lavoro durerà, vero?- lo sfotté Sherlock, cominciando a infilare in fretta e furia il contrabbasso nella sua custodia.

-Comincio a pensare che sia tu a portare sfiga- fumò contrariato Greg, mentre metteva al sicuro il sassofono. -Comunque sarà il caso di filarsela, prima che circondino del tutto l'edificio. Gli sbirri non viaggiano mai da soli- disse, aiutando l'amico a fare fagotto il più velocemente possibile.

Il detective Donovan si alzò in piedi, e con una voce talmente potente da sovrastare tutto il baccano del locale, tuonò: -Che nessuno si muova, siete tutti in arresto!-

Com'era prevedibile, il suo ordine scatenò un fuggi fuggi generale. Grida e strilli, sedie rovesciate, uomini che nascondevano liquori sotto la giacca e ragazze che tentavano di coprirsi con le tovaglie per correre fuori sperando di riuscire ad arrivare a casa senza essere fermate.

La poliziotta si chiese perché diavolo continuasse ad annunciare l'arrivo dei suoi colleghi, se tanto poi si mettevano tutti a fare un gran casino. Avrebbe fatto meglio a sbatterli dentro tutti quanti senza nemmeno presentarsi.

I suoi uomini sfondarono la porta, e il gregge di fuggitivi cambiò direzione verso l'uscita secondaria, seguito da un branco di uomini in blu, lasciando la sala vuota, eccezion fatta per Sally e un gruppetto di tranquillissimi commensali, che sembravano del tutto disinteressati da quello che stava succedendo.

La detective si avvicinò, e per poco non fu tentato fare i salti di gioia: il suo uomo era proprio lì, con il corpo sottile sinuosamente appoggiato alla sedia, e il sorriso beffardo di chi non ha nulla da temere.

-Detective Sally Donovan- lo accolse il moro canzonatorio. -A cosa dobbiamo il piacere della sua visita?-

-In questo momento sto lavorando,- spiegò Sally seriamente, -E parte del mio lavoro di stasera consiste nel portarti dentro, Jim Moriarty, per contrabbando di alcolici e apertura di un esercizio illegale.-

Jim si guardò attorno con finta innocenza, e congiunse le mani davanti a sé. -Ti riferisci a questo posto? Non so chi ti abbia detto il contrario, detective, ma io sono un semplice cliente. Quando mi è stato consigliato, questo mi era sembrato un locale molto perbene. Non ho ragione ragazzi?-

-Certamente, capo- gli risposero in coro gli uomini della sua scorta.

Sally si portò al naso uno dei bicchieri che stavano sul tavolo per annusarne il contenuto. -Latte,- spiegò il moro; sembrava più una presa in giro che una constatazione. Sally cominciò ad irritarsi.

-Sei furbo... Pensi che non ti possa arrestare, se non vieni colto in flagrante a consumare la tua stessa merce in un locale di tua proprietà?-

-Al contrario, credo proprio che mi arresterai, ma sarò fuori entro domani mattina. Mi sono trovato qui in buona fede, come molti altri avventori, alcuni dei quali occupano un seggio comunale. Non c'è nessuna prova che questo posto mi appartenga, e non ho consumato altro che un innocuo drink analcolico- disse, alzando il bicchiere di latte e bevendone un sorso. Uno dei gangster ridacchiò sotto i baffi.

-Intanto vieni con me. Contatterai il tuo avvocato alla centrale di polizia.-

Lo prese per un braccio, facendolo alzare. Jim agitò una mano per levarselo di dosso. -Ehi, poche confidenze,- diede una lisciatina al suo completo, -Questo vestito costa più della tua auto. Ci conosciamo da anni ormai, da te mi aspetterei un po' di delicatezza.-

La mora sentì una vena gonfiarsi sulla fronte. Seguiva Moriarty da anni, era vero, ma contro di lui non c'erano mai state prove sufficienti ad incastrarlo: i testimoni sparivano o ritrattavano, le prove si volatilizzavano. Era un criminale con una fedina penale ufficiosamente sporca come un pozzo nero, ufficialmente ci avresti potuto mangiare sopra. Sally sperava che quella fosse la volta buona, ma evidentemente Jim si aspettava una retata. Doveva essere così, altrimenti non si sarebbe fatto trovare a bere dello stupido latte. Se era così, allora anche le prove che si augurava di trovare dovevano già avere preso il volo da un pezzo.

-Dimmi una cosa,- fece piano il gangster, -Chi è stato ad invitarti a questa festa privata? Charlie, per caso?-

La poliziotta si sforzò di mantenersi impassibile: l'ultima cosa che voleva era che uno dei suoi ultimi infiltrati venisse ritrovato in un cassonetto come quelli che lo avevano preceduto.

-A te non deve interessare- disse, ma forse la sua voce ci mise troppo tempo a uscire, perché Jim ghignò, una luce sinistra brillò nei suoi occhi verdi, e mormorò tra sé e sé: -Lo sospettavo.-

Sul retro dell'edificio due individui imbacuccati nei loro cappotti si stavano esibendo in un autentico numero acrobatico, per scendere le scale antincendio con in braccio due custodie per strumenti musicali, e nel contempo sperare di non essere visti dalla polizia, che sotto di loro stava rastrellando tutti gli occupanti dello speakeasy prima che corressero via come un'orda di insetti da sotto una roccia.

Greg era sceso per primo, e aspettava con le braccia tese che Sherlock gli passasse il contrabbasso e il sassofono.

-Muoviti! Controlleranno di sicuro anche il retro.-

-Arrivo, arrivo!-

Il ragazzo, assolto il suo compito, scivolò giù per la scala, che si allungò fino a terra con un clangore metallico, prima che lui la lasciasse andare e si ripiegasse su sé stessa, rendendo impossibile risalire.

I due afferrarono i rispettivi strumenti e corsero via, nascondendosi in un vicolo, ma fortunatamente parve che il grosso dell'azione si concentrasse lungo la via principale.

Sherlock era infuriato. -Ecco, lo sapevo! Adesso siamo rimasti completamente al verde. "Questo lavoro durerà", dicevi. Io invece ho sempre sostenuto che non avremmo dovuto accettarlo. Quello era un locale illegale, era chiaro come il sole che prima o poi lo avrebbero fatto chiudere, ed è già un miracolo che non abbiano arrestato anche noi.-

Greg sospirò, accarezzando la custodia del sax. -Beh, un lato positivo c'è...- disse senza scomporsi.

-Ah, sì? E quale?-

-Dovevo un po' di soldi anche alle ragazze. Ora che le hanno arrestate almeno mi sono tolto dalle spalle un debito.-

Sherlock roteò gli occhi. -E che mi dici dell'affitto? Del cibo? E del...-

-Calmati amico, non sai che agitarsi troppo fa male alla salute? Dimentichi che ci resta ancora una carta da giocare: domani, alle corse dei cani, ci giochiamo i cappotti e vedrai che recuperiamo abbastanza soldi per le nostre spese.-

-Ancora con questa storia? Non lo so, Greg, e se poi non vinciamo? In questa stagione fa freddo, non voglio beccarmi una polmonite.-

Sherlock era davvero poco convinto. A lui era stato insegnato a lavorare, mettere da parte i soldi e ignorare i miraggi del guadagno facile come scommesse, lotterie e affini. Greg era il suo esatto contrario, e doveva ammettere che, ogni tanto, riusciva anche a vincere, e divideva tutto con lui, sebbene non fosse entusiasta delle sue attività. Supponeva che il suo amico, oltre all'indubbio bell'aspetto, avesse quel carisma che faceva impazzire le donne e riusciva sempre a convincerlo a dargliela vinta.

-Andiamo, Sherlock. Fidati di me, è una cosa sicura.-

Lo disse prendendolo per le spalle, con occhi furbi e falsamente supplichevoli. Sembrava talmente convinto, sotto quell'espressione da monello, che alla fine il riccio si lasciò persuadere.

___________________________

Il giorno dopo Chicago venne svegliata dall'ululato del vento tra i grattacieli, e le strade imbiancate di neve nascondevano uno strato di ghiaccio che aveva già fatto finire a gambe all'aria parecchi passanti.

Sherlock e Greg avanzavano contro vento, scrutando la strada al di là del vorticare dei fiocchi, entrambi senza cappotto e senza guanti.

La faccia del contrabbassista era nascosta in parte da una sciarpa di lana, ma Greg non avrebbe potuto comunque evitare gli occhi fiammeggianti che lo squadravano da sotto le sopracciglia torve, coperte da piccoli cristalli di ghiaccio.

Una volta raggiunta l'impresa musicale dove cercavano sempre lavoro, si levarono la sciarpa e si scrollarono la neve di dosso, sfregandosi le mani rosse di freddo.

-Tu e le tue idee balorde!- esplose Sherlock. -Per colpa tua adesso non solo non abbiamo più un soldo, ma siamo anche senza cappotti, a Chicago, in pieno inverno! Cosa credi che dovrei fare, cucirmi una giacca con la custodia del mio contrabbasso?-

-Le misure sarebbero perfette, e magari ci avanza della stoffa per un paio di guanti- scherzò nervosamente Greg, ricevendo in cambio un ringhio.

-Senti, ti ho già detto che mi dispiace. Come potevo immaginare che il manovratore della lepre fosse a letto con l'influenza e fosse stato sostituito. Sono cose che capitano...-

-Sono cose che non devono capitare!- sbottò il riccio, avanzando nel corridoio. -Comunque ormai è andata così, non voglio più sentirti parlare di idee geniali. Vediamo piuttosto se c'è qualche offerta di lavoro.-

Greg lo precedette, bussando ad ogni porta e domandando: -Niente oggi?-

Le impiegate si prendevano una pausa per rispondere "No", e tornavano a limarsi le unghie.

Alla fine arrivò all'ultima porta del corridoio, e dietro di essa una giovane donna dai capelli neri gli lanciò un'occhiata di vero disprezzo da dietro la sua scrivania.

-Ma bene! Greg Lestrade - disse, con tono più sarcastico del dovuto. Il diretto interessato cambiò faccia, come se fosse stato beccato a rubacchiare in un negozio e si stesse scervellando per mettere in piedi una buona scusa per le sue azioni.

-Maria! Tesoro, se è per l'altra sera ti posso spiegare...-

-Sai che cosa ha fatto il tuo amico, Sherlock Holmes?- Maria Hill, la segretaria che intercedeva sempre per loro con il proprietario dell'agenzia e che intratteneva un tira e molla amoroso con Greg si rivolse al biondino con confidenza, quasi si trattasse di una vecchia amica.

Sherlock scosse la testa. Non sapeva che avesse fatto il suo coinquilino, ma immaginava che centrasse il suo stile di vita da donnaiolo e giocatore impenitente.

-Io spendo lo stipendio di una settimana per farmi le unghie e i capelli, preparo una bella cenetta fatta in casa e indosso la mia sottoveste migliore. E lui dov'era?-

Greg: -Dov'ero?-

Sherlock: -Dov'era?-

La trovata di Greg: -Con te, Sherlock!-

-Con me?-

-Certo! L'ho portato all'ospedale perché aveva avuto... una mostruosa intossicazione alimentare- disse, facendo un disperato occhiolino al suo amico.

-Oh! Sì certo... Veramente brutta.-

-Ha coinvolto persino il fegato.-

-Orribile-

-Hanno dovuto fargli una trasfusione, per sicurezza, e siccome abbiamo lo stesso gruppo sanguigno sono rimasto con lui tutta la sera.-

Maria sorrise scettica. -Ma davvero?- Era chiaro che non credeva a una sola parola.

Greg cercò di rabbonirla con la voce più suadente che aveva: -Avanti, Maria. Si è trattato solo di una sera, ne abbiamo un'infinità di fronte a noi. Non arrabbiarti così, e pensa che dopo che mi avranno pagato il prossimo lavoro ti porterò nel miglior ristorante della città. A proposito, non è che hai tra le mani un ingaggio per noi?-

-Che faccia tosta,- disse lei, poi i suoi occhi si illuminarono. -Un momento. Forse ho proprio quello che fa per voi. C'è un'orchestra che cerca un sassofono e un contrabbasso, tre settimane tutto pagato in un hotel a Miami, che ne dite?-

Parve che sui visi dei due uomini fosse sorto il sole.

-Florida?- domandò Sherlock, che ancora non riusciva a crederci.

-Tutto pagato?- chiese Greg, sporgendosi verso la donna.

-Certamente. Entrate e parlatene pure con il direttore Fury- rispose lei.

-Oh, Maria, sei un angelo. E vedrai: il miglior ristorante della città, ricordalo!- disse Greg, e le lanciò un bacio al vento.

-Me ne ricorderò- disse lei, e non appena i due furono entrati nell'ufficio del direttore, si voltò per sghignazzare insieme alla sua collega della scrivania accanto.

Il direttore Nick Fury era un uomo che metteva sempre una certa soggezione, ma vederlo andare in bestia mentre litigava al telefono ti faceva venire voglia di alzare i tacchi e rimandare la conversazione a tempi migliori.

-E' mai possibile che sia così difficile procurarsi quei due strumenti? Ti do ancora quattro giorni, vedi di trovarmi qualcosa!- gridò, e sbatté la cornetta facendo persino vibrare la scrivania.

-Ehm... Capo?- iniziò Sherlock.

-Che volete voi due?-

-Saremmo qui per il contratto di tre settimane...- spiegò Greg.

-Quello in Florida...- precisò Sherlock.

Il direttore aveva una benda su un occhio, una cosa di cui non voleva mai parlare, e questo rendeva ancora più penetrante lo sguardo che lanciava da quello buono. Al momento, quell'occhiata avrebbe potuto fare un buco nel muro.

-Volete prendermi per il culo?- indagò. Decisamente non era dell'umore migliore.

Sherlock si sentì coraggioso. -Ma questa orchestra non cercava un sax e un contrabbasso?-

-Sicuro, e se volete vendere gli strumenti va bene, ma voi lì non potete andarci.-

-Perché? Cosa abbiamo che non va?- domandò Greg.

-Cosa non avete, vuoi dire. Dovreste dirmi che nel vostro armadio avete un paio di tacchi a spillo, per poter suonare in quella tournée.-

-In che senso?-

-Nel senso che, a meno che uno di voi non mi confessi che segretamente è una donna, per voi non c'è posto in quella banda.-

Gli occhi dei due si spalancarono dalla sorpresa.

-Vuole dire che è un'orchestra di dame?- Greg sembrò non crederci.

Fury batté le mani, complimentandosi con lui per aver superato l'iniziale stadio di stupidità.

-Esatto, Lestrade. E adesso fuori di qui.-

Mentre Greg era già pronto a voltarsi e dirne quattro a Hill, Sherlock lo trattenne. -Aspetta un secondo. Dopotutto abbiamo già suonato in costume a qualche festa, giusto? Potremmo... fingere di essere due ragazze, che ne dici? Sono tre settimane in Florida...-

Il suo sguardo era speranzoso, e la prospettiva di trascorrere un mese al caldo sole dei tropici, lontano dal gelo della metropoli, bastava a levare dalla sua mente il pensiero di doversi vestire da donna.

Fury squadrò prima uno e poi l'altro. -Ma è ubriaco?- chiese a Greg.

-No, è solo che ha mangiato poco ultimamente. Può darsi che gli stia venendo la febbre.-

-Ma... ma sono tre settimane a Miami!- insistette il riccio, che di fare la fame al freddo non ne poteva più.

-Andiamo Sherlock- Greg lo prese per un braccio, guardandolo come se fosse un povero pazzo e pronto a trascinarlo fuori.

-Se volete così disperatamente un lavoro, ho qualcosa per voi. Solo per una sera: una festa di studenti ad Urbana, viaggio a vostre spese- propose il direttore.

-Ma è dall'altra parte della città- si lamentò.

-O questo o niente.-

-Va bé, accettiamo- disse, e tirò Sherlock fuori dall'ufficio del capo.

All'esterno li attese una beffarda Maria Hill. -Allora, come è andata ragazze?-

Lei e la sua collega scoppiarono a ridere. Sherlock divenne rosso dall'imbarazzo, ma Greg si piegò sul suo tavolo.

-Maria, riconosco che ce lo siamo meritato...- occhiataccia del riccio, rapida correzione -Che io me lo sono meritato. Ma mi farò perdonare. Che fai stasera?- domandò seducente.

Lei parve rifletterci. -Credo che starò a casa... da sola... a consumare gli avanzi di quella bella cenetta che ho preparato...- Il suo viso si avvicinò a quello di lui. E l'uomo si scostò di botto.

-Ottimo! Allora puoi prestarci la tua macchina!-

La donna aspirò aria dalla bocca spalancata, indignata. -Oh, brutto...-

Venne bloccata dal moro che, con un gesto rapido, cominciò a baciarla con passione, convincendola ad assecondare i suoi movimenti.

Sherlock sbuffòcontrariato, chiedendosi cosa ci trovassero le donne di tanto affascinantenell'essere prese in giro da un avventuriero come Greg. Magari eral'atteggiamento da cattivo ragazzo...

So benissimo che negli anni '30 le donne non facevano di certo lavori in polizia ma non mi andava di inserire Anderson nella storia...😂

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top