7.Spasitelna misiya

I segni dell'inverno erano facilmente riconoscibili nel terreno brullo e nella corta erba ammantata di brina grigia dei campi che si estendevano fuori dal finestrino dell'auto in cui Violeta e i suoi fratelli si trovavano, che sfrecciava sull'autostrada come un missile. Un dito giocherellava con la martenitza¹, sfavillante nei i suoi fili rossi e bianchi intrecciati tra loro in decorazioni geometriche, a ricordarle che non mancava ancora molto al fiorire della primavera. Ma se anche fossero sbocciati i fiori e i colori avessero ravvivato il paesaggio, nulla sarebbe cambiato per la sua famiglia.

Non li avrebbero mai lasciati in pace. E adesso anche il più innocente di loro, colui che meno di tutti lo meritava, rischiava di finire schiacciato da quell'odio insensato e da quelle ingiustizie portate fin troppo all'estremo.

«Avresti dovuto dircelo» ruppe il silenzio, monocorde, la voce di Petar, seduto accanto al finestrino opposto al suo, separato da lei dalla figura silenziosa dell'Ophliro che li accompagnava, al momento immerso in un inquietante pisolino con un occhio mezzo aperto, spegnendo in lei ogni forma di ribellione.

Avevano passato la sera e gran parte della notte ad ascoltare le spiegazioni di Yordanka relative al fratello che entrambi avevano ritenuto morto, e che invece si era rivelato essere la causa dei Vortici. Erano talmente numerose le domande che si affollavano nella testa della ragazza, che nemmeno era riuscita a essere arrabbiata con Yordanka per tanto tempo, perché la preoccupazione per la sorte di Liuben superava ogni altro pensiero.

Avevano trascorso diverse ore a organizzare un piano che potesse salvare entrambi i loro fratelli dalle grinfie del Consiglio, senza però riuscire a elaborare nulla che potesse contrastare le abilità degli Ophliri. Dopotutto erano semplici Ephuri, privi di cebrim particolari e unici che avrebbero potuto permettere loro una sorta di vantaggio, senza contare che si trovavano in evidente minoranza numerica. Prima di giungere a una qualche soluzione, tuttavia, erano stati beccati da un Ophliro, il quale, avendo già avvertito Maksim Razumov, si era gentilmente offerto di accompagnarli, per cui ormai erano giunti alla conclusione che avrebbero improvvisato una volta arrivati lì, magari tentando di impietosirli o di farli ragionare, per quanto ciò potesse essere possibile.

«L'ha fatto per proteggervi» spiegò con tono paziente Konstantin dal volante.

«Noi però non l'avremmo detto a nessuno!» si sentì in dovere di rispondere lei. «E poi, non l'ha detto a noi, ma l'ha rivelato a Clara! E soprattutto a Viktor

Rivelarle quel particolare era stata la cosa più difficile per Yordanka quella notte, perché dimostrava che Violeta aveva sempre avuto ragione sul conto del suo ragazzo. Non era mai riuscita a fidarsi di lui, come se percepisse che non fosse davvero sincero, che ci fosse qualcosa di artefatto nei suoi modi di fare e nell'affetto che dimostrava per la sorella maggiore.

Anche se aveva ottenuto quella piccola vittoria, Violeta non riusciva a sentirsi soddisfatta, perché le cose erano precipitate in un modo che non avrebbe mai potuto immaginare e lei, pur percependo il pericolo, non aveva agito in tempo per evitare il peggio. Da quand'era che rimaneva passiva senza tentare di cambiare ciò che non andava? Da quando stava diventando come Yordanka?

«È stato un errore, radvash li se²?» rispose proprio quest'ultima, esplodendo in un grido isterico, frutto del nervosismo per la notte insonne trascorsa in preparazione del viaggio. Violeta non poteva vederle il viso, dato che la sorella si trovava nel posto anteriore, ma era sicura che fosse scoppiata nuovamente in lacrime.

«No, non sono felice affatto» rispose lei, incrociando le braccia al petto, «perché il tuo errore potrebbe costare la vita sia a Liuben che a Dimitar. Ma ormai è successo, non ha senso infierire.Te sa gnusite cerveite² , non noi, e vi giuro che se arriviamo lì prima di Dimitar, prendo il bel faccino di Maksim e-»

«Leta, smettila, non sei nemmeno ancora un Ephura, non potrai fare un bel niente. Nessuno di noi può, in realtà» la fermò Petar. Lui aveva sviluppato i suoi primi cebrim circa un anno addietro, invece lei si trovava ancora a essere niente di più che una semplice Letargiante undicenne; questo però non la frenava, anzi la incentivava a non arrendersi e a impegnarsi di più per essere al livello degli altri.

«Se partiamo già con questo presupposto, allora il nostro viaggio è inutile! Dobbiamo farcela, lo capisci?»

Lui fece spallucce e si escluse, incollando nuovamente lo sguardo al finestrino, con il solo risultato di irritarla ancora di più.

«Se pensi che sia una missione suicida allora perché sei venuto, eh? Potevi restartene alla Nova Ephia con Hristo!»

Avevano deciso che almeno una persona fidata sarebbe dovuta rimanere all'Ephia, giusto per controllare che tutto andasse bene e che gli Ophliri di Maksim non irrompessero a distruggere tutto quello che avevano creato, e si era infine scelto Hristo. Pur non essendo presente per i piccoli Grigorov quanto lo era Konstantin, il Metephro teneva molto a loro, anche se i suoi lunghi silenzi e il cruccio sempre dipinto sul viso erano un modo diverso di dimostrarlo. Ormai lui e l'altro tutore erano diventati parte della loro famiglia, e Violeta sentiva la mancanza della sua presenza.

«Non penso che sia una missione suicida, solo che... non credo che potremo fare molto.»

Nel dire l'ultima frase, il tono di voce del ragazzo aveva assunto una forma che a Violeta non piacque. Non l'aveva mai visto piangere, ma sapeva ugualmente riconoscere quando il dolore che continuamente sembrava dilaniarlo si faceva più intenso.

«Eho!» li richiamò Yordanka, girata parzialmente verso di loro per richiamare l'attenzione di entrambi. «Non ha importanza, ci proveremo comunque, capito? Sono i nostri fratelli quelli, e noi faremo il possibile per evitare che quegli idioti possano staccarli dal nostro albero.»

A Violeta piaceva la nuova Yordanka più combattiva – forse un effetto della gravidanza? – così sorrise, annuendo vigorosamente, del tutto concorde al suo riferimento alla storia che diversi anni prima gli aveva raccontato per convincerli a dormire, e a cui spesso facevano cenno per farsi forza nei momenti più difficili. Non poteva ancora comunicare mentalmente, ma lo stesso trasmise alla sorella, certa che l'altra l'avrebbe percepito, tutto l'affetto che provava per lei, le scuse per i litigi e le velenose accuse nei suoi confronti, oltre che la speranza di farcela, almeno per una volta. Un lieve sorriso intenerito piegò un angolo delle labbra della sua kaka e le fece brillare gli occhi umidificati dalle lacrime trattenute.

Quelle parole però, non ebbero lo stesso effetto su Petar, che, tornato a guardare fuori, affermò, con tono amaro: «La verità è che siamo solo insignificanti rami che sperano di frenare una bufera».

Dopo un viaggio di circa tre ore e mezza, i Grigorov giunsero a destinazione. L'auto sbucò da una delle numerose gallerie che intersecavano le montagne rocciose, e il vento fresco che sapeva di neve sporca penetrò dal finestrino aperto. L'accesso alla grotta era stato chiuso ai Letargianti a causa di inesistenti lavori di ristrutturazioni interne di scale e vie d'accesso per il turismo, dunque le persone che componevano il viavai nei pressi dell'ingresso dovevano essere tutti Ephuri, giunti per l'occasione ad assistere all'evento, e Violeta si chiese se tra loro ci fossero persino degli Arkonanti infiltrati, venuti a curiosare come i loro proverbiali nemici avessero intenzione di risolvere il problema che da anni seminava il panico tra i componenti della loro specie.

Di certo i più riconoscibili erano gli Ophliri, con le loro appariscenti e per lei insopportabili redingote blu oceano e il portamento elegante; numerosi erano anche gli Umanenti in vesti ufficiali, le tenute rosso scuro come formiche che si inerpicavano tra i dirupi e le strade semi-innevate e parzialmente ghiacciate, e discendevano da pareti rocciose su cui si arrampicavano piante mezze morte sbiadite dalla brina. Molti erano giunti con elicotteri o piccoli jet, anche da luoghi lontani, per assistere a un inaccettabile ricatto che era un'aperta e ingiustificata minaccia ai Grigorov, senza però avere la minima intenzione neanche di tentare di cambiare qualcosa.

Loro che, a differenza degli altri Ephuri più ricchi e fedeli al Consiglio, non avevano potuto predisporre di altro che di una semplice auto trasandata per spostarsi fino a lì – non possedevano più mezzi aerei dal tempo del primo vortice, e gli Ophliri di Maksim li avevano portati via tutti quando se n'erano andati – non erano neanche l'ombra della grande e prestigiosa famiglia che un tempo i Grigorov vantavano di essere.

«Che hai da guardare?» esclamò, stringendo i pugni con rabbia, rivolta a uno dei tanti che si erano voltati, confusi, al loro arrivo. Quello si girò subito da un'altra parte, ma numerosi borbottii tra i presenti si alzarono al loro passaggio, confondendosi con lo scroscio del fiume che si inerpicava in discese e rapide tra le insenature rocciose.

"Leta, molya te⁵, sta' calma!" la redarguì la voce di Yordanka nella testa, mentre una statua della stessa pietra che componeva i monti Rodopi sembrava essersi sostituita al suo volto.

Procedeva per prima tra loro, a testa alta, con Violeta alle sue spalle, poi Petar, e Konstantin a chiudere il cerchio. Un Ophliro li riconobbe subito e indicò loro di seguirlo. Dato che aveva un aspetto vagamente famigliare, la ragazza si rese conto che si trattava di uno di quelli che qualche volta erano venuti a lavorare all'Ephia per conto di Maksim durante il suo soggiorno alla loro casa. Sperò tanto che li avrebbe condotti dal suo stimato generale Razumov, così lei gli avrebbe potuto dimostrare la sua gratitudine per la situazione che, non poteva esserne più certa, era opera sua.

Giunsero innanzi a una piccola apertura ad arcata, i cui montanti erano costituiti di pietre accatastate l'una sull'altra. La porta, di evidente natura Letargiante, era contrassegnata da una scritta scolpita in cirillico, che recitava "Peshtera Diavolsko Gŭrlo", ed era sorvegliata da due Ophliri. Furono dunque guidati all'interno della Gola del Diavolo, dentro la quale Violeta fu raggelata dal calo delle temperature e dall'aria stantia e umida che le fece venire sete. In quel momento, rimpianse di non essere ancora un'Ephura come i suoi fratelli più grandi così da poter evitare di soffrirne.

Gli sgocciolii e lo scorrere continuo dell'acqua furono compagni costanti per tutto il tragitto, tanto che Violeta se ne abituò quasi da subito. L'illuminazione, anche quella di evidente origine Letargiante, rendeva ben visibile la forma a tratti tondeggiante e a tratti frastagliata della grotta altrimenti buia come una notte senza stelle, evidenziandone i colori giallastri quasi del tutto privi di concrezioni calcaree, dal momento che si trattava di una grotta dalla formazione relativamente recente. I loro passi, sul liscio e stretto sentiero che era stato costruito tra le insenature, parevano confondersi ai ticchettii e allo scroscio, sia quand'esso era distante, sia quando era più vicino al loro percorso.

Dal rumore di sottofondo si distinse la voce della maggiore, rivolta all'Ophliro che li guidava: «Dove ci state portando?»

«Da Vania Razumova, vi sta aspettando. Dovreste ringraziare la sua indulgenza, fosse stato per me e molti altri sareste stati puniti tutti per il vostro alto tradimento.»

«Oh, che carino da parte sua!» ironizzò Violeta, roteando gli occhi. «Quanto manca ancora?»

«Quanto serve» fu l'unica riposta secca.

Stava per rispondere per le rime, quando un improvviso suono di svolazzi e stridii inquietanti proruppe da non molto lontano. Neanche il tempo di capire cosa stesse accadendo, che una nuvola nera sbucò da un cunicolo e si precipitò verso di loro. La ragazzina gridò per il terrore e per istinto si accucciò su se stessa presso la parete gelida, coprendosi il capo con le braccia fino a quando gli stridii non si furono allontanati. Aprì piano gli occhi, accorgendosi che né lei né i suoi fratelli erano stati attaccati, anzi sia Yordanka che Petar la guardavano confusi, mentre Konstantin si affrettò ad aiutarla ad alzarsi. «Tutto bene Leta?»

«Quella cosa... è venuta verso di noi...»

«Erano dei semplici pipistrelli, non sono aggressivi» la rassicurò Dànceto con un sorriso, facendo sprofondare Violeta nell'imbarazzo. Possibile che solo lei fosse stata terrorizzata da inoffensivi pipistrelli mentre la sua sorellona piagnucolante fosse rimasta impassibile? Che le stava accadendo?

«Infatti non mi sono spaventata» affermò con tono sicuro, tentando di ricomporsi. «Su, andiamo!»

«Cercate di tranquillizzare la bambina, questa grotta vanta ben quattro diverse specie di pipistrelli, e la strada è ancora lunga» disse la voce dell'Ophliro – ovviamente parlando in bulgaro per farsi capire pure da lei –, originando un fastidioso brivido lungo la schiena al solo pensiero che tra quei cunicoli inquietanti si nascondessero altre di quelle orride creature.

«Abbiamo trovato il tuo punto debole» bisbigliò Petar, sporgendosi verso di lei da dietro con un mezzo sorriso a increspargli lo sguardo altrimenti assente, dando vita a uno di quei rari momenti in cui appariva quasi il bambino che era stato prima che la loro vita venisse stravolta.

«Zitto! Non è vero! Non ho paura dei pipistrelli e neanche di questa stupida grotta!»

«Allora immagino che per te non sia un problema scoprire perché si chiama la Gola del Diavolo» continuò lui, con lo stesso tono di prima, che però cominciò a irritarla.

«Sembra una cosa interessante, ma adesso concentriamoci sul salvare Liuben, stava li

Affrettò il passo, andando quasi a sbattere contro Yordanka, e si decise a contenere i brividi e rimanere forte. Anche se l'aveva usato come scusa per impedire al fratello di spaventarla ulteriormente, il piccolo Liuben era davvero il primo dei suoi pensieri in quel momento, e avrebbe affrontato anche mille pipistrelli pur di salvarlo dalle grinfie di Maksim.

Buciashtata zala⁸ si dimostrò essere degna del suo nome, perché il ruggito delle cascate sembrava quello di un mostro sotterraneo in procinto di ergersi dalle acque per inghiottirli tutti in un sol boccone, e la spaziosa forma circolare e diseguale del cunicolo dava l'impressione a chi ne era ospite di non essere altro che un piccolo intruso che solleticava la gola di un essere ultraterreno e immortale.

Questo però non pareva disturbare la vasta folla di Ophliri di alto grado lì assiepati, totalmente disinvolti come se quella grotta fosse sempre stata il loro regno.

«Ce ne avete messo di tempo.»

Non appena quella voce fin troppo sgradevolmente famigliare si elevò al di sopra del ruggito delle acque grazie a un cebrim della diffusione sonora, Violeta emise un ringhio e fece per avventarsi selvaggiamente contro Maksim, ma tre Ophliri furono più rapidi di riflessi e la ragazzina si ritrovò improvvisamente immobilizzata, come se un'invisibile cortina di ferro le si fosse avvolta lungo tutta la superficie del corpo. Prima che potesse cadere in avanti, due degli artefici della sincronia l'afferrarono per una spalla ciascuno e la volsero verso il loro generale, che sorrise mellifluo, il viso incorniciato dalle ciocche che parevano rilucere dello stesso colore delle pareti.

«Prevedibile, come sempre.»

«Lasciatela andare, vi prego! Lasciate andare anche nostro fratello, ha a malapena sei anni, è piccolo, lui non ha colpe per l'accaduto!» implorò Yordanka, mentre altri Ophliri circondavano lei, Petar e Konstantin.

«Yordanka Grigorova» esordì in risposta una voce imperiosa, e i due Ophliri la volsero in modo che potesse vedere farsi largo una donna alta e bionda, gli occhi color ghiaccio, che dal modo in cui le si apprestavano gli Ephuri circostanti, suppose trattarsi di Vania Razumova.

«Mentendo al Consiglio riguardo a tuo fratello Dimitar, ti sei macchiata di alto tradimento. Tuttavia, il nostro governo è clemente e ha deciso di non punirti, né di considerarti sua complice. Il problema però va risolto, e questo è il modo migliore per farlo; i Delphini sono gli unici che possono tentare di fermare questo fenomeno. Mi auguro che tu possa comprendere.»

Violeta sentì un moto di fierezza nel notare che finalmente la rabbia sorgeva nella sua passiva sorella, che a quelle parole si irrigidì, ma mantenne la calma.

«No, non comprendo. Come potete fare una cosa del genere? È. Un. Bambino. Se proprio dovevate usare un'esca perché non avete preso me? Sono io la colpevole!» con un gesto indicò Violeta e Petar. «Loro non c'entrano niente!»

A quelle parole, Vania sembrò perdere parte della sua compostezza e si avvicinò a Dànceto, parlandole quasi all'orecchio, riuscendo comunque a farsi udire anche da Violeta. «Credi che mi piaccia quello che sto facendo? Ho anch'io dei figli, so benissimo cosa significa.» Dopodiché tornò alla sua fredda compostezza. «Ma non mi resta altra scelta, l'altro tuo fratello ha superato ogni limite, e Liuben è stato valutato come soluzione più adeguata; ormai non si torna indietro.»

Si voltò, come se il discorso fosse concluso lì, lasciandoli tutti senza parole. Anche se non fosse stata bloccata, Violeta non avrebbe saputo cosa dire.

Non sarebbe mai riuscita a capacitarsi del livello di insensibile freddezza che sapevano raggiungere alcune persone. Se non fosse stata bloccata avrebbe gridato, combattuto anche fino alla morte, graffiato con i denti e magari anche pianto per la rabbia, invece non poté fare altro che battere le ciglia e continuare a respirare affannata con il cuore che le scalpitava nel petto di cui era prigioniero.

Non poteva andare di nuovo a finire così. Non potevano portargli via i loro cari senza pagarla. Non potevano continuare a trattarli in questo modo.

Non potevano prendere proprio Liuben.

A Yordanka bastò incrociare il suo sguardo per un attimo per capire il suo stato d'animo. Poi spostò l'attenzione su Petar, che fin dall'inizio aveva dubitato dell'esito di quel viaggio, e in lui dovette cogliere una sorta di cupa arrendevolezza che le distorse il viso in un'esplosione di disperazione.

«NE

L'esclamazione di Yordanka riverberò nella Buciashtata zala come un ruggito. Diversi volti, tra cui quello della pre-Delphina, si voltarono sorpresi verso la maggiore dei Grigorov, l'ultima da cui si sarebbero aspettati una tale furia. «Permetteteci almeno di vederlo» implorò, deglutendo le lacrime e sforzandosi di mantenere uno sguardo fermo sugli occhi lampeggianti per l'ira di Vania. «Un'ultima volta. Concedeteci solo questo, non è molto quello che vi chiediamo.»

Per un attimo aleggiò solo il ruggito della cascata, poi Maksim si intromise, sorridendo con un'irritante soddisfazione: «Liuben Grigorov è già stato posizionato nel punto prestabilito e al momento è protetto dal Consiglio, non vi è concesso interferire in alcun modo che possa compromettere la missione. Pertanto, ora siete invitati a uscire, potete assistere all'evento da fuori come tutti gli altri».

«È nostro fratello, noi non siamo tutti gli altri!»

«L'ho chiesto gentilmente gospojitze, non mi costringa a passare alle maniere forti»

«Non siamo venuti fino a qua per-»

«Danka, basta» intervenne all'improvviso una terza voce, che fece raggelare Dànceto. Con gli occhi Violeta seguì il suono della voce famigliare, fino a riconoscere un ragazzo dai capelli chiari rasati quasi a zero, che si stava facendo largo tra gli Ophliri: Viktor.

«Vik!» esclamò sua sorella con un tono di disperazione mista a gioia. «Aiutaci, non vogliono...»

«Basta» ripeté lui, serio. «La farsa è finita.»

A Yordanka prese a tremare il labbro inferiore, facendo montare un'onda di rabbia impetuosa in Violeta. «Farsa? Non capisco, di cosa stai...»

«Lo sai benissimo. Tra noi non c'è mai stato nulla, tu sei sempre stata solo l'incarico che ho accettato con grande onore. Non esisteva niente di meglio a cui potessi aspirare: infiltrarmi tra coloro che odio di più per svelare i segreti dei responsabili della morte della mia famiglia, così da fermare i Vortici e salvare centinaia di altre vittime.»

Yordanka era come pietrificata, mentre Viktor proseguiva con tono rilassato, come se si sentisse alleggerito per aver finalmente esternato quel che aveva sempre pensato di loro: «È stata dura dover recitare per così tanto tempo e fingere di provare dell'affetto per te, ma sei stata una preda facile e manipolabile. E poi alla fine ne è valsa la pena. Tuo fratello Dimitar merita di morire, insieme a Liuben, e voialtri dovete restare a guardare senza poter fare niente. Devi pagare per il tuo silenzio».

Quando il viso dell'uomo che Yordanka aveva amato si piegò in un sorriso soddisfatto, nella ragazza sembrò penetrare finalmente la consapevolezza di tutto quello che fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di metabolizzare.

Spinta forse dallo stupore, dall'indignazione, dall'imbarazzo, e soprattutto dalla rabbia, le dita di Yordanka si strinsero in un pugno. E, sotto lo sguardo sbigottito di Violeta, questo fu sferrato con slancio sull'orribile ghigno di Viktor, talmente forte da farlo ruotare su se stesso e ruzzolare a terra.

Spasitelna misiya=Missione di salvataggio

Bene, Yordanka si è sfogata con Viktor ma i problemi non si sono ancora conclusi, anzi, sembra non ci sia vita d'uscita...

Il prossimo capitolo è molto lungo, quindi lo pubblicherò in due parti, perché è anche parecchio pesante (indovinate di chi è il pov💀), e compariranno anche due nuovi personaggi che nell'imminente secondo arco faranno una parte  importante!

E sì, scoprirete anche perché la grotta si chiama "Gola del Diavolo", Petar è molto ansioso di raccontarvelo 🙂

Detto questo, manca poco a Natale, quindi... Buone Feste! Qui invece non si festeggia, Sorry.

꧁ꟻAᴎTAꙅilɘᴎA꧂

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