capitolo 9

Rimane a fissare il soffitto per un po', fino a quando mi decido a sedermi a fianco a lui. Sembra ancora combattuto sul da farsi.

«Mi dispiace, non volevo suonasse come un ordine, ovviamente è libero di andare, se lo desidera» mi sento in dovere di spiegare.

Si volta verso di me con la stessa espressione abbattuta di prima. Questo ragazzo mi confonde ogni minuto di più, ho il timore di dire sempre le cose sbagliate al momento sbagliato.

«Accetto le sue condizioni, le ho causato abbastanza danni finora» commenta, per poi andarsi a sedere su una piccola poltrona al lato della mia stanza.

È ritornata la sua freddezza, tanto che mi sento a disagio, dopo ciò che è successo.

Evidentemente era solo un divertimento per lui e se n'è già pentito, è un duro colpo per il mio orgoglio e i miei sentimenti.

Nascondo il viso tra le coperte e tento di soffocare le lacrime, lui sembra ignorare tutto ciò.

Dopo quelle che probabilmente erano ore, mi addormento, senza alzare nemmeno una volta lo sguardo su di lui.

Il mio sonno ha vita breve; un incubo, un altro. Mi rigiro velocemente e nervosamente nel letto, tenendomi la testa fra le mani e cercando di soffocare i gemiti che emetto. Sogno i bombardamenti, le urla, le esplosioni. Premo di più con le mani, cercando di far cessare tutto quel rumore. Comincio a sudare freddo, fino a quando degli scrolloni non mi riportano bruscamente alla realtà.

Mi alzo di scatto, ignorando per un primo momento la figura dell'uomo seduto a fianco a me. Mi massaggio le tempie, fino a quando la mia mente non ritorna lucida.

«Ti senti bene?» mi chiede lui, osservandomi con un'espressione preoccupata. Annuisco poco convinta, mi asciugo gli occhi leggermente bagnati.

«Ti va di parlarne?» chiede ancora, notando il mio tremore. Faccio segno di no con la testa, lui sembra capirmi.

Mi appoggio alla testiera del letto e stringo la coperte fra le mani, cercando di smettere di tremare.

Inaspettatamente, Albrecht si posiziona a fianco a me. Vorrei dirgli che odio il suo bipolarismo, ma ora ho soltanto bisogno di qualcuno che mi stia accanto.

Porta un braccio dietro la mia testa, invitandomi ad appoggiarmi a lui.

Senza esitare lo faccio, mi stringe forte fra le sue braccia baciandomi più volte la testa. Mi ritrovo a piangere sul suo petto, ripetendo a me stessa quanto odi tutto questo.

«Perché?» chiedo tra un singhiozzo e l'altro. «Non lo so» risponde lui, lasciandomi un altro bacio sulla nuca. «Tu mi ucciderai vero? Ucciderai me e la mia famiglia un giorno»
esclamo, cominciando a colpirlo lievemente sulle braccia.

Mi blocca delicatamente i polsi e mi costringe a guardarlo negli occhi. «Non farò niente del genere, Anastasia, mai» dice, asciugandomi le lacrime. «Come puoi dirlo ora» commento. Incatena nuovamente il suo sguardo al mio. «Te lo prometto, non ti farò mai del male, è l'ultima cosa che voglio fare» conclude.

Per qualche strano e assurdo motivo, sento di potermi fidare di lui.

Mi lascia un lieve bacio sulle labbra, per poi invitarmi a coricarmi sotto le coperte. Si sdraia accanto a me, continuando ad accarezzarmi i capelli.

Rimango fra le sue braccia, mi addormento con il capo sul suo petto, ascoltando il dolce ma potente battito del suo cuore.

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