capitolo 2

Rimane di fronte a me per un lasso di tempo che sembra infinito, intento a scrutare la mia reazione, o forse a voler sentir pronunciare quelle parole da me.

Poco dopo si allontana di un passo, lasciandomi lo spazio per allontanarmi dal muro.

《Mi scusi, non dovevo...》 dico con un soffio di voce.

Sento le lacrime premere per uscire, non mi sono mai sentita più inutile. La visione di quel povero bambino ucciso pochi giorni fa dai tedeschi fa capolino nella mia testa. Mia sorella sarebbe potuta finire così, per colpa mia. L'avrebbe uccisa, ne sono certa, hanno ucciso per molto meno. Non si sarebbe fatto scrupoli davanti ad un rifiuto così sfacciato.

Non appena sento gli occhi inumidirsi decido che è troppo, non posso umiliarmi ulteriormente dando spettacolo a quest'uomo, il quale è rimasto di fronte a me e probabilmente non aspettava altro.

《La riaccompagno all'uscita》dico incamminandomi. Lui mi segue, ovviamente senza dire nulla.

Mio padre mi guarda con un'espressione preoccupata in volto, gli rivolgo un mezzo sorriso per dirgli che sto bene, per quanto riesca.

Il soldato si dirige fuori immediatamente, facendo solo un cenno all'altro uomo che era rimasto alla porta.

Quest'ultimo ci rivolge un'occhiata, per poi andarsene anche lui. Quando mio padre chiude la porta, mi sento liberata di un macigno.

《Ti avevo detto di non immischiarti in queste cose!》 mi attacca subito.
《Mi dispiace, volevo solo sistemare le cose...》dico trattenendo le lacrime, non volevo piangere neanche di fronte a lui.

《Sai che non puoi farlo, sai che...》comincia a urlare, ma veniamo interrotti da Alessia che fa il suo ingresso in corridoio.

《Papà...》 comincia lei. Io e mio padre ci guardiamo negli occhi, segno che la discussione deve finire qui.

Senza dire una parola mi dirigo in camera mia. Passo davanti alla cucina, mia madre è ancora appoggiata al bancone, visibilmente stanca.

I suoi capelli corvini sono scompigliati, lo chignon perfetto di stamattina è ormai un cumulo di capelli sfibrati. I lineamenti del volto sono tesi, è sempre stata una donna magra, ma ora sembra più sciupata che mai.

Non appena entro in camera mi butto sul letto e comincio a piangere, avevo accumulato fin troppo stress in questi giorni.

Il resto della giornata trascorre monotono, quando finalmente arriva la sera mi addormento profondamente.

Il giorno seguente mi sveglio di prima mattina per aiutare mia madre nei lavori domestici.

Raccolgo i miei lunghi e scuri capelli in uno chignon malfatto e mi soffermo a guardare il mio riflesso allo specchio.

Ho sempre pensato che i miei occhi verdastri si sposassero bene con il fiume di lentiggini che mi invade le guance. A dire il vero, è l'unica cosa che apprezzo veramente di me.

Nel pomeriggio, accompagno Alessia da un'amica, non è sicuro per lei camminare da sola.

Camminando per le strade della nostra città parliamo del più e del meno, mi erano mancati questi momenti.

Quando arriviamo sotto l'abitazione, non molto distante dalla nostra, le lascio un bacio sulla testa e mi assicuro che entri all'interno.

Mi avvio subito verso casa, non è molto sicuro nemmeno per me.

Dopo poco tempo sento una macchina avvicinarsi, affretto il passo per quello che posso. La macchina mi accosta, ma io non intendo fermarmi.

《Signorina》 riconosco la voce. Mi fermo e mi volto lentamente. L'uomo scende e mi affianca.

《La accompagno a casa?》 rimango stupita dalle sue parole, sapevo che c'era qualcosa sotto, sono ben a conoscenza di ciò che accade alla maggior parte delle ragazze ormai.

《No, la ringrazio.》 Mi limito a dire, riprendendo a camminare. Sento la macchina ripartire, il che mi provoca una grande sensazione di sollievo.

《Non dovrebbe essere così scontrosa con me》 mi volto di scatto. Lui cammina tranquillamente fino ad affiancarmi.

Mi irrigidisco all'istante, siamo soli in questa strada, non ci sono posti in cui possa rifugiarmi o qualcuno a cui chiedere aiuto.

«Ha bisogno di qualcosa?» chiedo, cercando di ostentare più gentilezza possibile.

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