capitolo 15/ Dopo di lei
15 Aprile 1956, Heisenberg
Sono passati ormai 10 anni, nella mia villa di campagna il tempo scorre lentamente. Potrei essere un uomo pieno di vita, nel mezzo dei suoi trent'anni. Non è forse questo che una persona giovane dovrebbe fare? Essere felice? Non che io non sia più stato bene, sono stato bene tanto per andare avanti, ma non per essere felice. Una parte di me è andata, caduta chissà dove, morta con lei. Non posso fare nulla per salvarla.
Ricordo quando passeggiavamo, Anastasia amava fantasticare sui posti dove saremmo andati una volta finito tutto, e io amavo lei, qualsiasi posto sarebbe stato perfetto, se lei era con me.
Mi sento terribilmente in colpa, non importa quanti anni siano passati, lo farò sempre. Spesso mi capita di sognare la sua sorellina, camminare per strada, mano nella mano con la mamma, a fantasticare ed immaginare un mondo tutto suo.
Sogno sua madre, che piange per il marito arrestato, che piange per le figlie, che spera in una vita migliore per la sua famiglia, che non arriverà mai.
Suo padre, un uomo che voleva solo il meglio per le sue donne, che cercava solamente di proteggere sua figlia, perché in fondo la amava con tutto se stesso.
E poi penso a lei, a quanta vita possedeva, al suo sorriso, alle sue lacrime, alle sue carezze, alle sue parole, a quel poco che possedeva ma a quanto lo amava, a quanto si sarebbe meritata.
Poi tutto diventa buio, sento degli spari, dalla finestra li vedo. Corro, corro più che posso, contro le mie forze, ma non é abbastanza, mi avvicino, ma ormai le puntano un fucile contro. La sua famiglia è già caduta, e poi accade, il suo sorriso che si spegne, la vita che la abbandona, a causa mia.
Ci sono stato, nelle città in qui voleva andare; ci siamo stati, in quelle città, so che lei era con me. A volte mi fermo a pensare, ad immaginare, cosa farebbe lei in certe situazioni, che si meriterebbe di vivere tutto, tutto ciò di bello che c'è in questo mondo.
Penso anche al perché io l'abbia amata così tanto, in così poco. Mi ha insegnato ad amare, in un inferno, lei riusciva a provare sentimenti così forti, per questo motivo mi sono innamorato di lei, la donna più forte che io abbia mai conosciuto. Io non ci riuscivo, mi ero completamente chiuso in me stesso, ma vidi in lei una speranza, anche se non lo ammisi mai.
Piccola, ma grande allo stesso tempo. Bambina e donna insieme. Con lei potevi mangiare caramelle per ore, o farci l'amore per tutta la notte. Era una di quelle con cui potevi parlarci per ore, accarezzarla, tanto non si sarebbe mai stancata di ricevere un po' di attenzioni.
Ma si nascondeva sempre, si nascondeva nelle sue fragilitá, nei suoi silenzi. Dentro le sue pupille c'era l'amore, uno tsunami d'amore che avrebbe voluto da dare, ma nessuno voleva.
Era una di quelle che quando ti guardava, ti guardava con l'anima, una di quelle che se ti sorrideva lo faceva con tutte le sue parti del corpo.Puoi ammirare il modo in cui illumina ogni cosa che ha intorno, puoi ammirare ogni cosa che é.
E così mi ritrovo qui, dopo un "grande passato" nell'esercito, in una villa di campagna, a scrivere per una ragazza che ora non può ascoltarmi, ma che sono certo l'avrebbe fatto.
Mi ritirai dalla mia carriera praticamente subito, trovai lavoro in città, ma riprendere la vita normale si rivelò alquanto arduo. Molte persone impoverite immigrarono, le città erano più affollate del solito, così decisi di ritirarmi qui.
Continuo a lavorare, spostandomi ogni giorno, ma preferisco non rimanere nel caos, l'ho già fatto per troppo tempo. A distanza di anni le persone non dimenticano, ho affrontato processi, per alcuni sono una persona da lodare, per altri un mostro, ma alla fine ciò che realmente conta non sono loro, sei tu.
Tu ti vedi ogni giorno, il tuo corpo, il tuo viso, i tuoi capelli, nessuno è con te più di te stesso, siamo solo anime all'interno di un corpo che prima o poi ci lascerà. Anime alla continua ricerca di qualcosa che le faccia sentire vive, qualcosa di grande, immenso, che molto spesso troviamo ma non ce ne accorgiamo neanche, troppo occupati a badare alle cose futili o negative.
Fu quello che feci, troppo oppresso dalle cose negative per accorgermi del piccolo spiraglio di felicità che mi era stato donato. Lo lasciai andare, lo uccisi, senza neanche rendermene conto. Non è forse da sciocchi? Io direi più da umani. Sono solo un umano, ma lei non lo era, lei era molto di più, non saprei neanche definirla, e se dovessi farlo, direi felicità.
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