Capitolo 13
"It′s a cold and crazy world that's raging outside
Well baby, me and all my girls are bringing on the fire"
-"Express, C. Aguilera"
Jin's POV
All'alba delle diciotto e dieci, di Seon neppure l'ombra.Grandioso, pensai: la prima lezione con quella che, per molto tempo, avrebbe dovuto essere la nostra "terribile ed incorruttibile" coach, sarebbe cominciata in netto ritardo.O forse...Forse si era persa? O magari aveva tamponato una macchina? E se invece fosse stata investita?Perso tra mille congetture sempre più tragiche sull'orribile destino di quella ragazza, urtai contro Yoongi, che capitombolò a terra pestando l'osso sacro.<< Aish! Vuoi guardare dove vai?! >> strillò il moro, alzandosi in piedi di scatto e massaggiandosi il fondoschiena.<< Yoongi lascialo stare! Non vedi che sta aspettando l'arrivo della principessa? >> ridacchiò Taehyung, giocherellando con un pupazzetto raffigurante uno degli alieni di Toy Story.Un piccolo alieno per il nostro alieno...Un inspiegabile senso agitazione m'impediva di restare fermo: spasmi costanti e violenti presero a scuotere, ad un ritmo costante, tutto il mio corpo fin nelle viscere, i palmi delle mani gelidi e sudati.L'opprimente angoscia attanagliava il mio stomaco -già sottosopra di per sé-, la gabbia toracica stretta in una morsa invisibile, tanto da impedirmi persino di prendere respiri profondi...Improvvisamente, mi resi conto di quanto gli esseri umani siano soliti dar per scontata un'azione che, in quanto fisiologica, dovrebbe risultare automatica.Semplice.Non solo, ma respirare lentamente, sarebbe stato estremamente d'aiuto nel cercare di calmare il mio battito cardiaco, impazzito ormai da diversi giorni... da quando era ripiombata nella mia vita.Iniziai a camminare avanti e indietro per la sala.
18:15.
Per un momento, pensai di proporre alla crew di provare alcune parti della nuova coreografia che, da tempo immemore, avevamo iniziato a studiare...perlomeno, così facendo avremmo evitato di farci beccare nuovamente da Seon in una delle nostre -piacevolissime- sessioni di ozio assoluto!Tuttavia, avendo già causato fin troppi danni in meno di un'ora, decisi di attendere passivamente l'arrivo della coach, trascinato dall'intero gruppo che, in ogni caso, pareva non avesse la benché minima intenzione di seguirmi.Afferrai una sedia da un remoto angolo della sala, posizionandomici a cavalcioni.L'enorme specchio, che sovrastava i tre quarti delle pareti della sala prove, rappresentò un ottimo espediente al fine di concedermi una -seppur effimera- distrazione; ne approfittai, dunque, per darmi una rapida sistemata ai capelli: erano in ordine -biondi e con leggere striature scure-, ma il pallore del mio viso, reso ancor più intenso dalle labbra esangui e da due aloni scuri che contornavano gli occhi, rappresentava un chiaro segnale del mio tormentoso malessere.
Perché? pensai, fissando il mio sguardo in quello del mio riflesso.La mente cominciò a vagare, quando, dallo specchio, vidi aprirsi la pesante porta nera, lentamente.Rimase socchiusa per alcuni secondi, e una mano candida, con unghie estremamente curate, sbucò dalla fessura, intenta a tener fermo l'infisso.Seon.Il mio cuore perse un battito...e poi, presi ad osservare dettagliatamente quel che stava accadendo attorno a me, principalmente nel tentativo di dipanare quella lacerante angoscia, portatrice di terribili sensazioni che sembravano preannunciare morte certa.Allungando le braccia oltre lo schienale, scrutai quella mano delicata: sarebbe stata sufficiente una lieve distrazione della coach, per far richiudere la pesante porta proprio sulle dita sottili, schiacciandole fino a frantumarle come grissini.Un intenso brivido scaturì all'altezza delle reni, per poi dissiparsi nelle rotule, al solo pensiero del dolore che quella pressione le avrebbe inevitabilmente causato.
Sicuramente meno intenso di quello che tu stesso hai inflitto al fragile cuore di quella poveretta, non è vero, Seokjin?
Alcune voci indistinte giungevano dal corridoio: Sejin stava probabilmente dando ordini a Seon...che gli rispose in maniera fin troppo concitata, la voce insolitamente acuta.Finalmente, quella mano tirò la porta verso l'esterno, spalancandola del tutto.Mi voltai di scatto.Comparve un braccio...e poi un corpo.Un corpo che conoscevo fin troppo bene, ma che, in un certo senso, era come se lo stessi guardando per la prima volta.Senza considerare la tremenda visione del week-end appena trascorso: la penombra della piccola stanza degli ospiti aveva nascosto gran parte dei dettagli.O, più probabilmente, la mia mente aveva sapientemente deciso di dimenticare.Cercai di scacciare quel ricordo straziante, concentrandomi, invece, su quel che stava accadendo in quella grande sala, illuminata da lampade al neon.I pantaloni attillati in finta pelle e il reggiseno sportivo lasciavano intravedere un fisico ancor più statuario di come lo ricordassi e tracce d'inchiostro adornavano la candida pelle...Nella sala calò il silenzio.
<< Su, su! In piedi, scansafatiche! >> urlò Seon battendo le mani, non prima di aver appoggiato un grosso borsone rosso a terra.La seguii con lo sguardo, mentre si dirigeva davanti all'armadietto in acciaio, contenente gli attrezzi da allenamento.Cosa voleva fare?Ero ancora troppo stordito da quella sublime visione di poco prima: come diamine avrei fatto ad allenarmi con lei proprio davanti agli occhi?!
<< Jin, hai intenzione di rimanere su quella sedia ancora per molto?! >>.
La voce di Kookie mi strappò bruscamente da quel sogno ad occhi aperti; staccai lo sguardo dai glutei tondi e sodi di Seon che, china sull'armadietto, collocato accanto alla porta d'ingresso, armeggiava con la chiave nella serratura, nel disperato tentativo di sbloccarla.
No, non ci riuscirai affatto, piccoletta!Mi unii agli altri, sedendomi sul pavimento di legno lucido.Alle mie spalle, sentii Tae sussurrare qualcosa...Già, perché l'ingenua Seon neppure immaginava quali stratosferiche genialate fosse in grado di combinare quell'astuto alieno.L'artefice di quell'enigma, che con mani agili ed esperte, aveva "manomesso" la serratura di quell'armadietto, serrato praticamente da secoli.Kookie fece per alzarsi, quando la porta si spalancò di nuovo. << Buonasera gente! >>.
Un'acuta voce femminile irruppe nella stanza, come un fulmine a ciel sereno. Dunque, avevo sentito giusto poco prima: quella tonalità così inusuale, non poteva certo appartenere a Seon, la cui voce familiare era ormai impressa a fuoco nella mia memoria uditiva. Dove l'avevo già sentita? Alzai lo sguardo...e sentii il mondo crollarmi addosso: Krys, l'infermiera alla quale avevo sbattuto la porta in faccia alla clinica.
La migliore amica di Seon. Nonché, la nostra seconda coach che, da quella sera in poi, sarebbe divenuta la nostra seconda, nuova coinquilina: avevamo finalmente aggiunto il tassello mancante del puzzle!
<< Krys, per fortuna sei arrivata! Potresti darmi una mano con questo coso?! >>.
Senza la divisa da infermiera addosso, la ragazza emanava un'aura totalmente diversa: il suo abbigliamento, indubbiamente singolare, ricordava il tipico outfit indossato da una di quelle protagoniste punk delle serie TV.
<< Con piacere babe! >>.
La ragazza dai capelli blu fissò lo sguardo dritto verso l'armadietto quindi, con uno slancio fulmineo, fece partire la gamba sinistra. Il pesante stivale dalla punta metallica lasciò una profonda ammaccatura sullo sportello dell'armadietto, che proprio non ne voleva sapere di aprirsi.
<< Piano B... >> accennò, scuotendo la chioma color del mare a mezzanotte. Frugò nelle tasche del suo giubbotto di pelle borchiato e, dopo un sonoro "Bingo!" -di nuovo quella nota acuta-, estrasse una sottile forcina argentata.<< E questo non poteva essere il piano A?! >> chiese la corvina, senza scomporsi più di tanto, quasi fosse abituata ai modi tanto singolari della seconda. Chissà da dove diamine era uscita quella tizia, decisamente fuori dagli schemi...Nei soli primi due minuti di permanenza, aveva già vandalizzato –con una a dir poco sconcertante disinvoltura- un armadietto...sempre che non avesse tirato un calcio rotante anche al distributore delle merendine nell'atrio al piano inferiore!
Sorprendentemente, dopo un minuto buono di esplorazione la serratura dell'armadietto emise uno scatto assordante...E non appena le due ragazze aprirono lo sportello, si ritrovarono vittime di una pioggia di palline da tennis.
La scatola cilindrica in plastica trasparente, contenente una dozzina di palline da tennis, era rimasta nell'esatto angolo della mia stanza nel quale l'avevo abbandonata ben prima di trasferirmi nell'appartamento dei trainee.
Mia madre aveva acquistato quella scorta di palline per Yeongtan; ma il mio piccolo Pomerania perse la vita a soli quattro anni, investito da un'auto proprio il giorno stesso in cui venne effettuato quel folle acquisto.E ora, il pavimento della mia casa si presentava quasi interamente disseminato di alte canne di un accecante verde fluo -nel ripostiglio erano conservate altre tre scatole, acquistate tuttavia da mio fratello, in passato giocatore di tennis "per hobby"-, delle quali non sapevo minimamente cosa farmene.Buttale, fine della storia.
Se non fosse che, riflettendoci in maniera più approfondita, l'idea di impiegarle come cuscinetti da applicare alle maniglie delle porte nell'appartamento avrebbe potuto rivelarsi tutt'altro che fallimentare, data l'impulsività di Jin che, specialmente in quell'ultimo periodo, pareva drasticamente peggiorata, rendendolo dunque, creatore indiscusso di profonde voragini nelle pareti...tali da generare portali verso sconosciute dimensioni.
Così, terminato il periodo delle vacanze natalizie, lasciai la calda e confortevole dimora dei miei genitori, portando con me tutte e quattro le scatole.
Non senza attirare qualche sguardo di perplessità...In ogni caso, non sarebbero mancate a nessuno!Tornato all'appartamento, mi prodigai per tagliarne una a metà ed incollarla sul lato spigoloso della maniglia dorata della porta del bagno.Purtroppo, quella sorta di "paraurti improvvisato" ebbe vita breve: non appena Jin abbassò lo sguardo sulla mia opera d'ingegneria, afferrò la pallina aperta e, con violenza, la strappò dalla maniglia, gettandola a terra ed intimandomi di smettere con "certe bambinate".<< Non siamo mica in un asilo nido! >>, aveva detto, lasciandomi a fissare, con sguardo afflitto, i resti di quella povera pallina.
***
Come ogni mercoledì pomeriggio, alla sala prove ci aspettava solamente una cosa: NOIA.
E fu proprio grazie a quella "grigia ragazza", che nel mio cervello balenò una meravigliosa e coloratissima idea...La più stupida che avessi mai potuto concepire, dovevo ammetterlo: ma avrei negato di averlo detto.Il problema, era che quando i manager ci trovavano lì, a far nulla per intere giornate -ci recavamo alla sala prove praticamente un giorno sì e l'altro pure, per finire ad oziare come fossimo nel salotto di casa nostra-, oltre ad appiopparci la solita strigliata, minacciavano di ingaggiare un nuovo -o una nuova- coach, poiché per loro quel che mancava al gruppo erano forza di volontà e voglia di emergere.Nel giro di tre mesi ci eravamo ritrovati a cambiarne ben cinque: uno alla volta, caddero come tessere di un domino senza fine.Quel mercoledì, stavamo aspettando l'arrivo della nostra nuova coach: Sejin aveva descritto la nuova insegnante come "fredda e incorruttibile".Una di sua conoscenza, avevo pensato.E, come tutti i suoi precedenti colleghi, sarebbe corsa via dall'edificio urlando e strappandosi i capelli dalla disperazione.
Come biasimarli: io e il gruppo eravamo paragonabili ad una branca di adolescenti ribelli che avrebbero messo i piedi in testa a qualsiasi adulto, pur di cazzeggiare.
Ma il più piccolo di noi, aveva varcato la soglia dell'adolescenza già da un bel pezzo.
Sejin spalancò la porta, annunciandoci che, anche per quel giorno, non avremmo avuto nessuna nuova coach, e che probabilmente avremmo dovuto aspettare per settimane.
Troppo tempo...
E dunque, perché non far pagare alla futura sciagurata quell'ennesima dilazione?
Già...
Cercai di spremere a fondo le meningi, ingegnandomi disperatamente nel tentativo di escogitare qualcosa che non risultasse esageratamente...malvagio, ma al contempo sufficientemente subdolo, tanto da portare la nuova coach -in un subitaneo lasso di tempo- a desistere dalla sua irrealizzabile missione.
Ma in che modo, esattamente?
Fu proprio l'impettito manager, seppur inconsapevolmente, a fornirmi una geniale idea.
Si era avvicinato all'armadietto contente diversi attrezzi da allenamento -dei piccoli manubri, alcune corde da salto, elastici da stretching-, probabilmente alle prese con una delle sue noiosissime faccende da...manager, per l'appunto.
Quello stretto contenitore d'acciaio, freddo e smorto, rappresentava da sempre la prima, imprescindibile tappa per qualsiasi rispettabile coach che, con eroica audacia, oltrepassava "le porte dell'Inferno", senza perdere occasione per tormentare l'intero gruppo con continue, inutili e pesantissime sessioni di riscaldamento ed esercizi "soft" ... con tanto di test -che neanche a scuola!
Mi alzai di scatto e sotto gli sguardi perplessi dei miei compagni e di Sejin, mi catapultai fuori dalla sala, quindi, dritto verso il parcheggio: tre cilindri di palline da tennis giacevano, dimenticati da giorni, nel bagagliaio della mia auto.
Ed il caso volle che, proprio quel giorno, la mia improrogabile visita medica mi avesse visto costretto a recarmi alle prove a bordo della mia carrozza.
Agguantai frettolosamente il mio bottino, quindi, corsi nuovamente all'interno dell'edificio.
Quando, per l'ennesima volta quel giorno, varcai la soglia, Sejin aveva appena concluso di aggiornare il suo inventario e stava esaminando la lista appena stilata, chino sul bancone nell'atrio principale; sul volto severo, la tipica espressione assorta di chi sta svolgendo un lavoro mentale dal carico non indifferente.
Immerso profondamente nella propria mansione, non fece caso alla mia mano che, allungandosi furtivamente, aprì lo sportellino in vetro della piccola teca rettangolare affissa alla parete poco distante, arraffando illecitamente la piccola chiave argentata, al cui anello era agganciata una targhetta:
"ARMADIETTO SALA 3".
Rientrai a passo svelto nella sala, sventolando vittorioso la scintillante refurtiva, ed incitando, così, i miei compagni a raggiungermi. Spalancammo l'armadietto, prelevandone tutti gli attrezzi -che nascondemmo sapientemente nei nostri borsoni-, e posizionandolo orizzontalmente, come fosse una vasca da bagno, riversammo all'interno ben tre dozzine di palline da tennis.
Riuscimmo a risollevare il "magico scrigno" appena un istante prima che Sejin si ripresentasse sulla soglia, domandando, con estrema diffidenza, se qualcuno del gruppo avesse casualmente intravisto la chiave incriminata.
Sorvolata la sua richiesta, decisi si assumermi la pericolosa responsabilità di riconsegnare la chiave al suo legittimo proprietario, simulando estrema incredulità nel constatarne il sorprendente ritrovamento in un luogo alquanto improbabile.
Sejin si limitò a lanciarmi una penetrante occhiata accusatoria, e senza proferire parola alcuna, scrutò rapidamente la grande sala, per poi tornare al piano inferiore scuotendo vigorosamente il capo, in preda all'esasperazione.
Nessuno fra i presenti realizzò l'importanza del danno commesso fino a quando Nam, al centro della sala, parve immobilizzarsi, fissando con sguardo atterrito l'armadietto alle mie spalle: la pressione -fin troppo violenta- che io stesso avevo inflitto ai fragili sportelli in metallo, al fine di impedire che qualche pallina rotolasse al di fuori, aveva provocato una profonda ammaccatura di almeno un palmo di diametro, proprio attorno alla serratura.
Una cosa era certa: la futura coach avrebbe avuto un caloroso benvenuto.
***
<< Ma che cazz... >> borbottò Seon, con quella caratteristica inflessione che preannunciava l'arrivo imminente di una tempesta.
Lentamente, si voltò verso l'intero gruppo.
<< Chi è stato? >> chiese, sfoderando il più angelico dei sorrisi. E solo io -o forse anche quella Krys?! – conoscevo l'occulto significato di quell'espressione.
Scappa Tae, ora o mai più! avrei voluto gridare al povero sciagurato, presto nelle feroci grinfie dell'innocente Seon-Mi.
La mano sana di Taehyung si alzò timidamente, facendo allargare, in una perfetta sincronia di movimenti, il tanto famigerato sorriso quadrato, capace di sciogliere i cuori di tutte le ragazze.
Tutti, tranne il suo. E la cosa non mi sorprese poi molto: Seon un cuore non lo aveva.
Non più ormai.
Mantenendo quel suo bellissimo -e pericoloso- sorriso, incrociò le braccia al petto, quindi, si avvicinò al gruppo senza batter ciglio fino a raggiungere Tae, protetto da tutti gli altri poiché seduto proprio al centro.
L'alieno sorrideva, ma l'espressione nel suo sguardo, in qualche modo sembrò tradire un certo timore.
Hai paura eh, piccolo Tae?
Seon si chinò verso di lui, guardandolo dritto negli occhi con espressione benevola...almeno in apparenza.
Potevo percepire il nervosismo del mio amico -ero sicuro che sarebbe scoppiato a riderle in faccia da un momento all'altro-; ma nessuno di noi fece in tempo ad alzare un dito: il sorriso di Seon sparì improvvisamente dal suo bel viso, lasciando il posto ad una maschera d'ira, e senza dire una parola, afferrò Tae per l'orecchio destro, costringendolo ad alzarsi da terra, malgrado la caviglia malferma e il braccio malandato.
La tempesta era arrivata.
Così reggendolo, lo trascinò -letteralmente- fuori dalla stanza, per poi tornare dopo qualche minuto insieme alla Signora Lee, la donna delle pulizie, le cui continue ed assillanti lamentele riguardo l'impossibilità di poter aprire l'armadietto, erano ormai all'ordine del giorno.
<< Signora Lee, questo bel giovanotto >> iniziò, indicando Tae << le ha FINALMENTE aperto l'armadietto -da lui rotto di proposito-, e per scusarsi del disagio che le ha procurato... >> Seon si bloccò, spaziando rapidamente con lo sguardo fra tutti i membri de gruppo.
<< insieme a tutti gli altri BTS, oggi pulirà TUTTE le sale prove del piano! >> affermò risoluta, mollando con uno strattone il piccolo orecchio dell'alieno.
<< Spero che in questo modo possano ricordare che essere delle superstar non consente loro di fare quello che vogliono. >> concluse, sfoderando, questa volta, un sorriso trionfante, forse, velato di sfida.
<< Beh, io... >> iniziò Tae, ma la coach non volle sentire obiezioni.
<< Tu farai quel che riuscirai a fare! >> sbottò, lasciandoci interdetti.
Già, perché non solo saremmo rimasti a provare fino a tarda serata, ma oltretutto, ci sarebbe toccato persino pulire le sale!
La signora Lee fece capolino nella nostra e ci osservò con aria di estrema disapprovazione, borbottando << a trent'anni... >>.
Subito dopo, alzò lo sguardo su una sorridente Seon che le teneva aperta la porta, congedandola con un << Si goda la serata! >>.
La donna non disse nulla, ma ero certo che fosse ancora più sconvolta di noi.
<< Come avrete intuito, questa è Krys! E come sapete, rimarrà con noi per... molto tempo >>.
Dopo aver aiutato la signora Lee a sistemare quel macello, Seon aveva richiuso la porta, rientrando minacciosa nella sala.
Krys era seduta su una delle sedie sparse in giro, e alzò svogliatamente una mano nel momento stesso in cui Seon la introdusse al gruppo.
In un certo senso, quella ragazza era davvero affascinante. Un tipo di fascino completamente differente da quello di Seon -una ragazza dai modi DI GRAN LUNGA più raffinati-: un fascino ribelle, ma a suo modo...potente.
I suoi grandi occhi neri saettarono dapprima su ogni membro del gruppo, infine su Seon, intenta a proseguire con il suo discorso intimidatorio.
<< L'allenamento di oggi sarà un po' diverso da quello cui siete abituati. Sempre che lo siate... >> puntualizzò con un'alzata di spalle, a simboleggiare le cattive abitudini del gruppo,
<< In ogni caso, presto io e Krys ci esibiremo in uno spettacolo; dunque, ho intenzione di provare la coreografia qui con voi >> coì dicendo, la nostra coach si diresse verso la porta, facendo entrare altri quattro ballerini che nessuno di noi aveva mai visto.
<< Ragazzi, vi presento: Kyle, Stephan, Lexie e Jojo: lavoreremo tutti insieme per questa sera >> continuò Seon, iniziando a togliersi le scarpe e slacciando la cerniera dei pantaloni in similpelle.
La fissai imbambolato sfilarsi l'indumento, che rivelò un paio di aderenti pantaloni da yoga. Imitandola, Krys si tolse il giubbotto di pelle e la gonna in tartan, rivelando una mise simile a quella di Seon.
Iniziammo a volgere dei semplici esercizi di riscaldamento, chiacchierando del più e del meno quasi ci conoscessimo da sempre: si creò così, un'atmosfera rilassata e gioviale, rovinata soltanto dalla faccia imbronciata di Tae, ancora arrabbiato per la strigliata di Seon Mi -e conseguente punizione. La mora posò lo sguardo sul piccolo alieno alla mia destra e, intuendone lo stato d'animo, gli si avvicinò.
<< TaeTae >> lo chiamò, abbracciandolo.
<< Vieni qui che facciamo la pace! >> gli disse, stampandogli un sonoro bacio sulla guancia. Non ottenendo alcuna reazione, gli baciò sonoramente anche l'altra, concludendo con lo sfregare il naso contro quello dell'alieno, in un tenero bacio all'eschimese; quel gesto tanto dolce e spontaneo suscitò in lui una sonora risata, che immediatamente dilagò tra tutti i presenti.
Senza riuscire a contagiare me.
<< Hey, che faccia! >> una voce alle mie spalle mi fece trasalire.
Mi voltai di scatto, ritrovandomi faccia a faccia con il timido sorriso di Krys.
Da vicino, potei constatare che, senza quei pesanti stivali dalla suola chilometrica, era davvero molto piccola.
Eppure, emanava un'energia prorompente.
<< Sai >> continuò, guardando verso Seon, ancora in preda ad una sguaiata ridarella.
<< A volte potrebbe sembrare la persona più terribile sulla faccia della Terra, ma ti assicuro che sa essere un vero angelo...soprattutto con le persone che ama. >>.
<< Non ne sono sicuro >> asserii, fissando il volto di porcellana di quella ragazza che -come ben sapevo- un angelo non era mai stata.
<< Bene >> al termine del riscaldamento, Seon fu costretta a batter sonoramente le mani più e più volte, al fine di riportarci all'ordine.
<< Voi >> riprese rivolgendosi a noi Bangtan, stremati e ansimanti sul parquet -non ci allenavamo da tempo-, che per tutta risposta, prendemmo a squadrarla come se sul suo collo fosse spuntata una seconda testa.
<< Toglietevi dai piedi! Abbiamo del lavoro da fare qui >> concluse, voltandosi verso l'ingresso ed accogliendo il resto dei suoi ballerini, che a poco a poco affollarono l'intera sala, portando con sé diverse sedie, assieme a coloratissimi costumi di scena – cappelli tempestati di paillettes, insieme a pomposissimi boa di piume dalle tinte sgargianti.
Yoongi fu il primo ad alzarsi, seguito da Hoseok e Namjoon, e tutti e tre si accinsero a raggiungere -alla chetichella- l'uscita della sala, cercando di farsi strada tra il gruppo sempre più fitto di persone.
I furbacchioni...
Continuando a camminare in direzione della soglia, i tre fuggitivi si voltarono verso di me, intimandomi, con gesti stizziti, di raggiungerli immediatamente, ignorando invece, le persistenti occhiate interrogative che continuai a rivolger loro; improvvisamente, Yoongi si bloccò come ipnotizzato da forze invisibili, facendosi finire addosso gli altri due.
Nam prese ad inveire contro il primo della colonna, quando la mano del catatonico, la cui mascella sembrava ormai sul punto di staccarsi e rotolare via, lo colpì sonoramente in pieno petto, indicando infine, qualcosa al di là della sua spalla che lo costrinse a voltarsi.
Krys, Seon e tutte le componenti femminili del gruppo appena entrato nella sala, stavano sfilando via i lunghi leggings da allenamento, che rivelarono al di sotto una striminzita culotte e delle autoreggenti nere, semitrasparenti.
<< Credo che rimarrò >> commentò languido il moro, sorridendo sornione e scambiandosi un'occhiata d'intesa con gli altri due.
Tutti ci guardammo sorpresi.
Fu Kook a parlare.
<< Sorellina... >> iniziò, ma Seon lo zittì con un gesto della mano guardando un punto alla sua sinistra, quasi a voler dire "Non voglio sentir volare una mosca!"; quindi, indossò uno dei cappelli accatastati sul pavimento, raggiugendo la propria sedia, posizionata esattamente al centro della sala da uno dei mastodontici ballerini.
Guardandomi dritta negli occhi, lentamente vi prese posto, per poi nascondere quel penetrante sguardo di ghiaccio sotto la tesa del cappello, attendendo la prima nota della canzone.
Fu uno dei ragazzi, Stephan, a dare il via alle danze, e una volta premuto il pulsante di avvio sullo stereo, le cariche e suadenti note di "Express" -un brano di Christina Aguilera- inondarono la grande sala.
La voce calda e sensuale della bionda cantante iniziò a scaldare l'atmosfera nella sala.
Con uno scatto fulmineo, Seon spalancò ed accavallò le sue lunghe gambe, rialzando repentinamente lo sguardo.
I suoi occhi si fissarono nei miei per un istante...
Fino a quando, reclinando indietro la testa, afferrò il suo addome con entrambe le mani, risalendo lentamente fino a sfiorarsi delicatamente i seni ed infine, giungere fin sul collo candido e flessuoso, per poi arrestare quella sensuale carezza ai lati del suo viso scolpito.
Un intenso brivido di eccitazione corse lungo la mia schiena irrigidita, esplodendo in un violento spasmo, che cercai di scacciare quanto più velocemente possibile.
Distolsi lo sguardo...posandolo erroneamente sull'infermiera dalla vistosa chioma, proprio alla destra di Seon.
Krys che, a cavalcioni sulla sedia -le gambe divaricate-, sollevò con un rapido gesto i suoi lunghi capelli, che si s'innalzarono in aria quasi sospinti da un vento invisibile, generando una sorta di sfiammata blu elettrico; la terza ballerina, in posizione speculare rispetto alla turchina, faceva altrettanto.
Sullo sfondo, altre nove ragazze immobili sulle loro sedie, chi seduta, chi a cavalcioni, e chi ancora torreggiandovi al di sopra.
Tornai a concentrarmi su Seon, che alzandosi lentamente prese ad issarsi sulla sua, accovacciandosi sulla seduta in punta di piedi. Ancorandosi con una mano al sottile schienale in ferro, roteò più volte quella libera, sollevandola progressivamente in aria: con quell'elegante movenza, eseguita in contemporanea da tutte le altre, cercava di riprodurre il ritmico schiocco di dita presente nella traccia originale.
Attesi diversi secondi, cercando di dominare l'impulso di avventarmi su di lei e divorare le sue labbra turgide...
Quando la canzone cambiò improvvisamente ritmo.
E non capii più nulla.
Con un movimento fluido, Seon si alzò velocemente dalla sedia, afferrandola con una mano e facendola roteare su una delle gambe, per poi puntare un piede al centro della seduta, non prima di sporgersi in avanti scuotendo energicamente i glutei tonici, ben visibili dall'indumento pressoché scomparso nel mezzo.
Alcune delle ballerine alle sue spalle la imitarono, mentre altre assunsero particolari posizioni, una più seducente dell'altra.
Il desiderio, a quel punto, divenne talmente prorompente da risultare persino doloroso.
Mi passai inconsapevolmente la lingua tra le labbra, la gola riarsa...
E compresi di essere in trappola.
Un turbinio di chiome di ogni colore invase il mio campo visivo, mentre Seon, ammiccando, scrollava i seni che, strizzati nel succinto top elasticizzato, non si mossero di un millimetro.
Quel marasma di piume e paillettes luccicanti, adornanti agili e slanciati corpi statuari, improvvisamente sembrò placarsi: ondeggiando al ritmo della traccia, undici ragazze si strinsero attorno alla loro leader, Seon, che ancheggiando prese a scrollare il busto, fino ad immobilizzarsi, protetta dal suo vezzoso guscio, le mani attorno alla testa in un'armonica posa tanto artefatta da farla sembrare irreale.
Improvvisamente, quel muro crollò, liberando la versione più selvaggia della mia infermiera, che dopo aver lanciato in aria il suo visto cappello, si gettò carponi sul lucido parquet.
Gattonò languida verso di me, il penetrante sguardo fisso nel mio...
E i quattro ballerini, rimasti in attesa fino a quel momento, emersero da un remoto angolo della sala, aggregandosi al gruppo e prendendo ad avvicinarsi alla ballerina di punta, che si ritrovò improvvisamente sopra le loro teste, il corpo sinuoso sorretto da quattro paia di mani forti e robuste.
Mani che, dopo averla riportata lentamente -e cautamente- a terra, cinsero il suo addome, a formare una sorta di corolla attorno alla sua sottile vita.
Lentamente, i ragazzi presero ad avvinghiarsi uno ad uno attorno a lei, Lexie, il belloccio dai capelli rosa, avvicinando il proprio viso ad un palmo di naso, e...Mojo? Bonjo? -che diamine di nome aveva quel ballerino?!-, un ragazzotto massiccio, alto più di un metro e novanta, stringendola avidamente da dietro...
Per me era troppo.
Scattai verso l'uscita della sala e mi fiondai verso la rampa di scale, sbattendo violentemente la pesante porta a molla.
L'aveva fatto apposta, senza ombra di dubbio.
Rimasi seduto sui gradini al pian terreno per più di una trentina di minuti -nessuno parve curarsi della mia sparizione- e dopo aver tracannato un abbondante litro d'acqua gelata, i miei bollenti spiriti sembrarono placarsi.
Sentii finalmente di poter tornare di sopra senza commettere una strage.
<< Vieni Taetae! Ti aiuteremo io e Krys a sistemare il piano >>.
Quando riaprii la porta, potei constatare con sollievo che la coach aveva -saggiamente- deciso di cambiare i suoi piani.
La vidi afferrare la mano sana dell'alieno insieme a quella della ragazza dalla chioma color del mare.
<< Dico io! Ti sembra normale quel che hai fatto poco fa?! >> sibilò una voce alle mie spalle, seguita da un leggero pugno sulla spalla destra.
<< Hey! >> protestai, fingendo che il colpo fosse stato doloroso e strofinando energicamente una mano sulla zona colpita.
<< Seon ha mandato a casa i quattro ballerini...e quelli non hanno neppure capito perché! L'hanno fissata con aria incredula, finché lei non ha praticamente dovuto spingerli a forza fuori dalla sala prove >>.
Meglio così, pensai, cercando di prepararmi psicologicamente a quel che ci sarebbe toccato di lì a poco.
Varcai la soglia della sala prove, quasi mi stessi dirigendo al patibolo.
Seon era diventata -se possibile- ancora più imprevedibile...
<< Complimenti! Volevi forse svignartela ed evadere dalle tue responsabilità? >> tuonò improvvisamente la seconda coach, lanciandomi, con sguardo sarcastico, un grosso spazzolone annerito dallo sporco.
Namjoon passava svogliatamente la scopa sul pavimento aiutato da J-Hope, mentre Tae passava lo straccio per la polvere con la mano buona e Yoongi puliva gli immensi specchi che costeggiavano i tre quarti della sala, appoggiato alle spalle di Jungkook. Non sapendo che fare, iniziai a passare lo scopettone, cercando di restare fuori dai radar di Seon.
Krys' POV
La mia vita era stata da sempre caratterizzata dall'assenza di punti fermi.
Eppure, da alcuni anni qualcosa sembrava aver finalmente cambiato rotta.
E la follia della mia migliore amica era qualcosa di assolutamente immutabile.
La mozzarella della mia enorme pizza creò un infinito cordone indissolubile, tanto da costringermi ad indietreggiare con la sedia, il cui attrito sul pavimento emise un assordante stridio che riecheggiò per tutto il ristorante, silenzioso e semi-deserto a quell'ora della sera.
<< Scusate >> mormorai, tornando al mio posto ed addentando -finalmente- la mia succulenta fetta di pizza...ancora bollente.
Tentai di reprimere la bruciante sensazione che attanagliò l'interno della mia bocca, limitandomi a strizzare gli occhi; tuttavia, Seon, seduta accanto a me, sembrò notare il mio estremo disagio.
Ingollai un abbondante sorso di cola ghiacciata, nel vano tentativo di arrestare quell'incendio.
<< Dunque Krys...da dove vieni esattamente? >> con la bocca piena del frizzante liquido dolciastro, guardai in direzione del mio interlocutore.
Il giovane Lavender.
<< Uhm >> mugolai, alzando la mano in una tacita richiesta d'attesa.
<< Krys... >> bisbigliò esasperata Seon, lanciandomi un'occhiata carica d'apprensione.
<< Uggh! >> biascicai in risposta, sperando comprendesse la mia -alquanto imbarazzante- situazione.
<< Tranquilla! >> ridacchiò Nam.
<< Prenditi tutto il tempo che ti serve >> cercò di rassicurarmi, portandosi il bicchiere alle labbra e fissando un punto al di fuori del locale.
Empatia forse...eppure, in un modo o nell'altro avvertii una nota pungente nel suo sguardo ambrato, quasi mi stesse sottoponendo ad un attento giudizio.
E non mi trovavo certamente sulla buona strada per compiacere quell'individuo tanto elegante e posato quale era!
<< Beh >> esordii, riemergendo dal mio soffocante boccone e prendendo un secondo sorso dalla mia lattina.
<< Toronto >> risposi sbrigativa.
Non ero certa di poter rivelare ogni singolo dettaglio della mia vita privata a soggetti che erano per me nient'altro che estranei.
<< Canada >> mormorò un secondo Mini-Pony, del quale non ricordavo assolutamente il nome.
Yoongi.
<< Già >> confermai io, addentando quel che rimaneva della mia enorme fetta di pizza; piccoli tranci di tonno si riversarono sulla parte ancora intatta, trascinati dalla mozzarella filante che si adagiò in parte sul cartone, rilasciando una grossa macchia unta e rossastra.
<< Krys, potresti sederti composta, una buona volta?! >>.
Certo, mammina.
<< Non pensi di aver elargito cattiveria a sufficienza, dolce Seon-Mi? >> ribattei, mal celando una lieve punta d'irritazione nella voce.
Per tutta risposta, la mia amica sbuffò rassegnata, nascondendo gli occhi con una mano.
<< Seon, suvvia! Cerca di lasciarti andare ogni tanto >> a parlare di nuovo Yoongi, che nel frattempo si era alzato dal tavolo.
Un guizzo alla mia destra mi suggerì che Seon dovesse trovarsi sul punto di controbattere a quell'infelice provocazione.
<< Vado a fumarmi una sigaretta...chi viene con me? >> domandò invece il moro rivolgendosi all'intero gruppo, spaziando con lo sguardo fra tutti i presenti alla ricerca di un valido compagno d'avventura.
<< Nessuno?! D'accordo... >> e così dicendo, si catapultò verso l'uscita della pizzeria, urtando distrattamente una cameriera, che seccata gl'intimò di fare attenzione a dove mettesse i piedi.
Ignorai il giovane che, sfoderando un sorriso smagliante, prese a riempire la giovane d'interrogativi riguardanti il suo nome e la sua età, concludendo con il dettarle velocemente il proprio numero di telefono.
<< Che cosa ti ha condotta qui, Christine? >>
Un punto in meno per l'affascinante ragazzo dalle adorabili fossette!
Detestavo essere chiamata per nome intero.
Deglutii, reprimendo il prorompente impulso di protestare, ormai prossimo ad erompere dalla mia gola.
<< Studio >> mi limitai a dire, ma la fugace occhiataccia della mia migliore amica mi esortò a rivelare qualche ulteriore dettaglio sulla mia persona.
<< Beh, in realtà >> iniziai, incerta se proseguire o meno con la mia -tutt'altro che interessante- biografia.
***
La delicata rosa bianca, rimasta troppo a lungo tra le mie mani, atterrò dolcemente sopra la bara che, lentamente, stava per essere calata all'interno della gelida e profonda fossa terrosa.
<< Addio mamma >> sussurrai, mandandole mentalmente un bacio.Avevo versato fino all'ultima lacrima, e il mio volto, grigio e tumefatto, portava i segni inequivocabili delle intere giornate trascorse a singhiozzare e a contorcermi in preda a violenti spasmi inarrestabili, nel buio opprimente della mia polverosa stanza.Il gigantesco paio di occhiali da sole, perlomeno mi fu di estremo aiuto nel nascondere quel lato di me che tanto odiavo mostrare -il più vulnerabile."Addio mamma" ripetei dentro di me, quando, insieme alla mia -numerosa- famiglia, varcai a passo strascicato e incerto l'uscita del cimitero abbracciata a Soomin, devastata dalla perdita della sua dolcissima sorella minore.
<< Christine dico, lo vedi sì o no? >>
Ai margini della più squallida periferia di Toronto, centodue persone si trovavano stipate insieme a me in quell'angusta e malmessa topaia che da mesi – in seguito all'assolutamente prevedibile licenziamento di quello scapestrato qual era mio padre- consideravo "casa mia".D'altro canto, rispedire immediatamente tutti quei parenti a Seul e dintorni, dopo appena un giorno di permanenza, sisarebbe rivelata un'operazione alquanto complicata.Senza ombra di dubbio, la sontuosa villa nella quale avevo vissuto sin dalla nascita, sarebbe stata una location di gran lunga più adatta per ospitare un rinfresco di tali proporzioni; apprezzai perlomeno la noncuranza degli ospiti che, elegantemente abbigliati, tracannavano una bottiglia di vino dopo l'altra, rimpinzandosi con cibo di scadente qualità, quasi non mangiassero da secoli.Inoltre, la smisurata taccagneria di mia sorella Ashley -la maggiore di noi quattro-, aveva avuto la massima libertà d'espressione persino durante un evento tanto doloroso.
Non avrei certo potuto affermare che quella fosse la maniera più degna per celebrare le esequie signora Baker, ma se fosse stato per mio padre, quella donna dal cuore grande sarebbe finita abbandonata in qualche sperduta fossa comune.
Agguantando un vol-au-vent farcito con salsa di pomodoro e mozzarella, finsi di aver ignorato l'intervento -non richiesto- di mia zia che, fissandomi intensamente in attesa d'un mio responso, prese a sorseggiare elegantemente il suo Brandy.
Mia madre aveva combattuto contro un cancro per sette lunghissimi mesi.
Beh, non secondo il mio personale punto di vista.
Perché, almeno per me, quei mesi erano trascorsi rapidi quanto un battito di ciglia.
Tutto era cominciato quando, in un caldo mattino estivo, si era sottoposta ad un semplicissimo controllo di routine; nel giro di poche settimane, quella donna tanto vivace e minuta sfiorì, quasi fosse giunto il suo inverno. I suoi folti capelli corvini presero a cadere a ciocche sempre più fitte, mentre il suo incarnato, dorato e perfetto, si spense a poco a poco, assumendo un'innaturale tonalità grigiastra. I -seppur brevi- periodi di ripresa apparente, spesso avevano riacceso in tutti noi la speranza di una miracolosa guarigione.
Speranza che veniva immediatamente infranta non appena l'efficacia delle terapie crollava, facendola precipitare nuovamente in quel circolo infernale, il volto gonfio e irriconoscibile, incorniciato da un colorato foulard di seta attorno alla testa calva.
Mia madre era da sempre stata una donna indistruttibile, capace d'infondere positività ed ottimismo persino agli animi più tormentati.
E forse era stato proprio grazie a quel suo gioioso fascino che, all'età di soli diciassette anni, al fine di appagare i suoi audaci spiriti intraprese un fantastico viaggio in quel di Toronto, riuscendo ad attrarre a sé una persona
tanto arida ed imperturbabile qual era da sempre l'uomo che mi aveva messa al mondo.
Dai racconti dei miei genitori, appresi che tra loro fu amore a prima vista, tanto che in pochi mesi, mia madre decise di trasferirsi ufficialmente in Canada, abbandonando la sua pacifica vita in Sud Corea, sposando mio padre contro la volontà dell'intera famiglia.
Quell'unione, tuttavia, era nata sotto cattive stelle.
L'indole oziosa e polemica di mio padre, spesso lo aveva condotto a scontrarsi inevitabilmente con la legge. La maniera da lui adottata al fine affrontare la moltitudine di problemi che ne conseguiva, consisteva nell'affogare i suoi dispiaceri in un mare d'alcol, o nel consumare un'ingente quantità di stupefacenti.
Vanamente, mia madre aveva tentato di cambiarlo, prendendosi cura di lui ogniqualvolta rientrava da una notte brava.
O da intere settimane.
Inutile dire che, quell'uomo senza obiettivi alcuni, adorava trascorrere del tempo in compagnia di belle donne, probabilmente ubriacandosi in uno dei molti locali notturni disseminati per Toronto.
Forse per amore cieco, o più probabilmente per non danneggiare la fragile psiche delle sue bambine, mia madre aveva finto di ignorare i numerosi -ed inaccettabili- tradimenti, ricevuti dall'uomo che aveva sposato, avvilendo indubbiamente la propria figura, pilastro portante dell'intero nucleo familiare.
Il carattere deciso ed intraprendente di mia madre, prese ad affievolirsi sempre più, fino a gettarla nel letale oblio dell'insicurezza.
<< Zia, vivo con lui da tutta la vita, so com'è fatto... >> risposi infine, mormorando sommessamente al fine di evitare d'esser udita dai presenti.
Guardai in direzione di mio padre, sorseggiando del vino rosso da quattro soldi da un opaco calice sbeccato.
Un uomo alto e sparuto, comodamente stravaccato su una vecchia poltrona dal tessuto consunto come la sua pelle, inequivocabilmente segnata dall'età, ma in particolar modo, dagli incurabili vizi che sin dalla sua immatura adolescenza, tormentavano le sue strazianti giornate.
I suoi occhi, spenti e infossati, fissavano un punto indefinito sul pavimento, mentre nella mano sinistra, adagiata sul bracciolo, reggeva un grosso bicchiere pieno di un liquido dorato.
Birra.
Una ragazza che non avevo mai visto -forse la nuova fidanzata di uno dei miei cugini? - si era avvicinata a mio padre, che alzò svogliatamente lo sguardo per poter interagire con lei.
Lo vidi annuire, e non appena la giovane si voltò per tornare al banchetto, lui non perse occasione per dare una penetrante occhiata insistente al suo sedere -che, ammetto, al di sotto della minigonna del suo succinto abito, aveva la parvenza di risultare piuttosto sodo.
Non cambierà mai, pensai.
E trangugiai, in un sol sorso, l'intero contenuto del mio bicchiere.
***
<< Pensa alla proposta che ti ho fatto, Krys >>.
Sulla soglia del gate, Zia Soomin era ormai prossima a prendere l'aereo che l'avrebbe riportata a Seul.Cercai di compiacerla, annuendo con aria -ostentatamente- assorta: mai e poi mai avrei preso in considerazione anche solo una virgola di quelle parole.Trasferirsi in Corea...ah, sicuro!Un tentativo lampante di compensare la prematura dipartita di mia madre.Perlomeno, vi era una sfaccettatura positiva in tutta quella faccenda: conoscevo estremamente bene la lingua, tanto che un improvviso -e definitivo- trasferimento, presumibilmente non avrebbe dovuto causarmi problema alcuno, non solo nel comunicare con le persone del posto, ma anche per quanto riguardava una potenziale iscrizione in una delle più prestigiose università di Seul.Ma le mie abitudini, la famiglia, gli amici...E Chloe.
Non l'avrei abbandonata per nessuna ragione al mondo.
<< Un caffè per favore >> domandai alla barista, sedendomi su uno degli alti sgabelli di metallo, posto davanti al bancone dell'enorme caffetteria all'interno dell'aeroporto.
La donna che mi servì il caffè aveva un'espressione gentile sul viso acqua e sapone.
<< Che hai ragazza? Su con la vita! Tieni >> disse, prendendo un croissant dalla teca dei dolci e porgendomelo avvolto in uno di quei rigidissimi tovagliolini di carta, il simbolo in rosso stampato sulla parte alta.
<< Krys, eccoti! >> mi voltai di scatto e vidi mia sorella Brittany entrare nel bar, trascinando con sé la piccola Stacey, la quale non sembrava minimamente intenzionata a rimanere in quel posto.
<> gridò la piccola, rischiando di guadagnarsi, da parte della madre, un sonoro scappellotto in pieno viso.
Di tutte noi, Brittany era senz'altro quella che possedeva l'indice d'istinto materno più scarso...e la prima ad aver avuto un figlio -dal canto mio, essendo ancora in età scolare sarei stata comunque ancora giovane, sebbene mia sorella avesse soltanto tre anni più di me. E calcolando che Stacey ne aveva già cinque...
Era stato un errore, a detta sua. E tutti in famiglia sapevamo com'era lei: trovava un ragazzo del quale s'innamorava perdutamente, per poi farsi ingravidare e, conseguentemente, abortiva.
Ma non quella volta.
Sembrava infatti avesse finalmente trovato l'amore della sua vita...e non appena la mia nipotina venne al mondo, mia sorella ebbe l'onore di apprendere che il padre di sua figlia -quello stronzo-, aveva lasciato il paese, facendo perdere ogni sua traccia.
Seduta accanto a me, Brittany non ordinò nulla, limitandosi soltanto a inviare un cenno di saluto alla barista, che le sorrise di rimando.
Terminai la mia colazione, quindi, giunta al parcheggio dell'aeroporto, salii a bordo dell'auto di mia sorella, prendendo posto sul sedile del passeggero.
Nessuna delle due parlò: dopo tutto quel che era accaduto, l'unico suono che avremmo voluto sentire era quello del silenzio.
E magari anche la dolcissima voce di mamma.
Ripensai alla sua risata, al modo in cui ci chiamava quando era pronto in tavola la sera; alle sue urla e ai suoi pianti quando mio padre la faceva soffrire.
E pensando a quella canzone che era solita cantare sin da quando ero piccola per farmi addormentare, mi immersi in un torbido sonno, la testa ciondolante verso il cruscotto.
***
<< E questa graziosa fanciulla di Toronto possiede già un cavaliere? >>.
Portandosi appresso una pesante e gelida nuvola all'aroma di tabacco, Yoongi era finalmente rientrato dopo una buona mezz'ora trascorsa a flirtare – comodamente stravaccato sulla porta d'ingresso- con ogni persona di genere femminile che avesse varcato quella soglia, si fosse trattato di clienti o di cameriere indaffarate.
<< Beh, io... >> tentennai sotto il penetrante sguardo del moro, che mi fissava famelico.
Che razza di problemi aveva?!
<< Krys, puoi dirlo sai... >> bisbigliò Seon, intuendo la mia incertezza.
<< Oh...sì! Certo. Sono felicemente fidanzata >> affermai, cacciandomi in bocca l'ultima fetta di pizza.
<< Beh, peccato >> mormorò Yoongi, avviandosi verso il piccolo acquario nei pressi della cassa.
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