Capitolo 1

"I′m going under, drowning in you"

- Amy Lee

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Seon Mi's Pov


Il turno alla clinica privata era appena terminato.

Riposi la divisa da infermiera nell'armadietto e desiderosa di lasciarmi alle spalle la giornata appena trascorsa, in tutta fretta presi la borsa, infilai il cappotto e indossai i miei -amati- décolleté color cipria. Uscii dall'edificio a passo spedito, iniziando a frugare nella borsa alla ricerca delle chiavi della macchina.

<< Ci hai messo un secolo! Dov'eri finita? >> strillò una voce alterata.

Kim mi stava aspettando stravaccato sullo stipite del portone principale.

<< Siamo nervosi, eh? Dovresti smetterla di bere tutto quel caffè >> cinguettai amabilmente, superandolo e dirigendomi verso l'uscita dipendenti. Ed era vero: in tre ore gliene avevo visti prendere cinque, davanti all'unico distributore di bevande calde presente sul nostro piano.

<< Sono venti minuti che ti aspetto: VENTI! >> ringhiò, mimando un due con le dita, per poi picchiettare il dito sul quadrante dell'orologio.

<< E ho fame, e voglio andare a casa, e... >> sembrava un bambino lagnoso. Spesso mi domandavo come fosse possibile che quel ragazzino, dall'aria così infantile, avesse davvero quattro anni più di me. 

Irritata, lo presi per il polso e lo trascinai verso l'entrata del parcheggio.

<< Si, piccolo! Adesso andiamo a casa >> conclusi stizzita, pigolando e strizzandogli la guancia tra il pollice e l'indice.

Il rumore dei tacchi a spillo rimbombava nel parcheggio sotterraneo dell'edificio; accennai un saluto al vigilante Park Hoo-Min, che come sempre mi rimandò un sorriso a trentadue denti - si diceva che quel ragazzo avesse una cotta stratosferica per me, e tutti i suoi colleghi non perdevano occasione per prenderlo in giro ogni volta che ci vedevano scambiare due parole. 

Hoo-Min era un ragazzo davvero adorabile. Sempre vigile all'ingresso della clinica, lo avevo visto diverse volte accorrere in aiuto di giovani madri, quando necessitavano di un paio di forti braccia per sollevare i passeggini su e giù per la rampa di scale che separava il piano terra dal parcheggio. E ogni volta che lo vedevo aiutare qualcuno, o semplicemente salutare con la sua voce dolce e premurosa tutte le persone che passavano davanti a lui, per riflesso un timido sorriso si delineava sul mio viso.

Nemmeno l'aspetto fisico di Hoo-Min mi lasciava indifferente...tutt'altro. Era un bellissimo ragazzo, alto e dalle spalle ampie. Il suo sguardo buono e gentile era in grado di far sentire chiunque gli passasse di fronte a proprio agio. Purtroppo però, a causa di una malattia esplosa improvvisamente durante la sua infanzia, i medici furono costretti ad amputargli una gamba, il che lo costrinse a muoversi con l'ausilio di una stampella per un certo periodo. La sua andatura instabile lo faceva sembrare fragile...ma sapevo che in realtà, Hoo-Min era un guerriero. E ben presto, ricevette in dono una gamba nuova.

Ricordai l'espressione di gioia sul suo volto quando, con orgoglio, venne a mostrarmi la protesi sin nel mio studio, contagiandomi con quella sua felicità esplosiva.

E qualcosa nel suo sorriso, nella sua voce, nei suoi occhi pieni di speranza...mi aveva fatto pensare a lui.

Probabilmente, la mia tenace caparbietà nel voler trovare, ad ogni costo, anche un solo dettaglio che mi ricordasse il ragazzo che avevo amato con tutta me stessa, aveva preso il sopravvento...persino a distanza d'anni.

Allontanando la sua immagine dalla mia mente, tornai alla realtà: avevo un bisogno disperato di caffè, prima di rinchiudermi in sala prove e dedicarmi agli allenamenti serali insieme alla mia crew, nella speranza di scacciare dai miei pensieri quel paio d'occhi castani che tanto cercavo di dimenticare.

<< Perché mi hai portato nel parcheggio interrato? Oggi prendo il pullman >> disse Kim, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni. Quel suo tono petulante stava cominciando a darmi sui nervi... 

<< Perché così se dovessi incontrare un malintenzionato potrei offrirti come merce di scambio? >> l'espressione terrorizzata sul volto del mio collega mi fece voltare di scatto: per poco non scoppiai a ridergli in faccia!

Mi ricomposi, tornando bruscamente alla realtà.

<< Perché Sejin è una drama queen? Perché il mare è salato? Ma che ne so io! >> ero ormai al limite della sopportazione e cominciai a blaterare insensate frasi al vento: dopo un turno particolarmente impegnativo, mi sembrava il minimo. In quel momento, mi ritrovai costretta ad ammettere a me stessa di aver commesso un grosso sbaglio, poiché avevo portato con me una zavorra. E questo solo per aggrapparmi ad una scusa, nel caso in cui le cose si fossero messe male.

Il telefono cominciò a vibrare nella tasca del cappotto. Dalla stanchezza, l'apparecchio per poco non mi sfuggì dalle mani!

<< Seon Mi! Dove sei, maledizione? Fa freddo! >> urlò l'uomo nel ricevitore.

<< Sto arrivando >> risposi, chiudendo la chiamata e riponendo seccata il cellulare.

Che cosa avevano tutti, quella sera?

Finalmente raggiunsi la mia auto, quando un SUV nero con i finestrini oscurati si fermò accanto a me. Se non avessi saputo chi fosse il proprietario di quel veicolo tanto imponente, probabilmente avrei lanciato la mia borsetta sul parabrezza per spaventare il malintenzionato...o una scarpa magari.

Il vetro del finestrino sul lato del guidatore si abbassò lentamente, rivelando il volto raggiante di Sejin, che nel guardarmi, abbassò gli occhiali da sole sul naso. Dall'interno dell'abitacolo proveniva un fracasso infernale.

<< La carrozza l'attende, principessa! >>

<< Sejin! >> esclamai, fingendomi sorpresa di vederlo. 

Mi girai verso il mio collega, facendogli segno di aspettarmi e mimando con la bocca un torno subito, a cui rispose con espressione palesemente scocciata; quindi, aprii la portiera, incurante dei lamenti del mio amico. 

 << Seon Mi! Sei sempre più bella! >> trillò la voce dell'uomo che mi aveva appena accolta nella propria auto, mentre mi stritolava in un abbraccio che avrebbe fatto invidia ad un boa constrictor.

 << Ciao Sejin, come va? Di cosa volevi parlarmi? >> risposi, ridacchiando nervosamente e scostandomi dall'abbraccio, desiderosa di concludere quanto prima l'incontro per poter finalmente andare a prendere quel caffè che agognavo da almeno due ore. 

<< Oh sei sempre la solita! Va bene, va bene: andrò dritto al sodo. Come sai, seguo da diverso tempo un gruppo di cantanti, che ultimamente sono diventati... >> si bloccò, allargandosi il colletto della camicia << indisciplinati. E vorrei che tu li rimettessi in riga >> concluse, fissandomi negli occhi.

<< E questo cosa avrebbe a che fare con me? Non sono una babysitter! >> risposi piccata, iniziando a sospettare fin dove volesse andare a parare.

<< Ehm... tecnicamente, con uno di loro avresti un...legame particolare. Intimo, ecco... >> balbettò lui, intuendo di star entrando in un terreno minato.

Molto minato.

<< Chi sarebbero questi cantanti? >> chiesi, temendo la risposta, che arrivò ovattata alle mie orecchie. 

<< BTS >>

No.

No.

No e ancora no.

Sconvolta, voltai di scatto la testa nella sua direzione e lo fissai, per poi scoppiare in una risata isterica.

<< No! >> urlai, interrompendo bruscamente quel suono acuto e petulante, proveniente dalla mia stessa gola.

 << Tu sei fuori di testa! >> conclusi, cercando la maniglia del portellone per uscire il più in fretta possibile dalla vettura, malgrado fossi perfettamente consapevole della sicura che Sejin aveva inserito non appena mi ero accomodata sul sedile.

<< Seon Mi, solo tu puoi aiutar loro e tuo fratello. Hanno bisogno di te e tu lo sai! >>

<< Ah sì? Non ne sarei così sicura, invece. Non hanno avuto bisogno di me per più di cinque anni e.... dubito fortemente che ne abbiano proprio adesso. >> risposi, continuando ad alzare ed abbassare la maniglia, più per giocherellarci questa volta: avevo dovuto arrendermi alla mia prigione.

Non restò che affidarsi al telefono, così lo estrassi nuovamente dalla tasca del cappotto e presi a tormentarlo, premendo ripetutamente il piccolo tasto laterale e fingendo di controllare l'ora.

 << Pensa allo slancio che prenderebbe la tua carriera da ballerina! Inoltre, un'infermiera qualificata è sempre d'aiuto >> mi pregò.

 << E...ci sarebbe Kookie! >>

Già...il mio fratellino. Da quando il gruppo aveva iniziato ad avere successo, non desideravo altro che rivederlo, malgrado tutto quello che era accaduto fra noi.

Ma questo avrebbe comportato una terribile conseguenza: rivedere lui.

Ero combattuta: da una parte, avrei voluto realizzare il mio sogno e diventare ballerina a livello professionale, mentre dall'altra, l'idea di rivedere il ragazzo che mi aveva spezzato il cuore in tanti, minuscoli frammenti, non mi allettava in modo particolare.

<< E chi ti dice che io voglia rivederlo? >> chiesi, fingendo indifferenza.

<< Il tuo blocca schermo >> indicò, prendendomi il cellulare dalle mani e pigiando il tastino sul lato destro dell'apparecchio, mostrando così una vecchia foto mia e di Kookie, risalente ai tempi felici e ormai passati, della nostra infanzia.

<< Potrei sempre invitarlo per un caffè >> controbattei, incrociando le braccia al petto.

<< E che scusa avresti per rivedere lui? >> ribatté lui, passandomi il cellulare.

Rimasi in silenzio a fissare intensamente il cruscotto della sua macchina, cercando di prendere tempo... e di calmare il battito del mio cuore, che sembrava fosse sul punto di esplodere da un momento all'altro; potevo persino vedere le pulsazioni attraverso gli occhi.

Feci alcuni profondi respiri, invano. Avrei dovuto guardarmi dentro e ammettere a me stessa che il vulcano sotterraneo, dormiente ormai da secoli, si era risvegliato improvvisamente, riscaldando l'oceano di lacrime attorno alla fortezza di ghiaccio che avevo costruito per proteggermi.

E tutto quel calore, ne stava causando un lento e doloroso scioglimento.

<< Seon Mi, hai paura di non riuscire a gestire la cosa? Forse Yoora potrebbe farlo però! >> mi stuzzicò Sejin.

 << Non ho il suo numero, ma credo proprio che non sarà difficile reperirlo >> concluse, picchiettandosi il mento in atteggiamento ostentatamente pensieroso.

<< Certo, potrebbe approfittarsene e creare uno scandalo, rovinargli la carriera... >> continuò.

<< Non... >> iniziai, decretando ufficialmente la mia resa.

<< Ottimo! Allora è deciso: questa sera incontrerai il gruppo, sai...giusto per una "conoscenza"! >> e mimando il gesto delle virgolette, Sejin non fece altro che rigirare il dito nella piaga.

<< Q...questa sera? Io... >>

<< Nessuna scusa tesoro: prima cominciamo e prima si risolverà questa situazione. >>

Guardai fuori dal finestrino cercando disperatamente il mio amico nel parcheggio...Dove cazzo era finito Kim?! 

Sejin si tolse gli occhiali e posò le mani sul volante, aprendole e richiudendole nervosamente quando, con aria quasi assorta, annunciò: << Sai Seon...i ragazzi devono prepararsi per un tour mondiale, capisci? E ti assicuro che con quest'andazzo, al massimo potranno esibirsi in qualche concertino in giro per la capitale! E non senza qualche problema, per cui... >>

<< Ok >> conclusi io, sperando di non essermi lasciata intenerire da quello sguardo da cane bastonato... e di non essermi fatta condizionare dal mio stupido cuore che continuava a palpitare.

Sbagliato: ero caduta nella trappola.

<< Sono dei vostri...ma a patto che Krys venga con me e che le venga offerto il mio stesso contratto >>

<< Krys? >>chiese Sejin senza capire.

<< Ti spiegherò strada facendo >>.

Sejin parcheggiò l'ingombrante vettura proprio davanti ad uno scatolotto in mattoni, anonimo e quadrato. Il secondo piano, tuttavia, presentava delle ampie vetrate incorniciate di bianco, dalle quali non era possibile scorgervi nulla dall'esterno. 

Osservai un'ultima volta il foglio che Sejin mi aveva dato poco prima di partire: secondo la scheda, i ragazzi avrebbero dovuto provare nella Sala C per tutto il pomeriggio.

<< Sbrigati! >> mi urlò Sejin, intuendo che stavo semplicemente prendendo tempo.

Ripiegai il foglio e lo buttai a casaccio nella borsetta.

Presi un ultimo, profondo respiro -nell'abitacolo del SUV vi era uno strano odore, un misto tra pino silvestre, proveniente dall'Arbre Magique appeso allo specchietto retrovisore, e fumo di sigaretta.

Quindi scesi dall'auto e dopo alcuni, strascicati passi, raggiunsi la sottile porta a vetri dell'edificio.

<< Dopo di lei, madame >> disse Sejin in tono spiritoso, mimando un gesto semicircolare con la mano per invitarmi ad entrare.

Una volta richiusa la porta, andò a passo spedito verso la scala che portava al piano superiore.

<< Seguimi >>.

Sembrava elettrizzato quanto un bambino in procinto di mettersi alla ricerca dei regali di Natale, nascosti dai genitori nella sua stessa casa.

Malgrado l'aspetto esterno, freddo e austero, l'interno dell'edificio si presentava piuttosto accogliente.

Gli arredi, in stile moderno, dovevano esser stati appena acquistati, e le pareti, per gran parte adornate con numerose foto e stampe che ritraevano gli artisti della Big Hit, erano state dipinte con tonalità pastello. Nei pressi dell'ascensore, era stata installata una vetrinetta, al cui interno vi erano numerosi trofei e medaglie. 

Ma non ebbi il tempo di osservare ulteriormente la stanza.

Sentii la voce di Sejin rimbombare nell'androne -era in vantaggio di una rampa-, ma l'unica parola che riuscii a captare fu "ascensore": il cuore martellava talmente forte nel petto, che potevo sentirlo fin nelle orecchie.

Arrivammo davanti alla pesante porta di metallo.

<< Prima tu! >> ordinò Sejin. 

Cominciai a chiedermi se quell'uomo fosse così stronzo per natura...

Sospirai.

E notai qualcosa di strano.

Al di là della porta, contrariamente alla musica che mi sarei aspettata di sentire, si udivano suoni non facilmente identificabili, accompagnati da epiteti non particolarmente eleganti. Sospirando nuovamente, appoggiai la testa alla porta e con un terribile presentimento mi preparai ad oltrepassare l'ultima barriera che mi separava da lui.

Sarebbe finita male.

Anzi, sarebbe finita in tragedia.

Abbassai la maniglia.



_____

Jin's POV

Come ogni mercoledì, io e i ragazzi avevamo occupato la sala prove per l'intero pomeriggio. La motivazione ufficiale era quella di "provare" nuove coreografie, ma nessuno di noi ne aveva la minima intenzione: eravamo tutti stravaccati sul pavimento di legno duro, dando le spalle all'entrata, senza preoccuparci minimamente delle prove, e neppure della conseguente lavata di capo che i manager ci avrebbero fatto appena l'avessero scoperto.

Tae e Jimin si stavano scattando alcuni selfie da pubblicare su Weverse; Kookie stava mostrando tutto fiero a Nam, J-Hope e Yoongi le vecchie foto che aveva scattato il giorno del suo diploma...quando, lo schermo dell'IPad si illuminò mostrando l'arrivo di diversi messaggi. Il suo dito scorse veloce sullo schermo del dispositivo, facendo cambiare i volti rappresentati nelle foto dei mittenti in maniera vertiginosa, selezionando, infine, coloro che avrebbero avuto il privilegio di una sua risposta, mentre altri si sarebbero dovuti accontentare di un semplice "visualizzato". Sebbene non stessi prestando particolare attenzione allo schermo, il suo continuo cambiare fotografia cominciò ad irritarmi. Aprii la bocca per intimargli di smettere, quando la voce di Nam mi precedette:

<< Aish Kookie! E questa bellezza chi è? >> urlò, strappandogli l'aggeggio di mano, quindi ingrandì l'immagine del profilo in questione, zoomando sul viso di una ragazza.

Incuriosito, mi sporsi per vedere a chi si riferisse. Appena vidi il volto che tanto aveva fatto scalpore tra i miei compagni, riconobbi all'istante quegli occhi azzurri e quelle labbra dello stesso colore delle rose scarlatte. Nel rivedere il suo viso, il mio cuore perse un battito, forse due, per poi stringersi in una morsa dolorosa.

Era una foto semplice ma stupenda al tempo stesso, che la ritraeva sulla poppa di una piccola imbarcazione, con il pezzo sopra del costume da bagno e dei pantaloncini di jeans bianchi. I capelli corvini svolazzavano mossi dalla brezza marina.

<< È Seon Mi, mia sorella! >> urlò il ragazzo cercando di riprendersi l'i-Pad. Azione che purtroppo, grazie all'incredibile goffaggine del nostro leader, finì con l'inesorabile caduta dell'apparecchio ai miei piedi, costringendomi così a rivedere nuovamente il volto che avevo cercato insistentemente di dimenticare...senza successo.

Seon Mi, la mia Seon.

Presi l'iPad da terra e fissai per qualche secondo la foto, tracciando con la punta dell'indice il contorno del viso della ragazza. Ero così assorto nel contemplare la bellezza di Seon Mi, che quasi non mi accorsi delle voci dei ragazzi che mi chiamavano, fin quando Jimin non urlò il mio nome lanciandomi una scarpa.

 << JIN! >> urlò il biondo, togliendosi anche l'altra scarpa e preparandosi a lanciarmela.

<< Aish, cosa vuoi?! >> urlai di rimando, staccando finalmente gli occhi dalla foto.

Jimin aprì la bocca per rispondere, quando improvvisamente sentimmo la porta aprirsi.

E non capii più niente.

La ragazza che avevo amato sin dalle elementari era davanti a me in tutta la sua bellezza. Era la mia Seon, eppure appariva totalmente diversa da come la ricordavo. 

I lunghi capelli corvini avevano lasciato il posto ad un carrè spettinato e i suoi occhi, un tempo sempre brillanti e vivaci, si erano trasformati in due pozze d'acqua cristallina, impenetrabili. 

Notai che indossava abiti decisamente più eleganti rispetto al passato, ma il colore del suo rossetto era sempre lo stesso.

E quelle labbra...

Mi riscossi da quei pensieri non appena sentii la sua voce.



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