8.
Christopher lanciò le chiavi della Mustang sul tavolo in cucina, si passò una mano tra i capelli e si diresse in camera sua. Era probabile che Becky avesse accompagnato Jenna al Flick e, in quel silenzio, i suoi passi risuonarono nell'appartamento vuoto.
Tirò via il cellulare dalla tasca e considerò l'idea di chiamarla, ma desistette.
Fece un grosso respiro e si posizionò davanti al computer.
Gli altri avrebbero organizzato tutto, mentre lui era stato incaricato di escogitare un piano utile e quanto più sicuro possibile, anche se non sarebbe stato facile.
Kathleen era stata chiara sul da farsi e aveva insistito affinché, in caso di situazione critica, l'unica cosa da fare sarebbe stata eliminare la minaccia; qualunque tipo di minaccia. Anche se questa fosse stata Marcus.
In quel momento era rimasto in silenzio, consapevole che non sarebbe servito a nulla discuterne, soprattutto perché Kathleen sapeva bene che non avrebbe mai fatto del male a suo fratello.
A quegl'ordini aveva semplicemente risposto: «Ce ne occupiamo noi», per poi congedarsi e tornare al proprio lavoro.
Aveva tante cose a cui pensare e tanta concentrazione da ritrovare. Allora perché non riusciva a togliersi dalla testa quello stupido pensiero?
Chi diavolo era quel tizio? Ripensò allo sguardo perso di Silvia. Avrebbe chiesto di lei a Becky? E come si sarebbe giustificato dopo averlo fatto? Si strofinò il viso con le mani e si spinse contro la scrivania, allontanandosene con la sedia.
Cambiò la maglia, andò in cucina, e riprese le chiavi dal tavolo.
Il Flick sarebbe stato aperto e di sicuro Silvia aveva raggiunto Jenna.
Dopo aver ignorato la sua richiesta, aveva fatto il giro del palazzo tre volte, prima di andare via. Poi era rimasto a controllare l'isolato per un'ora buona. La faccia di quel tizio non gli era piaciuta per niente e non voleva rischiare che tornasse quando lui non c'era.
Ripensò ancora una volta allo sguardo di Silvia, alla sua reazione, poi scese di corsa le scale e raggiunse l'auto.
° ° °
«Siete venute presto», constatò Silvia, prima di prendere lo straccio per passarlo sul bancone, mentre Jenna preparava il primo ordine della serata.
Becky, invece, se ne stava seduta al solito tavolo lontano dai clienti, dove di tanto in tanto la barista si fermava e le lasciava un bacio.
Jenna annuì. «Abbiamo aperto un po' prima.» Le sorrise, poi si allontanò perservire l'ordine a un tavolo di amici molto chiassosi.
Silvia avrebbe voluto chiederle di Christopher, sapere se lui le avesse raccontato qualcosa. Ma cosa avrebbe pensato la sua amica?
Scosse la testa, allontanando quel pensiero. Ricambiò il sorriso, quando lei gliene fece un altro prima di passare da Becky e rubarle un bacio.
Fu felice di constatare che gli occhi della bionda erano quelli di una donna innamorata. Si chiese se si fossero già dichiarate, dal momento che anche Jenna era cotta, senza alcun dubbio.
Per un istante invidiò il modo in cui Becky guardava la sua amica, con desiderio e amore. Sorrise ancora, felice per lei che tanto meritava un po' di serenità.
Il tavolo di amici richiamò la sua attenzione, facendo ancora tanto baccano, ridendo e sorseggiando i loro drink. E fu proprio mentre si voltava verso di loro, che vide entrare Christopher.
D'istinto si abbassò dietro al bancone, stringendo lo straccio nei pugni.
«Cosa fai nascosta qui?» chiese Jenna, «sembri una quindicenne» la canzonò, imitando la reazione che aveva avuto lei la volta precedente.
Silvia pensò a cosa rispondere, ma non trovò nessuna spiegazione plausibile che giustificasse il suo strano comportamento.
Inoltre, di sicuro Christopher l'aveva già vista, quindi era del tutto inutile starsene lì accovacciata.
Strinse più forte lo straccio tra le mani e sorridente rispose: «Mi era caduto», per poi rimettersi in piedi e ritrovarsi faccia a faccia con Christopher.
Deglutì nervosamente.
«Ciao», lui salutò entrambe.
Jenna sfornò un altro dei suoi sorrisi sempre pronti. «Ciao! Becky è proprio lì», gliela indicò con un entusiasmo un po' troppo accentuato e andò a servire un altro tavolo, lasciandoli soli.
«Una birra scura, per favore», chiese a Silvia e attese che gliela servisse. Si appoggiò al legno lucido.
«Altro?» domandò un po' scocciata, perché suo malgrado doveva ammettere che non era la sua presenza a infastidirla, ma il modo in cui il suo corpo reagiva. Christopher la rendeva inutilmente nervosa.
Lui fece un sorso dal boccale e la fissò per qualche istante. Buttò giù e si asciugò le labbra. «Tutto bene?» chiese infine.
Silvia sapeva esattamente a cosa si stesse riferendo. Fu al contempo meravigliata e infastidita da questo suo improvviso interesse. Cosa crede di fare? Si crede il paladino della giustizia? Pensa davvero che ho bisogno di qualcuno che mi difenda?
Aveva vissuto trentadue anni da sola e aveva imparato a badare a sé stessa. Da quando i suoi genitori erano tornati in Messico, anni prima, si era ritrovata ad andare avanti con le sue sole forze, nella speranza di poterli raggiungere, un giorno.
Prese un grosso respiro e rispose: «Certo.» Sperò che se la facesse bastare come risposta. E così fu.
Christopher annuì appena, prese la birra e andò dalla sua amica.
Silvia riuscì finalmente a riprendere fiato dalla sua presenza opprimente, mentre lo guardava allontanarsi con la sua camminata da "in questo posto comando io", con le sue spalle larghe e le braccia muscolose, per un metro e novanta di altezza contro il suo metro e settanta.
Silvia si morse il labbro.
«Eh si», Jenna interruppe i suoi pensieri.
Lei si voltò di scatto a guardarla e le trovò un'espressione maliziosa stampata sul viso.
«È proprio un bel ragazzo, vero?» aggiunse la barista.
«Cosa?» rise. «Davvero? Non l'ho mai guardato in quel modo. Non saprei.» Si affrettò a rispondere, prima di portare uno scatolone di bottiglie vuote sul retro del locale.
Jenna sorrise divertita, scosse la testa e ripulì il bancone.
• • •
Becky baciò di nuovo Jenna che, riluttante, lasciava le sue braccia per recuperare le chiavi di casa dalla borsa.
«Mi dispiace di non poter restare, ma abbiamo tanto lavoro da sbrigare.» La baciò ancora, mentre Christopher e Silvia se ne stavano lì ad aspettare che la smettessero di essere così sdolcinate da far venire la nausea.
Iniziava a crearsi un po' d'imbarazzo e Christopher decise che fosse più opportuno attendere la sua amica in macchina.
Ripensò a quanto si fosse sentito sollevato nel sapere che Silvia aveva deciso di dormire da Jenna, anche se non era sicuro che avesse preso lei l'iniziativa.
Dopotutto aveva detto di essere in grado di badare a sé stessa e non vedeva perché non avrebbe dovuto crederle.
Alzò lo sguardo e la osservò dallo specchietto retrovisore. Silvia se ne stava appoggiata al muro a braccia conserte, con i lunghi capelli neri che scendevano di lato e il muso imbronciato, anche se non l'aveva vista prendere il cellulare neanche una volta durante tutta la serata. Si meravigliò di essersi sentito stranamente sollevato dalla cosa, perché stava a significare che quel tizio non l'aveva cercata per importunarla ancora, ma non per forza significava anche che non lo avrebbe più fatto.
Christopher si sorprese di aver iniziato a pensare di piazzare una piccola microspia o un segnalatore gps, se le cose si fossero fatte più pericolose. Si chiese perché mai si interessasse così tanto alla situazione, ma non riuscì a darsi una risposta.
Silvia si aggiustò i capelli e lui distolse lo sguardo, credendo che si fosse accorta delle sue occhiate.
Finalmente Becky rientrò in auto e, dopo aver atteso che le due fossero entrate nel palazzo e avessero acceso la luce dell'appartamento, andarono via.
Lo osservò guidare in silenzio e notò che era pensieroso e taciturno.
Ripensò alle parole di Jenna e le sfuggì un sorriso.
Christopher se ne accorse e le chiese quale fosse il motivo di tanta attenzione. La guardò appena, poi tornò a concentrarsi sulla strada.
Lei inclinò leggermente il capo per osservarlo meglio. «Cosa ne pensi di Silvia?»
Calibrò la propria reazione, perché era certo che fosse ciò che Becky stava controllando.
«Cosa vuoi dire?» rispose con un'altra domanda.
Becky si rimise comoda: «Forse mi sbaglio, ma mi pareva di aver visto della chimica fra voi due.»
«Infatti. Ti sbagli», aggiunse senza un attimo di esitazione. Le lanciò un'altra occhiata. «Fossi in te, cercherei di concentrarmi di più sulla tua ragazza», concluse pungente.
Becky schiacciò la schiena contro il sedile. «Rigira pure il discorso come più ti conviene, ma non provare a negarlo. Vi ho visti al locale», incrociò le braccia, «e per tutta la serata sei stato distratto.»
Christopher si grattò la nuca, annoiato dal fatto che a Becky non sfuggisse mai nessun particolare, anche il più insignificante.
Era snervante vivere con lei ventiquattr'ore su ventiquattro.
«D'accordo. Giurami che non ne farai parola con Jenna.» Sterzò bruscamente, per finire in una stradina secondaria. Accostò sul ciglio e diede un'occhiata in giro.
Becky si agitò un po'. «Ok, così però mi fai preoccupare. Cosa succede? Perché siamo qui?» diede anche lei uno sguardo in giro.
«Silvia abita da queste parti.»
«Ma lei è da Jenna. Cosa sei, un cazzo di maniaco?» continuò a guardarlo perplessa.
Christopher ridusse gli occhi a due fessure.
«Quando ho accompagnato Silvia a casa, un tizio l'ha aggredita. E credo che lei lo conoscesse bene. Potrà avere un paio d'anni più di me. Ne sai niente di un fidanzato geloso o un ex?»
Becky scosse il capo. «Di solito io e Jenna parliamo di noi. Ma in che senso l'ha aggredita? Le ha fatto del male?»
«Non ci è riuscito. È stato un attacco verbale, ma sono arrivato giusto in tempo da evitare che le desse una pesante sberla», guardò ancora una volta verso il palazzo dove abitava Silvia, «credo stessero litigando per qualcosa e che non fosse la prima volta. Non mi sembrava fosse la tipa da farsi intimorire da qualcuno.»
Becky sospirò. «Spero non sappia dove abita Jenna. Come faccio a lasciarla da sola qui e andare in missione?» si passò una mano dietro al collo, con un'espressione preoccupata.
«Non sei obbligata a venire», rispose lui telegrafico
«Come puoi dire una cosa del genere? Lo sai che non ti lascerei mai andare da solo. E Marcus è come un fratello per me. Lui è anche una mia responsabilità.»
«Potremmo finire in guai seri, stavolta.»
«Non sarebbe una novità», concluse battendogli appena un pugno sulla spalla. «Organizza tutto e sbrighiamoci.»
Christopher annuì.
Rimasero lì ancora un po', in silenzio a osservare la zona, poi lui mise in moto l'auto e ripartì.
• • •
Silvia aveva fatto una lunga doccia e se ne stava seduta sul divano, davanti alla finestra aperta.
Il vento caldo dei primi di luglio, che serpeggiava tra i vicoli stretti, rendeva l'aria umida e la respirazione difficoltosa.
Spostò lo sguardo verso il lato opposto della strada, dove una coppia di adolescenti si scambiava effusioni e ridacchiava.
Sentì un tuffo al cuore. Ripensò a quei tempi andati, dove tutto sembrava più semplice, attimi di felicità pura e di sensazioni confuse.
Di certo i due ragazzi non erano consapevoli di quanto fossero rari e preziosi quei momenti. Irripetibili.
La vita li avrebbe fatti diventare presto più cinici e avrebbe reso i loro cuori più duri o troppo fragili.
Sospirò e sorseggiò il tè ghiacciato che le aveva offerto Jenna, per poi posare il bicchiere freddo al lato del collo, in cerca di un po' di sollievo da quel calore opprimente.
«Eccomi!» Jenna si tuffò sul divano accanto a lei. «Ci stavamo dando la buonanotte», aggiunse con un sorriso a trentadue denti.
Finalmente aveva ritrovato la sua solarità e Silvia non poteva che esserne felice.
«Allora? C'è qualcosa di cui vorresti parlarmi?» le diede una piccola spintarella con la spalla, ma la sua amica sembrò non cogliere l'antifona. «Dai, non fingere di non aver capito.»
«Davvero non ho idea di cosa tu stia parlando.»
«Sarò diretta, allora», l'afferrò per le spalle e la guardò negli occhi, «ti piace Christopher?»
Silvia alzò gli occhi al cielo in risposta. «Vedi amore ovunque da quando stai con Becky. Non ti sembra di esagerare?»
«Sì, tu prendimi pure in giro, ma io so cos'ho visto.» Puntò l'indice e il medio sui suoi occhi, poi verso Silvia.
«D'accordo», si mise in piedi, «io vado a letto. Non fare tardi e non pensarci troppo. Buttati, cos'hai da perdere?»
Con quelle ultime parole, Jenna entrò in camera da letto, sparendo dalla circolazione e lasciandola con troppi pensieri per una serata così calda.
Silvia prese il cellulare dalla borsa e, dopo averlo spento nel pomeriggio, lo riaccese. Vibrò una volta, poi due, poi tre, e così via fino a fermarsi a ventidue messaggi.
Si sentì sprofondare nel pavimento, perché Leon le aveva lasciato ventuno messaggi in cui non faceva altro che accusarla di essere una traditrice e una falsa, con parole molto poco carine.
Una lacrima cadde dai suoi occhi e lei la spazzò via con un colpo di mano.
Di quei ventuno messaggi ne aveva letti solo quattro ed erano stati anche troppi.
Li cancellò e aprì il ventiduesimo messaggio.
Lauren, la sua vicina di casa che conosceva tutta la storia, la informava di una Mustang nera in sosta sotto casa sua per mezz'ora. Silvia controllò l'ora d'invio del messaggio e notò che era stato poco dopo che lei e Jenna erano rientrate.
Sbarrò gli occhi. Christopher è tornato lì? Credeva di incontrare Leon? «Perché lo sta facendo?» disse fra sé. Selezionò "elimina" per quell'ultimo messaggio rimasto, ma senza sapersi spiegare perché, alla fine non lo fece.
Lo rilesse ancora una volta, prima che il cellulare le cadesse dalle mani, addormentata.
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