4.
Christopher era appena rientrato dalla sua corsetta mattutina e puntava verso il bagno per una doccia rinfrescante, quando notò Becky seduta al tavolo in cucina, con un bicchiere di succo d'arancia tra le mani e lo sguardo rivolto alla finestra.
Battè le nocche delle dita contro la porta: «Sei un fiorellino questa mattina», le disse con un mezzo sorriso.
Dalla sua faccia sembrava non aver chiuso occhio. Christopher prese una sedia, la girò e si mise a cavalluccio proprio davanti a lei. «Che succede?» fece un sorso dal suo bicchiere, «non ti ho sentita rientrare ieri sera.»
«Ero al bar. Sono tornata appena ha chiuso.» Becky si passò una mano tra i capelli ancora umidi. «Pensi che sia egoista?»
Christopher si accigliò. «Bek, ti sei tuffata in quest'avventura insieme a me, senza neanche che te lo chiedessi», le prese la mano, «dimmi cos'hai per la testa.»
«L'ho baciata.» Il suo sguardo si perse di nuovo lontano da lui.
«E?» prese il suo mento tra le dita e la fece voltare per poterla guardare negli occhi.
«Ieri un blindato mi stava seguendo.» Incrociò le braccia: «Non posso. Io non posso trascinarla in tutto questo. Poi cosa? Le chiederò di scappare con me?» scosse la testa.
«E cosa pensi di fare? Perché l'hai baciata, se credi che non possa funzionare?»
Sbuffò fuori l'aria e alzò gli occhi al cielo.
«Non lo so. Desideravo farlo, quindi non ci ho riflettuto tanto, ma subito dopo me ne sono pentita.» Legò i capelli. «Le ho lasciato il solito biglietto da cinquanta e sono corda via. Sono scappata come una codarda.» Battè il pugno sul tavolo.
«Sì, hai proprio fatto una cazzata. Ma questo vuol dire solo che lei ti piace davvero. Sei combattuta, lo capisco.» Si rimise in piedi e coprì le spalle con l'asciugamano. «Datti del tempo. Intanto cerchiamo di scoprire chi ti seguiva.» Girò i tacchi e andò in direzione del bagno. «Non stare troppo a pensarci», concluse per poi sparire oltre la porta.
«Non stare troppo a pensarci. Come se fosse facile», ripeté sottovoce.
Al solo ricordo di come Jenna le aveva preso il viso tra le mani e l'aveva tenuta legata a sé per baciarla, ebbe le palpitazioni.
Quelle sue labbra piene e morbide le facevano venire ogni volta una voglia matta di baciarla.
Si conoscevano appena, ma Becky non era nuova alle emozioni a presa rapida. La sua intera vita, fino a quel momento, era stata vissuta a una velocità sostenuta. Colpa dell'incertezza, ma anche dell'incoscienza. L'ultima relazione importante che aveva avuto risaliva a sei anni prima. Si era innamorata di Giuly in un battito d'ali e per molto tempo aveva pagato il prezzo di quella scelta prematura.
Aveva giurato di non commettere più lo stesso errore, ma Jenna sembrava diversa.
Le era parsa molto delusa quando aveva fatto un passo indietro e quella delusione l'aveva portata a prendere al volo la decisione di scappare via appena si fosse allontanata per prendere un'altra birra.
Prima che Jenna si accorgesse che se ne stava andando, era già lontana, in sella alla sua moto.
In quel momento le era sembrata una buona decisione, mentre ora se ne stava pentendo. Non voleva mettere Jenna nei guai, ma allo stesso tempo non era riuscita a resistere alla tentazione di baciarla.
Sin dal loro primo sguardo, qualcosa in lei aveva ripreso a muoversi.
Avrebbe potuto raccontarle tutto, oppure lasciarle vivere la sua vita senza complicazioni. Invece, ancora una volta, si era affidata all'istinto. Quest'ultimo aveva fatto sì che l'attimo prima la baciasse e quello dopo scappasse via.
Jenna l'avrebbe odiata, ma era l'unico modo più veloce per togliersela dalla testa. Perché pensò che diversamente, non sarebbe mai riuscita ad allontanarsene.
"Allora perché non riesco a fare altro che pensare a lei?" si chiese.
Bevve il suo succo tutto d'un fiato e scattò in piedi.
«Dove stai andando?» Christopher uscì dal bagno e si frizionò i capelli bagnati con un asciugamano.
«A fare un giro.» Prese al volo il casco dal divano e si precipitò fuori dall'appartamento.
Forse Jenna l'avrebbe presa per una matta, o magari l'avrebbe cacciata via; però lei doveva farlo. Si sarebbe scusata e le avrebbe dato delle motivazioni che sembrassero plausibili, affinché accettasse senza remore il fatto che non ci sarebbe stato altro oltre a quel bacio.
Salì in sella alla moto e sfrecciò verso il Flick. Per tutto il tragitto continuò a immaginare la reazione di Jenna e ogni volta la scena cambiava, mentre il risultato restava lo stesso: Jenna subiva una grossa delusione e la mandava via in malo modo.
Dopo qualche minuto, finalmente era giunta a destinazione. Nascose di nuovo la moto sul retro, sfilò il casco ed entrò.
Il bar era vuoto e Jenna non era al bancone. Al suo posto, una ragazza mora sorrideva con educazione.
«Salve. Cosa posso servirti?»
Becky si schiarì la voce e si tenne a due passi dal bancone. «In realtà cercavo la proprietaria.» Si guardò intorno, per poi puntare di nuovo lo sguardo sulla giovane donna.
«Capisco. Mi dispiace, ma Jenna non c'è. Posso chiedere chi la cerca?»
«Sì, scusami. Sono Becky. Sai quando potrò trovarla?»
«No, mi dispiace, ma le dirò che sei passata.» Sorrise.
Becky annuì appena e fece per andare via; poi tornò sui suoi passi. «Sai che c'è? Lascia stare. Non c'è bisogno di disturbarla.»
«Sei sicura?» le rivolse un sorriso di circostanza.
«Sì. Ti auguro una buona giornata.» Andò via, senza indugio.
Appena fu fuori, Silvia alzò gli occhi al cielo. «Puoi uscire.» Diede un calcetto a Jenna sotto al bancone. «Mio Dio! Sembri una quindicenne.»
«Smettila di rimproverarmi! È lei che mi fa questo effetto. Mi sento davvero come se avessi di nuovo quindici anni.»
«Cioè magrolina e con l'apparecchio?» rise.
Jenna le diede uno spintone. «Sei proprio una stronza, altro che amica.»
«Sul serio, perché la stai evitando?» le ravviò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Jenna fece spallucce e si versò della tequila. «Mi sento così vulnerabile con lei.»
Silvia riempì un bicchierino anche per sé. «Almeno ora so perché ti piace. È davvero bella! E trasuda sicurezza da tutti i pori.»
Buttò giù la tequila tutta d'un fiato.
La barista piagnucolò e nascose la testa tra le braccia, per finire col poggiarla sul bancone.
° ° °
Dopo diversi giri a vuoto e con il serbatoio della moto quasi vuoto, Becky si decise a rientrare.
Stava per inserire la chiave nella toppa, quando sentì un'altra voce oltre a quella di Christopher. Sfilò la pistola dal retro dei pantaloni e caricò un colpo in canna.
Cercò di fare il più piano possibile, aprì la porta e puntò la pistola alla testa di una specie di armadio in completo nero.
L'uomo alzò le mani: «Capo?» disse guardando davanti a sé.
«Bentrovata, ragazza.» Una donna sulla quarantina e dai corti capelli biondi si fece avanti. «Finalmente ci rincontriamo.» Il suo sorriso perfetto sembrava illuminare ogni cosa nella stanza.
Becky lasciò andare l'uomo e la salutò con un cenno del capo, mentre Christopher era rimasto a guardare. «Kathleen.» Mise via la pistola.
La donna si rivolse ai due agenti che aveva portato con sé: «Andate pure», gli ordinò.
«Tu non vai con loro?» chiese Becky.
«Starò qui ancora un po'. Stavo giusto mostrando a Christopher alcune cose.» Indicò il computer. «Abbiamo piazzato dei localizzatori ai furgoni dell'agenzia di Victor, il responsabile del rapimento di Marcus, ma sembrano difettosi. Magari lui può aiutarci a capire meglio, visto che è il nostro esperto in queste cose.»
«Capisco. Vado a fare una doccia», rispose senza interesse, lasciando i due da soli.
«Cosa le prende?» chiese Kathleen a Christopher.
«È solo stanca», ribattè e rilassò le spalle, «lo siamo entrambi.»
«Abbiamo perso di nuovo il segnale.» Christopher sospirò sconfitto davanti ai monitor sulla scrivania.
"Il segnale sparisce per giorni, per poi ricomparire in posti molto lontani da quelli segnalato in precedenza", gli aveva riferito Kathleen.
Così aveva ipotizzato si trattasse di un disturbatore di segnale; ma quello avrebbe dovuto eliminare del tutto la possibilità di vedere gli spostamenti sulla mappa.
Allora si era riproposto il quesito, ma non vi aveva ancora trovato una risposta. Tutte le sue conclusioni erano andate in fumo.
«Ti troverò, Marcus. Te lo giuro.» Strinse i pugni sulla scrivania, mentre ripensava a suo fratello.
Sin da bambini erano sempre stati molto uniti; viaggiare senza di lui al suo fianco lo faceva sentire incompleto.
La fortuna però aveva voluto che avesse Becky. Anche se più di qualche volta lo aveva fatto preoccupare da morire, non lasciava che si sentisse solo.
Si stiracchiò. Passare tutta la notte davanti a quei monitor lo aveva stancato e il sonno cominciava a farsi sentire.
Si andò a sdraiare sul letto e tuffò la faccia nel cuscino.
I suoi occhi stavano per chiudersi per diverse ore, quando venne sorpreso da un rumore.
Attese qualche istante e, non sentendo più nulla, prese un grosso respiro e tornò a chiudere gli occhi.
Si udì di nuovo lo stesso rumore.
Sollevò la testa dal cuscino e si mise in ascolto. Ed eccolo ancora.
Si sollevò sulle braccia e si spinse per mettersi in piedi.
Percorse il piccolo corridoio che collegava le camere e, dopo aver capito che i rumori provenivano dalla stanza di Becky, aprì la porta.
Il kit medico era sparso sul pavimento, insieme al resto delle cose che, di sicuro, prima erano state sulla scrivania.
Fece correre lo sguardo per tutta la stanza, fino a incontrare la figura di Becky, seduta sul pavimento e con la schiena appoggiata al letto.
Aveva un piede sanguinante e con la mano vi teneva premuta sopra una garza.
Sul pavimento c'erano varie bottiglie di birra vuote e una di queste era rotta.
Si inginocchiò accanto a lei, con molta calma. «Cos'è successo qui?» recuperò una garza pulita, del disinfettante e cominciò a pulire la ferita.
Becky sembrava assente e non era sicuro che avesse sentito la sua domanda, ma sapeva esattamente a cosa stesse pensando.
«Sai, mi sono sempre chiesto se per quelli come noi esiste la possibilità di essere felici in amore.» Quando lei lo guardò, ebbe la conferma di non essersi sbagliato. «Insomma, voglio dire... ci innamoriamo, ma non è come per gli altri. Tutti si prendono cura di chi amano, ma prendersi cura di chi amiamo, per noi significa proteggerlo dal pericolo. Il vero pericolo. Ed è per questo che i viaggiatori sono spesso soli. Fatta eccezione per chi l'amore lo trova tra i nostri.» Prese ago e filo per sutura e, dopo aver applicato uno spray anestetizzante nella zona della ferita, cominciò a suturare la ferita. «Ci vogliono dei punti. Non bastano i cerotti», disse fra sé e sé, mentre Becky continuava a restare in silenzio. «Detto ciò, credo che sbagli ad allontanare Jenna.» Lei alzò lo sguardo e finalmente lo guardò. «Sí, hai capito bene cos'ho detto.»
Becky accennò un sorriso brillo. «Ma ascoltati. E tu invece?»
«Io? Cosa c'è da dire?» ribattè con aria acquirscente.
Sapeva bene a cosa si stesse riferendo, ma non sempre era facile spiegare le proprie motivazioni. Loro due non avevano mai parlato di sentimenti. Entrambi avevano avuto le loro occasioni, ma tra i due solo Becky aveva anche trovato l'amore e una relazione abbastanza lunga da definirla tale. Purtroppo però, l'altra si era rivelata una psicopatica e fortunatamente non se ne sarebbe dovuta più preoccupare.
«So di te e Kathleen. Non fare il finto tonto.»
Christopher tagliò il filo da sutura e coprì la ferita con una garza pulita. «Che abbiamo fatto sesso? E allora?» si sedette accanto a lei.
«Per quanto ancora vuoi fingere che non t'importi?» Quando fece per alzarsi, lo afferrò per il braccio e lui perse l'equilibrio, ripiombando seduto sul pavimento accanto a lei. «Stai qui ancora un po'.» Posò la testa sulla sua spalla. «Lo so che ti sei innamorato di lei. Ho visto come la guardi.»
«È così evidente?» sospirò. «Avrei continuato se lei avesse voluto. È una donna forte, sicura di sé. Ci sono cascato come un ragazzino alle prime armi. Avrei dovuto saperlo che a lei sarebbero bastate le sporadiche notti di passione. Era così chiaro.» Si appoggiò con la guancia sulla testa di Becky. «Potrebbe avere chiunque, persino il Presidente. Perché dovrebbe accontentarsi di me?»
«Perché tu sei migliore di chiunque altro.» Si raddrizzò e lo guardò dritto negli occhi. «Kathleen ci darà una mano nelle ricerche, quindi la vedremo spesso. Dovresti farti avanti.»
«Sei impazzita?» fece per alzarsi, ma Becky lo trattenne.
«Non sono mai stata così lucida.»
«E tu parlerai con Jenna?» notò un cambiamento repentino nella sua espressione.
«No, Christopher», rispose in modo secco, «non vuole parlarmi. Ho lasciato correre di proposito, non sa che mi sono accorta che era lì. Mi sono fermata a due passi dal bancone perché l'ho vista riflessa in una bottiglia; non volevo farla sentire in imbarazzo. E comunque me lo merito.»
«Perché lasci che ti sfugga la possibilità di essere amata?»
«Perché non voglio che la sua vita sia in costante pericolo.» Tornò a fissare la parete.
«Beh, allora sei davvero spacciata.» Christopher si rimise in piedi. «So che ti piace davvero e lascia che ti dica una cosa, se Kathleen avesse voluto me al suo fianco non avrei esitato un solo istante, e non perché lei fa già parte del nostro mondo, ma perché per noi non ci sono così tante occasioni di amare ed essere ricambiati.»
Con quelle parole concluse il suo discorso e lasciò la stanza di Becky. Non era certo sua intenzione farla sentire peggio di quanto già non si sentisse, ma qualche volta sembrava l'unico modo per battere la sua cocciutaggine.
Lo sforzo che Becky stava facendo per tenere al sicuro Jenna era da apprezzare, perché non c'era nulla che dimostrasse più amore, ma era davvero quello che serviva a entrambe? Christopher era pronto a scommettere di no.
Raggiunse il proprio letto e si lasciò coccolare dalla sua comodità, fino a cadere in un sonno ristoratore.
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