37. (Seconda parte)

L'asfalto era rovente e il sole batteva inesorabile. La tuta intera e il casco integrale le stavano portando via anche quel poco di pazienza che le era rimasta. Diede ancora gas al motore, dopo aver dato un'occhiata alle sue spalle.
Era schizzata via così di fretta, che non riusciva a scorgere, neanche in lontananza, il blindato degli altri. Ripensò agli ultimi giorni. Victor non le sarebbe sfuggito questa volta, non li avrebbe più presi in giro. Se il chip aveva davvero fatto il suo lavoro, di sicuro avrebbe avuto un bel vantaggio su di lui. Sentì la rabbia mescolarsi con l'adrenalina. Un ghigno si disegnò sul suo viso, pregustando il momento in cui sarebbe riuscita a mettergli finalmente le mani addosso. «Non schiverai la mia pallottola», masticò tra i denti e diede un altro colpo all'acceleratore.

Christopher guardava dritto davanti a sé, con lo sguardo fisso nel vuoto, oltre il parabrezza.

«Sta' tranquillo, la raggiungeremo», Marcus provò a rassicurarlo.

Christopher si ridestò e scosse il capo. «Non l'hai vista», cominciò. «Sai, se c'era qualcosa che per la prima volta faceva ragionare la sua testa dura, quella era Jenna», incrociarono gli sguardi per un attimo. «Ha ignorato ogni suo tentativo di tranquillizzarla.»

«Chris, stiamo parlando di Michael. Era tutto ciò che aveva, a parte noi. L'unica famiglia che le era rimasta.»

Christopher lo guardò interrogativo.

«E aí ¹?»

«Tu sapevi di Michael?» Pronunciò una serie di incomprensibili imprecazioni in portoghese, lingua che non usava mai, se non quando suo fratello era nei paraggi. «Perché sono sempre l'ultimo a sapere le cose?»

Marcus si piegò nella spalle. «Senti, non è che lo abbia fatto di proposito. Lo sai, a Becky non piace parlare di sé. Una sera tu eri con Kathleen chissà dove e noi abbiamo bevuto fino a stare male. È stato allora che mi ha raccontato ogni cosa. Niente di personale.» Terminò con nonchalance.

«Niente... » si agitò, ricadendo con la schiena contro il sediolino «Niente di personale?» Tornò a voltarsi nella sua direzione. «Estamos falando do pai dela! ²»

«D'accordo, hai ragione, ma ormai è successo. Fattene una ragione.»

Christopher incrociò le braccia davanti al petto. «Siete incredibili. Due anni, soli come due naufraghi, e lei ha raccontato a te di suo padre.» Scosse ancora il capo.

A Marcus scappò un sorriso. «Perché, tu le hai detto che all'inizio ti eri preso una bella cotta per lei?»

Come un ceffone tra capo e collo, quelle parole lo fecero saltare sul posto. «È stato molto tempo fa, e per pochissimo tempo.»

«Lo so.»

«Mi è passata subito. Ho conosciuto Kathleen poco dopo e non ci ho più pensato.»

«Lo so», usò un tono canzonatorio.

Christopher gli puntò il dito «non farne parola con nessuno.»

«Troppo tardi.» Lien sbucò fra di loro e lui roteò gli occhi, per finire a guardare fuori dal finestrino. «Ma tranquillo, non lo dirò ad anima viva.» Fece il gesto di chiudere la bocca a chiave, per poi gettarla via.

«Vedi? Ognuno ha i propri segreti.» Aggiunse suo fratello.

Christopher finse un sorriso e tornò a guardare avanti. «Per il momento cerchiamo solo di riportarla a casa sana e salva.»

Marcus fece un cenno d'assenso.

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¹ Che c'è?
² Stiamo parlando di suo padre

L'asfalto ancora rifletteva la luce del sole come uno specchio e Becky ebbe difficoltà a riconoscere la propria destinazione. Solo quando vide un via vai frenetico, ebbe le idee più chiare.

Un blackout aveva bloccato le turbine dei condotti di areazione del bunker e tutti stavano evacuando la struttura. Non ebbe più dubbi. Il chip aveva funzionato alla grande e la tecnologia che di solito li aiutava molto nel loro lavoro, stava diventando il più grande ostacolo da superare.
Cercò un posto in cui nascondere la propria moto e si caricò il borsone con le armi sulle spalle. Controllò ancora una volta che le sue pistole fossero cariche.

«Bene», disse fra sé, «finalmente ci siamo.» Studiò la recinzione, ormai ridotta a una semplice e lunga maglia di ferro, che circondava la base. Tirò fuori delle tronchesi dalla borsa e iniziò a tagliarla per creare un punto d'ingresso. Solo di tanto in tanto dava un'occhiata alle sue spalle, per accertarsi che nessuno la vedesse.
Finalmente aveva tagliato l'ultimo pezzo; arrotolò la maglia di ferro su se stessa ed entrò all'interno del perimetro.
Accovacciata, cercò di avvicinarsi al bunker. Notò con sollievo che c'erano meno uomini di quanti si aspettasse. Avvitò il silenziatore davanti alla pistola e mirò uno di quelli che teneva aperta l'uscita di emergenza. Senza indugiare oltre, premette il grilletto e il colpo che partì lo prese al petto. L'uomo ricadde all'indietro e la porta si chiuse, intrappolando all'interno quelli che non erano riusciti a uscire.
Uno degli uomini rimase incastrato, nel tentativo di scivolarvi sotto. Le sue grida di dolore si propagarono nell'aria, attirando l'attenzione di altri nei paraggi. Furono pochi quelli che accorsero, rassegnati al fatto che nulla avrebbero potuto fare. L'uomo a cui Becky aveva sparato, si era portato dietro lo strumento usato per tenere alzata la porta e permettere il passaggio.
Tra i tentativi di sollevarla e le urla strazianti, un altro sparo si propagò nell'aria. Uno degli altri gli aveva piazzato una pallottola in testa, ponendo così fine alle sue sofferenze.

Solo ora, con una lieve quiete, si riuscivano a sentire le grida che provenivano anche dall'interno del bunker. Almeno una ventina, tra uomini e donne, sprecavano quel che restava del loro ossigeno per chiedere aiuto; un aiuto che non sarebbe mai arrivato.
Becky aveva assistito alla scena, in attesa che qualcuno menzionasse la presenza di Victor sul posto. C'erano pochi dubbi che lui fosse lì; non avrebbe mai delegato il possesso del chip ad altri. Era l'unico a doverlo usare. E quello stato di disordine aveva solo un significato per lei.
Scattò verso il bunker e, senza fare rumore, seguì gli uomini nei loro spostamenti. Non avrebbero osato lasciare Victor senza protezione, di sicuro si stavano recando da lui. Becky si spostava con loro, accovacciata e con la pistola all'altezza dello sguardo, pronta a fare fuoco qualora si fosse reso necessario. Un piede davanti all'altro e si ritrovò davanti a un'altra struttura, una nuova "fortezza".

Sì, non v'erano dubbi, Victor era lì dentro. Il gruppo di cinque uomini si organizzò per entrare, trasportando una sorta di piccolo generatore di emergenza, grande tanto da richiedere il supporto di tutti per essere spostato e introdotto all'interno. Non doveva perderli di vista, ma seguirli sarebbe stato pericoloso. Era ovvio che ci fossero più uomini all'esterno, ma cosa sarebbe accaduto una volta che i cinque avessero ripristinato il sistema elettrico?
Si guardò in giro, in cerca di una qualche idea, ma nulla sembrava convincerla.

Gli uomini di Victor erano appena entrati e la porta si sarebbe chiusa a breve. Il tempo per pensare stava per esaurirsi. Becky esitò smaniosa, poi scattò in direzione della struttura, quando un boato riecheggiò alle sue spalle. L'unica cosa che riuscì a vedere fu il muso del blindato di Marcus che si faceva strada nel polverone che aveva inghiottito la restante parte delle forze armate.

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