36.

Il blindato, guidato da Christopher, trasportava la salma di Michael avvolta in un telo verde militare.
Oltre che essere il suo colore preferito, era quello usato per salutare i più valorosi che perdevano la vita in missione.

L'aria era soffocante. Il caldo non lasciava un attimo di tregua.
Becky sedeva al posto del passeggero, con lo sguardo perso nel vuoto e un'espressione adirata in volto.
Ogni volta che riusciva, Christopher distoglieva lo sguardo dalla jeep di Marcus che li seguiva e lanciava un'occhiata alla sua destra.
Stavolta non c'era nulla che potesse dire per alleviare il dolore della sua amica.

Becky era in lutto per suo padre. Di nuovo.
La vita pareva metterla alla prova di continuo.
Più non demordeva, più sembrava diventare complicata.

Nonostante sapesse che il momento non era di certo propizio, Christopher decise di interrompere comunque quel silenzio.

«Le ragazze sono al sicuro. Appena le raggiungeremo, potremo dedicare un po' di tempo a dargli una degna sepoltura, prima di metterci a lavoro.»
Becky non ebbe nessuna reazione alle sue parole, così continuò.
«Jenna voleva parlare con te. Le ho detto che eri impegnata.»
L'aver nominato Jenna, sembrò l'unico motivo per cui gli prestò attenzione.

«Becky, parlami.»

Lei fissò gli occhi nei suoi e subito si fecero liquidi. Sentì un groppo in gola che non le permise di parlare. Il respiro cominciò a diventare più frenetico e, prima che le lacrime potessero cadere, tornò a guardare la strada davanti a sé, spazzando via con la mano quell'unica goccia che scappò al suo controllo.

Christopher strinse il volante nei pugni e serrò la mascella, tornando a chiudersi in un religioso silenzio.

• • •

Dopo due ore di viaggio estenuanti, si ritrovarono di nuovo in Canada, dove si stava decisamente più freschi.

Prima di lasciare tutto, per la nuova base, Michael aveva fatto rimettere a nuovo un vecchio deposito di vetture militari.
Per la prima volta, al posto di un bunker chiuso, c'era molto spazio all'aperto in cui spostarsi in piena libertà. L'unica cosa sigillata dall'interno, era un grosso capannone senza porte, né finestre.
Era probabile che Michael lo avesse rinforzato e munito di un sistema di sicurezza di ultima generazione.

Christopher spense il motore. Davanti a loro, li attendeva il resto della squadra.

Becky aprì lo sportello.
Il suo piede destro piombò pesante sul terreno, poi portò giù anche l'altro. Chiuse la portiera alle sue spalle e finalmente alzò lo sguardo.

Jenna era impaziente di poterla abbracciare, ma allo stesso tempo aveva paura di invadere il suo spazio.
Faticò nell'attesa che lei facesse qualche passo verso di loro e, quando non riuscì proprio più a trattenersi, corse ad abbracciarla.

Becky restò immobile, accettando passivamente le attenzioni che Jenna le stava rivolgendo.

«Ero in pensiero per te. Mi dispiace tanto.»
L'afferrò per le spalle e la guardò negli occhi.

Becky annuì appena.
«Devo tirarlo fuori da lì. Io devo... dovrò... », sembrò cercare quelle parole mancanti, intorno a sé. Si posò una mano sulla fronte «Ho bisogno di... », ancora tentò, ma nulla uscì dalla sua bocca. Cominciò a battere gli occhi più veloce, cercando di ricacciare indietro le lacrime, ma quando Jenna le afferrò il viso tra le mani e la guardò negli occhi, smise di opporre resistenza.
Un fiume in piena si riversò dai suoi occhi e, con lei, anche Jenna cominciò a piangere.

«Sono qui», le ripeté, «sono qui.»
Si portò la testa di Becky sul petto, stringendola a sé.

Gli altri avevano fatto cerchio tutt'intorno, silenziosi e addolorati.

• • •

https://youtu.be/pbMwTqkKSps

Come Michael, Ben aveva avvolto Anthony con un telo verde militare.
Il suo amico se ne sarebbe andato come ogni valoroso soldato e non avrebbe ammesso opposizioni.
I due corpi senza vita erano stati posti l'uno accanto all'altro, così come entrambi avrebbero voluto.

Nel terreno sotto di loro, erano state scavate due fosse, che li avrebbero ospitati per sempre.
Quel giorno, anche il cielo sembrava piangere la loro dipartita.
Una pioggerella estiva si stava prolungando oltre il solito tempo, creando uno scenario funebre da film.

Jenna si teneva al braccio di Becky e la osservava di tanto in tanto.
Aveva trascorso tutta la notte a contemplare il corpo di Michael, senza riposo.
Probabile che stesse rivivendo gli ultimi momenti della sua vita più e più volte.
Con cadenza regolare, era sobbalzata appena, unica reazione nella sua immobilità.
Jenna si era interrogata sul suo significato e Christopher aveva ipotizzato potesse trattarsi del momento dello sparo.
Era convinto che Becky stesse cercando un suo errore, credendo erroneamente che avrebbe potuto salvarlo in qualche modo.

Quando i corpi vennero calati, con un gesto involontario, si sporse in avanti, come a volerli fermare.

Ancora una volta, Jenna la strinse a sé e Becky si lasciò consolare.

• • •

«Qualcun altro, oltre a me, si sta preoccupando per quello che Victor potrà fare, ora che ha il chip?» Rob si mise in piedi e piazzò una bella cinquina sul tavolo, mentre gli altri ancora si guardavano intorno, meravigliati da come Michael aveva sistemato quel capannone.

Becky, che era seduta in disparte, alzò gli occhi su di lui, poi scambiò uno sguardo con Christopher.

«Cosa?», chiese Rob, adirato.

Nicholas prese posto al tavolo e invitò gli altri a fare lo stesso.
Congiunse le mani sul tavolo e intrecciò le dita.
«Sono stato poco presente, per qualche tempo, e questo perché stavo lavorando a un progetto con... », ingoiò il nodo che gli aveva stretto la gola. «Lavoravo a un progetto con Anthony.»
Rob sospirò e si sedette.
«Mentre discutevamo sul da farsi, io e Lien abbiamo avuto un'idea.» Prese un grosso respiro «Sapevamo che Victor avrebbe fatto di tutto per farsi consegnare il chip, compreso prendere in ostaggio me. E sarebbe stato meglio, se lo avesse fatto, perché non avrebbe mai tentato di uccidermi.»
Lien posò una mano sulla sua spalla, per incitarlo a continuare.
Lui annuì «Ci siamo chiesti: "E se gli diamo esattamente ciò che vuole? O almeno, glielo facciamo credere?" Così io e Anthony abbiamo creato un altro chip, identico all'originale, ma non funzionante.»
Aprì una piccola cassetta e la fece girare su se stessa, per mostrarne il contenuto.
«Il chip non ha mai abbandonato la sua casa.»
Lui e Lien si scambiarono uno sguardo complice.

Rob scosse appena il capo «Lo sapevano tutti, tranne me?»
Nessuno rispose. Guardò Nicholas, che sostenne il suo sguardo.
«Non capisco una cosa. Il chip non ha bisogno della tua impronta per attivarsi?»

«A quanto pare, Victor è riuscito a procurarsela. Ma non sappiamo in che modo.» Concluse, richiudendo la cassetta.
«L'unica cosa che ci resta da fare, è distruggere l'arma ed eliminare Victor.»

A quelle parole, Becky si levò in piedi.
«Sarò io ad eliminarlo», usò un tono fermo e autoritario.

Nessuno osò contraddirla.

Uno per volta lasciarono la stanza, nella quale restarono solo Lien e Nicholas.

«Come stai?» gli chiese, mentre riempiva un bicchiere d'acqua. Tirò indietro la sedia e tornò a sedersi accanto a lui.

Nicholas abbozzò un sorriso di circostanza.
«Se avessi saputo... »

«Cosa? Cosa avresti mai potuto fare?», gli passò un braccio sulle spalle «Smettila di incolparti.»

«Credi che... »

«Sì.»

«Non sai neanche cosa volevo dire», accennò un sorriso.

Lien lo guardò dritto negli occhi «Era quello che avrebbe voluto sentirsi dire. Vero o no, hai fatto in modo che se ne andasse in pace», concluse, lasciandogli una carezza sul braccio.

Nicholas annuì, rincuorato dalle parole della sua amica, di cui aveva tanto sentito il bisogno.

Due minuti dopo di lei, uscì anch'egli, per recarsi nella stanza che gli avevano assegnato, da condividere con Rob e Ben.

La cosa non gli era sembrata per niente allettante.
Ben lo odiava, dal momento che lo incolpava per la morte di Anthony. Non mancava mai occasione per lanciargli occhiate fulminee.
Si dicevano amici, ex amanti, ma Nicholas aveva tutta l'impressione che Ben fosse stato innamorato di Tony e che non glielo avesse mai confessato. E questo peggiorava solo le cose.

In quanto a Rob, beh, era Rob. Non c'era altro da aggiungere.

Aprì la porta e fu sollevato di costatare che nessuno dei due era presente.
Diede un'occhiata in giro.
Il borsone di Ben era su uno dei letti, accanto al quale c'era una borsa con poche e semplici cose, appartenute ad Anthony.
Nicholas le osservò da lontano, tenendosi a debita distanza. Il solo profumo gli scatenava delle visioni dell'accaduto.

Dall'altro lato, invece, il suo letto e quello di Rob si trovavano a poca distanza l'uno dall'altro.
Nonostante avessero convissuto per diverso tempo, pochissime volte era capitato che dormissero nella stessa stanza, e mai così vicini.
Fece un grosso respiro e si sedette, ma solo per un minuto.

Finalmente aveva trovato un po' di tempo per se stesso e ne approfittò per fare una doccia. La tensione scivolò via, riuscendo a rilassarsi per la prima volta, dopo giorni estenuanti.

Indossò un paio di pantaloni di una tuta, indumento mai indossato prima, e scoprì il motivo per cui a molti piaceva farlo.
Erano dannatamente comodi e ti facevano sentire libero.
Si passò di nuovo l'asciugamano sul torace dalla muscolatura elegante e lo gettò nei panni sporchi, dove anche Rob aveva messo i suoi.
Era stato l'unico a fare una doccia appena arrivato.
Per gli altri, sembrava non arrivare mai il momento giusto.

Riprese la cassetta tra le mani e fece per aprirla, ma ad aprirsi fu la porta della stanza.

Ben si bloccò sull'uscio, indeciso se entrare e restare da solo con lui, oppure chiudere la porta e tornare in un secondo momento.

Sembrava aver deciso per la seconda opzione, quando Nicholas lo pregò di restare.
«Vorrei che trovassimo un punto d'incontro», cominciò, «tu sei giovane e impetuoso, come lo era»

«Non ti azzardare a nominarlo», lo fermò.

«D'accordo. Volevo solo dirti che ci tenevo a lui. Abbiamo passato dei bei momenti insieme.»
Provò ad avvicinarsi, un passo alla volta.

«Allora perché non l'hai fermato?»

«Credi che non ci abbia provato? Lo conoscevi meglio di me, sai quanto fosse cocciuto.»

Ben non riuscì a controbattere a quella verità.
«Allora avresti dovuto lasciarlo prima.»

Nicholas annuì «Hai ragione, forse avrei dovuto.»

Ben venne colto alla sprovvista dalla sua risposta, tanto che non seppe aggiungere altro.
Forse quell'uomo era furbo, forse fin troppo intelligente da riuscire a manipolarlo, ma in quel momento gli sembrò sincero.
Così decise di concedergli un po' di tregua.
«Devo tornare a lavoro», disse telegrafico, prima di uscire e chiudere la porta alle sue spalle.

Non passò neanche un minuto, che questa si riaprì.
Nicholas si voltò, ma quello che si ritrovò davanti non era il ragazzo, bensì Rob.

Questi chiuse la porta dietro di sé e si avvicinò di qualche passo, con le sopracciglia increspate.
«Vuoi dirmi perché mi tratti così? Perché non mi hai messo al corrente del piano? Ero l'unico idiota a non saperne nulla.»

«Non c'era tempo per le chiacchiere. È nato tutto in una sera, mentre trascorrevo del tempo con i ragazzi. Non è colpa mia se non sei riuscito a integrarti nel gruppo.»

«Il gruppo? Parli di integrazione, quando proprio tu mi hai trascinato via dalla società e hai fatto in modo che noi due restassimo soli contro il mondo?»

«Beh, scusami Robert, per aver rovinato i piani di un gruppo di psicopatici. Potevi dirmelo, ti avrei lasciato con loro.»

Rob lo afferrò per un braccio «Non trattarmi come se fossi stupido.»

Nicholas calò lo sguardo sulla mano che gli stringeva il braccio e con uno strattone se ne liberò.

«Credi che solo perché ti sei innamorato di uno di loro, ti accetteranno come parte della "famiglia"?»

Nicholas scosse il capo, sbuffando un sorriso.
«Sei ridicolo», sussurrò.

«Cos'hai detto?» lo afferrò di nuovo «Ripetilo, se ne hai il coraggio.»

Sostenne il suo sguardo, senza cedere di un millimetro.
«Ho detto, che sei ridicolo», scandì bene l'ultima parola.

«E tu sei patetico. Ti ho sentito che gli dicevi ti amo. Hai l'innamoramento facile, a quanto pare.»

A quelle parole, perse la pazienza.
«Stava morendo, idiota. Lui mi amava, come non sei stato capace di fare tu. In pratica, si è sacrificato per me. Come avrei potuto ripagarlo? Non ci saremo mai più parlati.» I suoi occhi si fecero liquidi e Rob lo lasciò andare.
«Davvero non ti rendi conto della differenza? Perché quello che tu chiamavi "ragazzino", aveva capito tutto.»
Lo affrontò a muso duro. «Avanti! Scappa di nuovo. Scappa dalla verità, solo perché non sei capace di accettarla. Fuggi da te stesso, da quello che realmente sei. E fuggi da me.»

«Sta' zitto», disse sottovoce, «Sta' zitto!»
La sua voce grossa rimbombò tra le quattro mura e ne seguì un assoluto silenzio.
Con due falcate, si ritrovò faccia a faccia con lui, col petto che si gonfiava e si svuotava a un ritmo concitato. «Per una volta, chiudi quella bocca», gli sussurrò in un fiato, un attimo prima che lo baciasse.

Nicholas restò al proprio posto, in attesa di un risvolto positivo. Non sarebbe caduto di nuovo nella sua trappola, per poi rimanere fregato.
Partecipò al bacio, con trasporto, ma lasciò che fosse lui a condurre.
Sentì l'eccitazione crescere, così come cresceva il bisogno di spingersi oltre.
Attese ancora qualche istante.
Poi Rob, con un movimento incerto, portò la mano sull'elastico dei suoi pantaloni.
Lo guardò negli occhi, cercando un supporto, pregandolo silenziosamente di mostrargli come fare.

Nicholas prese le sue mani e se le portò sul petto.
«Cominciamo dalle cose semplici.»

Rob annuì appena, poi abbassò lo sguardo sui suoi pettorali. Li trovò perfetti e delineati. La pelle glabra, era liscia come la seta.
La bocca socchiusa emetteva sospiri di eccitazione.
Quando Nicholas fece scivolare la mano nei suoi pantaloni, Rob esalò un respiro più profondo e chiuse gli occhi, godendosi quel tocco che aveva appena scoperto di aver desiderato per gli ultimi quattro anni.
Sentì un brivido di piacere percorrergli tutto il corpo, quando la presa sul suo membro divenne più salda.

Si guardarono ancora negli occhi.
Avevano intrapreso una strada da cui non si sarebbe più potuto tornare indietro. Sarebbe stato un "per sempre", oppure un "addio".
E quando Rob non riuscì più a trattenere i movimenti del bacino, cominciò a spingersi contro la sua mano, fino ad arrivare al culmine.
Gemette, sorpreso per quanto lungo fu quell'orgasmo, e lo baciò di nuovo.

Questa volta Nicholas volle fare un passo in più, approfittando della sua buona predisposizione.
«Lasciati andare», gli sussurrò in un fiato, prima di baciarlo.
Rob annuì, stravolto.
Gli sfilò la t-shirt, liberando le sue spalle muscolose e lo fece voltare, dedicandogli carezze dolci. Posò le labbra sulla pelle tesa e vi lasciò una scia di baci.
Nello stesso momento, lo liberò anche del resto dei suoi indumenti, denudandolo. Lo fece anche con i suoi, continuando ad ammirare la sua bellezza scultorea.

Con molta delicatezza, si appoggiò a lui, facendo entrare in contatto la loro pelle accaldata.
Rob s'irrigidì.
«Rilassati», gli sussurrò all'orecchio, facendogli venire la pelle d'oca. «Ti ricordi di quella sera, Rob? Il desiderio si era impossessato dei tuoi occhi. L'avidità con cui mi guardavi... » continuò a sollecitarlo, mentre faceva scivolare le mani lungo il suo corpo, carezzandone ogni centimetro.
Poté sentire l'eccitazione crescere in lui.
«Volevi essere al mio posto o al suo?»

Rob si rigirò tra le sue braccia, per finire faccia a faccia, esponendo tutto se stesso. Fece scorrere lo sguardo dall'alto verso il basso, per poi risalire.
Pensò che non si poteva essere più perfetti di così.
Come aveva fatto a negarsi ciò che desiderava con tutto se stesso?
Lo baciò ancora.
«Pensavo che avrei voluto vedere quell'espressione sul tuo viso, mentre facevi l'amore con me. Solo con me. Quando sono tornato nella mia stanza, ho dovuto correre ai ripari. Mi sono eccitato al punto tale, che sentivo dolore.» Fece una pausa «Come adesso.»

«Credevo non lo avresti mai ammesso. I tuoi occhi su di me, mi fecero resistere poco.»

Si baciarono con passione.
Stavolta fu Rob stesso, a dargli le spalle.

«Rilassati», gli sussurrò ancora una volta all'orecchio.
Senza fretta e continuando a dedicargli carezze, Nicholas s'impossessò di lui e, solo quando riuscì a sentirsi più comodo, il ritmo divenne incalzante.
Le mani lungo la sua schiena, madida di sudore, dal profumo travolgente.

Per la prima volta, Rob si sentì giusto.
Le donne gli piacevano, ma c'era qualcosa in Nicholas, che gli faceva perdere ogni controllo. Avrebbe voluto, da sempre, baciare le sue labbra morbide e accarezzare il suo corpo atletico. Pian piano il desiderio si era fatto più specifico e intenso. Non gli piacevano tutti gli uomini, ma solo uno. Nicholas era l'unico uomo che avesse mai desiderato. E ora era suo.

Iniziò a sentire solo il piacere. Un piacere che lo riempiva.
Con una mano afferrò un fianco di Nicholas, accompagnandolo nei movimenti, mentre con l'altra gli cinse la nuca e lasciò che gli baciasse il collo e la spalla, regalandogli un'altra ondata di piacere.

Nicholas si sentì vicino al culmine e afferrò di nuovo il suo membro, dandogli piacere, finché non conclusero insieme, ansimanti e soddisfatti.
Si appoggiò con la fronte sulla sua schiena e riprese fiato.
«Tutto bene?»

Rob afferrò un asciugamano e si ripulì.
Si voltò a guardarlo. L'espressione maliziosa sul suo volto, lo stuzzicò.
«Tu cosa ne dici?» allargò le braccia e abbassò lo sguardo.
Nicholas fece lo stesso e rimase a bocca aperta.
Era di nuovo pronto.
Lo attirò a sé «Ora lo sai che non potrai più avere nessun altro?»

Sul volto di Nicholas si allargò un timido sorriso.
«Non volevo altro. Lo vuoi capire che ti amo?» lo baciò.

«Bene, allora. Perché a quanto pare, ti amo anch'io.»

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