34.

🔴 In questo capitolo sono presenti descrizioni di scene di sesso.

Marcus aveva riportato piccole escoriazioni dalla lotta con suo fratello e se ne stava davanti allo specchio a controllarle con sguardo fiero.
Sfilò la maglietta e la posò sul lavabo.

Le dita affusolate di Lien scivolarono lungo i suoi fianchi, per incontrarsi sull'addome scolpito. «Quando la smetterai di punzecchiarlo?»

Sorrise. «Mai, credo. Finalmente sta meglio e posso azzardare delle piccole zuffe, in pieno stile Krebs.» Posò le sue mani su quelle di lei.

«Siete dei dilettanti», sbuffò un sorriso. «Niente, in confronto allo stile Liu.»

Marcus piegò la testa da un lato per poter incrociare il suo sguardo allo specchio.
«Riconosco quello sguardo.»

Non terminò la frase, che Lien lo spinse contro la parete e prese posizione davanti a lui, ponendo le mani in avanti, tese e sottili.

Sul volto di Marcus si disegnò un sorriso malizioso. «Mettiamo fine all'astinenza?»
Quando lei lo attaccò, afferrò il suo braccio e lo torse all'indietro, tenendola bloccata con le spalle contro il suo petto.
I movimenti erano precisi, netti, attenti a non farle male.
Avvicinò le labbra al suo collo e lo carezzò col solo respiro. «Signorina Liu, si è messa in un grosso guaio», fece scivolare la mano nella sua vestaglia, lasciandosi solleticare dalla seta leggera e fresca. Sfiorò l'intimo sottile che copriva i suoi seni voluttuosi, provocandole un brivido.

Lien ruotò il braccio e lo spinse di nuovo contro la parete. Stavolta lo bloccò premendo il braccio contro il suo collo.
Si guardarono negli occhi, con un'intensità sfacciata e con il petto che faticava a trovare un ritmo meno serrato.

«Smettila di provare a sottomettermi», gli sussurrò, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra.

Marcus, di nuovo, sorrise malisioso «Perché? Non è per questo che ti sei innamorata di me?» Si liberò e la costrinse con le spalle al muro, tenendole i polsi sopra la testa e bloccati nella morsa delle sue grosse mani callose. «Dimmi che mi vuoi, meu amor», le sussurrò contro la bocca.

Il petto di Lien si spinse in avanti, sfuggendo al proprio controllo.

Marcus scosse lentamente la testa. «Voglio sentirtelo dire.»

Lei si dimenò, senza troppo impegno. «Sei uno stronzo», disse con tono arreso.

«Sì, lo sono.» Con i pollici liberi, le carezzò il dorso della mano con un gesto spontaneo. «Ora dillo, così potrò mettere fine a questa sofferenza.»

Lien la smise di opporsi e si rilassò completamente. «Sono tua, anima e corpo. Ti voglio.»

Marcus la travolse con un bacio colmo di desiderio. Con le mani afferrò il suo sedere sodo e la sollevò contro la parete.
La vestaglia si aprì, lasciando il suo corpo seminudo in bella vista, che Marcus non esitò a baciare tutto.
La prese con desiderio trascinante, rude quanto piaceva a lei, e senza farsi pregare.

La stanza sembrò troppo piccola per contenere tutta la loro energia.
Ogni volta che facevano l'amore, non era solo un atto di reciproco sentimento.
Si tenevano testa l'un l'altro, in un continuo gioco di forza.
Una partita senza vinti nè vincitori, solo appagamento.
Poco importava se qualche oggetto nei paraggi ne facesse le spese.

• • •

Le squadre erano state fatte e gli ordini erano stati impartiti. Non restava che mettersi in marcia.

Nicholas, con una delle sue camicie su misura e la tracolla da informatico fuori corso, era appena entrato in quello che tutti chiamavano il "salotto"; un'ampia stanza arredata con qualche poltrona e un grosso divano.
C'erano ripiani a vista, decorati da bottiglie di liquori vari, gustati solo di rado da qualche membro del gruppo.

Lì ad attenderlo c'erano già Lien e Marcus, intenti in una conversazione dai toni pacati. Solo quando quest'ultimo si spostò appena, notò che con loro c'era anche Rob.

I loro sguardi si incrociarono, nell'immobilità di quell'attimo che parve eterno.
Nicholas strinse la cintura della tracolla nel pugno, ricordando ciò che era accaduto solo due giorni prima.

Dopo un primo momento di smarrimento, Rob era rimasto a guardarlo con un'espressione indecifrabile, ma che riconobbe non si trattasse di disgusto.
Per quattro anni avevano vissuto insieme, nello stesso appartamento, ma mai, nemmeno una volta, l'uno aveva visto o sentito l'altro fare sesso.

Lien capì che era arrivato il momento di intervenire.
Andò a recuperare il suo amico e lo bombardò di domande.

Quando la situazione sembrò tornare alla normalità, qualcun'altro si unì al gruppo.

Anthony li raggiungeva a passo deciso.
Indossava la sua divisa, costituita da pantaloni inseriti negli anfibi e maglia nera che metteva in risalto i suoi pettorali e le braccia scolpite.

Nicholas si voltò di scatto «Tu cosa ci fai qui?»
Ebbe un attimo di esitazione, poi gli si avvicinò.

«Verrò con voi, nel caso vi servisse una mano.»

Niicholas scosse il capo con decisione «No, non se ne parla. Andrò da Michael e questa volta mi sentirà.»

Fece per superarlo, ma Anthony lo afferrò per il braccio «Ho deciso io di venire con voi e tu non potrai fare nulla per impedirmelo! Non sono un bambino, Nik. E tu non sei mio padre.»
Un'espressione infastidita prese vita sul suo viso «Perché non mi dai la borsa e resti qui tu, invece? Non stai forse rischiando troppo?»

«No, Tony. Se Victor non vedrà me, non si fiderà di nessuno e vi metterei solo in pericolo.»
Si passò una mano sulla bocca, preso da un momento di sconforto.

«Allora non abbiamo altro di cui discutere.»

Si guardarono negli occhi, avvolti dal silenzio sceso nella stanza.

«Perché?» gli chiese Nicholas, con sguardo sconfitto.

«Perché non ti lascerò mai andare da solo. Anche per te è pericoloso.»

«Ma io ho qualcosa con cui trattare» diede un colpo con la mano sulla borsa «Non mi farebbe mai del male, anche se dovesse rapirmi.»

Anthony si avvicinò e lo baciò a stampo, senza preavviso.
«Dobbiamo andare» concluse il discorso e si avviò verso l'uscita.

Anche Rob si stava avviando verso l'uscita, seguito da Marcus e Lien, che gli rivolse un'ultima occhiata e si piegò nelle spalle.

Nicholas non poté far altro che accettare quella situazione che lo faceva sentire così impotente.
Stavano andando verso un precipizio e si sentiva come un jumper che si lancia senza le corde di sicurezza.
Aveva paura che si sarebbe schiantato o peggio, che avrebbe dovuto decidere chi salvare dalla rovinosa caduta.
Alzò gli occhi al cielo, cercando di riprendere il controllo dei propri pensieri.
Fece un grosso respiro e si decise a raggiungere gli altri.

• • •

Becky e Christopher erano nella stanza di quest'ultimo, alle prese con i nuovi programmi creati da Nicholas.

Nell'ultimo periodo erano cambiate molte cose e tante di queste avevano migliorato il loro lavoro, ma allo stesso tempo richiedevano delle maggiori capacità, che Marcus e Christopher riuscivano a sostenere.

Però Becky era in difficoltà.
Non sapeva parlare quel loro linguaggio, fatto di numeri e segni. Nonostante non avesse grosse difficoltà con tutto il resto, piani inclusi, aveva deciso di tenersi alla larga dai computer, dedicando il suo tempo all'addestramento tattico, alle armi e al combattimento corpo a corpo.
In quello sì, che era imbattibile.

Chiuse il suo portatile e si stiracchiò.
«Spero che vada tutto liscio.»

Christopher le rivolse uno sguardo fugace, preso dalla sequenza di numeri che riempivano il monitor.
«Victor non gli farà del male. Lo sa che accorcerebbe drasticamente le distanze da una guerra all'ultimo sangue.»

«Perché, tu credi gli importi? Non sono sicura che ne usciremmo vittoriosi.»

Christopher lasciò la tastiera e si avvicinò a lei. La guardò negli occhi, cercando di interpretare i suoi pensieri.
«Dimmi cosa ti preoccupa» le disse, infine.

Becky si mise in piedi, incapace di starsene seduta con le mani in mano «Non avrei mai pensato di dirlo, ma credo che una collaborazione tra la nostra e l'agenzia di Kathleen, potrebbe portarci alla vittoria in metà del tempo. Evitando di mettere a rischio anche le vite di Jenna e Silvia.»

Solo a sentir pronunciare il nome di Silvia, Christopher drizzò le spalle e cambiò espressione.
Finalmente, dopo tanto, riusciva a dedicarle delle carezze, senza che questa si ritraesse o si sentisse violata in qualche modo.
La terapia stava portando i suoi frutti e non vedeva l'ora di dedicarsi di più a lei, portando a termine la missione il prima possibile.
Valutò le parole della sua amica e ci riflettè seriamente.

«Lo so. Marcus.»
Becky diede voce ai suoi pensieri.

«Non accetterebbe mai. Dice che abbiamo tutto sotto controllo. Io mi fido di lui, ma se non bastasse?» indirizzò lo sguardo verso un punto indefinito della stanza.

«Io credo che dovremmo prendere in considerazione l'idea.»

Christopher sospirò rassegnato «Teniamo aperta la possibilità, ma non diciamogli niente, per ora.»

Becky annuì «D'accordo.»

Si sentì bussare alla porta, che si aprì subito dopo.
Silvia fece capolino.
«Vi disturbo?»

«No, entra pure. Stavo per andare ad allenarmi.»
Becky fece un cenno col capo in direzione del suo amico e li lasciò soli.

«Ciao» Christopher le diede un bacio delicato sulle labbra.

«Ciao» gli sorrise dolcemente, rilassandosi fra le sue braccia.

«Hai finito presto, oggi.» si lasciò scivolare un riccio fra le dita, seguendolo con lo sguardo, finché non ricadde sul suo petto, ancora pieno d'aria.
Notò i suoi occhi, sorridere felici.
«Che c'è?»

Silvia sorrise dolcemente «Ti amo» si sollevò sulle punte e gli rubò un altro bacio.

Christopher sentì il cuore riempirsi di un milione di emozioni, tutte intense e bellissime. Batteva così forte da sembrare impazzito.
Ogni piccolo dettaglio del viso di Silvia gli sembrò evidenziarsi di una luce abbagliante, tanto da restargli impresso negli occhi, come quando si viene colpiti dal flash di una fotocamera.
Avrebbe visto i suoi lineamenti anche ad occhi chiusi.

Ricambiò i suoi baci dolci e avvolgenti, tenendola stretta a sé.
«Ti amo anch'io.»

Le mani di Silvia scivolarono a intrecciare le dita nei suoi folti capelli, che erano ricresciuti.
Lo tenne incollata alle sue labbra, aumentando l'intensità dei baci.

Si guardarono, e Christopher riconobbe una supplica nel suo sguardo.

Bastò quello scambio di sguardi per capirsi e non vi furono più titubanze.
Si sentì finalmente libero di dimostrarle quanto bramasse le sue mani sul proprio corpo.
Le aprì uno per volta i bottoni della camicetta e con delicatezza le lasciò una scia di baci lungo il collo e sul décolleté.
Le sfiorò l'addome con il dorso delle dita, risalendo fino ai seni.
«La perfezione ha il tuo nome» le sussurrò a fior di labbra, prima di baciarla ancora.
Il respiro si fece più corto, quando anche lei cominciò a liberarlo dei suoi vestiti.

Posò le labbra sul suo petto largo e muscoloso e con molta cura lo accarezzò, prima di ogni bacio.

Il petto di Christopher faceva su e giù allo stesso ritmo del suo cuore, impaziente, ma rispettoso dei suoi tempi.
Non avrebbe mai rischiato di rovinare quel momento così perfetto, così dolce e tanto atteso.
Quando Silvia afferrò la chiusura dei pantaloni, trattenne il respiro.

Tornarono a guardarsi negli occhi, senza distogliere lo sguardo.
Lei aprì la cerniera lentamente, sofferenza e desiderio fecero a botte dentro di lui.
Esalò un respiro, quando lei fece scivolare la sua mano dalle dita affusolate, dentro i pantaloni.
Solo allora, socchiuse gli occhi e si godette i suoi tocchi delicati.

Uno spasmo improvviso la fece trasalire.
«Sono pronta» gli sussurrò ad un orecchio, facendogli venire la pelle d'oca.
Un altro spasmo le premette contro la mano.
Un sorriso si disegnò sui loro volti.

«È impaziente» Christopher si lasciò scappare un accenno di risata.
Una carezza partì dal viso e si insinuó dietro la sua nuca, affondando le dita nei ricci. Prese la sua bocca con avidità.

Silvia mugolò di piacere e sfregò con più decisione la sua erezione.

Chiuse gli occhi e inclinò appena la testa all'indietro.
Quando tornò a guardarla, aveva gli occhi fissi su di lui e teneva il labbro inferiore stretto tra i denti.

«Ora basta giocare» la sollevò fra le braccia e la posò sul letto.
Scalciò via i pantaloni e la raggiunse, insinuandosi con delicatezza tra le sue gambe.
I loro sessi s'incontrano e Christopher sentì di non poter resistere ancora per molto.
Entrò dentro di lei lentamente e, con una dolcezza disarmante la baciò, mentre i movimenti divenivano più concitati.

Silvia si aggrappò alle sue spalle, affondando le unghie nei muscoli tesi.
Sentì il viso prendere fuoco per l'eccitazione e ansimò ad ogni spinta più vigorosa.

Christopher la osservò perdersi in quel piacere ritrovato. Le sue unghie premevano così tanto nella sua carne, che gli avrebbero lasciato i segni per giorni, ma anche questo contribuì a farlo impazzire di desiderio.
Quei segni avrebbero funto da promemoria.

Il ritmo incalzante, portò entrambi al culmine dell'amplesso.
Lui la baciò dolcemente, liberandole il viso dalle ciocche ribelli di capelli.
Si lasciò cadere al suo fianco, tenendola stretta a sé, con un braccio che le cingeva la vita sottile.
Giocherellò col suo piercing.
«Non preoccuparti, non mi sono dimenticato di te» sorrise.

Lei scosse la testa «che scemo.» Si portò una mano sugli occhi e si lasciò andare in una risata in crescendo, che lo contagiò.

Rotolò di lato, portandola con sé e facendo sì che si ritrovasse a cavalcioni.
Si scambiarono uno sguardo profondo, uno di quelli che parlano da sé.
Christopher fece scivolare le mani lungo le sue cosce, poi sui fianchi. Le sfiorò i seni e scese lungo l'addome, fino all'ombelico.
«Sei una dea. La mia dea.»

La serietà nella sua espressione, rese quelle parole ancora più sincere.
Lei avvolse il suo viso con le mani e lo baciò, causandogli una nuova erezione, quando il suo sesso incontrò quello di lui.

Stavolta fu lei a dirigere la situazione.
I capelli ricadevano liberi sulla schiena, piacevoli incentivi.
Si rese conto di non essersi mai sentita così padrona di sé, così desiderata, appagata.
Si lasciò andare completamente, eccitata dal piacere che vedeva illuminare il volto del suo uomo.

L'orgasmo arrivò come uno tsunami, cogliendola di sorpresa. Fremette tutta, avvolta dalle braccia di Christopher, che si era sollevato con la schiena e l'aveva raggiunta per baciarla.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top