33.
🔴 In questo capitolo sono presenti descrizioni di scene di sesso e linguaggio scurrile.
La casa era immersa nel silenzio, in una notte fresca dei primi di ottobre.
I corridoi erano stati sgomberati e chiusi ai più.
Lien aveva appena raggiunto Marcus, che se ne stava seduto a bere una birra con Christopher e Becky, mentre discorrevano di eventuali vacanze che avrebbero fatto, una volta finita quella brutta faccenda.
Si appoggiò allo stipite della porta, sorridendo con dolcezza.
Marcus era diventato un'altra persona da quando si era riunito con suo fratello e la loro amica di sempre.
Sembrava passata una vita, da quando si erano conosciuti alla cava.
Si lasciò rapire da un ricordo.
Era appesa a testa in giù ad una gru, con delle grosse catene, lasciata penzolare nel vuoto, costantemente minacciata di morte.
Marcus, invece, era stato appena trasportato privo di sensi, all'interno della fossa più grande.
Gli uomini di Victor lo accerchiavano, con le armi puntate su di lui.
I polsi e le caviglie, legati con le fascette, avevano iniziato a sanguinare.
Riprese i sensi a suon di calci allo stomaco.
Non riusciva a credere ai propri occhi. L'uomo, nonostante la sua stazza, sembrava ridotto al solo ricordo di ciò che lei credeva fosse stato un tempo.
Incassava ogni colpo, continuando a tenere le labbra sigillate.
Quando fu portata davanti a lui, la fecero mettere in ginocchio, minacciando di spararle se non avesse parlato, ma nessuno dei due cedette.
Per giorni furono torturati e minacciati.
Quando, per l'ennesima volta presero lei, Marcus si decise a interrompere quel massacro.
Incrociò il suo sguardo, il volto livido e gli occhi leggermente a mandorla, aperti a stento.
Sentì la rabbia crescere dentro di sé e odiò Kathleen, come mai nessuno prima di allora.
«Non so dove sia, ma vi aiuterò a trovarla.»
Furono le sue ultime parole da prigioniero, prima di essere bendati e trasportati al bunker di Victor.
Un velo di tristezza le adombrò il volto.
Marcus si accorse della sua presenza e scattò in piedi.
«Ehi, non ti abbiamo sentita arrivare.»
Le rubò un bacio a stampo, prima di trascinarla con sé e farla sedere sulle proprie gambe.
«Ci stavi spiando?» sorrise Becky, porgendole una birra.
Lien ne prese subito un sorso, storcendo il naso.
«Come fate a bere questa roba?» posò la bottiglia sul tavolo «Non volevo interrompere la vostra piccola serata in famiglia.»
Christopher abbozzò un sorriso e sollevò la sua birra, inclinandola verso di lei «Beh, ormai fai anche tu parte di questa famiglia.» Ne prese un sorso e gli altri due lo imitarono.
«Quindi il tuo amichetto ha tutto ciò che occorre per fermare Victor?»
«Così pare. Nicholas è una risorsa preziosa per il gruppo. Anche se non sembrava possibile, alla fine siamo entrati in sintonia.»
«Anch'io non lo credevo possibile, ma quei due ormai sono dei nostri. Non so se il malupino resterà, ma il suo compare non sembra volersi scollare da qui. Per di più, ora si scopa il novellino.»
«Non riesci proprio a trattenerti tu, vero?»
«Marcus non conosce mezze misure.» Christopher lo guardò di sbieco.
«Non ti azzardare a parlare così davanti a Silvia.»
«Oh, povero cucciolo. Hai paura che la tua fidanzatina capisca che in realtà sono solo la tua versione più anziana?»
«Non dire stronzate! Io e te siamo completamente diversi.» istintivamente si voltò a guardare Becky, cercando nei suoi occhi una sorta di conferma.
La bionda alzò le mani.
«Io ne resto fuori.»
«Quindi stai dicendo che siamo uguali?»
«Ehi, non fare la faccia offesa. Non c'è nulla che non vada in me. Tu piuttosto, credevo l'avessi tolta la scopa dal culo.»
Christopher si lanciò su di lui, facendolo cadere dalla sedia.
Lien era riuscita ad alzarsi giusto in tempo e si era portata alle spalle di Becky, che era scoppiata in una grossa risata.
«Ma fanno sempre così?» chiese alla bionda.
«Tutte le volte.» rispose, continuando a ridere a crepapelle, mentre i due si rotolavano sul pavimento, sfidandosi a chi stava sotto per meno tempo.
• • •
«Allora ci aggiorniamo domani mattina.»
Nicholas congedò Michael e si diresse verso la sala controllo.
Era da tutto il giorno che girava nella struttura, raccogliendo ogni pezzo necessario per il piano che avevano ideato.
Mancavano due giorni all'inizio delle danze e sentiva l'ansia crescere dentro di sé.
Forse una distrazione era quello che gli serviva, per alleggerire un po' la tensione.
Aprì la porta, sicuro di trovare Anthony, ma scoprì che qualcun'altro era seduto alla consolle.
«Scusami, cercavo Tony.» il suo sorriso si spense, come la scia di una stella cadente.
«Gli hanno concesso una serata libera.» disse la ragazza che occupava il suo posto.
«Giusto, me n'ero dimenticato. Che stupido. Grazie.»
Finse di esserne al corrente, preso da una strana sensazione di disagio.
«Figurati.»
Le sorrise e richiuse la porta, lasciandola al proprio lavoro.
"Dove sei finito?" si chiese, nella totale ignoranza.
Controllò nella camera di Anthony, ma non vi trovò che un letto in ordine e qualche scartoffia sulla scrivania.
Il suo profumo inebriava ogni angolo di quella stanza, ma della sua presenza nemmeno l'ombra.
Fece un giro per le altre stanze comuni.
Ancora nulla.
Solo quando passò davanti alla grande porta finestra, che dava sulla vasta distesa d'erba, udì dei versi provenire dal retro della casa.
Uscì per controllare.
Un ragazzo, in affanno, cadde ai suoi piedi, interrompendo la sua marcia.
Sollevò lo sguardo e si ritrovò davanti Anthony a torso nudo e in posizione di combattimento.
«Sei qui?» restò impalato, davanti a quello spettacolo «Finalmente ti ho trovato.»
Fece per avvicinarsi, ma lui cambiò direzione.
«Mi sto allenando.»
«Sì beh, volevo parlarti.» quasi ignorò completamente l'altro, che ancora riprendeva fiato, e lo raggiunse.
«Scusa, ma ora sono occupato.» evitò ancora il suo sguardo e asciugò il sudore con un asciugamano.
Lo fece scorrere lungo i pettorali e l'addome scolpito, lasciando Nicholas a bocca aperta.
«Capisco. Ecco io...» si fece più vicino «sono venuto a scusarmi per oggi pomeriggio.» addolcì il tono della voce.
Anthony prese un grosso respiro.
«Puoi andare», disse al povero ragazzo stanco morto, e indossò la maglietta.
«Se sei arrabbiato, lo capisco. Avrei dovuto dirti che avevo un impegno.»
Lui lo lasciò parlare, senza però rivolgergli lo sguardo e continuando a rimettere ordine nel casino che avevano lasciato durante l'allenamento.
«Mi stai ascoltando?»
Nicholas lo afferrò per la t-shirt e lo attirò a sé, facendolo fermare a pochi centimetri dalla sua faccia.
I respiri divennero più profondi e poté sentire il suo fiato sul viso.
«Ho sentito. Ho capito.» scandì.
«Tony, te l'avevo detto che...»
«Che avremmo fatto solo sesso?» lo interruppe «Certo. Me lo ripeti ogni volta. Ma credevo che saremmo stati sinceri, almeno.»
«Infatti è così.»
«Ci hai scopato?» strinse la sua camicia nel pugno.
«Di cosa parli?» Nicholas alzò le mani.
Anthony accennò un sorriso «Guarda che lavoro alla sorveglianza. L'ho visto.» fece un passo indietro «Ho visto che correva via sconvolto.»
Nicholas rilassò le spalle e andò a sedersi su una balla di fieno.
«D'accordo. Vuoi la verità?»
Quando annuì, lui continuò «L'avrei fatto, se avesse voluto. Ma non ne ho mai fatto mistero. Lo sapevi in che situazione ti stavi mettendo.» finalmente i loro sguardi si incrociarono «Stamattina hai evitato la mia domanda con un colpo da maestro.»
Incrociò le braccia, sfidando la resistenza della sua camicia di cotone blu, che a malapena riusciva a contenere la muscolatura elegante.
Anthony fece un grosso respiro.
«Sono problemi miei. Voglio solo saperlo, se ti scopi un altro.»
Lentamente gli si avvicinò.
«Allora perché sparisci e quasi mi mandi al diavolo?»
«Ti sembro sparito?» si chinò su di lui, posando una mano sulla balla, accanto alla coscia, mentre con l'altra afferrò la sua erezione, ben visibile dai pantaloni di taglia slim.
Nicholas rilassò le ginocchia e le gambe si separarono, concedendogli più spazio di manovra.
Sollevò il mento e si lasciò baciare.
«Ero così incazzato che ho voluto vendicarmi.» gli sussurrò in un fiato «Me lo sono scopato.» fece un cenno nella direzione che aveva preso il suo collega.
Nicholas fermò gli occhi nei suoi e mandò giù il rospo.
Non avevano vincoli, ma solo una regola.
Fra di loro ci sarebbe stato solo sesso e toccava a entrambi mantenere la parola data.
La stessa non vietava di avere altre avventure.
Era innamorato di Rob, che non lo corrispondeva ed era preso da Anthony, che forse si stava innamorando di lui.
Tutto sembrava girare nel verso sbagliato e ora, le sue stesse regole lo avevano fregato.
«Ma non è come te. Nessuno lo è mai stato. Vuoi sapere se mi sto innamorando di te?» lo baciò di nuovo «Non te lo dirò mai. Ti basti sapere che è il tuo cazzo che desidero, non quello di un altro.»
Ancora una volta, si inginocchiò davanti a lui, bramando ogni centimetro, ogni spasmo, ogni goccia del suo essere.
Nicholas ansimò, tenendo saldamente la sua testa tra le mani, sentendo scariche di piacere irradiarsi dai lombi.
Quando alzò lo sguardo, per perdersi in quel piacere travolgente, si accorse che non erano più soli.
La loro privacy era stata violata, ma questo non fece altro che far crescere la propria eccitazione.
Rob si era ritrovato lì per caso, dietro una delle finestre del piano superiore.
Senza distogliere lo sguardo, Nicholas ansimava a ogni ripresa, dando spettacolo di sé.
Voleva che continuasse a guardarlo, che lo desiderasse, che sentisse quanto si eccitava, mentre Anthony gli dava piacere.
E Rob non lo deluse.
Quando finalmente arrivò al culmine, gemette, aggrappandosi alla paglia per riuscire a controllarsi.
Solo allora lo vide andare via.
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