25.
«Sei ancora arrabbiato?» Lien si avvicinò a Marcus con cautela e con atteggiamento sottomesso.
Senza rivolgerle neanche uno sguardo, lui continuò a trafficare con il proprio notebook. «Ho molto da fare.»
Quindi lei si fece ancora un po' più vicina, con movimenti silenziosi. «E se non avessimo altre occasioni?» gli sussurrò in un soffio.
Marcus si sentì rabbrividire e finalmente i loro sguardi s'incrociarono. «Solo tu sai farmi sentire eccitato e terrorizzato allo stesso tempo. Non costringermi a legarti qui fino al mio ritorno.»
«Ci risiamo», incrociò le braccia. «Ero venuta in pace, ma tu ti ostini a trattarmi come una damigella in pericolo.»
«E tu continui a dimenticare dove e come ti ho trovata. Non rischierò che accada di nuovo.»
L'espressione di Lien si fece dura. «Quindi non merito la tua stima, nonostante mi abbiano torturata e rinchiusa per farmi parlare, lasciandomi senza cibo e aspettando solo il mio tradimento, che non è mai arrivato?»
Marcus trattenne il respiro a quelle parole. «La mia stima? È di questo che si tratta?»
«Sì», rispose risolutiva.
Marcus si mise in piedi e torreggiò su di lei. «Io ti amo, cazzo!» l'afferrò per le spalle. «Il tuo coraggio mi spaventa. Non voglio rischiare di perderti. È una colpa? Benissimo!» La lasciò andare e si spostò altrove col suo notebook.
Lien alzò gli occhi al cielo e nel farlo intercettò lo sguardo interessato di Nicholas. «So come ti senti», le fece posto accanto a sé.
Per la prima volta, sentì di potersi fidare davvero e lo raggiunse. «Anche tu hai una persona accanto che non ha fiducia in te?»
«Come ha detto, ti ama. È solo spaventato.» Sospirò. «E sì, certe volte questo ci rende iperprotettivi.» Fece correre lo sguardo lontano, in direzione di Rob, e a Lien non sfuggì.
«Lui lo sa?» lo incalzò.
«Sai perché ho creato quel chip?» si sforzò di sorridere. «Vorrei che vivesse sereno, lontano da tutto questo. È in grado di badare a se stesso? Certo. Però ogni volta è un patema d'animo. Perciò sì, ti capisco, ma capisco anche lui.»
Lien lo ringraziò per i suoi consigli. «Credo di avere altro da dirgli.»
Nicholas abbozzò un sorriso, mentre la seguiva con lo sguardo e lei si allontanava.
«Ho hackerato il sistema di sicurezza. A quanto pare non è poi così avanzato.» Marcus indicò il monitor del suo notebook «La verità è che queste cose cambiano di continuo e se non ci si aggiorna, si diventa vulnerabili. Evidentemente, lui non ha le capacità necessarie.»
Nicholas diede un'occhiata ai codici. «Questo sistema ha circa due anni. Due anni, in linguaggio informatico, sono paragonabili ad almeno dieci di quelli normali, se non di più.» Un mezzo sorriso gli illuminò il viso.
Alzò lo sguardo e incrociò quello di Rob, più serio e concentrato. Si ricompose all'istante.
«Questo è il momento giusto per fare irruzione.» Michael si equipaggiò e diede ordini ai suoi uomini. «Andiamo a fargli il culo.»
Lien tirò fuori i suoi coltelli, affilati come rasoi. «Sono pronta.»
Marcus si posizionò subito dietro di lei. «Un minuto in più ed entro a prenderti», ribadì.
Lei lo guardò. Non aveva alcun dubbio sul fatto che fosse serio. Lo baciò senza indugiare. «Non mi aspetterei nulla di meno.» Quando lui le accennò un sorriso, fu pronta a partire.
In un batter d'occhio, sparì dalla loro visuale. Si mosse furtivamente fino all'entrata posteriore della struttura, quella alla quale Marcus aveva disattivato per prima i sistemi di allarme.
Tramite il localizzatore GPS che le avevano posizionato all'interno della canotta, Nicholas poteva seguire i suoi movimenti e sbloccarle tutte le porte.
Marcus e gli altri, invece, la seguivano a ruota, con qualche minuto di ritardo, per darle il tempo di liberare loro la strada.
Lien raggiunse una guardia alle spalle e fece scivolare il coltello lungo il suo collo, eliminandola. La trascinò via e la nascose; poi, con cautela, continuò il suo giro.
Un'altra guardia sorvegliava il perimetro e lei le si avvicinò di soppiatto. «Ps!» Quando l'uomo si voltò a guardarla, lo colpì al volto e, prima che riuscisse a estrarre la pistola dal fodero, gli tagliò la gola. Ancora una volta il sangue scorse caldo e rapido.
«Te ne manca solo uno», la informò Nicholas, tramite l'auricolare che aveva posto nell'orecchio.
Quando arrivò all'angolo opposto, si chinò e si sporse appena. Notò un uomo più grosso degli altri due che aveva già eliminato. Fece un respiro profondo, consapevole che sarebbe stato più duro da battere. Raccolse tutte le sue energie, prese la rincorsa e si lasciò scivolare fino a lui. L'azione lo colse di sorpresa e lei gli riuscì a togliere il sostegno delle gambe.
L'uomo piombò sul sedere ma, con militare prontezza, si rimise in piedi e l'afferrò per la gola. «E tu chi sei?»
Lien lo colpì all'interno dei gomiti e lui perse la presa salda. Lo colpì veloce alle parti basse, poi allo stomaco. Quando fece per dargli un colpo al volto, l'uomo lo parò, restituendole un ceffone. Sentì un forte dolore e subito dopo un sapore di sangue nella bocca. Si chinò e lui provò a farla rialzare, ma senza successo.
Dopo il secondo tentativo, con tutta la forza che aveva, Lien gli conficcò il pugnale sotto il mento. Lui la guardò con occhi sbarrati, incredulo. Era giunta la sua ora ed ebbe giusto il tempo di realizzarlo, prima di crollare senza vita.
Nicholas rimase senza parole.
Aveva seguito la lotta, in apprensione. Con Lien c'era davvero poco da scherzare. Aveva terrorizzato anche lui al loro primo incontro, ma ora, durante quello scontro, si era ritrovato a tifare per lei ed era rimasto col fiato sospeso fino a quando non l'aveva vista vincitrice. «Tutto bene?» le chiese, spezzando il silenzio che l'aveva avvolta.
Lien si ricompose. «Nulla che non vada via con una doccia e una buona dose di riposo.»
«Bene.» Si schiarì la voce. «La porta davanti a te. Devi entrare lì.»
Quando l'aprì, si ritrovò in un lungo corridoio. Dietro di sé, Marcus l'aveva raggiunta con gli altri. Le sollevò il mento per controllare le ferite. La sua guancia iniziava a colorarsi. «Sto bene», lo rassicurò, tenendogli il polso con delicatezza. Marcus serrò la mascella e ingoiò le parole.
«È il momento.» Nicholas li avvertì.
Michael distribuì i visori notturni. «Quando sei pronto», lo aggiornò.
Un suono netto e la luce andò via di colpo.
L'allarme, disattivato dallo stesso Nicholas, non suonò e un disordine generale tenne gli addetti alla sicurezza occupati all'esterno.
Entrarono nella prima porta alla loro sinistra, così da evitare il via vai di agenti.
Approfittarono della confusione e raggiunsero indisturbati il caveau, unico luogo in cui poteva essere stipato il chip. In quel preciso istante, gli agenti erano impegnati a mettere in sicurezza la stanza, ignari della loro intrusione già avvenuta.
«Ottimo piano», un agente si congratulò con Michael.
«Questa era la parte facile. Uscire da qui sarà quella complicata.» Michael tirò fuori l'occorrente per aprire la porta del caveau e ordinò di posizionare l'apparecchiatura. Sarebbe stato un lavoro di squadra, un lavoro certosino, e avrebbero dovuto farlo in un lasso di tempo ristretto o qualcuno si sarebbe presto accorto della loro presenza.
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