22.

«Ho detto che ce la faccio!» sbottò Christopher. Lasciò cadere la stampella e si aggrappò alla sbarra.
Nella stanza calò il silenzio. Silvia fece un passo indietro, imbarazzata, mentre Becky e Jenna s'immobilizzarono.

La mora le guardò e si sforzò di sorridere. «Vado a prendere dell'acqua», si affrettò ad aggiungere.

«Vengo con te.» Jenna la seguì.

Becky fece un grosso respiro e si avvicinò al suo amico. «Voleva solo essere d'aiuto», commentò. Christopher continuò ad arrancare con movimenti goffi, rifiutando anche l'aiuto che lei gli aveva appena offerto. «Non credi di essere stato un po' troppo duro?» sistemò la stampella sul lettino.

«Smettetela di trattarmi tutti come un bambino.» Si sforzò di compiere qualche passo, ma un dolore acuto gli fece perdere l'equilibrio e finì per sbattere contro il lettino per le terapie. «Maledizione!» spinse via tutto con violenza, per poi sedersi sulla sedia a rotelle.

Becky lo raggiunse e con un filo di voce gli disse: «Lei ti ama.» Christopher si rifiutò di ascoltare e si diresse verso la finestra che dava sul giardino, ma non vi era modo di sfuggirle. «Non m'importa se non ne hai voglia, mi ascolterai lo stesso.» Fece ruotare la sedia verso di sé e ribadì: «Ti ama, è la verità. Si capisce da come ti guarda, da come si prende cura di te e, con tutta franchezza, anche da come sopporta i tuoi modi burberi.»

«Mi ama, dici?» annuì con un finto sorriso. «Abbiamo fatto l'amore solo una volta e non mi ha nemmeno più abbracciato da allora. Credevo avessimo fatto dei passi avanti e invece...»

«Ed è proprio così. Però forse è più preoccupata che tu ti riprenda.»

«Andiamo Becky, davvero non riesci a vederlo?» Gli rivolse uno sguardo interrogativo e lui continuò: «Non voleva stare con me, non l'ha mai voluto. Lei non riesce ad accettare quello che sono davvero. E ora che non posso più esserlo, si lascia avvicinare? Adesso le vado bene? Ma certo, ora sono tutto ciò di cui ha bisogno, qualcuno di cui prendersi cura, che non può più fare quella vita, che può solo avere una casa, una moglie, dei bambini; un cane! Insomma tutto quello che per lei è "accettabile" in un uomo. Non certo uno che per campare va in giro a sparare e a "farsi" sparare.»

Jenna si schiarì la voce e attirò la loro attenzione. Si voltarono a guardare le due amiche, ferme sulla soglia.
Silvia deglutì a fatica. Si sentì stringere le viscere e abbozzò un sorriso amaro, un attimo prima di lasciare il bicchiere colmo d'acqua nelle mani di Jenna. «Credo che andrò a riposare» disse con un filo di voce, sfiorando il braccio della sua amica, per poi uscire dalla stanza.

Jenna consegnò il bicchiere alla sua compagna e si rivolse a Christopher: «Certo che sei proprio uno stronzo» disse senza mezzi termini, con uno sguardo rabbioso. Anche lei, come Silvia, girò i tacchi e uscì dalla stanza.
Christopher guardò Becky, fece spallucce e tornò a guardare fuori dalla finestra.

Dopo qualche giorno in cui le cose sembravano aver preso la giusta direzione, si stava ritornando con rapidità verso una situazione di disagio e malessere.
Becky scosse il capo. Ripensò a Micheal in viaggio con Marcus e Lien, in compagnia di nuovi amici di cui nessuno si fidava. Christopher faceva piccoli progressi per quanto riguardava la guarigione, ma stava tornando al punto di partenza sul lato sentimentale e la cosa che più la faceva stare male era che sapeva che tra lui e Silvia c'era qualcosa di importante. Il problema era che nessuno dei due aveva chiarito i propri sentimenti.
Ripensò anche alla propria relazione. Jenna sembrava fin troppo entusiasta delle lezioni con Michael, tanto da non voler rinunciare al suo allenamento giornaliero, chiedendo a lei di allenarla in assenza di suo padre e forse quella nuova vita iniziava a piacerle un po' troppo.

Becky doveva riuscire a gestire tutto e in più preoccuparsi che nessuno scoprisse il loro nascondiglio. Prese un grosso respiro e confessò stanca: «Ci sono tante cose a cui devo pensare. Non ho tempo per le stronzate.» Christopher si voltò di scatto a guardarla e lei incalzò: «Hai capito bene. Queste sono stronzate, e lo sai. Torna a fare l'adulto. C'è bisogno che mi aiuti a risolvere alcuni problemi» battè il bicchiere sul tavolino. «Domani tornerai alla tua postazione, dietro i computer. Ti occuperai della nostra sicurezza» concluse con tono autoritario e pure lei lasciò la stanza.

• • •

«Mi dispiace.» Jenna abbracciò Silvia, che sembrava in uno stato di shock, ma lei si liberò dalla sua stretta e andò a sdraiarsi sul letto, con le ginocchia tirate al petto. «Non ce la faccio a vederti così» Jenna si sedette accanto a lei e le carezzò la spalla.

«Ha ragione» confessò Silvia con un filo di voce.

Jenna fu sorpresa. Difficilmente Silvia si lasciava buttare giù da qualche parola pesante, ma più andavano avanti, più si rendeva conto di quanto i suoi sentimenti stessero mutando nei confronti di Christopher. Tornò a guardarla e prese un grosso respiro prima di chiederle: «Riguardo a cosa?»

La mora si rigirò nel letto e finì faccia a faccia con la sua amica. «Ho sempre provato qualcosa per lui, ma ero bloccata. Non mi piaceva quello che fa per vivere», si mise seduta, «però poi c'è stato l'incidente e...» una lacrima le rigò il viso e l'asciugò prontamente «e ho pensato che forse... forse potevamo essere una coppia normale.» Un'altra lacrima scese giù, seguita da altre ancora. «Se era solo il suo lavoro il problema, allora non ve ne sarebbero più stati.»

Scoppiò in un pianto liberatorio e Jenna la strinse forte fra le braccia. «Tesoro», la cullò, «non hai fatto nulla di male. Questo non ti rende meno meritevole di essere amata. Rinunciare a quella vita è più sicuro anche per se stesso.» La guardò negli occhi e aggiunse: «Cosa c'è di male nel desiderare una vita più sicura per l'uomo che ami?» Scosse il capo e sentì gli occhi incapaci di trattenere ancora le lacrime.

«Ma quello che non sa è che io... » singhiozzò Silvia, «io non credo di poter tornare alla mia vita senza di lui.» Asciugò le lacrime con la manica della maglia. «Sono così stupida.» Alzò gli occhi al cielo per cercare di ricacciare indietro le lacrime che non la smettevano di cadere.

«E tu diglielo», Jenna le carezzò il viso, «abbatti questo muro che hai costruito e non aver paura di sembrare vulnerabile. Non è nel suo momento migliore e sono sicura che non crede davvero a quello che ha detto. Anche lui si sente molto vulnerabile al momento. E per quelli come loro, non è per nulla facile.» L'abbracciò di nuovo. «In ogni caso, io sono qui per te. Sempre.»
Silvia si sforzò di sorridere e si abbracciarono di nuovo.

• • •

Jenna uscì dalla stanza e chiuse la porta alle sue spalle.

«Come sta?» Becky l'abbracciò da dietro.

«Shh. Si è addormentata solo da dieci minuti.» Si rigirò fra le sue braccia e la baciò. «È ferita.»

«Mi dispiace, io... » fece un passo indietro, con espressione mortificata.

Jenna prese il suo viso tra le mani. «Non farlo. Non comportarti come se fossi responsabile per le sue bambinate.»

Il suo sguardo dolce la tranquillizzò. «È che sono in pena per entrambi. Christopher è stato uno stronzo, ma non è da lui comportarsi così. Poi Silvia», indicò la porta, «lei non si merita quelle parole.»

«E cosa vorresti fare? Sono sicura che il tempo aggiusterà le cose.»

Becky le sistemò i capelli dietro un orecchio. «Vorrei essere fiduciosa almeno la metà di te», sorrise. «Ti amo.»

Jenna sentì il cuore sciogliersi e si rese conto di quanto le mancasse la loro intimità.
Erano giorni che crollava stremata a causa degli allenamenti, limitandosi a stretti abbracci e qualche coccola. La sua compagna, con molta pazienza, l'aveva messa a letto più di una volta, dopo averla ritrovata appisolata in vari punti della casa.
Osservò la dolcezza che trapelava dal suo sguardo e si perse nel grigio ipnotico delle sue iridi.

«Cosa c'è?» le sussurrò.

«Oggi non mi sento per niente stanca», sorrise maliziosa, per poi prendere le sue labbra a piccole dosi.

«No?» Becky posò i palmi sul sedere morbido e tondo di Jenna. «Credevo volessi allenarti con me, oggi», la baciò ancora.

Jenna fece una smorfia di disappunto. «Io ho un'idea migliore», riprese a baciarla, lasciando che indietreggiasse fino alla porta di una stanza a pochi passi da quella di Silvia.
La aprì ed entrambe varcarono la soglia, per poi richiuderla alle proprie spalle.
La stanza era una sorta di magazzino che gli altri avevano scelto per riporvi le armi.
Oltre a bauli di varie dimensioni, quasi al centro della stanza c'era un tavolo in legno.
Becky la sollevò, afferrò saldamente le sue cosce e l'adagiò sul tavolo.
Jenna perse ogni controllo, sotto le sue carezze esperte, e si lasciò andare al piacere ritrovato.

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