19.

«Finalmente!» Becky si sedette accanto al letto e afferrò il braccio di Christopher. «Te la sei presa comoda!»

Lui strizzò gli occhi, cercando di mettere a fuoco la stanza, finché riuscì a vedere con chiarezza una Becky sorridente. Poco più in là, c'era Marcus con un'espressione seria, ma allo stesso tempo sollevata. «Dove siamo?» cercò di sollevarsi.

Marcus accorse in suo aiuto. «Piano» sussurrò, facendo forza per metterlo seduto.

«È un posto sicuro, fuori dai nostri elenchi. Ci ha pensato Jenna.» Becky accennò un sorriso.

«Ora si che può entrare ufficialmente nel gruppo.» Fece per ridere, ma sopraggiunse la tosse.

Becky prese il bicchiere con l'acqua e lo aiutò a farne qualche sorso. «Ti sei riposato un bel po'. Avrai la gola arida.»

Christopher finì la sua acqua, poi spostò la mano di Becky. «La mia gamba», cominciò ad agitarsi, «perché non la sento?» Trafficò con le lenzuola, provando a scoprirsi. Ancora poco coordinato nei movimenti, fece saltare l'ago della flebo e il sangue schizzò un po' ovunque.

Becky e Marcus provarono a tranquillizzarlo. «Chris, non ti agitare. La tua gamba è qui, ogni cosa è al proprio posto.»

«No, non lo è!» urlò contro la sua amica. «Se così fosse, la sentirei.»

«Chris!» Suo fratello lo afferrò per le spalle «calmati.» Poi si voltò verso Becky. «Scoprilo.»

Lei lo fece, mostrando la sua gamba fasciata stretta, ma tutta intera. Solo allora cominciò a calmarsi, ma non poté vietare a un'espressione triste di disegnarsi sul suo volto. «Ditemi tutto.»
Evitando di perdere tempo in preamboli, Marcus si sedette e gli spiegò ogni cosa, senza tralasciare alcun dettaglio.
«Quindi sarò solo d'ostacolo?» evitò lo sguardo di entrambi e volse la sua attenzione verso la finestra, di una camera troppo arredata per i suoi gusti. «Perché non mi avete lasciato al quartier generale?»

Becky fece il giro del letto e gli si parò davanti. «Va bene, ora smettila. Noi saremo con te lungo la strada, quindi l'unica soluzione era prenderci un po' di tempo. Con la tua costanza e la tua tenacia, in men che non si dica sarai pronto a tornare.»

«Ma ti ascolti?» le chiese a muso duro, «davvero credi che possa tornare quello di prima? Andiamo, Becky! Ormai sono solo uno storpio. La missione è più grande di noi, non possiamo abbandonarla. Voi non potete abbandonarla. Si tratta del mondo, non di noi.»

Marcus fece un grosso respiro. «Hai superato cose peggiori. Il mondo non ci attenderà, hai ragione, ma noi aspetteremo te. La missione è stata consegnata nelle mani di altri agenti.» Gli altri due si voltarono a guardarlo. «Michael ha ricevuto delle informazioni da qualcuno vicino a Kathleen», aggiunse.

«Nessuno è più addestrato di noi tre insieme», sbottò incredula Becky.

Il maggiore dei fratelli incrociò le braccia. «Lo so. Ce ne occuperemo a tempo debito.»

Becky fece un cenno d'assenso.

«Perché non ora? Mi aspetterete invano. Mi andrà bene se resterò solo zoppo.»

«Chris, non puoi saperlo. Neanche il dottore lo sa.»

«Becky, non la sento nemmeno la fottutissima gamba!» Afferrò le lenzuola nei pugni e strinse forte, quando a causa della sua agitazione sentì una fitta di dolore partire dalla schiena.

«Chris... » sussurrò addolorata, nel vederlo così sofferente.

Un po' alla volta il dolore si affievolì e tornò a mettersi disteso. «Ora lasciatemi da solo», tirò le lenzuola fin sopra le labbra.

Proprio in quel momento, dalla porta stava entrando Michael, seguito da Jenna e Silvia.
Solo per un attimo, i suoi occhi incrociarono quelli di lei. «Andate via. Voglio stare da solo», ripeté alla sua amica.

«D'accordo.» Becky fece segno agli altri di uscire dalla stanza e li seguì. «Sai», si fermò prima di varcare la soglia, «io sono convinta che ce la farai. Devi solo volerlo davvero», concluse, subito prima di chiudere la porta dietro di sé.

• • •

Christopher aprì gli occhi. Aveva impiegato ore per riuscire ad addormentarsi, tormentato dal pensiero di aver rovinato ogni cosa. C'erano pericoli così grossi là fuori, che non potevano essere ignorati.
Come facevano a pensare a lui in un momento del genere? Non solo si sentiva inutile, ma era anche una zavorra che gli altri non potevano permettersi di accollarsi.
Strinse le lenzuola nei pugni e una lacrima scese veloce lungo la tempia. Con il dorso della mano l'asciugò e cercò la leva del letto per poter sollevare lo schienale. Fu solo allora che si accorse di non essere solo.
Deglutì.
Silvia era rannicchiata sulla poltrona accanto alla finestra, poco distante dal suo letto. Coperta da un plaid verde acido, che metteva in risalto i suoi lunghi capelli ricci e neri, dormiva con respiro leggero. La osservò in silenzio per qualche istante, poi sentì una stretta allo stomaco.

Quando Silvia aprì gli occhi e lo trovò a fissarla, si ricompose in quattro e quattr'otto. «Sei sveglio?» si schiarì la voce.

«Cosa ci fai qui?»

Si mise in piedi e prese un vassoio dal piccolo tavolo dietro di sé. «Ti ho portato la colazione, ma dormivi.» Adagiò il vassoio sulle sue gambe.

«Non avresti dovuto disturbarti. Non ho fame.» Rispose atono. «Potevi dormire in camera tua se avevi sonno.»

«Non ho dormito molto bene nell'ultimo periodo. Mi sono solo appisolata.» Si sforzò di sorridere.

«Come ti pare.» Volse lo sguardo altrove. «Porta via tutto.»

Si fece più vicina «dovresti mangiare qualcosa. Almeno prendi del succo.» Sollevò il bicchiere e glielo porse.

«Ho detto che non voglio nulla.» Rispose a muso duro, con un tono così aggressivo che lei battè ripetutamente le palpebre. Ancora una volta, Christopher guardò altrove. «Lasciami solo.»

Silvia riprese il vassoio e con passo incerto si diresse verso la porta, ma si fermò prima di uscire. «Inspiegabilmente, ero molto preoccupata per te. Spero che tu ti riprenda presto.» Senza neanche voltarsi a guardarlo, aprì la porta e uscì dalla stanza, come lui aveva chiesto.

• • •

Silvia posò il vassoio sul tavolo.

«Non ha mangiato nulla?» Becky la raggiunse e lei scosse il capo. «Dice che vuole stare da solo.»

Anche Jenna entrò in cucina. «Ancora nulla?»

«Credevo che Silvia... » cominciò Becky, ma la mora la interruppe. «Ve l'avevo detto. Non è interessato a me. Oltretutto, ora è così demoralizzato che, anche se lo fosse, non sarebbe di sicuro il momento adatto per certi giochetti.» Si rimise in piedi.

Jenna guardò la sua compagna. Era pensierosa e le sembrò titubante. Sapeva che avrebbe avuto qualcosa da aggiungere e non dovette attendere molto, prima di scoprire i suoi pensieri «Ti sbagli», Becky cominciò e Silvia s'irrigidì. «Di sicuro non è nel suo momento migliore, ma tu gli piaci. Te lo posso assicurare.»

«Forse non lo conosci così bene come credi.» Concluse lei, prima di uscire dalla stanza.

«Vado a parlargli.» Becky fece per raggiungere il suo amico, ma Jenna la fermò.
«Credo che sarebbe inutile. Lascia che le cose facciano il proprio corso.»

«Ma lei potrebbe dargli la motivazione giusta per reagire. Anche tu hai notato come si comportano quei due quando sono nella stessa stanza.»

Jenna prese una sedia e si sedette. «Quello che so, è che sono due persone complicate. Tu conosci Christopher, tanto quanto io conosco Silvia. Credi davvero che parlare con lui ora possa risolvere il problema?»
Anche Becky si sedette. Jenna le prese il viso tra le mani. «Tesoro, potrebbe non tornare più alla vita di prima. Lo so che è difficile da accettare. Credi che non abbia visto come cerchi di convincere te stessa, prima che lui, che tutto si risolverà? Prenditi un momento per affrontare ciò che senti.»
La sua espressione compassionevole era qualcosa che Becky non avrebbe mai voluto vedere rivolta a sé. Restò immobile, nel silenzio di quella cucina, illuminata dal sole del mattino. «Sarò qui a sostenerti, quando deciderai di parlarne con me.» Le accennò un sorriso e, dopo averle lasciato un bacio a stampo, uscì dalla stanza.

Poco dopo entrò Marcus, portando con sé un cartone di birra con cinque lattine vuote e diverse cicche. «Ha ragione.» Adagiò il cartone sulla penisola. «E lo sa anche Christopher.»

Becky alzò gli occhi nei suoi. «Mentre tutti voi pensate al peggio, io sarò lì ad attenderlo per la prossima missione.» Si mise in piedi. «Non hai niente di meglio da fare che bere birra scadente, sperando che i pensieri sbiadiscano?» Gli puntò il dito sul petto. «Non hai visto tuo fratello per tanto tempo e il massimo che sai fare è arrenderti a una tragica ipotesi? Dov'è la combattività che hai sempre sfoggiato con orgoglio?»

«Ho visto uomini più valorosi di lui crollare per molto meno. Cerco solo di restare con i piedi per terra. Non ho alcun dio da pregare, ma so che donerei la mia vita, se questo gli assicurasse una completa guarigione.» Gli occhi di Marcus divennero lucidi. «Io questo lavoro non l'ho scelto, lui sì. Tornassi indietro farei tutto ciò che è in mio potere per portarlo su una strada diversa.» L'afferrò per le spalle. «So quanto tutto questo ti faccia stare male. Non sei sola Beka.» La strinse a sé, bloccandola in un abbraccio. «Siete tutto quello che mi resta della mia famiglia.»
Le lacrime scesero senza freni, bagnando le guance di entrambi, stretti in quell'abbraccio dal sapore dolce-amaro.

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