17.

«Chris, siamo qui da due ore, ormai.» Becky parlò attraverso il suo dispositivo, dando un'altra occhiata in giro.

Christopher restò in silenzio, facendole cenno di attendere. Fece un giro su se stesso, per poi scrutare gli angoli più nascosti. Un lieve fruscio ne attirò l'attenzione e la sua mano strinse forte il coltello che aveva sistemato sotto il giubotto. Un rumore di passi che calpestavano i vetri rotti si avvicinò lento, mentre la luce della luna illuminava, poco per volta, una figura imponente che si dirigeva verso di lui. Ancora qualche passo e il volto di Marcus lasciò l'oscurità. Un velo di barba ne ricopriva il viso.

Christopher lasciò d'istinto il coltello e si trattenne a malapena dal fare un passo verso suo fratello. Si guardarono in silenzio, per un istante che sembrò durare più del dovuto.

«Dille di uscire», esordì il maggiore dei due.

Christopher portò in fuori il mento. «Prima mostrami se sei armato.»

Marcus sollevò la maglia e fece un giro su se stesso, allargando l'altro braccio. «Non mi toglierò i pantaloni», aggiunse con un ghigno, «dovrai avvicinarti, per controllare.»

Non finì la frase, che suo fratello gli era a un palmo dal viso e con un piede gli divaricava le gambe, per poter verificare che non nascondesse armi nei pantaloni. Quando fu sicuro che fosse disarmato, premette un tasto sull'auricolare e invitò Becky a raggiungerli.
L'attesa e il silenzio sceso in quello che poco tempo prima era stato il bel locale di Jenna, divenne solenne, quando il passo sicuro della bionda risuonò tra le quattro mura.
«Te l'avevo detto», sussurrò al suo partner, poi si rivolse all'altro «dovresti scusarti.»

«Per cosa? Per averti salvata due volte? O per averti risparmiata una?» accennò un sorriso beffardo.

Becky si avvicinò a gran passo. «Come hai potuto fare questo a tuo fratello!» gli urlò a muso duro e gli puntò una pistola sotto il mento. «E Jenna? Lei non c'entrava niente in tutto questo!»

Marcus guardò Christopher. «Sul serio? Io vengo disarmato e lei porta una pistola?» Con un movimento deciso, le piegò il polso e le strappò la pistola dalla mano, per poi posarla sulla sua fronte. «Se avessi voluto farvi fuori, non sareste qui.» Fece scivolare via il caricatore e lanciò la pistola lontano. «Grazie a me, quel giorno vi hanno lasciati andare. E comunque, la tua ragazza l'hai messa tu in quella situazione.»

«Vaffanculo, Marcus», intervenne suo fratello, puntandogli il dito e tirando Becky per un braccio, verso di sé. «Mi sembra di sentir parlare Kathleen.» La smorfia di disprezzo che aveva stampata sul volto, attirò l'attenzione di Marcus, che in risposta accennò un sorriso.

«Ma guarda, qualcuno sta imparando come si sta fuori dall'ombra di mammina.»

Christopher si lanciò verso di lui e gli sferrò un pugno.

«Ragazzi!» Becky si frappose tra i due «Davvero volete perdere tempo con queste stronzate?» spinse via Christopher e puntò anche lei il dito contro Marcus, poi lo abbassò, senza dire nulla.

«Era ora», aggiunse il maggiore. «Quella donna vi sfrutterà fino all'ultimo e quando non le servirete più, vi butterà via.»

«Dimentichi che anche tu hai lavorato per quella donna», lo incalzò suo fratello.

«A maggior ragione. Per caso si è preoccupata di venirmi a recuperare, in tutto questo tempo?» Ci fu uno scambio di sguardi tra Becky e Christopher, e Marcus rise a quella reazione, attirando di nuovo gli sguardi su di sé. «In fondo non è neanche colpa sua», fece spallucce e sollevò l'indice per indicare il soffitto, «quelli dei piani alti decidono, lei obbedisce. Le interessa solo scalare la vetta.»

«Se lei arriva in alto, per noi ci saranno solo cose migliori», aggiunse Christopher, con voce incerta.

Suo fratello rise ancora. «Nemmeno tu ci credi davvero.» Seguì un lungo momento di silenzio.

«D'accordo», Becky si grattò la nuca, «sei venuto solo per deridere le nostre scelte o avevi anche qualcosa da dirci?»

«Volevo mettervi in guardia», incrociò le braccia.

«Da chi, esattamente?» chiese Christopher, mentre si avvicinava ancora ai due. «Dovremmo fidarci di chi ci ha abbandonati? Per ben due volte.»

«Abbandonati?» Un sorriso amaro si disegnò sulle sue labbra.

«Sì, stronzo!» di nuovo inveì minaccioso «Becky aveva una pallottola nel torace e io ero ferito in più punti. Ci hai lasciati a morire!» gli afferrò la maglia in un pugno, «e in quel posto di merda, te ne sei andato per una donna. Quindi non dirmi di uscire dall'ombra di mammina, quando tu sei attaccato a una gonnella.»

Repentino, Marcus cambiò espressione. Si liberò dalla sua presa e lo spinse via. Trattenne un pugno, come non era riuscito di fare a suo fratello.

«Ragazzi, basta!» intervenne di nuovo, Becky.

Marcus fece due passi per calmarsi, poi tornò all'attacco, come un leone in gabbia.
«Tu non hai idea di come sia stato per me! Credi che sia stato facile lasciarvi lì?» strinse i pugni «mi sono fatto catturare per salvarvi la vita. Lo capisci?»

«Oh, scusami se non l'ho capito prima. Non mi sembra che tu abbia cercato di tornare a casa, però. Ti è piaciuto stare con loro, a quanto pare. Ti sei ambientato alla perfezione. Non dimenticherò mai lo sguardo che avevi quando ci hai minacciati.»

«Dovevo farlo, o non sareste tornati indietro.» Christopher scosse la testa in cerca delle parole, che iniziavano a scarseggiare. Suo fratello continuò. «Non potevo tornare. Non dopo quello che era successo», confessò a capo basso.

Becky tornò ad avvicinarsi «a cosa ti riferisci?»

«Lien» si passò una mano sul volto, poi alzò lo sguardo al cielo, prima di rivolgerlo verso di loro «non sono l'unico che Kathleen ha lasciato indietro.»

«Lien? Era lei la ragazza della stanza col giardino?» lo incalzò Becky.

«Era un'infiltrata. Una delle spie di Kathleen. In qualche modo l'hanno scoperta. Kathleen avrebbe dovuto mandare una squadra a recuperarla, ma non è mai arrivato nessuno.» Si sedette sul bancone mezzo distrutto. «Appena arrivato, mi hanno torturato per saperne di più su di lei e sui piani del capo dell'organizzazione.»

«Non mi sembrava fossi loro ostaggio.»

«Non lo sono più da quando ho giurato vendetta. Io e Lien abbiamo condiviso una cella.» Scosse ancora il capo, per cercare di liberarsi di quei dolorosi ricordi.

«Quindi perché siamo qui?» continuò Becky.

Marcus fece un balzo e finì a pochi passi dai due. «Ci hanno divisi. Me l'hanno portata via e voglio riprendermela. Non posso permettere che le facciano ancora del male.»

Il suo sguardo feroce fece salire i brividi lungo la schiena di Becky, che trattenne il fiato a quelle parole. Questa volta era lei a comprendere lui, perché avrebbe fatto di tutto per riprendersi Jenna, se qualcuno gliel'avesse portata via. «Vuoi che ti aiutiamo, ma non ti ha sfiorato il pensiero di chiedercelo per favore?» Iniziò a mostrare segno di cedimento.

Christopher, al contrario, no. «Chi ci dice che non è una trappola?»

«Io! Tuo fratello», si alterò.
Christopher accennò un sorriso, soddisfatto di quella reazione.

«D'accordo», intervenne Becky, «vieni con noi e prepareremo un piano di recupero.»

«Cosa?» Christopher si accigliò, mentre Marcus rispose con un secco "no".

«Faresti lo stesso al suo posto.» Becky liquidò il suo partner. «No?», chiese all'altro.

«Mi vendicherò, prima o poi. Il giorno che avrò Kathleen davanti ai miei occhi, le farò sputare ogni verità, anche con la forza.» Guardò suo fratello «me ne sbatto se è ancora la tua donna.»

«Ci stai chiedendo di commettere tradimento?»

«Chiediti chi è stato il primo a tradire.»

Di nuovo un lungo silenzio calò sui tre.

• • •

Christopher aveva lasciato Becky con Jenna e si stava dirigendo verso la sala riunioni.
Un via vai di agenti addestrati riempiva i corridoi di quella nuova base, organizzata alla perfezione dalla sicurezza maniacale di Kathleen. Le parole di Marcus continuavano a ronzargli nella testa. Kathleen aveva davvero lasciato indietro così tante persone? Di quante altre cose era all'oscuro?
Si chiese anche se suo fratello avesse detto tutta la verità. Poteva ancora fidarsi di lui?

Tra una domanda e l'altra, la sua attenzione fu rapita da una risata che aveva sentito poche volte, ma che aveva imparato a riconoscere nella sua unicità. Da una delle stanze degli armamenti, uscivano Silvia e Luca, trasportando con nonchalance equipaggiamenti per gli agenti, tra i quali anche delle bombe a mano. Si affrettò a sottrarre la cassa dalle mani di Silvia, che venne colta di sorpresa. «Sei tornato?» sussurrò, sovrastata dalla voce di lui.

«Siete stupidi, o cosa?» rivolse un'occhiataccia in direzione di Luca. «Credi sia saggio farle trasportare delle armi così sensibili?»

«Calmati, amico. È per questo che esistono le sicure.»

«Non sono tuo amico.» Lasciò la cassa sul pavimento «tu vieni con me» si rivolse a lei, facendole segno di seguirlo.

«Ehi! Non è il tuo cagnolino.» Anche Luca mise giù la sua cassa, per affrontarlo a muso duro.

Silvia lo fermò, prima che potesse nascere una rissa, riconoscendo quanto si disprezzassero a vicenda. «Tu vai avanti. Torno subito», disse con gentilezza, nel fargli una carezza al braccio.
Christopher serrò la mascella e distolse lo sguardo.
«Dove andiamo?» gli chiese, nel silenzio che li aveva avvolti, mentre a fatica riusciva a tenere il passo.

Christopher si fermò all'improvviso e lei andò a sbattere contro la sua schiena. «La situazione là fuori non è per nulla migliorata. Preferirei che restassi qui ancora un po'. Al sicuro.» Iniziò, senza neanche voltarsi a guardarla.

«Beh, non è che abbia molta scelta», rispose rassegnata.

«Io e Becky staremo via per un po'», questa volta la guardò negli occhi.

«Cosa vuol dire che andrete via per
un po'?» si portò una mano sul petto. «Ci lascerete qui?»

«Tu resterai qui. Come ho detto, al sicuro.»

«Jenna verrà con voi?»

Christopher fece un cenno d'assenso «Viaggerà con Michael. Appena le cose torneranno al loro posto, ti lasceremo tornare a casa.»

«Scordatelo!» Incrociò le braccia. «Io seguirò Jenna. Non la lascerò più nelle vostre mani.»

«Qui possono proteggerti. Inoltre, mi sembrava di averti visto fare amicizia», concluse pungente.

Silvia drizzò la schiena e corrugò la fronte «Davvero? È così che te la vuoi giocare?»
Restarono in silenzio per qualche istante, guardandosi negli occhi. Sentì il battito accelerare e il respiro riempire veloce i polmoni, ma allo stesso tempo si sentiva mancare il fiato. Christopher non aveva aggiunto più nulla e, stanca della sua indecisione, a gran passo andò verso la sua stanza.

Lui la seguì. «Silvia», aprì la porta che lei aveva appena sbattuto. «Silvia!» la prese per il gomito e la fece girare su se stessa.

I lunghi capelli ricci le sferzarono il viso.
«Lasciami in pace.» Gli diede una spinta e lui finì contro la scrivania. Un foglio volante cadde sul pavimento e il viso di Silvia s'infuocò. La situazione le provocò un déjà vu.

Christopher la guardò perplesso, poi seguì il suo sguardo, fisso sul pavimento. Sentì una morsa allo stomaco. «Come hai questa foto?» la raccolse, senza darle troppa attenzione, e la sventolò nella sua direzione.

Silvia abbassò lo sguardo sulle scarpe, come suo solito, e strinse le mani. «Hai frugato tra le mie cose?» continuò lui.

Scosse il capo, di risposta. «Non avevo intenzione di farlo. Quando ci hanno attaccati, l'ho messa in tasca, nella fretta di scappare via. Non ci ho pensato.»

«È una vecchia foto», continuò lui, «non la vedevo da anni.» La posò sulla scrivania.

Nonostante fosse sorpresa dalla sua reazione, si sforzò di mostrarsi impassibile. «È tua, riprenditela.»

Christopher accennò un sorriso. «Non lo è più.» Silvia alzò gli occhi nei suoi. Lo vedeva accennarle un sorriso per la prima volta e non riusciva a decifrare la sua reazione. Non le sembrava che ci fosse qualcosa per cui sorridere. Quando fece per avvicinarsi, lei indietreggiò di un passo e subito dopo si morse il labbro. «Ora devo andare.» Christopher si aggiustò il colletto della camicia e aprì la porta.

Silvia lo raggiunse e posò la mano sul suo braccio massiccio. «Non lasciatemi qui. Fatemi stare con Jenna, per favore.» Il suo sguardo supplicante lo fece vacillare. Non era la prima volta che provava quella sensazione. Tutto gli sembrò ruotare intorno a gran velocità, con Silvia come unico punto fermo. Ogni cosa di lei gli faceva provare sensazioni nuove, inesplorate.
Calò lo sguardo sulla mano che gli cingeva il bicipite, trovando le sue dita delicate e piccole, al confronto.
Portava degli anelli sottilissimi su tutte le dita di quella mano, che le conferivano una linea elegante. Le unghie curate, ma senza smalto. Il paragone con Kathleen gli venne spontaneo. La bionda portava sempre uno smalto rosso vino sulle unghie lunghe ed era sempre truccata, anche se con colori neutri.
Alzò di nuovo lo sguardo sul viso di Silvia, per ricordare a se stesso quanto fosse bella lei, invece, senza neanche un filo di trucco.
Sentì un vuoto allo stomaco, che lo turbò. Non gli era mai successo prima.

Lei continuava a fissarlo, in attesa della sua risposta, con uno sguardo speranzoso e il fiato sospeso. Ancora una volta le sue guance si colorarono appena e ritirò la mano, facendola scivolare con lentezza. «Ho capito», s'intristì.

«Sicura di voler venire? Non desideravi essere lasciata fuori da queste cose?»

«Voglio solo stare con la mia amica», si piegò nelle spalle.

«Va bene», concluse Christopher, prima di aprire la porta e fare un passo verso l'esterno. «Fai le valigie. Partiamo tra un'ora.»

• • •

Il gruppo guidato da Christopher e Becky aveva appena lasciato la base, rinunciando così a ogni sorta di protezione da parte dell'organizzazione.
Kathleen aveva tentato invano di fargli cambiare idea, argomentando la sua tesi come solo lei sapeva fare. Ma Christopher aveva già deciso e a niente era servito opporsi, se non a farla sentire così piccola da desiderare di essersi morsa la lingua.
Con lo sguardo fisso sulla cartellina che aveva aperta davanti e la penna puntata sulla prima pagina, attendeva i capi in sala riunioni. Avrebbe dovuto dare molte spiegazioni e fornire un ottimo piano alternativo, che rimpiazzasse Christopher e Becky, missione per niente facile.
Puntò con più forza la penna sul foglio.

«Posso?» il sempre presente Luca, le versò dell'acqua nel bicchiere, distraendola dai suoi pensieri. Kathleen annuì e accennò un sorriso di cortesia. Luca ripose la caraffa sul tavolo e prese una delle poltroncine in pelle.
«Non devi essere preoccupata. Hai sempre fatto tutto il possibile per tenere in piedi l'organizzazione. Nonostante tutte le situazioni di pericolo in cui ci hanno messo.» Indicò la cartellina col nuovo programma «chi avrebbe potuto riscriverlo in così poco tempo, se non tu?» le sorrise.

Kathleen capì cosa stesse cercando di fare Luca e lo apprezzò, anche se rimase col timore di perdere il proprio posto a capo del gruppo armato, dopo aver visto crollare ogni progetto ambizioso che per anni aveva costruito. La cosa peggiore? Aver rinunciato a Christopher per la propria ambizione e veder svanire ogni cosa.

La porta si aprì e gli ospiti attesi, entrarono. Luca balzò dalla sedia e tornò al proprio posto, alle spalle di Kathleen.

Albert McRaw, presidente dell'organizzazione, rimase in piedi, mentre gli altri presero posto. Il suo sguardo duro e impassibile inquietava tutti. Attese che anche l'ultimo di loro fosse seduto e si decise a parlare. «Questa riunione era davvero necessaria?»

Kathleen si mise in piedi. «Signore, il piano è cambiato. Ne ho preparato uno nuovo», indicò le cartelline che ognuno di loro aveva nella propria postazione. «Se mi permette, vorrei illustrarlo a tutti», sorrise cortese ai presenti.

«Signorina Patterson, il problema non era riscrivere il piano», si fece portare un faldone dalla sua assistente e lo lasciò cadere sul tavolo, producendo un forte rumore. «Quei due traditori ci sono costati un occhio della testa. Li abbiamo protetti, e per cosa? Questo fascicolo sarà il mattone malandato che causerà il crollo della sua scala. Crede di poter gestire un'intera attività, se non riesce a gestire neanche due agenti?» Finalmente si sedette.

Kathleen aggiustò la giacca del tailleur e, senza scomporsi, si avvicinò alla lavagna interattiva per spiegare il nuovo piano che aveva studiato. «Come ho sempre fatto, a differenza di molti altri, mi prenderò le mie responsabilità. Spero che tutti tengano conto del fatto che i miei piani sono sempre riusciti, eccetto una sola volta.» Si voltò a guardare la stanza piena di occhi giudicanti «non mi avete permesso di recuperare un agente fondamentale per il mio gruppo e questi si è trasformato nel vostro più grande problema. Quel mattone rovinato, farà crollare tutta la struttura che sorregge questa attività», concluse, con l'unica espressione che le riusciva sempre bene, fiera e pungente. «Ora, se non vi dispiace, vorrei finire il lavoro per il quale sono pagata.»

Il presidente, svogliatamente, aprì la cartellina che aveva davanti e, prima ancora di osservarne con attenzione il contenuto, la interruppe ancora. «Dal momento che i suoi due migliori agenti ci hanno voltato le spalle, possiamo sapere a chi ha intenzione di affidare il compito?»
Un brusio si sollevò nella stanza.

«A me», s'intromise Luca. «Lo affiderà a me.» Incrociò lo sguardo sorpreso di Kathleen e le fece un cenno d'assenso.
I presenti si zittirono.

Kathleen si fece coraggio e portò a termine la riunione, ottenendo l'approvazione di tutti, come ogni volta. Il presidente, l'unico ancora scettico, l'avvertì che non avrebbe avuto altre occasioni, qualora avesse fallito.
Non le restò che rassicurarlo e accompagnare tutti all'uscita.

«Non è andata così male, giusto?» Luca le si avvicinò soddisfatto.

Kathleen esitò un istante. «Perché lo hai fatto?» strinse i pugni.

Lui aggrottò la fronte «come?»

Kathleen si voltò per guardarlo in faccia. «Perché ti sei intromesso?» La sua espressione dura lo costrinse a fare un passo indietro. «Sei la mia guardia personale, non un agente come gli altri.»

«Sei consapevole del fatto che non c'è nessun altro più qualificato di me per questo lavoro. Negherò di averlo detto, ma nessuno è all'altezza di quelle due mezze calzette.» Tornò ad avvicinarsi a lei «e in tre erano anche meglio», ammise. «È vero? È vero che sono stati loro a impedirti di recuperarlo?»

Kathleen rilassò il viso e si diede un tono «Pensa a fare il tuo lavoro. Io ho da fare il mio.» Lo superò, per dirigersi nel suo ufficio.

«Non trattarmi come se non ti conoscessi da sempre.» Kathleen si bloccò. «Lo sai, sai che non puoi ferirmi con queste parole. Non dopo tutto quello che ho sopportato per starti accanto. Ma io non andrò via.»

Kathleen strinse ancora una volta i pugni e, senza rivolgergli neanche lo sguardo, lo lasciò.

• • •

Christopher aveva indicato la direzione agli altri, che andavano a sistemarsi per la notte.
La casa dove si sarebbero recati, era la sua vecchia casa di famiglia.
Mentre si apprestavano a mettere del cibo sotto i denti, lui era andato a prelevare Marcus, che lo attendeva al locale di Jenna.

Dopo così tanto tempo lontani, condividevano di nuovo lo spazio angusto di un'auto. Christopher guidava, senza distogliere lo sguardo dalla strada, e Marcus trafficava col suo portatile.
Il tragitto era lungo e il silenzio iniziava a farsi pesante. Christopher allungò la mano verso lo stereo e l'accese.
Marcus lo guardò, sospirò e lo spense, sotto lo sguardo interdetto di suo fratello.
Christopher lo riaccese e lui tornò a spegnerlo. Così avanti per altre due volte. Poi Marcus, stufo, chiuse il portatile.
«D'accordo. Parliamo.»

«Non ho niente da dirti», strinse le mani intorno al volante, «e non ho voglia di ascoltare le tue storielle.»

Marcus si portò una sigaretta tra le labbra e prese l'accendino.

Christopher gliela tirò via e la buttò dal finestrino. «Ecco la prima regola. Non si fuma in auto e non si fuma in casa.»

Intanto Marcus era rimasto con l'accendino tra le mani, a mezz'aria. «E da quando?»

«Da quando sto cercando di smettere.»

«Tu cosa?» suo fratello scoppiò a ridere «Porca puttana, fratellino», scosse la testa, «anche questo ti ha costretto a fare?»

«Nessuno mi ha mai costretto a fare un cazzo! E non chiamarmi fratellino.»

Marcus si ricompose. «E allora come? Capo?» sogghignò.

«Solo Christopher. Anzi, non chiamarmi affatto.»

«Prima o poi te la toglierai quella scopa dal culo, oppure fingiamo che ti sia spuntata una coda?» sorrise beffardo.

Christopher gli rivolse un'occhiataccia. «Seconda regola. Vedi di evitare certe parole, quando saremo con gli altri.»

«Sì, signore.» Finse un inchino e riprese il portatile, continuando a sorridere sotto i baffi.
Il silenzio li avrebbe poi accompagnati per tutto il resto del viaggio.

• • •

Erano le quattro del mattino e gli altri dormivano. Christopher gli fece strada e, di soppiatto, entrarono con i borsoni, che lasciarono all'ingresso.
Marcus aveva portato con sé un bel po' di armi e strumentazioni elettroniche. Nessuno dei due fratelli l'avrebbe mai ammesso, ma erano più simili di quanto immaginassero. Si diressero in cucina, nella speranza che gli altri avessero lasciato qualcosa da mangiare.
Nella penombra data dalla luce della luna che filtrava dalle finestre, Christopher intravide una figura muoversi incerta. Afferrò la pistola e Marcus, che fece lo stesso, lasciò scorrere il carrello lungo la canna. La figura nell'ombra si bloccò e lui accese la luce.
D'istinto si spostò davanti all'arma che suo fratello aveva fra le mani. «Sei tu?» Immediatamente mise via la sua pistola e intimò suo fratello a fare lo stesso.
Silvia si accigliò. «Cosa ci facevi al buio?» Il tono della sua voce era diventato più morbido.

«Non riuscivo a dormire, così sono venuta a cercare dei crackers.» Si spostò i capelli da un lato.

Marcus lo affiancò e Silvia s'irrigidì. «Lui è Marcus», fece un cenno nella sua direzione.

«Il fratello maggiore. Piacere di conoscerti.» La salutò.

Lei fece un cenno d'assenso. «Meglio che vada. Proverò a riposare ancora un po', prima di partire.» Lasciò la cucina e si diresse al piano di sopra.

«Ora capisco.» Christopher si voltò di scatto.
«È la tua ragazza?» sorrise.

«A te cosa importa?»

«Hanno reclutato nuovi agenti?»

«Non è una di noi.» Anche lui lasciò la cucina, e Marcus lo seguì.

«Ti sei innamorato di una civile?»

Christopher lo afferrò per un braccio e lo allontanò dalla scala. «Ma che dici? Chiudi quella bocca del cazzo!» gli urlò tra i denti, assicurandosi che nessuno l'avesse sentito. «Senti, se vuoi che ti aiutiamo a recuperare la tua ragazza, smettila di impicciarti di ogni cosa.» Gli diede uno spintone.

Tutto d'un tratto Marcus tornò serio. Tirò fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca e ne portò una alla bocca. Con sguardo di sfida l'accese ed esalò il fumo in direzione di suo fratello. «Non dovevo lasciarvi soli. Avete entrambi perso la testa.»

Christopher serrò la mascella, gli sfilò la sigaretta dalle mani e la spense contro la parete. «Ho detto che non si fuma in casa.» La posò sulla piccola scrivania in legno e prese le scale per salire al piano di sopra.

° ° °

Michael si era messo di nuovo alla guida del blindato, mentre il resto del gruppo trasportava le attrezzature da caricare sul veicolo. Una volta saliti a bordo, si diressero verso il luogo in cui avevano spostato Lien.
Marcus aveva seguito gli agenti di Victor e si era assicurato che la situazione fosse stabile.
Christopher e Becky, invece, avevano chiesto a Michael di portare al sicuro Jenna e Silvia fino al loro ritorno, dopo averli lasciati lì.
Si stavano avvicinando alla villetta privata, dove Lien era stata trascinata, priva di conoscenza e ferita. Marcus sentiva la rabbia divorargli le viscere e stringeva il fucile d'assalto nelle mani.
Christopher lanciò un'occhiata nella sua direzione.

«Non lasciatevi ingannare dall'apparenza», esordì il maggiore, «quella villetta nasconde molte insidie. Il livello di sicurezza è altissimo.» Inserì tre lame sotto i pantaloni «sono preparati al peggio. Sanno che sarei venuto a cercarla.»

Uno scambio di sguardi circolò fra gli altri.
«Nessuno di noi è venuto a cuor leggero. Vedi di ricordarti cosa stiamo facendo per te» concluse Christopher, equipaggiandosi di armi e intento a indicare a Michael un luogo ben nascosto.

«Resta sempre con Michael» Becky baciò Jenna «ti amo.»

«Ti amo anch'io.» La sua dolce metà le carezzò il viso. «Torna tutta intera.» Le diede un altro bacio, più profondo e lungo.
Posò la sua fronte su quella di lei e le sfiorò la punta del naso col suo «se ci metterai troppo, verrò a cercarti io stessa.»

Becky sorrise, baciandola ancora, mentre Marcus e Christopher erano già usciti dal blindato e Michael si apprestava a ripartire con le due ragazze.

Silvia si avvicinò al finestrino e incrociò lo sguardo con Christopher, che si era appena voltato in direzione del veicolo. Sentì un vuoto allo stomaco. "In bocca al lupo" pensò, provando una strana sensazione di paura e tristezza.

Jenna le posò una mano sulla spalla e i due distolsero lo sguardo all'unisono. «Vedrai, andrà tutto bene», la rassicurò l'amica.

Perché ora si preoccupava per lui? Tornò a guardare fuori dal finestrino. Era quello che faceva per vivere, no? L'aveva già fatto tantissime volte. E poi lei aveva altro di cui preoccuparsi, non poteva certo perdere tempo a pensare ai suoi guai, che non la riguardavano. Si lasciò cadere sul sedile, presa da quei pensieri che diventavano sempre più frequenti.
Proprio mentre Michael riavviava il motore, un boato riecheggiò nell'aria. Tutti si guardarono terrorizzati. Michael premette l'acceleratore, costeggiando pericolosamente la villetta, dalla quale si sollevava una grossa nube di fumo denso.
«Michael?» lo scosse Jenna. «Dobbiamo aiutarli.»
L'uomo guardò le due ragazze e ripensò alle parole di Becky. Accelerò ancora e sterzò, per allontanarsi di tutta fretta dal luogo, ormai divenuto un campo di battaglia.

«Cosa fai?» gli gridò la rossa, aggrappandosi al sediolino per non cadere.

«Quello che ho promesso. Credi che io sia felice di lasciare mia figlia? Ma lei se la sa cavare anche da sola.»

«Non ci posso credere.» Jenna continuò a sbraitare. «Non sappiamo quanti agenti ci sono, né se la ragazza è ancora lì. A me sembra solo una trappola e tu li stai lasciando a morire!» esclamò furiosa.

Quando si furono allontanati abbastanza, Michael inchiodò. «Ragazzina, se vuoi fare questa vita devi imparare a prendere decisioni difficili. Le ho giurato che ti avrei tenuta al sicuro, e sto mantenendo la mia promessa», le rivolse uno sguardo duro. «Manderò dei rinforzi. Tornare indietro metterà solo a rischio anche le nostre vite.»
Rimise in moto il blindato e continuò il suo cammino.

• • •

«Te l'avevo detto!» esclamò Christopher, tirando Becky giù con sé, per proteggersi dagli spari. «Sapevo che non c'era da fidarsi.»

Becky caricò il suo fucile e fece capolino dal recinto in muratura «stanno arrivando.» Si nascose di nuovo. «È Marcus. Credi che io non lo sapessi?»

«Becky, andiamo! Davvero avevi pensato a un ordigno di quella portata?» lasciò il fucile, ormai scarico, e afferrò le sue pistole a due mani. «Come avrà fatto a procurarselo?» Scosse il capo e ripensò a come Marcus gli fosse parso così tranquillo.

Becky si piegò nelle spalle. «È davvero così importante che tu lo sappia? Concentriamoci sugli altri. L'obiettivo di Marcus sappiamo qual è. Non si fermerà davanti a nulla.»

Degli spari li raggiunsero, sferzando nell'aria a pochi centimetri dalle loro teste.
I due si rialzarono e cominciarono a sparare all'impazzata. Era incredibile la quantità di agenti inviati a sorvegliare Lien. Becky rotolò di lato e si nascose dietro un auto, raggiunta da vari proiettili, sparati a raffica.
Caricò ancora il fucile, pregando che le munizioni bastassero. Si alzò e sparò ancora in direzione degli agenti che si avvicinavano. Accovacciata, si diresse verso l'entrata, cercando riparo ovunque potesse.
Christopher la seguì appena ebbe messo a tappeto gli agenti che gli restavano tra i piedi, separandolo da Becky di qualche metro. Quando furono di nuovo insieme, entrarono nella villa da una porta laterale, liberandola dall'agente di guardia.

Marcus aveva una pistola in una mano e un coltello nell'altra e camminava in punta di piedi nel corridoio corredato di porte. Ne aprì una e vi entrò, inserendo prima la mano con la pistola. All'interno vi trovò diversi monitor per la videosorveglianza, che riprendevano ogni angolo dell'abitazione. In uno di quelli in basso, intravide suo fratello e Becky. «Maledizione», sussurrò. Prima che l'agente di guardia li vedesse, lo attaccò alle spalle, tagliandogli la gola per impedirgli di avvisare i due colleghi, che vennero attaccati a loro volta da Christopher e Becky.
Sul suo viso si evidenziò un accenno di sorriso, che cambiò rapidamente quando venne colpito alla schiena dal calcio di un fucile. Assorbì il colpo senza drammi e quando si voltò, spinse via l'agente. Lo raggiunse con due falcate e lo sollevò per il giubbotto. «Avresti dovuto spararmi.» Colpì più volte la sua faccia spaventata, poi lo strattonò con forza. «Dov'è? Non farmi perdere altro tempo o sarà peggio per voi.»
L'uomo scosse il capo e cercò di divincolarsi, ma senza successo. Marcus lo colpì ancora. «Dimmi dove l'avete nascosta e ti lascerò andare.»

«Non lo farai comunque.» L'uomo rise incontrollato. «Non uscirete vivi da qui», continuò a ridere.

Marcus non si scompose. «Neanche tu», concluse risoluto. Gli strinse le mani intorno al collo e premette finché questi non smise di respirare. Lasciò scivolare il corpo senza vita sul pavimento freddo e fece un grosso respiro. «Ti avrei davvero lasciato andare», disse fra sé e uscì dalla stanza, dedicandogli un ultimo sguardo. Continuò a controllare ogni stanza.
La villetta sembrava più piccola dall'esterno, mentre all'interno era strutturata in modo tale da non lasciar capire a nessuno come percorrerla. C'erano porte che davano all'esterno e porte che sbucavano davanti a un muro. Altre aprivano la strada su corridoi che non avevano uscite.
Dopo sette porte, di cui due che conducevano in stanze vuote, finalmente riuscì a ricongiungersi con suo fratello e la loro amica di sempre.

«Non l'hai ancora trovata?» chiese Becky in affanno.

Marcus scosse la testa. «Questo posto è un cazzo di labirinto!» Diede un pugno al muro e drizzò le orecchie. «Avete sentito?»

Becky e Christopher lo guardarono perplessi. «Sentito cosa?» chiese la bionda.

Marcus bussò alla parete e vi posò l'orecchio. Qualcuno dall'altra parte gli rispose bussando a sua volta. Drizzò la schiena e li guardò. «Ora l'avete sentito?»

I due fecero un cenno d'assenso e Marcus si lanciò alla ricerca di qualcosa con cui poter colpire il muro.

Christopher utilizzò il codice morse per comunicare con chiunque ci fosse dall'altro lato. «Sbrigati!» gridò a suo fratello. «Dice che stanno per tornare.»

Marcus riaprì le porte, ma la ricerca era estenuante. Non c'era nulla che potesse essere utile allo scopo. «Stai indietro», avvisò infine suo fratello.

«Cosa vuoi fare?» gli chiesero perplessi gli altri due.

Marcus si levò la maglia e la strappò, avvolgendo i pezzi di stoffa intorno alle sue mani. Caricò e cominciò a prendere a pugni il muro.

«È cartongesso!» s'illuminò il minore. Imitò suo fratello e lo aiutò a buttare giù la parete.

Marcus si bloccò per un istante a osservarlo, sorpreso che lo seguisse nella sua pazzia.
Accennò un sorriso.

«Cos'hai da guardare?» chiese Christopher.

Marcus ricominciò a colpire. «Grazie, fratello.»

«Sì, beh, qualunque fosse il mio debito nei tuoi confronti, ritienilo ripagato con questo.»

Becky li osservò lavorare fianco a fianco, felice che le cose stessero tornando al loro posto. Si avvicinò e li aiutò, staccando i pezzi di parete che si rompevano man mano.

Finalmente s'intravedeva l'altro lato. Si fecero strada tra i detriti e riuscirono a entrare nella stanza. Ad attenderli, un gruppo di cinque uomini armati, due dei quali tenevano Lien per le braccia, imbavagliata e con i polsi e le caviglie legate.
Sul suo viso, un segno violaceo era evidente sotto l'occhio destro.
Marcus strinse i pugni doloranti e faticò a respirare.
Appena Lien riuscì a vederlo, cercò di liberarsi, ma uno di quegli uomini la colpì alle gambe con un manganello.
«Non toccarla, stronzo!» inveì Marcus, trattenuto da suo fratello.

Quello che sembrava "il capo" si fece avanti.
Becky sbarrò gli occhi. «Ciao, biondina. Ci si rivede.»

«Conosci quel tizio?» le chise Christopher.

Becky sollevò un sopracciglio. «Come può uno come te, stare alla guida di un gruppo armato?» incrociò le braccia.

«Non hai imparato nulla da quella volta, vedo.» Si avvicinò a Lien e le carezzò una guancia, sotto lo sguardo furioso di Marcus. «Sembrate così delicate», le afferrò il mentro fra due dita, «ma sono sicuro che se lasciate libere, ci fareste fuori in un attimo. Vero, tesoro?» Chiuse gli occhi e annusò i capelli di Lien.

«Sei un viscido pezzo di merda!» Becky ebbe i conati. Quando ripensò al ceffone che le aveva dato da prigioniera, le scappò una smorfia di disprezzo.

L'uomo fece dei passi nella sua direzione, avvicinandosi pericolosamente. «Vedo che i tuoi bei denti bianchi sono ancora tutti al loro posto», sorrise. «Mi divertirò da morire a strapparteli uno per uno.»

Appena ebbe finita la frase, senza esitazione e con un colpo deciso, Becky lo colpì al ginocchio e quando si accasciasciò davanti a lei, gli conficcò il pugnale in gola con un colpo netto, preciso. Così veloce che gli altri non ebbero il tempo di reagire e, presi alla sprovvista, restarono esposti.
Christopher e Marcus alzarono le armi e fecero fuoco.
Uno dopo l'altro caddero senza vita, mentre Lien cercava di liberarsi dalle corde strette.
I colpi sparati dal nemico li sfiorarono senza creare gravi danni.

Marcus corse da lei. «Ti aiuto», la liberò dalle sue costrizioni e controllò ogni centimetro del suo corpo, per assicurarsi che fosse tutta intera. La rabbia gli attanagliò le viscere, quando scorse un livido delle dimensioni di un pallone da calcio, proprio nella zona delle costole.

Lien gli afferrò le mani e lo guardò negli occhi «sto bene. Andrà via.» Si sforzò di sorridere, ma lo zigomo cominciava a gonfiarsi e faceva molto male.

«È tutta colpa mia», le sfiorò il viso facendo attenzione a non provocarle altro dolore.

Una lacrima le scivolò lungo la guancia. «Non dire assurdità.»

Marcus la sollevò tra le braccia. «Ora ti porto a casa.»

Con molta cautela, lasciarono la villetta e si allontanarono il più possibile, prima di usare il cellulare satellitare e chiamare Michael per chiedergli di mandare un'unità di recupero.
«Chris!» Marcus aveva lasciato Lien su una panchina del parco ed era corso da suo fratello.

Christopher si era accasciato al suolo. L'adrenalina che lo aveva inondato pochi minuti prima, durante la sparatoria, stava scemando e con sé portava via anche il suo effetto anestetizzante. Una macchia di sangue si allargava sul tessuto dei pantaloni, nella parte superiore della coscia.

«Maledizione! Digli di sbrigarsi!» urlò a Becky, che corse da loro.

«Michael, Christopher è ferito», lo mise in vivavoce e cercò di aiutare Marcus a fermare l'emorragia. «Serve immediatamente aiuto.» Continuò a premere sulla ferita.

«No, no, no!» Marcus serrò la mascella e i suoi occhi si fecero liquidi, così come quelli di Becky. «Non posso perderti proprio ora che ti ho ritrovato.»

Le labbra di Christopher stavano diventando violacee e il respiro più debole.

«Chris!» Becky urlò il suo nome, mentre premeva più forte che potesse e le lacrime si riversavano dai suoi occhi, incontrollabili.

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