16.
Il capannone per gli addestramenti era diverso da come Michael se l'era immaginato.
Più che un capannone, sembrava un grosso stabilimento per la produzione di armi e veicoli blindati.
Guardandosi intorno con attenzione, seguiva Becky e Christopher, senza farsi troppe domande se uno dei due si fermava a chiacchierare con qualcuno, parlando a bassa voce, quasi sussurrando, per non essere sentiti.
Anche Jenna, dal canto suo, era molto spaesata.
Quando poteva, se ne stava attaccata a Becky, ancora sconvolta per quello che era accaduto solo poche ore prima.
Michael sentì un senso di protezione nei confronti della giovane donna impaurita.
Per la prima volta in vita sua, si pentiva di aver introdotto Becky a quel mondo, fatto di adrenalina, ma anche di tanti pericoli.
Era colpa sua se non riusciva a dare stabilità alla propria compagna. Ed era colpa sua se erano state prese in ostaggio da un'organizzazione di pazzi.
Se solo le avesse permesso di condurre una vita normale, il tutto non sarebbe mai accaduto.
Becky però, non si era mai mostrata riluttante.
A dire il vero, quella vita sembrava eccitarla e risultava anche molto professionale.
Sollevò lo sguardo e la ritrovò a fissarlo. Le accennò un sorrise e lei fece altrettanto.
Sussurrò qualcosa all'orecchio di Jenna e gli si avvicinò.
«Mi dici a cosa pensi?» gli posò una mano sulla spalla.
Michael le regalò un altro sorriso, una rarità quasi assoluta, dal momento che riusciva a rimanere serio anche dopo aver fatto una battuta che faceva scompisciare.
Le afferrò la mano che teneva poggiata su di lui. «Ti chiedo scusa», si schiarì la voce, «se non fosse per me, saresti felice e in tutta tranquillità, con la donna che ami. Invece guarda cosa devi subire per colpa mia.»
Becky restò senza parole. Michael non era il tipo da rimpianti e nemmeno se ne stava lì a piangersi addosso. Quelle parole la fecero traballare. Gli occhi si fecero liquidi e sentì un peso sul petto. «Questa è esattamente la vita che fa per me, papà.»
Le volte in cui l'aveva chiamato con quell'appellativo si potevano contare sulle dita di una sola mano, ma questa volta era stata la più speciale, quella che il momento richiedeva, quella che gli riempì il cuore di gioia. L'afferrò stretta tra le braccia «Sono così fiero di te.» La strinse ancora un po' e Becky gli diede una pacca sulla schiena.
«Così mi soffochi» sorrise, felice per quell'abbraccio di cui aveva tanto sentito la mancanza.
Jenna si avvicinò, restando in disparte per lasciare loro un po' di privacy, ma Becky le afferrò la mano e l'attirò a sé. «Allora, ora sei d'accordo con me sul ritirarmi?»
La guardò in silenzio, poi rivolse lo sguardo verso Michael, che era rimasto anch'egli in attesa della sua risposta. Entrambi sicuri di quale sarebbe stata.
Jenna si schiarì la voce e si allontanò di un passo. «Fino a qualche settimana fa, ero solo la proprietaria di un locale tranquillo e frequentato da persone semplici. Poi sei arrivata tu e hai stravolto tutta la mia vita.» I suoi occhi si fecero lucidi. «Questa vita è la tua vita, e io voglio continuare con la mia vita. Odio quello che ho fatto e non vorrei mai che mi ricapitasse. Insomma, credo sia normale stare male per aver messo la parola fine alla vita di un uomo, anche se per difendere me stessa o la persona che amo. Per voi invece, è la normalità. Capisco che veniamo da due mondi diversi.»
Il sorriso di Becky si spense all'istante.
«Rebekah», le afferrò le mani, «non essere triste, non ti sto lasciando.» Le sorrise e notò le spalle di Becky rilassarsi. «Lo farei se non ti amassi, ma sono innamorata di te in un modo folle. Al punto da accettare quello che sei, senza riserve. Io voglio riaprire il mio locale, ovunque a te piacerebbe andare, ma voglio che tu rimanga proprio come sei. Il mio posto sarà il tuo e viceversa.»
Il cuore di Becky si sciolse a quelle parole e si chiese cosa avesse fatto per meritarsi tanto amore. Gli occhi di Jenna erano fissi nei suoi e sentì una voglia matta di baciarla.
«Sei perfetta.» Con un dolce sorriso stampato sul volto, guardò Michael «non è perfetta?» Il suo sorriso si allargò, quando anche suo padre gliene fece uno. Afferrò il viso di Jenna e la baciò. «Credo che il Connecticut sia il posto giusto per noi. La tua vita è stata già stravolta abbastanza, non voglio che cambi altro. Riapriremo il Flick, appena tutto sarà finito.»
«Vedremo», aggiunse lei, prima di baciarla di nuovo.
• • •
«Finalmente siete qui!» Kathleen si avvicinò a loro con passo svelto, e quasi abbracciò Christopher. Si fermò giusto in tempo, prima che qualcuno potesse vederla.
«Abbiamo ricevuto il tuo messaggio. Qualche minuto più tardi e saremmo stati decimati.» Distese il braccio in avanti e gli porse la mano, così distaccata da sembrare una sconosciuta ai suoi occhi.
La guardò per un lungo istante.
"Come ho fatto ad innamorarmi di te?", chiese a se stesso, ma senza riuscire a trovare una risposta esauriente.
"È sempre stata così fredda?" Incrociò le braccia, con l'intenzione di snobbare la sua iniziativa e lei ritrasse la mano.
«Bene», disse con voce flebile.
«Sai, credo che tu debba ringraziare Marcus, per l'avvertimento.»
Kathleen incrociò il suo sguardo. «Scusa?»
Christopher fece guizzare la mascella. «È stato Marcus ad avvertirmi. Mi ha inviato uno dei nostri codici.»
«È assurdo. Perché avrebbe dovuto farlo, se non ha fatto altro che metterci i bastoni fra le ruote, negli ultimi due anni? Per non parlare del rapimento di Becky.» Fece per andare via, poi tornò sui suoi passi. «Non pensi che l'abbia fatto solo per farti cadere nella sua trappola? Magari farà rapire anche te, quando avrà riconquistato la tua fiducia.»
Christopher si avvicinò. «Basta Kathleen. Lo sai che Marcus non lo farebbe mai. Conosco mio fratello e so che se è ancora lì, è solo per una ragione valida. Fidati di lui, come ti fidi di me.» Lei, riluttante, si lasciò prendere la mano. «Ti preoccupi che ci vedano, ma non che io sia ferito dalle tue parole. Conta davvero così poco, quello che c'è stato fra di noi?» le chiese con un filo di voce.
Kathleen si guardò intorno, per assicurarsi che gli altri avessero di meglio da fare, che guardare lei e deglutì a fatica. Lo sguardo di Christopher era così profondo da potersi perdere nei suoi occhi. Tutti i momenti trascorsi insieme le tornarono alla mente in una valanga. Ogni cosa sembrava cambiata dal loro ultimo incontro privato e il tempo aveva spazzato via quello che restava della loro intimità. Non riusciva più a guardarla come prima e lei lo aveva capito. Cosa avrebbe mai potuto fare per riconquistare la sua fiducia? La sua razionalità era ben lontana da qualunque ragionamento il cuore avesse voluto imporre.
Troppe cose c'erano da sistemare. Un gruppo di uomini addestrati attendevano i suoi ordini, i superiori pretendevano da lei freddezza e decisione, ma soprattutto, lei voleva portare a casa una vittoria eclatante.
Ambiziosa com'era, non riusciva a mettere da parte tutto il resto solo per lui.
Anche se avesse potuto dare felicità al proprio cuore, la restante parte di sé sarebbe sempre rimasta insoddisfatta. La sua lotta interna vedeva perdente il cuore da tutta la vita. Si rese conto che Christopher era solo un'altra occasione mancata per dare spazio ai sentimenti.
Deglutì ancora, con gli occhi che diventavano lucidi.
«Conta quanto conta. Qui non si parla di noi, ma del mondo intero e noi a confronto non siamo che misere pedine di un gioco molto più grande. Concentriamoci sull'obiettivo. Per il resto ci sarà tempo», sfilò via la mano «come ti ho già detto, spero che tuo fratello non ti deluda. Per quanto riguarda me, mi fiderò quando lo vedrò arrivare con la valigetta, implorando perdono.» Il suo sguardo era diventato gelido.
Christopher non riuscì a fare altro che mordersi la lingua per non trascinare ancora più a fondo il loro rapporto, ridotto a un mero ricordo di ciò che era stato.
La sua espressione ferita parlava per lui e Kathleen sentì una stretta al cuore.
«Avete l'ultima sala. Sai già come arrivarci. Ci vediamo più tardi in sala riunioni per gli aggiornamenti» concluse, prima di recarsi dai suoi uomini e impartire nuovi ordini.
La guardò allontanarsi, in fretta e con la sua camminata decisa.
Becky gli posò una mano sulla spalla e gliela strizzò un poco, prima di fargli segno di voltarsi verso la porta d'ingresso.
Proprio lì, immobili a fissarli, Luca e Silvia erano appena arrivati.
Jenna corse dalla sua amica e finalmente questa distolse lo sguardo.
Luca, invece, gli passò accanto e lo superò, con un colpo di spalla lo fece oscillare appena. «Smettila di renderti ridicolo», sussurrò.
Christopher si voltò di scatto e lo afferrò per il giubotto. «Chiudi quella cazzo di bocca», gli ringhiò tra i denti.
Tutti si voltarono a guardare.
«Altrimenti cosa farai, eh?» lo provocò l'altro. «Non l'hai ancora capito? Vuoi ciò che non puoi avere e perdi quello che desideri.» Accennò un sorriso in direzione di Silvia e Christopher seguì la traiettoria del suo sguardo, per poi finire con l'incontrare gli occhi della mora.
Lei, colta in flagrante a guardarlo, si voltò verso Jenna e si strinse nelle braccia.
«Sei davvero un idiota» concluse Luca, che si liberò dalla sua presa e raggiunse Kathleen e gli altri.
Becky gli diede una pacca sulla schiena. «Non dargli retta. Prenditi il tempo che ti serve per metabolizzare il tutto» gli sorrise «so quanto Kathleen sia stata importante per te e quanto sia stata anche schiva e fredda in più di un'occasione. Te lo dico, tu meriti di più.» Gli diede un'altra pacca «ora andiamo. Ti ricordi com'era l'ultima sala, vero?»
«Cazzo, si.» Ritrovò un accenno di sorriso, che Becky ricambiò.
• • •
Becky aveva un grosso sorriso stampato sul volto e si guardava intorno, a conferma che tutto era rimasto uguale.
Invitò gli altri a seguirla, mentre mostrava le varie stanze presenti, nell'insolito "attico" a pian terreno. Era una vera e propria base nella base, fornita di ogni comfort e garanzia di privacy. Insieme a Christopher e Marcus aveva passato momenti indimenticabili in quel luogo. Nessuno aveva mai avuto un tale privilegio nell'organizzazione.
«Quindi voi avete vissuto qui in tre?» Jenna fece un giro completo su se stessa, per poi alzare gli occhi al cielo per osservare l'altezza dei soffitti e finire a fissare i due a bocca aperta.
«Esatto» Becky sprizzava orgoglio da tutti i pori. Posò una mano sul suo fianco e si avvicinò «ho un posto più bello da mostrarti, appena saremo sole», le sussurrò a un orecchio, prima di lasciarle un languido bacio sulle labbra.
Michael guardò da un'altra parte, Silvia alzò gli occhi al cielo e Christopher, appena uscito da una delle stanze, si schiarì la voce e si avvicinò agli altri.
«Perché non finiamo di assegnare le camere agli altri, così potrete concedervi un po' di intimità?» disse, forzando un sorriso.
Becky tornò seria. «Giusto», fece un occhiolino a Jenna e sorrise.
~
Dopo aver mostrato loro le stanze e aver lasciato Jenna a riposare, Becky raggiunse Christopher nell'area comune, dove vi era sistemata una cucina all'avanguardia. Si sedette e attese che lui servisse i due Martini che aveva preparato. Lo osservò con attenzione.
«Non volevi controllare la cassaforte di Marcus?»
Christopher bevve il suo Martini tutto d'un fiato. «L'hai sentita? Ha capito subito che era la mia camera, o perché credi che non abbia voluto entrarci. Quella di Marcus era l'ultima disponibile.» Posò il bicchiere sull'isola. «Ma non è questo il punto» si chinò, poggiò i gomiti sulla superficie in marmo e si avvicinò. «Credo di non avere bisogno di controllare. Marcus mi ha inviato due messaggi quando eravamo al bunker. Uno dei due si è rivelato vero, perché l'altro non dovrebbe esserlo?»
«D'accordo, smettila di tenermi sulle spine. Di che si tratta?»
Fece il giro dell'isola e prese posto accanto a lei. «Vuole vedermi. Da solo.»
Becky drizzò le spalle. «Non se ne parla» rispose, senza un attimo di esitazione.
«Becky... »
«No, Christopher!» spinse via la mano con cui le teneva il braccio.
«Potrebbe essere l'ultima occasione che abbiamo per riportarlo a casa.»
«Oppure, potrebbe essere una cazzo di trappola», si piegò nelle spalle.
Christopher si rimise in piedi e riempì ancora il suo bicchiere. «Comunque, non ti sto chiedendo il permesso. Io devo provarci.»
«Bene. Allora verrò con te. Me ne starò nascosta e uscirò solo se ce ne sarà bisogno.»
«Lo capirà.» Si guardarono negli occhi.
«Lui ci conosce e sa che non ci muoviamo mai da soli. Nell'esatto istante in cui ti ha mandato quel messaggio, ha realizzato di dover incontrare entrambi.»
Christopher posò i palmi sul marmo liscio. «Non posso darti torto.»
«Va bene. Quando?» si mise in piedi.
Christopher prese un grosso respiro «domani sera.»
• • •
Silvia aveva riempito una dozzina di pagine bianche, presa da un flusso di idee. Da circa mezz'ora però, era ferma su di una stessa riga. Qualcosa, nelle sue ultime parole, la prendeva particolarmente al cuore.
Ogni volta, nei suoi romanzi, qualcosa parlava di sé.
Rilesse quelle parole che avevano bloccato la sua mano e, alla fine, le cancellò con una linea. Posò la penna accanto al foglio. «Che stupida», incrociò le braccia al petto e continuò a fissare il foglio. Anche se sbarrate, erano ancora ben visibili. Fece scivolare le braccia lungo i fianchi e sentì un rigonfiamento nella tasca. Infilò la mano ed estrasse la foto di Kathleen. Sbuffò. Nella fretta di fuggire dal bunker, se l'era portata con sé. Christopher teneva davvero una foto di quella stronza in camera? A quanto pareva, la loro situazione era più seria di quanto avesse immaginato.
Le era stato subito chiaro, quando li aveva visti quel pomeriggio. Il modo in cui si guardavano non lasciava dubbi.
Battè la mano con la foto sulla scrivania. «Basta, Silvia!» si disse «Perché diamine ci stai ancora pensando?» Un attimo dopo sentì bussare alla porta.
Veloce, fece scivolare la foto nel cassetto della scrivania e lo richiuse. Quando aprì la porta, si ritrovò davanti Jenna.
«Sono solo io» disse la sua amica, con un sorriso malizioso sul volto.
Silvia ridusse gli occhi a due fessure e la lasciò entrare.
«Che fai?» diede un'occhiata sulla scrivania «Bene, bene. A quanto pare hai superato il blocco dello scrittore.»
Silvia ammucchiò tutti i fogli e se li portò dietro la schiena. «Sì, infatti, ma è solo una bozza. Non è pronta per essere letta», accennò un sorriso.
«D'accordo» Jenna alzò le mani e si sedette sul letto. «Comunque, sono venuta a dirti che gli altri hanno una riunione con il capo. Verresti a farmi compagnia? Siamo le uniche due "nuove".»
«Nuove? Ti senti davvero parte di questa comitiva di matti?» roteò gli occhi e ripose anche i fogli nel cassetto.
«Silvia» le afferrò le mani «lo so che tutto questo ti sembra una follia, ma stavolta credo di aver trovato il mio posto.»
«Davvero? Perché io mi ricordo della mia amica, quella che odiava seguire la propria ragazza durante le sue esibizioni. Ora invece segui ciecamente una che mette in pericolo la sua vita ogni giorno, e di conseguenza anche la tua. Non hai preso una decisione così importante troppo in fretta?»
Jenna si risedette, rabbuiata in volto. «Forse hai ragione. Ma sì, dovrei solo rinunciare all'amore dopotutto. Che sarà mai.» Si piegò nelle spalle e sollevò un sopracciglio.
«Jenna, non volevo dire questo» si sedette accanto a lei e prese di nuovo le mani tra le sue «lo sai che voglio solo che tu sia felice.»
Jenna le ritrasse «Oh si, certo. Felice, ma con qualcun'altra.» Si mise in piedi e fece dei passi verso la porta, poi si voltò a guardarla «Sai, credevo avessimo superato questa fase.»
Silvia la raggiunse. «Sono solo preoccupata per te» la prese per le braccia, ripetendo la solita frase.
«Smettila di esserlo, allora!», disse con tono deciso. «Sono felice e innamorata e voglio solo che la mia amica sia felice per me. Io voglio questa vita, okey? E amo Becky alla follia.» sSi liberò ancora dalla sua presa «E ho ucciso un uomo, Silvia.» I suoi occhi divennero lucidi «l'ho fatto per salvare le nostre vite. E sto malissimo per questo. Avrei potuto evitarlo, se solo avessi continuato con la mia stupida vita!» si portò le mani sul viso e scoppiò a piangere «Voglio solo non dovermi più guardare indietro. Puoi starmi accanto e continuare a volermi bene, nonostante le scelte discutibili che faccio?»
Silvia l'abbracciò, senza neanche attendere che finisse la frase.
«Oh, Jenna.» la strinse forte tra le sue braccia «Non ne avevo idea. Mi dispiace.» le prese il viso fra le mani «Lo sai, sai che io voglio solo il meglio per te. Sei la mia sorellina.»
Jenna annuì debolmente e lei la strinse ancora in un abbraccio «Scusami se sono sempre così disfattista.»
• • •
La sala riunioni era davvero grande, con al centro un grosso tavolo ovale in legno, circondato da poltrone in pelle.
Una delle pareti era ricoperta da diversi monitor che mostravano le riprese della videosorveglianza, mentre al centro di essi, un grosso schermo riproduceva un logo strano.
Tutto quel lusso poco si addiceva all'aspetto casermesco dell'intera struttura, fuori da quella stanza.
Silvia e Jenna entrarono con passo incerto, seguendo Becky.
«Potete mettervi lì.» Becky indicò loro delle poltroncine attaccate alla parete «Tutto bene?» chiese alla rossa.
Lei annuì «È solo che questo posto mi mette ansia.»
Becky le afferrò la mano e le sorrise «Capita a tutti la prima volta.»
Il suo sorriso ebbe un immediato effetto calmante su di lei.
Silvia, invece, torturava le sue mani, guardandosi in giro e sentendosi del tutto fuori luogo.
Poco dopo l'ingresso degli altri, tra volti familiari e non, anche Christopher oltrepassò la porta, con il petto in fuori e la camminata decisa.
Silvia deglutì a fatica, vedendolo avvicinarsi sempre di più.
Quando Christopher abbassò lo sguardo nella sua direzione, lei sentì un vuoto allo stomaco e strinse i pugni poggiati sulle ginocchia, spingendole l'una contro l'altra.
«Che ci fate voi qui?» chiese alle due amiche.
«Noi...che...» balbettò la mora.
Jenna le afferrò la mano «Becky mi ha detto che potevo venire. Sai, perché le dico sempre che mi nasconde le cose, così vuole dimostrarmi che non è vero.» un grosso sorriso si allargò sul suo viso «Io, però, mi sento più tranquilla se c'è anche Silvia.»
Lui restò in silenzio, diede un'ultima occhiata ad entrambe e andò via, senza aggiungere altro.
Jenna le rivolse uno sguardo interrogativo, scuotendo la testa e Silvia, con la mano, si buttò i lunghi capelli ricci da un lato.
«Puoi dimenticare quello che è appena successo?» arrossì lievemente.
Jenna rise sottovoce «Ovviamente.»
«Grazie.»
«Ovviamente, no.» si corresse la rossa, spintonata dall'amica, che alzò gli occhi al cielo e si morse il labbro.
• • •
Come da copione, la riunione fu lunga e noiosa, piena di "bla bla bla", piani tattici, coordinate geografiche, nuove armi di cui le due amiche neanche capivano l'esigenza e nuove divise protettive.
Erano state solo due le occasioni degne di nota.
Una, quella in cui Christopher si era opposto ad ogni piano d'attacco che contemplasse l'eliminazione di qualunque ostacolo, intendendo anche suo fratello.
L'altra proponeva l'inserimento di nuovi agenti all'interno della loro squadra, che attualmente comprendeva solo se stesso, Becky e Michael.
Ovviamente Becky e Michael lo avevano appoggiato ogni volta.
Kathleen era furiosa, stanca di essere contestata e messa in imbarazzo davanti ai suoi uomini.
Christopher aveva superato il limite e questo comportava delle conseguenze.
Era evidente la lotta interna che Kathleen cercava di tenere sotto controllo.
I sentimenti che provava per lui le impedivano di premere quel tasto rosso che avrebbe messo subito fine alla questione.
Più volte aveva serrato i pugni e buttato giù il rospo, facendo buon viso a cattivo gioco.
Silvia li aveva osservati per tutto il tempo, notando ogni sguardo che si erano scambiati.
Gli altri potevano anche credere alle loro interpretazioni, ma lei non ci era cascata.
I due si stavano ancora fissando, quando gli altri si misero in piedi e, poco per volta, lasciarono la sala.
Gli unici a rimanere furono i soliti che lei aveva visto sempre incollati a Kathleen, tra i quali Luca.
«La prossima volta che vorrete esporre la vostra opinione, fatelo rispettando il mio ruolo.» affermò la bionda, battendo la mano sul tavolo «Devo forse ricordarvi quanto vi sia stato vitale il mio aiuto? Senza di me sareste già morti. Io però, a differenza vostra, non vi mortifico davanti agli altri.»
Mentre la discussione continuava, con toni tutt'altro che pacati, Luca si avvicinò a Silvia.
Diede un'occhiata alle sue spalle, poi guardò la mora.
«Ehi.» si aggiustò il cinturone con le armi.
«Ciao.» lei accennò un sorriso.
Jenna si schiarì la voce «Ciao.» richiamò l'attenzione del biondo.
«Posso avere un minuto con la tua
amica?» le chiese gentilmente.
Jenna fece un cenno d'assenso e si allontanò, raggiungendo Becky.
«Che succede?» chiese accigliata la mora.
Luca si aggiustò nuovamente il cinturone «Mi chiedevo se ti andasse di mangiare qualcosa insieme stasera.» si grattò la nuca, sorridendo.
«Stasera?» balzò in piedi «Cosa...» sorrise, in imbarazzo «non capisco, mi stai chiedendo di uscire?»
«D'accordo. Dalla tua reazione credo di intuire la risposta.»
«No!» lanciò uno sguardo veloce verso Christopher che ancora discuteva con Kathleen, mentre gli altri assistevano inermi, poi guardò Luca «voglio dire...» si diede un tono «è che credevo ti piacesse un'altra.»
«E a te?»
Silvia abbassò lo sguardo.
Con una semplice domanda, Luca l'aveva colpita dove faceva più male.
«Hai ragione, » si trovò costretta ad ammettere «ma vorrei non parlarne se è possibile.»
Lui fece un cenno d'assenso «Allora, ti
va?»
Nei suoi occhi un'aria di sfida.
In quel preciso istante, Kathleen gli passò accanto, seguita da Christopher.
Ancora una volta, i due lasciavano insieme un luogo, per finire la conversazione in privato.
Silvia incrociò gli occhi di Christopher, che fulminò entrambi con un solo sguardo.
E fu proprio allora che lei prese la sua decisione.
«Va bene.»
Sul volto di Luca si allargò un sorriso beffardo.
Tra i due ragazzoni ci fu uno scambio di sguardi di fuoco.
Kathleen si voltò indietro «Sbrigati. Non ho tutto il giorno.» sollecitò Christopher.
Dall'altro lato della stanza, Becky aveva notato l'atmosfera pesante che circondava i quattro e si passò una mano dietro il collo.
"Le cose si metteranno male."
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