11.

Christopher non aveva mai smesso di guidare nelle ultime sei ore.
Nell'abitacolo del blindato che gli aveva procurato Kathleen, regnava un assoluto silenzio.
Michael cercava da ore di connettersi al segnale gps dell'apparecchio che Becky aveva installato nelle suole dei suoi anfibi, ma sembrava non funzionare.
Il bunker si trovava sotto terra, dove raggiungere il segnale era complicato, per non parlare degli appositi disturbatori dei quali di sicuro era munito.
Victor sapeva bene come proteggersi, come nascondersi. Dopotutto era della stessa scuola di Michael.
Imperterrito, tentò ancora.

«Non funzionerà», Christopher ruppe il silenzio e lanciò un'occhiata al display del portatile, «in quel bunker segnali del genere non possono né entrare, né uscire, lo sai.»

«Potrebbero spostarla da lì, a un certo punto. Appena accadrà, ci agganceremo al segnale e andremo a riprendercela.»

Christopher strinse i pugni intorno al volante: «Non verrà con noi», disse, continuando a guardare la strada.

«Ma certo che verrà! Cosa stai dicendo?»

«Non lo farà senza di lei», confessò.
Michael lo fissò interrogativo e lui continuò: «Ascolta, aveva intenzione di presentartela, ma a quanto pare le cose andranno in un modo un po' diverso. Becky era con la sua ragazza quando l'hanno rapita. Sono state portate via insieme.»

«Maledizione», Michael diede un colpo al cruscotto, «questa non ci voleva.»

«Già», Christopher lo guardò rammaricato, «mi dispiace.»

«Dobbiamo sbrigarci, oppure Becky farà qualche sciocchezza.»

«È quello che temo anch'io. Ricordo bene cosa è successo con Giuly. Anche se Jenna non è una pazza manipolatrice.»

«Lo spero bene.» L'uomo si passò una mano sul viso. «Che diamine», incalzò sottovoce, «Quella ragazza è così razionale e scaltra, ma quando si tratta di sentimenti diventa cieca pure davanti all'evidenza.»

Christopher lo guardò. «Non si innamora così facilmente, ma quando succede, la vive sempre intensamente. Ricordo quel periodo.» Perse lo sguardo sulla strada. «Mi disse che, senza la certezza del domani, avrebbe vissuto il presente sempre al massimo delle sue possibilità. Fu questo a portarla alla rovina. Ma fidati, questa volta sarà diverso.»
All'interno del veicolo calò il silenzio.
Entrambi conoscevano molto bene Becky e sapevano di cosa fosse capace, nel bene e nel male. La conoscevano così bene da essere enormemente preoccupati, ma allo stesso tempo volevano darle fiducia, come sempre del resto.

Christopher sperava che la sua amica non si fosse sbagliata su Marcus, che lui l'avrebbe aiutata in qualche modo. Ci aveva riflettuto, da quando l'avevano visto l'ultima volta, ed era arrivato alla stessa conclusione: c'era qualcosa di strano in suo fratello, che non lo convinceva.

Tra un'ipotesi e l'altra, con la mente aveva vagato in ogni direzione, ma alla fine tornava sempre su un punto, che nulla aveva a che fare con tutta quella storia. Quando un pensiero si affievoliva, Silvia tornava a fargli visita. Si chiedeva come stesse procedendo il suo soggiorno nel bunker di Kathleen e se avesse smesso di fare domande a cui nessuno avrebbe risposto.
Spero si sia rassegnata, pensò.

«Quindi», Silvia si avvicinò a Kathleen, che supervisionava i suoi uomini, «cos'è che fate qui?»
Lei le dedicò appena un'occhiata, poi tornò a guardare i monitor.
«Bene.» Silvia si lasciò cadere sulla sedia. «Vorrei almeno il mio cellulare, visto che sono prigioniera in questo posto.»

Kathleen la guardò di nuovo e, dopo qualche secondo di silenzio, si avvicinò: «Credimi, se fossi mia prigioniera te ne saresti accorta. Eccoti il cellulare.» Glielo porse senza scomodarsi più di tanto; tenne la sua postura rigida e lo sguardo freddo.

Silvia lo prese e lo accese all'istante, sotto gli occhi indagatori della donna. Lo sollevò verso l'alto, poi lo spostò a destra e a sinistra.
«Cavolo, non c'è campo.» Si mise in piedi e fece due passi in ogni direzione, ma la situazione non cambiò. «Ma cosa?» sollevò lo sguardo su Kathleen e la sorprese con un ghigno. «Lo sapevi», disse rassegnata, «ti diverti alle mie spalle? Io non so nemmeno come ci sono finita qui! Voglio solo tornarmene a casa e dimenticare tutto questo», alzò la voce.

«Tranquilla, è quello che voglio anch'io, ma a quanto pare soffriremo un po' entrambe, prima che ciò accada», aggiustò i suoi orecchini.

Silvia percepiva con estrema chiarezza l'ostilità con cui le si rivolgeva, e questo la faceva sentire a disagio. «Senti, non so perché io sia qui e ti assicuro che non c'entro nulla con tutto questo. Non capisco, sembra che tu ce l'abbia con me», confessò.

«Avercela con te?» rise «Non ti ho mai riservato tutta questa importanza.» Rise ancora, prima di tornare al suo lavoro.

A quelle parole, Silvia corrugò la fronte.
Quella donna, all'apparenza perfetta, aveva la lingua biforcuta peggio di una vipera. L'aveva appena fatta sentire una nullità e davvero non capiva perché fosse così ostile nei suoi confronti.
La osservò comandare a bacchetta i suoi uomini.

«Seguite il segnale del blindato. Che non gli accada nulla. Proteggetelo a ogni costo.»
Un gruppo di uomini annuirono ai suoi comandi e corsero via, come dei veri soldati.
Erano tutti seri e ubbidienti. Sembravano intimoriti da quella donna e Silvia li comprendeva. Lei stessa si sentiva intimidita da Kathleen.
Guardò il monitor e riconobbe Christopher. Come facevano a fare una cosa del genere?
Si ricordò di qualche film che aveva visto tempo prima e riconobbe l'immagine satellitare. «Ma com'è possibile?» disse sottovoce, mentre si faceva più vicina. Con gli occhi fissi sullo schermo, seguì le immagini, che si fermarono su Christopher. Senza rendersene conto, aveva stretto il giacchetto tra i pugni.

A Kathleen non sfuggì il particolare. «Lo trovi interessante?» chiese, volutamente provocatoria.

Lo sguardo di Silvia guizzò nella sua direzione. «Cosa?»

La donna accennò un sorriso. «È tipico di Christopher», passò un dito sul colletto della giacca, «si preoccupa sempre per gli altri. Ovunque ci sia bisogno, lui c'è. Ha un cuore buono», sospirò, «nessuno lo conosce meglio di me.»

Silvia guardò il monitor ancora una volta e mandò giù il groppo che aveva sentito in gola. «Sai, a me non importa niente di tutto ciò. Ti sei fatta un'idea sbagliata. Vi faccio i miei più cari auguri», finse un sorriso e andò via, contenta che per una volta fosse stata lei a lasciarla impietrita.
Davvero quella tizia aveva creduto che fra loro potesse esserci qualcosa? Una donna così, si era preoccupata di lei? Il solo pensiero le provocò un sorriso. «Incredibile», disse fra sé.

Guardandosi intorno, aveva iniziato a capire che quella era roba grossa e che Christopher e Becky erano invischiati in qualcosa di pericoloso. Pensò alla sua amica e al tempo che avevano trascorso insieme nell'ultimo periodo. Pregò che non le accadesse nulla.
Poi ripensò alle parole di Kathleen e ai suoi occhi di fuoco quando l'aveva vista fissare Christopher in quelle immagini.
A quanto pareva non si era sbagliata sui due.

Si diresse verso uno degli uomini che vigilavano l'entrata. «Ehi», si avvicinò bisbigliando, «non c'è un posto dove io possa stare più comoda?»

«Portala alla venti», rispose Kathleen che, nonostante la distanza fra di loro e il tono basso della sua voce, l'aveva sentita senza problemi.
L'uomo fece un cenno d'assenso e le indicò la strada.

Silvia rivolse un'ultima occhiata al monitor, poi lo seguì attraverso un lungo corridoio pieno di stanze.
Sembrava uno dei piani di un albergo, ma senza alcun dettaglio d'arredo.
Il colore delle pareti era di un grigio cemento e le porte nere, mentre il pavimento era di un color grano pallido.
Quando con un suo braccio sfiorò le pareti, si rese conto che non era solo il colore. Quelle mura erano di vero e proprio cemento.
Finalmente iniziava a mettere insieme i pezzi di ciò che era accaduto nelle ultime ore.
In quel posto non c'erano finestre che davano all'esterno, i muri erano di cemento e le porte pesanti. Non c'era campo e tutti erano sempre vigili e armati.
In che pasticcio si era cacciata questa volta?
Tirò indietro i capelli di velluto e fece un grosso respiro quando l'uomo le indicò una porta e attese che entrasse.
Lo guardò diffidente. «Sono prigioniera in un bunker, vero?»

Lui le rivolse un'espressione interrogativa. «Cosa le fa pensare di essere una prigioniera?»

«Allora posso andare via?»

Lui si schiarì la voce: «È qui per la sua sicurezza. Appena il pericolo sarà passato, potrà tornare alla sua vita di sempre.»

Di nuovo quelle parole, le stesse che le aveva rivolto Christopher. Cominciavano a sembrarle un disco rotto.
«La mia sicurezza», sussurrò, «che vi frega della mia sicurezza?» chiese infastidita.

L'uomo le indicò di nuovo la porta, intimandole di entrare.

«Come ti chiami?» gli si avvicinò.

«Luca.»

«Va bene, Luca, da chi è partito l'ordine?Intendo quello di tenermi rinchiusa qui.»

Lui abbassò le spalle e con loro anche l'arma. «L'ordine è arrivato dal capo. Kathleen. L'unica che può impartircene uno.»

Silvia strinse i pugni, tanto da lasciare i segni delle unghie nei palmi delle mani.
«Ma certo, come se a lei importasse qualcosa di me. So bene chi l'ha fatto. A quanto pare il vostro capo si fa dare ordini dal suo amante.» Aggiunse l'ultima frase sottovoce, ma Luca la sentì ugualmente.

«Le chiedo gentilmente di entrare nella stanza che le hanno assegnato e di evitare certe congetture.» Imbracciò l'arma, col viso cupo e gli occhi fissi su di lei, in attesa.

Quell'uomo si era appena trincerato dietro uno sguardo ostile, in contrapposizione con i suoi modi dapprima gentili.
Silvia gli dedicò ancora qualche secondo, poi fece come le era stato chiesto e chiuse la porta alle sue spalle.
Si udì un rumore meccanico e capì che non sarebbe potuta uscire a suo piacimento.

«Non sono prigioniera. Certo.»
Diede un pugno alla porta «Dannato Christopher!»
Tirò via la giacca di dosso e la buttò sul pavimento freddo «Chi crede di essere?» la guardò, sgualcita e inanimata.
Come un flash, le tornò un ricordo: Christopher l'aveva adagiata sul sedile della sua Mustang e le aveva spostato una ciocca di capelli che le copriva metà volto. Per un istante, Silvia aveva aperto gli occhi, sorprendendolo a coprirla con la sua giacca.
Silvia sbuffò. «È ridicolo! Perché ricordarlo proprio ora?» si sedette sulla poltrona che aveva nella stanza, insieme a un letto e un piccolo e inutile armadio, dal momento che non aveva nulla con sé. Guardò di nuovo la giacca. «Dannazione.» Si rimise in piedi e andò a riprenderla, per poi piegarla e adagiarla sul letto. «Cosa mi prende?» si sdraiò lì accanto, fissandola ancora, e ripensò a lui. Quei suoi occhi scuri la facevano sentire insicura ogni volta che incrociavano gli sguardi e questo la confondeva. Non voleva essere lì, né avere nulla a che fare con loro, allora perché si perdeva in certi pensieri? Si chiese se stesse perdendo la ragione.

Il satellitare di Christopher mostrava una chiamata in arrivo. Posizionò il fucile di precisione e rispose.

«A che punto siete?» chiese Kathleen.
Per tutto il viaggio non lo aveva mai chiamato, con la consapevolezza di quanto fosse nervoso all'idea di dover riportare indietro non solo Becky, ma anche suo fratello Marcus. Ciononostante, lo aveva tenuto sotto costante controllo con il satellite e tramite i trasmettitori gps.

«Siamo fuori dal bunker e mi apprestavo a eliminare gli agenti esterni. Michael sta cercando i generatori della struttura.» Si schiarì la voce: «Tutto bene lì?»

Kathleen deglutì nervosamente. «Non credi di doverti preoccupare di te stesso in questo momento?» fece un grosso respiro. «Sta bene, ovvio.»

Christopher corrugò la fronte. «È gelosia quella che sento, capo?» accennò un sorriso, quando lei si affrettò a negarlo. «Dimenticavo che sei solo una gelida donna che comanda un gruppo di soldati. Mentre io sono solo una scopata quando ne hai voglia.»

«Almeno sei stato sincero su quello che davvero pensi, per una volta. Signor "sí, mi va bene tutto".» Si sentì un vociare di sottofondo. «Ora, se non ti dispiace, la gelida donna dal cuore di ghiaccio va a fare in modo di non dover organizzare cinque funerali in un solo giorno.» Rimise giù, senza attendere una sua replica.

Christopher allontanò il satellitare dall'orecchio e lo fissò. «Fa sul serio? Mi ha appena riattaccato?» scosse la testa e trovò Michael a fissarlo. «Che c'è?»

«Il capo?» sorrise beffardo. «Dannazione ragazzo, quella donna è davvero gelida, ma a quanto pare sei riuscito ad accendere in lei una scintilla.» Gli diede una pacca sulla spalla. «Ma non funzionerà. I vostri impegni sono inconciliabili.»

«Lo so benissimo», riprese la sua posizione dietro il fucile di precisione. «All'inizio avanzavo pretese, ma ho imparato a mie spese che era tutto inutile.»

«Non prenderla sul personale. Faccio questo lavoro da tutta la vita e ti assicuro che le donne come lei non si fermano mai. Una relazione fissa per loro è solo un ostacolo», guardò nel vuoto, «lo so per esperienza personale», disse con sincerità. «Io credevo frequentassi la ragazza che portavi con te. Solo dopo averti sentito parlare con Kathleen mi sono ricreduto.»

Christopher lasciò un'altra volta il fucile per rivolgergli l'attenzione. «Quella è la migliore amica della ragazza di Becky.»

«Capisco», annuì. «In questo caso, hai fatto bene a portarla al bunker.»

«È stata lei a venire da me. Io non sapevo nulla di quello che era accaduto. Dev'essere stato uno shock per lei.» Sul suo volto si disegnò una smorfia di dispiacere. Ripensò all'intenso verde degli occhi di Silvia, resi ancora più profondi dalla preoccupazione e sentì di aver mancato su più fronti.

«Allora impegniamoci a riportare la normalità nella vita di questa ragazza.» Michael gli diede un'altra pacca sulla spalla.
«Dimmi un po', questa Jenna, la ragazza della mia Becky, quanto sa di noi?»

Christopher si passò una mano dietro al collo, con un mezzo sorriso sulle labbra.

«Voi ragazzi di oggi siete incredibili! Come fate a prendere le cose così alla leggera? Davvero non poteva tenersi per sé alcune cose della sua vita?» disse, cogliendo il significato della sua reazione «Vuoi dirmi che dopo così poco tempo le ha raccontato ogni cosa?»

«È davvero innamorata», la giustificò.

Michael fece un grosso respiro, sapendo già di doversi rassegnare a quella situazione. Con Becky c'era sempre ben poco di cui discutere. La sua testa dura era famosa nel loro ambiente, così come il suo cuore era deciso nelle sue scelte.
Fece segno a Christopher di rimettersi a lavoro.

«A breve i generatori avranno un calo di potenza. Preparati.»

Christopher annuì, ubbidiente e concentrato.

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