L. Jack (Jeff)
Sono ancora incatenato al letto, Jack per fortuna è sparito, non si è fatto più vedere, ma so che non tarderà a tornare. Ho smesso di agitarmi, mi sono solo fatto male ai polsi. Mi sento molto debole.
Sono due giorni che non mangio, sto morendo di fame. La febbre mi è salita, ma non so di quanto, abbastanza per non permettermi di vedere bene. Provo a strizzare gli occhi, ma è tutto sfocato. Ho freddo, ho i brividi in tutti il corpo.
Se continua così, non guarirò mai. Ma è proprio questo che vuole lui. Se sono debole, non avrò la forza di respingerlo quando tornerà. Ma... si può sapere cosa gli ho fatto, per meritarmi tutto questo? Io voglio soltanto stare insieme a Dylan, niente di più. Per lui, anche se sarà difficile, posso anche smettere di uccidere. Mi basta solo stare con lui, con il mio Dylan. Mi rannicchio su me stesso, almeno fino a quanto mi è permesso dalle catene.
Sento la porta aprirsi, sapevo che non avrebbe tardato a tornare.
- Come stai oggi, mio piccolo killer? - Mi chiede in modo del tutto naturale, come se tutto fosse normale.
- Una meraviglia. - Mento cercando di essere credibile.
- Se stai così bene, perché sei rannicchiato su te stesso, e stai piangendo? - Cosa? Sto piangendo? Non mi ero accorto di stare piangendo, ma effettivamente, sento le mie guance bagnarsi sempre di più.
Lui si avvicina a me, e appena una sua mano mi tocca, sussulto. Toglie le lacrime dai miei occhi e mi guarda. - Ehi cucciolo, non piangere, sei tutto rosso. -
- E che cosa dovrei fare?! Posso fare solo questo da quando sono qui! - Non risponde e continua a guardarmi. - Perché? - Sussurro talmente piano che dubito lo abbia sentito. - Perché a me? Che cosa vuoi? Che cosa ti ho fatto? -
- "Perché" mi chiedi? La risposta è molto semplice, cucciolo mio. Perché nessuno è come te. Nessuno dei killer esistenti è come te. Fuori potrai essere anche freddo e crudele, ma dentro di te sei dolce, affettuoso e provi sentimenti come l'amore vero. Certo, i killer sono umani, e provano amore, ma non vero, e puro come te. Per questo ti voglio. Voglio tutta quella dolcezza per me, e non mi importa se dovrò usare la forza per averla, la otterrò comunque. - Finito il suo discorso mi bacia possessivamente, glielo lascio fare, tanto anche se mi agito, non otterrò niente comunque. Quando si stacca mi prende in braccio quanto può e mi infila sotto le coperte. - Aspettami, ti porto qualcosa da mangiare, sono due giorni che non mangi. - Ed esce dalla stanza, tornando dieci minuti dopo con un piatto di minestra.
- Dato che tu non ti puoi muovere, - Prende un cucchiaio di minestra e la porta vicino alla mia bocca. - apri la bocca, cucciolotto. - Vorrei tanto mandarlo a quel paese ma ho davvero tanta fame, quindi faccio come mi dice.
Finisco la minestra, e lui mi da un bacio sulla bocca seguito da un "Bravo il mio cucciolo obbediente" e se ne va lasciandomi da solo.
Sono stanco, la febbre non diminuisce, però la minestra che mi ha dato mi ha aiutato un po', chiudo lentamente gli occhi, fino ad addormentarmi.
Mi sveglio non so quante ore dopo per un fastidio sull'addome. Jack è sopra di me, con il mio coltello in mano. Che vuole fare?
- J-Jack? -
- Sta tranquillo, mio piccolo killer. -
- Jack, c-che... vuoi fare? -
- La stessa cosa che tu, cinque anni fa, hai fatto a quel moccioso di Dylan. Ma in un punto diverso, più visibile. -
- No... ti prego... Jack. No... non farlo... - Mi passa il coltello sul viso, graffiandomi e facendomi uscire un po' di sangue.
- Sta tranquillo, tu sei il mio cucciolo, non ti farei mai del male. A meno che tu non mi faccia arrabbiare, ovviamente. - Sto tremando, e non solo per il freddo.
- No... ti prego. - Sto piangendo, ho paura. Quanto vorrei che Dylan fosse qui. Sento il coltello fermarsi sul mio collo.
- Farò piano, d'accordo? - Inizia ad incidere qualcosa sul mio collo, molto lentamente. Fa dannatamente male. Quando finisce lecca il mio sangue dalla lama.
- C-che cosa hai scritto? -
- Qualcosa di molto semplice, Cucciolotto. -
- C-cioè? -
- L. Jack. Adesso sei mio a tutti gli effetti... Piccolo Killer. - Le lacrime non smettono di rigarmi il volto. Un piccolo ringhio esce dalla mia gola, e con la poca voce che ho sibilo un "Vaffanculo". Lo vedo accigliarsi e mi tira uno schiaffo facendomi diventare la guancia rossa, poi mi da un pugno nello stomaco, che mi fa sputare un po' di sangue dalla bocca. - Dillo, Piccolo Killer. - Ringhia mentre mi stringe il collo e fa penetrare i suoi artigli nella mia gola.
- Fottiti. - Stringe più forte.
- Dillo. - Dice con tono autoritario, stringendo ancora di più la sua presa. Io, sempre con le lacrime agli occhi, mordendomi il labbro per il dolore, e con un po' di esitazione, alla fine mi arrendo.
- I-io... s-sono... tuo. - Mi lascia andare, e mi da un bacio possessivo, fino a farmi gemere nella sua bocca a forza di spingere dentro la sua lingua. Quando si stacca mi guarda rabbioso.
- Vedi di non dimenticarlo, mio piccolo cagnolino. - Sé ne va sbattendo la porta, lasciandomi il collo sanguinante, sia per l'incisione, che per i graffi, e a piangere.
- Dylan... dove sei? -
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