38.

JAMES

"Ti accompagno io a casa, aspettami"

Quelle parole fecero bloccare James.

"N-non ti preoccupare...io... H-ho la mia m-macchina" disse James evitando di guardare in faccia il suo capo.

"La recuperi poi domani..." Gli sussurrò all'orecchio Patrick.

James cercò di non rabbrividire mentre lo sentiva accarezzargli il fianco con una mano.

James poté tornare a respirare quando l'uomo si allontanò da lui.

Purtroppo l'orario di lavoro giunse al termine e il locale si svuotò, lasciando da soli James e Patrick.

Dove si trovava Nika quando aveva bisogno di lui?

Patrick cominciò a tormentarlo sin dallo spogliatoio.

James si stava cambiando la divisa e l'uomo gli circondò la vita da dietro, cominciando a baciargli il collo.

"Oggi sei maledettamente sexy..." gli soffiò all'orecchio l'uomo.

James deglutì il conato di vomito che gli era risalito lungo l'esofago. Perché non poteva scappare e allontanarsi da quell'uomo?!

"Mi sei mancato in questi giorni" disse l'uomo con tono che doveva essere sensuale ma a James faceva solo accapponare la pelle.

"M-mi d-dispiace" disse James che stava cominciando a tremare.

Quell'uomo lo terrorizzava come nessuno al mondo.

Voleva tornare a casa, dormire nel suo letto, aprire gli occhi e trovare il volto di suo fratello Albus dormire pacificamente.

Albus aveva mai provato quelle sensazioni di schifo?

"Non preoccuparti... l'importante è che adesso siamo insieme... non vedo l'ora di dimostrarti quanto mi sei mancato..." disse il proprietario del bar mentre allungava la mano per palpargli il membro attraverso il tessuto spesso dei jeans.

James mosse la mano per bloccare quella del maggiore e lo guardò in faccia.

"Scusami ma non me la sento. Sono stanco e vorrei solo tornare a casa e dormire... sono a pezzi..." disse.

Patrick lo lasciò andare e James si vestì di fretta.

"Dopo due giorni lontano da qui dici anche di essere stanco?" Chiese con tono glaciale Patrick.

James si irrigidì.

"Mi fanno male i piedi" disse.

Sapeva che non doveva farlo arrabbiare.

Prese un respiro profondo e non allontanò la mano di Patrick quando l'uomo gli circondò le spalle con il braccio.

Raggiunsero in silenzio la macchina dell'uomo e James si sedette al posto del passeggero.

Patrick mise in moto e nessuno dei due parlò.

Per un momento James fece un respiro soddisfatto quando riconobbe la direzione di casa. Poi Patrick cambiò improvvisamente strada, prendendone una laterale.

James si irrigidì sul sedile ma non protestò.

Dove lo stava portando? A casa sua? Non c'era mai stato, ora che James ci pensava.

All'improvviso quella strada che stavano percorrendo gli fu nota.

Era vicino dove lavorava Teddy. James si morse il labbro. Possibile che Patrick sapesse di lui e Teddy?

Ovviamente James non fu affatto stupido da fargli quel genere di domanda, però Patrick parcheggiò in uno spiazzale vuoto e poi spense la macchina.

L'uomo si voltò verso di lui con un sorriso che forse doveva essere di seduzione, in realtà James voleva solo scappare da quella vettura e tornarsene a casa.

Patrick si avvicinò a lui con il viso.

"Non mi dai un bacio?" Gli soffiò l'uomo contro la pelle del viso e James trattenne il respiro, chiudendo gli occhi.

Patrick ne approfittò per baciarlo, spingendo con forza la lingua nella sua bocca.

James posò entrambe le mani sul suo petto dell'uomo per respingerlo, ma Patrick gli bloccò i polsi con una mano mentre continuava a leccargli e succhiargli le labbra.

James voleva urlare e scappare, ma ormai Patrick lo stava spingendo contro i sedili posteriori.

"Mi sei mancato un sacco" disse con tono dolce Patrick guardandolo negli occhi. "Non vedo l'ora di dimostrarti quanto..." disse lasciando andare i polsi di James per cominciare a trafficare con l'apertura dei suoi jeans.

James sbarrò gli occhi e cercò di allontanarsi ma l'uomo glielo impedì, strattonandolo per i fianchi e poi liberandolo dei jeans e dei boxer.

James singhiozzò imbarazzato e umiliato mentre se ne stava lì sul sedile posteriore con il membro completamente a riposo.

Patrick lo notò e gli prese il membro in mano, cominciando a stimolarlo.

"Stai tranquillo, andrà tutto bene... so che è la tua prima volta questa..." disse per poi baciargli il collo.

James si irrigidì quando sentì la pressione dei denti sulla pelle morbida.

Lo sentì succhiare la pelle con forza e James si lasciò andare ad un ansito di dolore e cercò di sfuggire dalla presa dell'uomo.

"Shhh... rilassati amore... ti voglio... sei tutto per me" gli disse l'uomo e nel mentre parlava di abbassò tra le sue gambe aperte e, senza smettere di guardarlo, lo accolse tra le labbra, gemendo.

James rabbrividìva per lo schifo e il terrore. Però il suo corpo maledetto stava rispondendo a quelle stimolazioni e ben presto si trovò con un'erezione tra le.gambe che venne leccata e succhiata dal suo capo.

James cercò di allontanare lo sguardo da quel porco schifoso e pregò affinché tutto finisse.

Temeva lo costringesse a ricambiare il favore, ma non si aspettò di sentirsi violare improvvisamente da un dito.

James urlò e si irrigidì mentre si metteva a sedere, cercando di allontanarsi quando possibile dal suo capo.

"No!" Urlò, gli occhi che lanciavano fiamme. "Ho detto che sono stanco e voglio tornare a casa!"

Patrick lo fissò qualche secondo in silenzio e James pensò lo avrebbe lasciato andare, invece quello che accaddde in quei secondi lo lasciarono senza fiato.

"Come cazzo osi rifiutarmi? Eh? Ti sto per scopare, sei il mio ragazzo e tu ti rifiuti?!" Disse con tono agghiacciante Patrick mentre con le dita di entrambe le mani stringeva il collo di James che sbarrò gli occhi nocciola, terrorizzato.

"Lasciami andare!" Disse James graffiandogli il dorso delle mani per liberarsi da quella stretta mortale.

"Tu sei mio! Hai capito? Mio e solo mio! Farai ciò che ti dico!" Disse con gli occhi fuori dalle orbite Patrick.

James era sconvolto.

"Non sono tuo! Non lo sono mai stato! Io non ti amo! Sto con un'altra persona!" Urlò James con tutto il fiato che aveva in gola.

Le dita attorno alla sua gola si strinsero maggiormente. Stava ormai annaspando. Sentiva la testa pulsare. Era quella la morte?

Chiuse gli occhi e pensò al viso dolce e bellissimo di Teddy, alla morbidezza della sua pelle, ai suoi capelli morbidi e lisci che scorrevano tra le sue dita. Le labbra di Teddy che non avrebbe mai più assaporato.

"È quello stronzetto che mi ha alzato le mani fuori dal locale, non è così?!" Urlò Patrick.

James sbarrò gli occhi.

"No..." disse per proteggere Teddy, ma lo sguardo di Patrick si fece più serio.

Un attimo dopo cominciò a colpirlo con i pugni, sul busto, sul viso, ovunque riuscisse ad arrivare. Sembrava impazzito e James cercò di proteggersi sollevando le braccia, ma era tutto inutile.

Patrick sembrava impazzito e mentre afferrava pugni sul suo corpo urlava con tutto il fiato che aveva in corpo.

James cercò di proteggersi come meglio poteva finché all'improvviso tutto attorno a lui divenne nero.



"Io.. sono disgustato" disse la voce di Teddy riportandolo alla realtà.

James sbatté le palpebre più volte e riconobbe il salotto di Teddy. Sì trovava sul divano del suo compagno e tra le sue braccia. Sì trovò un plaid sulle gambe. Nemmeno si era accorto che Teddy glielo aveva messo.

"Mi dispiace." Disse James sentendo la vergogna colpirlo.

Teddy lo fissò come se fosse impazzito.

"Ti dispiace? Non sei tu che devi chiedere scusa. Tu non hai fatto niente di male. Non è colpa tua, intesi? Perché non andiamo in ospedale? Se mentre hai perso i sensi quello schifoso ti avesse..."

Ma James non gli fece terminare la frase perché gli coprì la bocca con la mano.

"No. Non lo ha fatto. Mi ha picchiato e molto probabilmente mi deve aver buttato fuori dalla macchina mentre ero privo di sensi..." disse James che poi fece una smorfia dolorante portandosi una mano sul fianco.

"Aspetta. Vado a prendere un antidolorifico in bagno. Io... devo andare al lavoro. Posso lasciarti qui? Torno poi per pranzo... ti chiamo, mi raccomando rispondi o mi farai preoccupare" disse il maggiore prima di allontanarsi dal salotto.

James si strinse nelle spalle.

"Penso che dormirò un po'. Sono stanco" disse James quando Teddy tornò con l'antifolorifico che gli porse insieme ad un bicchiere di acqua.

"Sicuro? E se ti avesse colpito in testa? Sai cosa dicono i medici... non si deve dormire..." disse Teddy preoccupato.

James sorrise.

"Sto bene. Sono solo ammaccato..." disse il barista guardandolo e cercando di tranquillizzarlo.

"Cazzo. Io non voglio credere a quello che mi hai detto" disse Teddy arrabbiato. I suoi capelli erano diventati neri.

James abbassò la testa.

"Devi bloccare il suo numero. Devi impedirgli di contattarti. Mi hai sentito bene?"

James sbarrò gli occhi.

"E come faccio? È il mio capo. È colui che mi dà un lavoro" protestò James.

"Perché tu hai intenzione di tornare in quel posto? Col cazzo. Ti lego al letto piuttosto. Tu resti qui e ti rimetti. Intesi?"

James lo guardò.

"E con lo stipendio? Settimana prossima mi paga..." disse il barista.

"Ci vado io a ritirarli. Oppure tuo padre..." disse Teddy sollevando un sopracciglio e James sbarrò gli occhi.

Sentiva il cuore battere forsennato nel petto.

"No. Non puoi dirglielo. Ti supplico" disse James.

"A quella merda una denuncia non gliela toglie nessuno. E poi tuo padre deve essere messo al corrente. Non glielo vuoi dire tu? Glielo dico io. Ma quella merda con te ha chiuso!"

"E Nika? Non posso lasciarlo da solo!" Disse James impanicato. "E se Patrick se la prendesse con lui?! Come faccio io? Come potrò mai perdonarmi?" Chiese James per poi scoppiare in lacrime.

Teddy corse verso il divano e strinse James tra le braccia.

"Andrà tutto bene. Nika quando saprà cosa ti ha fatto Patrick starà dalla tua parte. Fidati.." disse Teddy baciando dolcemente la fronte di James mentre il ragazzo si stringeva con forza al suo corpo piangendo lacrime amare.

TEDDY

Teddy alla fine era uscito dal suo appartamento ma non dopo essersi assicurato che James stesse meglio e stesse riposando.

Aveva lottato per farsi raccontare tutto e quello che aveva scoperto lo aveva fatto imbestialire. Come poteva quell'uomo maledetto alzare le mani sul suo James?

Con quale diritto?!

Nemmeno il pensiero che avesse cercato di portarselo a letto lo faceva bestialità così tanto.

Teddy odiava la violenza.

Ancora tremante di rabbia uscì dal palazzo che ospitava il suo appartamento e fece per recarsi al negozio di tatuaggi.

All'improvviso la sua attenzione venne catturata dalla porta a vetri del bar dove andava a fare colazione.

Da quella distanza non leggeva perfettamente ma era sicuro fosse un annuncio per trovare lavoro. Li aveva affissi anche lui prima di trovare Julian.

Dopo aver guardato attentamente a destra e sinistra, attraversò la strada e lesse il messaggio nero che risaltava sul foglio bianco.

Cercasi barista.

Teddy non ci pensò un secondo e aprì la porta a vetri entrando nel bar.

La sua attenzione venne subito catturata dalla tranquillità di quel posto.

Era tutto arredato in legno scuro, alla sua sinistra, sul fondo del locale c'era una grande libreria che prendeva tutta la parete.

James sarebbe morto in quel posto. Lui adorava leggere.

E poi... Teddy viveva di fronte al negozio. Se lo avessero assunto, cosa di cui Teddy non dubitava, poteva anche trasferirsi direttamente da lui.

Con quel pensiero che gli fece battere con forza il cuore nel petto, si avvicinò all'uomo dai capelli bianchi che si trovava dietro il bancone.

"Buon pomeriggio" disse Teddy con un sorriso.

A volte faceva colazione lì con Julian, ma non aveva mai parlato con l'uomo. Non erano in confidenza e non c'era alcuna amicizia tra i due.

L'uomo sollevò gli occhi su di lui e sorrise a sua volta.

"Buon pomeriggio..." disse l'uomo guardandolo, in attesa.

"Un caffè" disse Teddy. "Lungo"

L'uomo annuì e poi gli voltò le spalle mentre trafficava con la macchina del caffè.

Quando venne servito, Teddy guardò prima in silenzio la tazza con il suo caffè fumante, poi allungò la mano verso la zuccheriera.

Non appena aprì il coperchio l'odore di cannella invase dolcemente le sue narici. Sorrise e poi spostò la sua attenzione sull'uomo che lo aveva servito.

Si mosse con un leggero imbarazzo sullo sgabello.

"Mi scusi... posso...? Posso chiederle informazioni sul messaggio lì fuori?" Chiese Teddy.

"Quello dove cerco un barista?" Chiese l'uomo.

Teddy annuì.

"Non riesco più a gestire il locale da solo. Ho bisogno di una mano. Ormai sono troppo anziano per stare tutto il giorno dietro il bancone... se sei interessato posso farti un colloquio..."

Teddy lo guardò.

"In realtà non è per me. Ma... per una persona a cui tengo molto. Fa già il barista di professione solo che il luogo di lavoro dove si trova non è dei migliori ed io abito proprio qui di fronte. Se lui potesse avere questo lavoro starei più tranquillo..."

"Beh, allora chiama questo tuo amico e gli faccio subito il colloquio! Sarebbe un grande aiuto!" Disse l'uomo guardandolo.

Teddy sorrise.

"Sarà felice di saperlo solo che... al momento non sta molto bene... può venire lunedì? Ha la febbre al momento..." disse Teddy.

L'uomo lo guardò.

"Ma si, qualche giorno posso aspettare. Ad essere sincero sei l'unico che mi ha chiesto informazioni. Temevo di perdere le speranze... ho seriamente bisogno di una mano..." disse l'uomo.

Teddy sorrise mentre afferrava la tazza con il caffè.

"Le garantisco che non se ne pentirà..." disse Teddy.

"Lo spero proprio ragazzo. Questo lavoro è duro e richiede immensi sacrifici" disse l'uomo con un sospiro.

"È un grande lavoratore. Ama lavorare come barista. Lo conosco da sempre e il suo sogno è quello di avere un bar tutto suo..." disse Teddy.

Gli occhi dell'uomo si illuminarono.

"Allora non vedo l'ora di conoscere questo giovanotto!"

Teddy sorrise e mentre infilava la mano nella tasca per prendere i soldi, toccò il biglietto da visita del suo studio. Lo consegnò all'uomo.

"Se vuole contattarmi, questi due numeri sono del mio negozio e il mio cellulare..." disse.

L'uomo aggrottò le sopracciglia.

"Sei un amico di Julian?" Chiese.

Teddy ridacchiò.

"In realtà sono il suo capo. Il negozio di tatuaggi è il mio" disse Teddy con orgoglio.

Il barista lo fissò ammirato.

"Sei un bravo ragazzo" disse a Teddy, poi mosse la mano come per scacciare delle mosche invisibili. "Offre la casa. Hai già fatto tanto. Spero di conoscere questo tuo amico barista quanto prima!"

Teddy sorrise, lusingato sa quel trattamento.

"Glielo presenterò volentieri" disse prima di uscire.

Quando entrò in negozio trovò Julian mentre parlava con il primo cliente del giorno.

Teddy lavorò pensieroso, ad ogni cambio controllava il cellulare per leggere se c'erano messaggi da parte di James.

Intorno alle cinque decise di chiamarlo.

"Hey... come stai? Dormivi?" Chiese Teddy con tono preoccupato.

"Hey... non proprio. Sono sveglio da una mezz'ora. Non riuscivo più a dormire. L'effetto dell'antidolorifico è svanito mi sa..."

"Prendi un'altra pastiglia..." disse preoccupato Teddy.

"Ok" disse flebilmente James.

"Senti. Io prima di due ore non finisco, ma posso salire a casa a controllare..."

"No... tranquillo. Io... penso tornerò a dormire appena preso l'antidolorifico..."

"Domani e dopodomani non lavoro. Starò entrambi i giorni con te" disse Teddy con tono tranquillo.

"Ok..." disse James.

"Ah. Quando torno ordiniamo la pizza, ok?" Chiese Teddy senza però aspettare una risposta. "Ho una cosa importante da dirti..."

"Ok... allora a dopo..." disse James.

"Tutto ok, si? Hai chiamato i tuoi genitori? Non li fare preoccupare..." disse Teddy con tono serio.

"Sì, mia madre mi ha chiamato poco fa. Le ho detto che resto qui a dormire. Mi ha detto di salutarti"

"Bene. Ottimo... Ci vediamo dopo. Ho un cliente" disse Teddy.

James chiuse la chiamata un attimo dopo. 

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