16.
JAMES
James si stava vestendo per uscire. Si sentiva nervoso e teso quella sera e sentiva un nodo chiudergli la bocca dello stomaco. Da quando diavolo lui usciva con il suo capo? Che cavolo gli diceva la testa?
Era per quel motivo che notava sempre quando lui e Nika erano vicini? Gli voleva chiedere di uscire da tempo?
James sentì le guance prendere fuoco. E se quella notte Patrick avesse provato a baciarlo? Che cosa avrebbe dovuto fare? Accettare o rifiutare? James aveva paura che un possibile rifiuto potesse farlo licenziare.
James sospirò, spaventato ed intimorito per quella serata non affatto programmata.
Nemmeno si accorse di Albus e Scorpius abbracciati sul letto del moro che lo fissavano in silenzio.
"Che hai?" chiese Albus improvvisamente e James sussultò, guardandoli.
"Da quanto siete li?!" chiese James fissandoli torvo.
"Da tempo sufficiente per vederti sospirare. Dove stai andando?" chiese il ragazzo dagli occhi smeraldo e James negò con la testa.
"Esco. Vado ad una cena con dei colleghi" disse James.
"Ci sarà anche Nika?" chiese Albus.
"Ovvio, perché?" chiese.
Albus sollevò le spalle.
"Niente, solo mi sembri teso e la tua faccia sta dicendo che non hai alcuna voglia di uscire..."
James sospirò e poi forzò un sorriso.
"Cosa c'è di meglio di the, portatile e serie tv?" chiese James ridacchiando nervoso.
"Va tutto bene?" chiese a quel punto Scorpius.
James annuì.
"Benissimo!" Disse voltandosi per guardarsi allo specchio.
Poco dopo il suo cellulare prese a squillare e prima che Albus potesse vederlo, rispose alla chiamata.
"Sì?"
"Sono sotto casa tua..." Disse la voce di Patrick.
Le guance di James presero un tono rosato.
"O-ok. S-scendo" disse per poi chiudere la comunicazione con mani tremanti.
Afferrò portafoglio e salutò i due giovani che continuavano a guardarlo confusi.
Quando raggiunse la cucina trovò sua madre seduta al tavolo a fare un cruciverba. Non appena lo vide si tolse gli occhiali da lettura dal naso e lo fissò confusa.
"Dove stai andando?" Chiese mentre James le passava davanti.
Il figlio chiuse gli occhi. Poi si voltò verso di lei.
"Vado ad una cena di colleghi..." Disse.
"Ci sarà anche Nika?" Chiese la donna e James sbuffò.
"Ma perché vi importa tanto se ci sia Nika o meno?!" Sbottò, poi senza nemmeno salutare uscì di casa, percorrendo il vialetto con passo pesante.
Quando salì a bordo della macchina era arrabbiatissimo.
"Buonasera anche a te James, sto bene, grazie per avermelo chiesto" disse sarcastico l'uomo e James si voltò verso di lui per fissarlo negli occhi.
"Scusami. Io... Sono un po' nervoso" disse James abbassando lo sguardo, colpevole.
Patrick sorrise.
"Tranquillo, anche io sono agitato adesso. Andrà tutto bene. Andiamo a mangiarci qualcosa e poi ti riporto a casa. Tranquillo..."
James sorrise.
"Perdonami, non volevo..." Disse James arrossendo e Patrick allungò una mano per accarezzargli la guancia liscia.
James prese un respiro profondo.
"Andiamo via di qui prima di trovarmi tutta la famiglia qui sul vialetto..."
Patrick rise felice per poi mettere in moto e allontanarsi.
Quando giunsero al ristorante, James era più rilassato e si potè concedere di bere del vino.
Raramente beveva, di solito doveva guidare e non voleva essere fermato dalla polizia, ma quella sera niente glielo impediva e poi aveva bisogno di qualcosa per sciogliersi un po'.
I due parlarono di tutto, dal cibo, alla musica, per passare dalla passione per il loro lavoro fino a parlare di amore e relazioni.
"Il mio sogno sarebbe quello di poter aprire un bar tutto mio un giorno..." disse James mentre mangiava.
"Ah! La riconosco quella voce!" Disse Patrick. "Anche io avevo lo stesso sogno alla tua età. Ci sono voluti dieci anni per metterla in pratica..."
James alzò gli occhi al cielo.
"Da come parli sembri un vecchio...."
"Beh... mi sto avvicinando ai quaranta... mi sento vecchio si rispetto a te!" Disse indicandolo.
James arrossì.
"Guarda, non fidarti di quello che ho scritto sui documenti di identità, quella data è falsa, io dentro mi sento un ottantenne! Mi manca solo andare a giocare a bingo con loro il sabato sera e le ho tutte!"
Patrick ridacchiò.
"E cosa c'è di male nel voler passare una serata tranquilla? Io alla tua età non facevo altro che passare da un bar all'altro e non per lavoro, intendiamoci... tornavo a casa sempre ubriaco finché mio padre non mi ha imposto di smetterla. Voleva mandarmi in quei posti per alcolisti anonimi.."
"E ci sei andato?" Chiese James.
"Cazzo no! Mica ero un ubriacone! Mi piaceva bere nei weekend e basta. Era la compagnia che era sbagliata. Me ne sono andato via di casa con solo uno zaino e sono andato a vivere dal mio ragazzo dell'epoca. Lui si che beveva.. ogni volta che tornavo a casa non potevo mai fare nulla perché lo trovavo sempre addormentato con bottiglie di birra accanto a sé. Mi poteva anche stare bene finché non l'ho sorpreso con la droga."
James sbarrò gli occhi.
"Cazzo che schifo"
"Già... sul tavolino da caffè c'erano delle strisce bianche .. inutile dirti cosa stava facendo.. quella sera sono tornato a casa mia, ho chiesto perdono a mio padre e ho cominciato a rigare dritto. Quando ho trovato lavoro come cameriere per la prima volta mio padre non era felice, pensava che fosse dannoso per me.. visto le mie serate, invece con il tempo ho cominciato ad imparare i trucchi del mestiere, mi sono impegnato per diventare ogni giorno più bravo finché un giorno il proprietario del bar non mi ha proposto di comprarlo."
"E tu?" Chiese James.
"Io non avevo nemmeno un centesimo da parte e di certo non potevo chiedere a mio padre. La banca non mi avrebbe dato nulla perché non lavoravo da abbastanza tempo... così ho lavorato gratis per otto anni finché non mi sono trovato il locale. Fortunatamente ho vissuto grazie alle mance dei clienti.... Poi un ho firmato dei fogli che mi ha portato il vecchio proprietario e il giorno di capodanno mi ha messo le chiavi in mano dicendo: "buon lavoro, ragazzo. Questo locale da oggi è tuo" e poi se n'è andato, lasciandomi con un locale da gestire. All'inizio è stata dura. Molti clienti hanno smesso di venire, poi ho capito che ci voleva qualcosa per attirare la gente e ho cominciato con le serate di karaoke. Il resto lo sai..."
James aveva smesso di mangiare da quanto era rimasto affascinato da quel racconto.
"Sei davvero forte" disse Potter guardandolo con ammirazione.
"No, non lo sono. Ho solo avuto tanta fortuna..." disse.
James sospirò.
"A me piacerebbe avere una libreria nel mio bar. Sai? Studenti che vengono a studiare o persone che vogliono solo bere e leggere in pace... vorrei che ci fosse pace e tranquillità nel mio locale. Mi piacerebbe vederlo arredato con il legno..." disse James con un sorriso e Patrick allungò una mano per stringerla nella sua.
"Vedrai che ce la farai..." disse l"uomo incoraggiante e James arrossì sotto quello sguardo.
"Speriamo" disse.
Quando uscirono dal locale i due giovani fecero una passeggiata.
"Ti va un dolce?" Chiese Patrick indicando le vetrine di Queen's Deli.
"Mmm... adoro le loro crepès alla Nutella, ma non so se sarei in grado di finirle..."
"Beh, la dividiamo, no?" Chiese Patrick posandogli una mano sulla schiena per entrare.
Uscirono dal locale che era mezzanotte.
"Cavolo, è tardissimo!" Disse James guardando l'orologio sul telefono.
"Hai il turno pomeridiano domani..." disse Patrick guardandolo.
"Sì, io. Ma mio fratello va a scuola e quindi si sveglia lui svegli tutti..." disse passandosi una mano sulla faccia.
"Mi dispiace. Io sono figlio unico..." disse l'uomo che gli camminava accanto.
Quando raggiunsero la macchina, il viaggio di ritorno fu tranquillo.
Non parlarono, ma il silenzio non era affatto imbarazzante.
Quando raggiunsero casa di James, Patrick parcheggiò prima del suo vialetto e James sospirò.
"Grazie per la bella serata" disse mentre si toglieva la cintura di sicurezza.
"Grazie a te..." disse Patrick. "Potremmo rifarlo... magari possiamo andare al cinema..."
"Ah... io... beh... non saprei..." disse James abbassando la testa.
"James..." disse Patrick con tono fermo e il giovane Potter sollevò lo sguardo per ritrovarselo vicinissimo.
"Non succederà nulla al tuo lavoro se questo è quello che ti preoccupa. Mi piaci davvero tanto" concluse il maggiore per poi posare le labbra su quelle di James che si arrese immediatamente a quel bacio.
Sapeva di Nutella, Patrick baciava bene, o perlomeno gli piaceva ricambiare, ma James non sentiva alcuna elettricità.
Non era come baciare Teddy.
A quel pensiero James si staccò e guardò il suo capo con gli occhi sbarrati e le guance rosse.
"Oddio..." disse posando la mano sulle labbra.
"Va tutto bene..." disse Patrick con un sorriso. "Ci vediamo domani al lavoro"
James scese dalla macchina e rimase in piedi sul vialetto mentre lo guardava allontanarsi.
Poi si voltò mentre tirava fuori dalle tasche le chiavi di casa.
La sua bocca sapeva di Nutella.
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