Martedì 10 aprile 2001

Un pomeriggio in cui avevamo provato qualcosa in più per uscire dalla noia, le avevo buttato lì un «Mi sto facendo un bagaglio tecnico da Toy Boy» e lei mi aveva guardato con uno sguardo molto interrogativo.

«Ti vedi come un semplice Toy Boy

L'accento fortissimo che aveva dato a quelle due ultime parole, marcate anche come tono, mi aveva fatto capire che pure lei si interrogava sul futuro di quella cosa che stavamo facendo.

«Mi vedo in una relazione strana. Sicuramente in equilibrio» avevo risposto, un po' evasivo.

«Paolo non direbbe comunque nulla, posso rinfacciargli ben altro. Sei tu che puoi dire.»

«Cosa intendi?» avevo chiesto, con una certa apprensione per quello che avrebbe potuto dire.

«Sentirti un toy boy significa che sei in una cosa che è solo sesso.»

«È molto di più per te?»

«Se mi fai questa domanda penso che per te non è molto di più. Ma non mi aspettavo una risposta diversa. Sarebbe da stupide pensare che ti sei innamorato, non puoi innamorarti di me.»

Le sue forme procaci erano di una quarantenne, traboccavano capacità di soddisfare un maschio, stuzzicavano fantasie e desideri sessuali, ma a me non ispiravano amore. Ma a ben vedere poche cose mi ispiravano amore.

A ben vedere nulla mi ispirava amore.

E glielo avevo detto.

«Non pensare lo dica per circostanza, non mi sono innamorato, non amo neppure i miei genitori, non amo nessuno.»

«Ami te stesso, e lo metti in cima a tutto» aveva replicato lei, e in una frase aveva fatto il mio riassunto perfetto.

«Forse è vero.»

«Fai bene, avrei dovuto farlo anche io, ho iniziato troppo tardi.»

Non sapevo nemmeno cosa rispondere: stava andando in down. A dimostrazione di questo, aveva tirato fuori una dose, l'ennesima, e l'aveva tirata in fretta, cercando di recuperare euforia nella maniera più rapida possibile. Ma era qualcosa di artefatto.

«Certo che, starmene tutta sola a tirare è imbarazzante

Aveva alzato la voce rendendola quasi stridula nel tentativo di dare un tono ridanciano a quello che diceva, aveva chiuso dicendo «Devi provare, la amerai

Ma non avevo ben capito se si trattasse di una presa in giro o una convinzione. Da parte mia non avevo certo voglia di dedicarmi alla coca per stare appresso a una pantera ageé. Prendo il dialogo appena citato come il punto in cui di fatto la storia con la tizia ha iniziato a precipitare. Ci eravamo sentiti meno, poi sempre meno, poi quasi nulla, e così era anche per i rifornimenti di coca: come se improvvisamente si vergognasse di richiederla ed usarla in mia presenza.

Ad aprile ci eravamo visti solo nelle occasioni ufficiali. Il buco economico lasciato da lei però si era pian piano riempito da tutto lo smercio delle feste e delle serate "under" degli amici e delle amiche di Teodorina: erano affamati di sballo, ed erano assurdamente lasciati a loro stessi nel decidere come passare le serate, e quanto spendere.

Quello che gli procuravo io, pur pagandolo, era per loro quasi un regalo, non erano i soldi ad aver valore, perchè per loro i soldi non ne avevano. Era l'esperienza dello sballo e dell'andare sopra le righe che aveva valore. Le situazioni in cui sguazzavo certe sere mi parevano uscite pari pari da certi video bling bling, e senza volerlo avevo iniziato a agevolare tutto questo, mutando aspetto, piano piano, trasformandomi in una copia molto più glam di Jay, quasi eccessiva, sicuramente più costosa.

Ma la coca rendeva, e me lo potevo permettere.

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