Bad Boy

È ironico che tutta questa storia abbia questo epilogo. Il 2002 era quasi finito, Jay aveva talmente fatto il botto che tutte le associazioni dei genitori mi stavano alle calcagna. Su di me avevano tirato fuori tutto, l'arresto a Roma, le conoscenze nello spaccio, la presenza nella compila romana assieme a ragazzi considerati "vicini all'estremismo islamico".

Nelle comparsate in radio e in TV, nei talk, me l'ero cavata bene, parlando poco e appena appena arrogante, tanto che sembravo quasi uno intelligente. Con il team avevo messo a punto l'immagine del Bad Boy che consapevolmente ha fatto quello che ha fatto.

Poi i giornaletti scandalistici avevano proposto il video di Loco Club, che era tornato ad essere un tormentone immediatamente. Ero mediatico, e odiato nella maniera giusta, quella che mi faceva incassare.

Masta aveva prodotto tre tracce, e nonostante fossero passati sei mesi, non avevo capito se ne era rimasto contento o no. A Milano avevo preso un appartamento ed avevo riempito l'agenda di serate non solo nel Nord Italia: in Centro Italia avevo subito contattato Gamil e i peggiori elementi del suo giro, in modo che le polemiche sugli atteggiamenti estremisti e violenti continuassero il più a lungo possibile.

Ero arrivato a mettere il piede sul primo pianerottolo, tanto che erano arrivati altri dissing a cui avevo risposto calcando il più possibile la mano. Chi veniva a vedere le serate ululava quando gli intonavo qualche rima di sfottimento a qualcuno. Era un gran carrozzone che faceva felice soprattutto il mio conto corrente.

Ero pieno di troie.

Non fraintendete, lo dico in senso positivo per quanto riguarda le ragazze, in senso spregiativo quando parlo di tizi maschi, gente spuntata da ovunque millantando vecchie conoscenze, amicizie di cui non mi ricordavo mai al mondo, gente che si ricordava di me nei fallimentari rap battle dei primi tempi della capitale.

Era divertente fare le feste più zarre che mi potevo immaginare e poi aspettare solo che trapelasse qualche particolare e qualcuno ci scrivesse sopra qualcosa. Mi sembrava di essere il pifferaio di Hamelin.

La mia vita fatta di corse avanti e indietro tra Cesena e Roma, di discussioni con gente scarsa, di compile autoprodotte, di copertine fatte con la macchinetta fotografica digitale sembrava lontano anni luce.

«Mi dispiace Jay, non è andata come pensavo, e ora ho bisogno di soldi.»

La Dily era tornata, ed era in condizioni terribili, sembrava avesse trent'anni. Aveva raccontato che la sua carriera non era andata come sperava, che anzi era piano piano sprofondata in una specie di depressione che l'aveva pesantemente rituffata negli stupefacenti. Tutte le telefonate in cui raccontava i suoi numeri erano invenzioni, pure e semplici.

Aveva smesso con il filone hard, aveva trovato enormi difficoltà nel tornare al soft, sentendosi a disagio, ed era tornata a girare feste e discoteche alla ricerca dei soliti personaggi che millantavano potere decisionale nel mondo dello spettacolo. Il suo degrado fisico era evidente, l'avevo vista almeno un paio di volte avere una sorta di tremore.

Mi ero sentito offeso dalle telefonate inventate che mi aveva fatto, e dopo quei mesi in cui tutti i miei sforzi si erano concretizzati, ritrovarmi quel fantasma di un passato ormai lontano anni luce era quanto di meno gradito potevo immaginare.

Non volevo avere quel peso, non volevo ritrovarmi a fare dei passi indietro, ero uno che stava sfondando e tutte quelle cazzate da mezzi amici che chiedevano aiutini le avevo cassate per tutti quelli che si erano riproposti in quei mesi, con lei non avrei fatto eccezione.

«Dily, hai fatto la tua scelta, non sarò io che risolverò i tuoi problemi con il mondo dello spettacolo che non ti vuole. Ti serve un biglietto per Roma? No problem. Ti serve una camera d'albergo una settimana a Milano per fare dei casting? No problem. Ti serve un vestito per un provino? No problem. Ma non mi chiedere di farti da puttaniere. Non l'ho mai fatto quando come troia facevi la tua figura, non lo farò certo adesso che hai scoperto che non è il tuo mestiere.»

«Sei uno stronzo, dovevo denunciarti all'epoca, lo sapevo. invece ti ho levato dalla merda quando facevi il rapper e intanto spacciavi ai regazzini. Cogliona io, dovevo capirlo subito che te pensi solo a te stesso. Se non c'ero io che mi facevo scopà davanti a una telecamera col cazzo che stavi qui a fare il principe del beat a Milano. Non sei un cazzo Già.»

«Non posso nemmeno dirti "Se c'ero io" perchè ci sono stato, e t'ho cavato dalla vita da bocchinara di belle speranze, ma non ce l'hai fatta a starci fuori, sei tornata a fare la bocchinara senza neanche più le belle speranze. E vieni a farmi la morale? Ma cavati da qui per favore, che non ho tempo da perdere con chi non sa gestirsi la vita.»

Mi aveva sputato in faccia, ed era uscita. E quella era stata l'ultima volta che l'avevo vista prima di oggi.

Poi era arrivata la citazione in giudizio per detenzione e spaccio di stupefacenti con l'aggravante della destinazione a persona di età minore. Ed una causa civile per risarcimento danni per aver indotto la Dily a intraprendere l'uso di stupefacenti. Infine l'arresto tanto desiderato da una bella fetta di genitori d'Italia, e tutto il resto.

Qualcuno mi ha abbandonato, sentendo puzza di bust dopo questa grana, ma me lo aspettavo perché la gente non sa vedere lontano, basta un "buh" ed i passerotti scappano dalla vigna dove rubano l'uva. Io penso sia una grande occasione, l'ennesima grande occasione di passare per la bocca di tutti, perché è quello che succederà: le telecamere racconteranno tutto per filo e per segno, facendola passare per realtà, ma sto già lavorando con un paio di esperti.

La realtà va raccontata bene, tanto che sono sicuro che diventerà uno splendido reality. Andrò in galera, racconterò la galera, racconterò Jay arrabbiato e non pentito. E Jay tornerà, e voi sarete di nuovo le sue puttanelle.

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