Capitolo 47 "Coming out"

I miei genitori e quelli di Jason partirono qualche giorno prima di noi per la casa al mare.
Dissi agli altri della vacanza. Rimasero molto sorpresi, soprattutto Blane e Helen, che conoscevano bene il padre di Jason.
Io, Eric, Mercy e Jason partimmo qualche giorno dopo dei nostri genitori. Durante la prima parte del viaggio ci furono lunghissimi silenzi imbarazzanti. Così lunghi da sembrare infiniti. Tutto ciò durò finché Mercy non tirò fuori un argomento scomodo.

"Jason, Jason, Jason. Ho saputo che te la fai con mio fratello."

Eric, che stava guidando, sbandò leggermente ma poi riprese subito il controllo. Io tossii e fulminai mia sorella con lo sguardo: avevamo deciso di non tirare fuori questi argomenti per tutta la vacanza, per evitare problemi, ma quella testarda faceva sempre a modo suo.

"Mercy! Ma che ti salta in mente?!" esclamai.

"Sì, me la faccio con tuo fratello, se vuoi metterla così. Io la nostra la definirei più una relazione che una scopata e via." rispose Jason tutto sicuro di sé.

"Ma fatevi una risata ragazzi! È un mortorio!" concluse Mercy, sorpresa dalla risposta di Jason.

Mi appoggiai alla spalla di quest'ultimo e mi addormentai.
Arrivammo a Brighton verso l'orario di pranzo. La nostra casa era a cinque minuti di cammino dal mare, in un posto un po' nascosto, tra gli alberi. Giunti davanti al vialetto vidi i miei genitori e quelli di Jason che stavano prendendo un caffè nel portico.

"Ci siamo ragazzi..." mormorò Mercy.

"Sì."

"Ho un'ansia assurda." dissi io.

Jason mi strinse di più la mano quando sentì questa frase, ma senza togliere lo sguardo dai nostri genitori. Nei suoi occhi spenti leggevo preoccupazione. Mi sentivo impotente davanti a quella situazione, così mi limitai a sussurrargli nell'orecchio sinistro.

"Andrà tutto bene."

Lui sorrise, un po' forzatamente, poi ritornò a guardare fuori dal finestrino.
Quando scendemmo dalla macchina sentii gli effetti del viaggio: le mie gambe erano morte e avevo una leggera nausea.

"Eccoli qua!" esclamò mio padre allargando le braccia.

Li salutammo, poi il signor Adam mi presentò sua moglie. Era una donna alta e dalla carnagione chiara. Aveva i capelli castani e gli occhi di un verde puro. Avevo capito da chi aveva preso il mio Jason.

"Allora Jake, questa è mia moglie Carolyn."

Lei mie strinse la mano.

"Wow, ma sei cresciuto molto dall'ultima volta che ti ho visto!"

Io sorrisi imbarazzato, poi lasciai la sua mano.

"Allora, fra un'ora pranziamo. Intanto potete disfarre le vostre valigie e andare a fare un giretto qua intorno."

Annuimmo ed entrammo in casa. Edward era seduto nel grande salone adiacente all'ingresso. Stava leggendo un grande libro e non si accorse subito della nostra presenza.

"Ma sei davvero noioso lo sai?!" esclamò Mercy, lanciandogli un cuscino addosso.

Lui lo schivò e appoggiò il libro sul tavolino.

"E tu sei una ragazzina! Hai venticinque anni, cresci!"

Mercy si mise sulle sue gambe e iniziò a colpirlo con un cuscino.

"Io immatura?" chiese.

"Così confermi solo la mia tesi!" esclamò Edward tra una risata e l'altra.

"Ragazzi voi due siete dei bambinoni! Smattetela!" disse Eric, rassegnato.

Mercy si alzò e iniziò a salire le scale con le valigie in mano. Guardai Edward che aveva ricominciato a leggere. Lui si girò e mi fece un cenno con la mano. Ricambiai il saluto e andai al piano di sopra.
La mia camera era adiacente a quella di Jason. Sarebbe stata una tortura averlo così vicino, ma non poter stare con lui.
Dopo aver disfatto le valigie andai dagli altri che erano già in giardino. Mi sedetti accanto a loro.

"Allora ragazzi, che faremo in questi giorni?" chiese Edward.

Io e Jason ci guardammo contemporaneamente.

"A parte scopare." disse Mercy ironicamente, quando si accorse dei nostri sguardi complici.

Arrossii di colpo.

"La smetti di tormentarmi?!"

"Mercy sei davvero insopportabile." aggiunse Eric.

"Scusate, scusate! Volevo solo allentare la tensione."

Scossi la testa.

"Fa niente, io vado in camera mia."

Mi alzai e mi avviai verso la casa.

"Jake era uno scherzo!" esclamò lei da dietro.

"Di pessimo gusto, stronza..." sussurrai.

Sbattei la porta dietro le mie spalle e iniziai a buttare per terra tutto ciò che mi capitava tra le mani. Non potevo più controllarmi, dovevo distruggere e sfogarmi per togliere quelle battutine stupide di Mercy dalla mia mente. Mia madre entrò improvvisamente e chiese cosa stava succedendo.

"Succede che tutto questo non ha senso! Questa vacanza è inutile! Io non voglio starci con quella stronza!"

Lei mi guardò con un'espressione stupita.

"Chi?!"

"Mercy!"

Ormai ero esploso e i miei occhi erano pieni di lacrime.

"Jake, è tua sorella..."

"Lei non è mia sorella. Se lo fosse non direbbe quelle cose..." dissi, quasi tra me e me.

"Quali cose?"

Entrai nel panico.

"Dimmi che ti ha detto." insistette lei.

"Jake." mi chiamò una voce.

Era Jason, che stava in piedi davanti alla stanza. Mia madre si girò e sorrise.

"Jason! Io devo andare a finire di cucinare. Perché non fai compagnia a Jake?"

"Sì signora, ci penso io." rispose lui, con molta gentilezza.

"Lauren! Chiamami Lauren."

Mia madre uscì, lasciandoci soli. Non potei trattenermi: corsi tra le sue braccia, quelle calde braccia che mi facevano sentire al sicuro.

"Perché quelle battutacce non ti fanno niente?"

"Perché sono stupide. Jake, non devi farti buttare giù da tua sorella o da tutti quelli che ti giudicano e che ti giudicheranno."

Lo strinsi più forte.

"Io sono qui e finché ci sarò nessuno potrà farti del male."

Annuii con la testa e gli diedi un bacio a stampo, ma lui mi prese per i fianchi e iniziò a baciarmi sul serio. I nostri respiri diventarono un tutt'uno, come i battiti dei nostri cuori. Quel bacio era intenso e stava portando a qualcos'altro di ancora più forte. Lui mise una mano sotto la mia maglietta e iniziò a toccarmi il petto. Quel gesto, anche se piccolo, mi fece eccitare, perché era da un po' che non lo facevano.

"Jake, ti voglio cazzo."

Mi morsi il labbro inferiore.

"Anch'io, ma di sotto ci sono i nostri genitori."

"Cosa succede?!" esclamò una voce femminile.

Ci voltammo e mi si gelò il sangue quando vidi la madre di Jason che ci stava guardando con un'espressione delusa.

"Mamma..."

"Jason, cosa stai facendo? Perché vi stavate abbracciando?"

"Lui mi stava tirando su di morale, perché ho appena litigato con Mercy."

"Non ti credo, Jake.So che mio figlio è gay e tu sei un bel ragazzo. Dimmelo, ti stava infastidendo?"

Dovevo decidere: o salavarmi o "sacrificarmi" con lui.

"Signora McCurthy, in realtà noi... " iniziai.

"Sì è proprio così. Jake è un bel ragazzo e io ci stavo provando." mi interruppe lui.

"Ma perché sei così? Perché non puoi essere normale?! Io voglio solo un figlio come tutti gli altri!"

Non potevo lasciare che lui si prendesse tutta la colpa.

"No! Noi stiamo insieme. Anch'io sono...gay."

"Jake, ma che stai dicendo? Non devi difenderlo! Non metterti in mezzo a questa storia."

"No, noi stiamo insieme. Sono serio."

La sua espressione cambiò di colpo, come se fosse la prima volta dall'inizio della conversazione che mi stesse ascoltando realmente.

"Mamma..."

"No, no!" esclamò lei.

"Io lo amo. Mamma, ascoltami! Lo amo! Sono tuo figlio e devi smetterla con queste scenate e questi discorsi sulla normalità."

Gli occhi di Carolyn si riempirono di lacrime.

"Io non sono tua madre! Tu non sei mio figlio! Sei solo un errore!" detto questo, corse via.

Mi girai verso Jason: tremava e aveva lo sguardo rivolto verso il basso.

"Jason..."

"Ha appena detto che non sono suo figlio..."

Lo abbracciai, ma lui mi spinse.

"Lasciami in pace Jake. Non dovevi metterti in mezzo! Tu non centri niente con me. Forse siamo davvero sbagliati."

"Fino a qualche minuto fa mi stavi baciando e volevi fare l'amore con me e ora dici che siamo sbagliati?"

"Senti io vado a fare un giro."

Se ne andò anche lui e rimasi solo con il cuore a pezzi.

-

Il calore estivo, insieme alle candele sul tavolo, dava della magia a quell'atmosfera un po' tesa.

"Jake, tu non mangi?" chiese mia madre.

Alzai lo sguardo.

"No." risposi freddamente.

"Okay..."

Era da cinque giorni che mangiavamo tutti insieme e in particolare la cena a quel tavolo era una tortura. La sera, dopo una giornata al mare o una passeggiata in campagna eravamo tutti stanchi e a quella stanchezza si aggiungevano le tensioni causate dagli avvenimenti del primo giorno. Tra gli sguardi gelidi della signora Carolyn, quelli maliziosi di Mercy e quelli da cane bastonato di Jason non sapevo se ridere o piangere. Era una situazione assurda e stavo cercando disperatamente un modo per fuggire.

"Allora, manca una settimana alla fine di questa bella vacanza." disse mio padre, per rompere quel silenzio agghiacciante.

"Sì, che peccato! Stiamo così bene tutti insieme! Sembriamo una grande famiglia." disse Mercy, con la sua solita insopportabile ironia.

"Bisognava ridere?" domandai, senza distogliere lo sguardo dal mio piatto.

"Ragazzi, state calmi. Non iniziate a scaldarvi." intervenne mio padre.

"È quella che non sta mai zitta."

"Io almeno sto al mio posto e non faccio cose che non dovrei."

Sapevo dove voleva andare a parare, quindi mi arresi per evitare un disastro. Mi alzai dal tavolo ignorando gli ammonimenti di mia madre e andai nel gazebo del giardino che stava dietro casa. Quello mi ricordò il giorno del mio compleanno, quando Jason mi raccontò la sua storia. Mi venne una fitta al cuore nel ripensarci.

"Sai, quando Jason era piccolo avevamo un bel gazebo come questo a casa. D'estate lui ci passava serate intere a guardare le lucciole. Quei puntini luminosi che riempivano il giardino lo hanno sempre affascinato. Poi c'è stata quella maledetta estate che ha rovinato tutto e lui non ha mai rimesso piede in quel gazebo e non l'ha permesso a nessuno. È diventato un altro."

Mi voltai e vidi la signora Carolyn.

"Mi dispiace per l'altro giorno..."

"No, non pensarci. Prima o poi l'avrei scoperto e poi sono io che non riesco ad accettare mio figlio. L'ho persino rinnegato. Ma che razza di madre sono..."

"Non si deve colpevolizzare... "

"No, ti prego: dammi del 'tu'."

Le strinsi le mani e lei si stupì per quel gesto.

"Hai un figlio fantastico. All'inizio lo odiavo, perché sembrava freddo, ma lui è tutt'altro: dolce, simpatico e protettivo. Lui è così perfetto. È gay, va bene, ma che problema c'è? È pur sempre Jason! E io lo amo, lo amo così tanto..."

All'improvviso, delle lacrime iniziarono a rigarle il viso. Non erano lacrime di tristezza, ma di gioia misto a commozione.

"Sei un bravo ragazzo, Jake."

Mi abbracciò e da lì percepii quel calore che tutte le madri hanno, un calore mai provato prima.

"Andrà tutto bene, piccolo." mi sussurrò, prima di tornare davanti a casa dove stavamo cenando.

Rimasi là, immobile, con il fiato sospeso. Non sapevo che fare: una parte di me diceva di andare lì e dire ai miei genitori tutta la verità, ma il mio buon senso me lo impediva.
Quella sera non successe niente, perché vinse il buon senso e iniziai ad aver paura che se avessi continuato così non glie l'avrei mai detto.

-

Il giorno dopo Jason mi diede appuntamento nel bosco che stava vicino alla casa.
Quando arrivai mi guardai intorno, ma non lo vidi. Poi sentii qualcuno stringermi da dietro.

"Mia madre ha detto che ieri sera ha parlato con te."

"Sì, le ho parlato."

Mi girai verso di lui per guardarlo in faccia.

"Jake sei unico. Non so da dove hai trovato il coraggio per fare ciò che hai fatto."

Mi toccai il petto.

"Da qui. È stato il mio cuore a fare tutto."

"Mi dispiace per ciò che ti ho detto ieri. Noi non siamo un errore. Noi siamo perfetti! Dobbiamo stare insieme, per sempre..."

"Lo so, eri solo un po' nervoso."

"Jake."

"Sì?"

"Ti amo..." sussurrò.

Sorrisi e lo guardai dritto negli occhi.

"Anch'io ti amo."

-

Avevamo passato tutta la giornata al mare. Mancava qualche giorno alla fine della vacanza. In quel momento stavamo cenando e stranamente c'era un'atmosfera rilassata.

"Ah, ma stasera si sta davvero bene." disse mio padre.

Guardai Mercy, per assicurarmi che non volesse rovinare tutto con una delle sue battutacce. Per fortuna non lo fece e continuò a mangiare e a scambiare qualche parola con Edward.

"Eric, hai una ragazza?" chiese il padre di Jason.

Mio fratello arrossì, poi rispose.

"Sì, ce l'ho. Si chiama Meredith."

"Da quanto state insieme?"

"Quasi due anni."

"Da così tanto? Ma non sarà ora di fare il grande passo?"

"Io non so se è il caso di parlarne ora..."

"E magari un giorno avrete dei figli, tanti figli e i tuoi genitori dei nipotini!" disse, guardando Jason.

La situazione stava diventando pesante.

"Ma che problemi hai?" chiese quest'ultimo.

"Niente, nessun problema. Solo che mio figlio è gay!"

"Ma perché cazzo devi sempre rovinare tutto? Stavamo cenando in pace!"

"Per una volta non è colpa mia." disse Mercy, ironicamente.

La guardai malissimo e lei tornò seria.

"Jason non parlare così a tuo padre."

"Mamma, quello non è mio padre. È soltanto un bastardo manipolatore: secondo te perché ha organizzato questa vacanza?"

"L'abbiamo organizzata per riallacciare i rapporti, anche finanziari." intervenne il signor Adam.

"Ma fammi il piacere."

"Sei un viziato ed egoista. Non solo sei gay ma te la fai anche con loro figlio!"

Cadde il silenzio e ricordo che mi sentii morire sentendo quell'ultima frase.

"Scusa Adam, con chi se la fa Jason?" chiese mia madre, scioccata.

I miei genitori guardarono Eric, che però abbassò lo sguardo. Poi passarono a me.

"No, scusate mi sono confuso." provò a spiegare Adam.

"Eric, hai appena detto che stai con Meredith e che ci stai da due anni. Perché la tradisci con Jason? Eric, figliolo mio, tu sei etero, non è così?" chiese mia madre ansiosamente.

Eric mi guardò e lo fecero anche Jason, Mercy e Edward.

"Lauren, mio marito ha detto che si è sbagliato..." provò a rimediare la signora Carolyn.

Fu inutile perché i miei genitori la ignorarono completamente.

"Allora Eric?" insistette mio padre.

Non potevo nascondermi dietro agli altri per sempre, così feci la mia scelta. Una scelta giusta, anche se dura.

"Eric non tradisce Meredith con Jason." iniziai.

"Che significa? Vuoi dire che sei tu che te la fai con Jason?" chiese mia madre, quasi ironicamente.

"Jake, non fare questi scherzi. Non puoi difendere tuo fratello. Lui ha ventiquattro anni e deve prendersi le responsabilità di ciò che fa. Sei piccolo per farlo tu..."

"Sono gay!" esclamai, interrompendo l'incomprensibile farfugliare di mio padre.

Lo dissi tutto d'un fiato e ricomincia a respirare solo dopo averlo fatto.

Vi era silenzio. Si sentivano solo i grilli che canticchiavano tra gli alberi e una leggera brezza.

Mio padre fece cadere il bicchiere di vino che teneva in mano e mia madre prese il tovagliolo che aveva sulle gambe e lo sbatté con forza sul tavolo.

"Scusa?" chiese quest'ultima.

"Avete sentito bene."

Jason mi afferrò la mano da sotto il tavolo e iniziò a stringermela per darmi forza. Quel gesto mi fece sentire meglio.

"Perché nessuno sembra sorpreso? Perché solo io e tua madre abbiamo questa espressione da deficienti?"

"Lo sapevano! Jake loro lo sapevano già!" disse mia madre, con un'espressione disgustata.

"Sì, lo sapevamo e lo avreste saputo anche voi se solo aveste provato a parlare un po' di più con vostro figlio." disse Eric.

Non l'avevo mai visto così: sembrava davvero arrabbiato.

"Io non voglio un figlio gay." disse mia madre.

"Bene mamma, allora non hai un figlio." conclusi.

"Bene."

"Lauren non pensi che stai esagerando?" chiese Carolyn.

Mi alzai e sbattei il mio tovagliolo sul tavolo. Mercy mi prese per mano, trattenendomi.

"Mamma, prima di tutto stai davvero esagerando! Ma come ti permetti? Sei sua madre! Cazzo siete i suoi genitori! Ci avete sempre insegnato ad accettare le persone come sono e non escludere nessuno e ora state avendo un comportamento davvero incoerente." disse.

Mercy e Eric quella sera erano diversi. Non erano mai stati così.

"Tu vuoi avere un fratello gay? Vuoi che la gente parli male di te a causa sua?"

"Lui è mio fratello. Gay o non gay."

"Ma..."

Mia madre non sapeva più che dire. Mio padre si era già rassegnato da un po' e se ne stava con lo sguardo perso nel vuoto, come un manichino senza vita.

"Mamma, papà, sono gay e amo Jason. Accettatelo o non fatelo, per me è uguale. Non farò finta di essere etero per voi. Non sarò infelice per farvi fare bella figura." detto questo me ne andai.

Dopo alcuni passi continuai a sentire che la discussione era ripresa, ma me ne fregai. Ero stufo di nascondermi e finalmente avevo fatto coming out. Mi aspettavo di peggio: cose come urla, piatti che volano e fiamme. Invece ero lì, in piedi e più forte di prima. Andai verso la spiaggia che stava là vicino e iniziai a camminare sul bagnoasciuga.

"Jake!"

Era Jason che stava correndo verso di me. Dietro di lui c'erano Mercy, Eric e Edward. Appena furono vicino a me mi abbracciarono.

"Oddio ragazzi, così mi fate male."

"Zitto e fatti abbracciare fratellino mio." disse Mercy.

Ci staccammo dopo un po'.

"Come ti senti?" chiese Jason.

"Come un'orfano."

"Non preoccuparti, capiranno prima o poi."

Sorrisi, alzando le spalle e mi girai verso il mare.

"Mi sento libero. Mercy, Eric, grazie per avermi difeso."

"Dovere, fratello." rispose quest'ultimo.

Mi tolsi la maglietta e mi tuffai in acqua. Lo fecero anche gli altri.
All'improvviso Jason mi prese la mano, mentre gli altri continuarono a schizzarsi a vicenda e a scherzare.

"Ti sposerei, lo sai?"

"Cosa?" chiesi, incredulo.

"Sei la mia vita Jake Smith. Non posso vivere senza di te."

"Jason, così mi fai piangere."

Mi buttai tra le sue braccia e le lacrime iniziarono a scendere.

"Un giorno ti sposerò e sarai mio, per sempre."

Quella era la cosa più bella che avessi mai sentito. Non ci furono altre parole, ma solo un lungo bacio sotto un magnifico cielo stellato.

-
"Io non voglio un figlio gay." disse mia madre.

"Bene mamma, allora non hai un figlio." conclusi.

"Bene."

Questo è un dialogo che ho ripreso dal film "Prayers for bobby". Comunque grazie a tutti quelli che stanno leggendo.

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