Capitolo 45 "After"
Percepii un'improvvisa sensazione di freddo, nonostante avessi le coperte: Jason che fino a quel momento mi aveva tenuto stretto nelle sue braccia, si era girato dall'altro lato. Controllai l'orario e rimasi deluso nel vedere che erano solo le 5:10. Quello era il primo giorno di vacanza e la cosa mi rendeva abbastanza eccitato. Mi alzai aiutandomi con le braccia e rimasi seduto sul letto con la coperta fino al bacino. Continuavo a guardarmi intorno, spaesato. Il mio sguardo passava dalla finestra, allo specchio per poi soffermarsi di più su Jason. Speravo si svegliasse, perché quel silenzio mi stava facendo impazzire, ma poi decisi di sdraiarmi nuovamente e infilarmi sotto le coperte per provare a dormire un altro paio di ore. Inizialmente iniziai a fissare il soffitto, poi socchiusi gli occhi e la stanchezza per la sera prima, fece il resto.
Qualche ora dopo mi svegliai di nuovo, ma stavolta perché sentii dei movimenti dall'altra parte del letto: Jason si era svegliato e si era avvicinato a me per darmi un bacio sulla fronte.
"Buongiorno."
"Giorno." risposi con un bel sorriso.
"Come stai?"
Ripensai alla fantastica notte che avevamo passato insieme. Era stato magico e intenso. Avevo ancora il suo odore addosso e ed era molto buono.
"Bene."
"Andiamo a fare colazione?"
"Ma sono stanco, restiamo a letto un altro po'."
"Ci credo, dopo tutto ciò che abbiamo fatto stanotte..."
Sorrisi nuovamente.
"Ti va ancora?"
"No, ho le anche a pezzi."
Scoppiamoo a ridere. In quel momento si aprì la porta.
"Oh cazzo..."
"Cassie? Ma che fai?"
"Ho confuso il bagno con la tua camera, scusa..."
"Ma che fai in casa mia?"
"Ieri sera siamo rimasti tutti a casa tua."
Guardai Jason e cercai di ricordare. Mi tornò in mente che dopo il ballo avevamo camminato per le strade di Londra, sorreggendoci a vicenda per la terribile sbronza causata dal punch corretto da Blane. Dato che erano le 4:00 del mattino e casa mia era la più vicina, avevamo deciso, cioè più che altro avevano deciso di imbucarsi. Eric c'era, quindi avevo acconsentito.
Helen, la più sobria di tutti, aveva preferito tornare a casa. Sarah e Tomas avevano preso la piccola camera degli ospiti che stava al piano di sotto. Blane aveva optato per il divano e dopo essersi fumato una canna si era addormentato come un sasso. Cassie e Daniel ci avevano dato dentro nel letto del mio povero fratellone, mentre io e Jason naturalmente ci eravamo chiusi in camera mia e avevamo fatto l'amore.
Le sorrisi, un po' imbarazzato.
"Ah sì, allora io..." iniziò lei, indicando il corridoio dietro di lei e gesticolando. "Io vado. In bagno." concluse, arrossendo.
Le feci un cenno con la mano e aspettai che la porta si richiudesse dietro le sue spalle.
"Ma in questa casa non si usa bussare?" chiese Jason, tra lo scocciato e il sarcastico.
"Ehmm..."
Mi afferrò il volto per il mento e mi lasciò un delicato bacio a stampo.
"Sai che scherzo."
"Sì."
Sentimmo la voce di Sarah che ci chiamava dal piano di sotto. Scendemmo e andammo in cucina. La tavola era apparecchiata e piena di cibo per fare colazione.
"E questo?" chiesi.
Sarah era in pantaloncini e top, con lo stesso grembiulino a fiori che Eric aveva il giorno prima. Stava ai fornelli a preparare delle uova e del bacon.
"Sai che dopo una bella sbronza ci vuole una bella colazione."
La guardai e sorrisi. Tomas era seduto e in quel momento arrivarono anche Daniel e Cassie. Il biondino era in boxer e a torso nudo.
"Daniel! Ma ti pare il modo di presentarsi?" dissi.
Si sedette accanto alla finestra e rise.
"E dai Jake! Non dire che tutto questo non ti piace!" rispose, indicando il suo corpo.
Guardai Jason, che era diventato tutto rosso per trattenere le risate. Cassie si sedette sulle gambe di Daniel e lo baciò sulla fronte.
"Dai piccolo, non fare lo stupido." disse.
"Bel succhiotto!" esclamò Sarah, mettendo a tavola le uova e il bacon.
Daniel si toccò il collo.
"Anche il tuo, cara!"
Sarah si toccò il collo a sua volta e iniziò a grattarselo, imbarazzata.
"E va bene, va bene! Ora mangiamo!"
Scoppiammo tutti a ridere.
"Vado in bagno, ma voi iniziate pure." dissi.
Andai a quello del piano terra e lì trovai la porta socchiusa e la luce accesa. Sentii qualcuno canticchiare. Aprii completamente la porta e vidi Teo, completamente nudo e bagnato, che era appena uscito dalla doccia.
"Oh cazzo!" esclamai, mortificato.
Cercai di distogliere lo sguardo, ma quel corpo non me lo permetteva: gli addominali scolpiti, le spalle larghe e anche la sotto era messo male. Lui si guardò intorno, prese un asciugamano e si coprì di scatto.
"Jake..."
"Anche tu qua?"
"Sì, sono tornato con voi."
"Okay, scusa, vado nell'altro bagno."
"G-grazie."
"Dopo raggiungici in cucina, che stiamo facendo colazione."
"Okay."
Chiusi la porta e mi ci appoggiai per qualche istante. Alzai gli occhi al cielo e sospirai. Mi stavo eccitando e non andava bene, non andava per niente bene. Poi mi dissi che qualche fantasia non mi avrebbe ucciso.
Salii al piano di sopra e dopo aver usato il bagno scesi. Mi accorsi che Blane non si era ancora visto. Andai in sala e vidi che era sul divano, a torso nudo, con i capelli un po' arruffati. Il posacenere era per terra accanto alla coperta. La presi e gliela misi delicatamente addosso. Gli spostai i capelli dal volto e vidi che aveva le guance rosse. Aveva un'odore di alcool mischiato a fumo. Sorrisi, perché mentre dormiva sembrava un angelo nonostante non lo fosse realmente. Mi chinai leggermente e avvicinai le mie labbra alle sue, poi cambiai traiettoria e gli lasciai una bacio sulla fronte. Mi alzai e tornai in cucina.
-
Verso le quattro la casa era vuota e silenziosa. Se n'erano andati via tutti. Tutti tranne uno: Blane stava ancora sdraiato sul divano con la coperta che gli copriva tutto il volto. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui, senza fare movimenti troppo bruschi. Gli sfiorai la guancia destra e lui aprì gli occhi.
"Cosa? Che ore sono?"
Mi girai verso l'orologio analogico appeso in bella vista accanto alla TV e gli risposi.
"Le 16:10."
Si alzò leggermente appoggiandosi sui gomiti e si toccò la testa, facendo una smorfia di dolore.
"Che sbronza..." disse.
"Sì, quella roba era un po' forte, poi la canna che ti sei fatto prima di dormire ti ha dato la botta finale."
Sorrise.
"Sì, ho un po' esagerato."
Si alzò e si mise la maglietta.
"Vai via?"
"Sì, ho approfittato anche troppo della tua ospitalità."
"Fai con comodo, non preoccuparti."
"No, meglio che torni a casa."
Aspettai che finisse di cambiarsi, e dopo che ebbe usato il bagno lo accompagnai alla porta. Mi diede un bacio sulla fronte.
"Grazie Jake. Grazie di tutto."
"Ma io non ho fatto niente."
"Hai fatto molto di più di quanto immagini."
Detto questo, chiuse la porta. Andai in camera mia e aprii la tenda della finestra che dava sulla strada. Blane stava camminando lungo il vialetto. Rimasi a fissarlo fino a quando non sparì. Cosa intendeva dire con quella frase? Forse era per il fatto che lo stavo aiutando a riappacificarsi con Jason e Helen?
-
Rimasi tutta la giornata a casa. Non avevo voglia di uscire, perché la stanchezza stava tornando. Mi ricordo che stavo guardando uno di quei programmi televisivi con i quiz. Sentii una macchina accostare e delle luci illuminare la sala, per poi spegnersi. Pensai subito fosse Eric, e in effetti era così. Mi girai, rimanendo seduto sul divano e vidi anche Meredith. Non avevano chiuso la porta e mi guardavano con una strana espressione.
"Non chiudete la porta? E di chi sono quelle valigie?"
"Ehm..." iniziò Eric.
"Sono nostre!"
In quel momento sbiancai di colpo: erano appena entrati mia madre, mio padre e Mercy. Sentii un brivido percorrermi la schiena. Con uno scatto mi alzai dal divano e andai vicino a loro.
Mia madre mi abbracciò, facendomi affondare nei suoi lunghissimi capelli castani. Mio padre mi diede una stretta di mano, poi mi abbracciò anche lui. Mercy si limitò ad arruffarmi i capelli.
"Smettila!" esclamai infastidito.
"Il mio fratellino, sempre più tenero!"
Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia.
"Chi vi ha invitati?" chiesi, un po' scontroso.
"Non ci vediamo da Aprile e tu ti preoccupi se siamo stati invitati o no?" rispose mia madre.
"Questa è casa nostra! Mia e di Eric. Quindi non potete autoinvitarvi quando volete!"
Salii le scale e sentii la voce di Eric chiamarmi, in tono ammonitore. Sbattei la porta della mia camera, presi il cuscino e dopo averci affondato la testa, iniziai a urlare. Avevo il timore di perdere la voce per quanta forza ci stavo mettendendo in quelle urla di rabbia e frustrazione. Quei tre deficienti non mi avevano mai calcolato, mi avevano lasciato a Eric e se ne erano andati. Poi a volte, quando si ricordavano di avere una famiglia, si autoinvitavano a casa nostra, come se niente fosse. Li odiavo, e ciò che faceva aumentare questo odio era la loro indifferenza. Entravano sempre in quella casa con un bel sorriso e abbracciandomi, facendo finta di niente. Mentre ero avvolto nei miei pensieri, si spalancò la porta.
"Jake..."
"Eric, lasciami in pace." dissi, lanciandogli il cuscino addosso.
"Ti prego, calmati."
"Non mi calmo! Che significa tutto questo?"
"Ieri mi hanno chiamato e mi hanno detto che sarebbero venuti."
"Tu lo sapevi e non mi hai detto niente?"
"Ti avrei rovinato il ballo, perché avresti pensato solo a questo."
"Hai ragione...ma loro non possono venire quando gli fa comodo!"
"Okay, va bene. Ora però devi stare tranquillo, scendere giù e venire a salutarli per bene. Sono pur sempre la nostra famiglia."
"Ma..."
"Niente 'ma'. Per favore fallo per me."
Volevo bene a Eric e non potevo deluderlo.
"Va bene."
Scendemmo e io feci un bel sorriso, falso. Sarebbero stati giorni molto lunghi.
-
Erano le 8:30. La sera prima, anche se di malavoglia, avevo cenato con la mia famiglia e avevo cercato di sembrare felice. I miei mi avevano tartassato di domande e insistito sull'argomento della mia relazione con Sarah.
Ero ancora a letto e continuavo a fissare la finestra. Squillò il telefono.
"Jason?"
"Ehi, stasera sei libero?"
"Non lo so."
"Posso venire a dormire da te?"
"Posso venire io a casa tua?"
"Il mio appartamento è un disastro, sto rimettendo a posto."
Presi un bel respiro.
"Va bene, vieni a cena da me. Però... "
"Scusa, devo andare. Ci sentiamo più tardi."
Staccò prima che gli potessi dire che quella sera ci sarebbero stati anche i miei genitori.
La telefonata non arrivò mai e Jason avrebbe scoperto da solo che i miei genitori erano a casa. Lo chiamai una decina di volte, ma lui non rispose.
-
Erano le 19:30. Suonarono e io feci una corsa pazzesca per arrivare alla porta prima di Mercy.
"Ehi Jake! Perché tutto questo nervosismo? Aspetti qualcuno?"
"No. È casa mia e decido io se andare ad aprire la porta o no." risposi, scontroso.
Lei alzò le braccia, in segno di resa e andò in cucina. Aprii la porta e uscii nel portico, con Jason, tappandogli la bocca.
"Che succede?" chiese.
"Perché non rispondevi al telefono?"
"Era scarico. Ma che succede? Mi stai facendo paura."
"E fai bene ad aver paura! Là dentro ci sono i miei genitori e..."
"Cosa?!"
"Se solo mi avessi fatto finire di parlare al telefono! Ora cosa si fa?"
Sorrise.
"Entriamo e ceniamo. Poi io tornerò a casa."
"Ma se fanno domande su tuo padre? Sai che non sono in buoni rapporti."
"Risponderò. Ora andiamo."
Entrammo. Erano tutti a tavola. Eric e Meredith sgranarono gli occhi. Mio padre e mia madre ci guardarono con un'espressione sorpresa.
"Jason McCurthy! Da quanto tempo!" esclamò Mercy.
"Sì."
Ci sedemmo e iniziammo a cenare. A metà serata mio padre iniziò a parlare.
"Jason, come sta tuo padre?"
Tossii e mi diedi dei leggeri colpi sul petto.
"Bene."
"La sua azienda?"
"Gli affari vanno bene."
"Okay."
"Come mai sei qui?" chiese mia madre.
"Io e Eric siano ancora amici."
"Capisco. Strano, dopo ciò che ha fatto tuo padre."
"Mamma!" esclamai.
"Dico solo come stanno le cose. Non ci sarebbe stata quella crisi se suo padre non ci avesse ingannati."
"Signora Smith, non penso che ora sia il momento più adatto per parlarne."
"Chiamami Lauren, ormai ci conosciamo. Comunque scusa, hai ragione." disse mia madre. "Poi non sono ancora così vecchia da essere chiamata 'signora'."
Scoppiammo a ridere e quella battuta sciolse la tensione che c'era stata fino a quel momento. Mercy continuava a guardarmi e il suo sguardo passava da Jason a me. Quando finimmo di cenare mio padre andò in camera, mentre Meredith, Eric e mia madre rimasero a lavare i piatti. Io accompagnai Jason alla porta. Uscimmo nel portico.
"Non è stato così male alla fine."
"Sì infatti."
"Allora buonanotte amore."
"Notte."
"Ho voglia di baciarti."
Mi morsi il labbro inferiore, mi guardai intorno e gli diedi un bacio a stampo.
"Solo questo?"
Sorrisi e lo abbracciai, lasciandomi trasportare da un lungo e intenso bacio.
"Ora devo rientrare."
Lo salutai e chiusi la porta dietro le mie spalle. Vidi che Mercy stava salendo le scale. Si girò e sorrise, con una strana espressione. In cucina stavano ancora lavando i piatti. Andai in camera e mi infilati sotto le coperte. Mi addormentai quasi subito.
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