Capitolo 25 "I still think about you"
"Jake?"
"Blane..."
Lui era senza maglietta e io cercai di non farci caso.
"P-posso entrare?"
"Certo."
Entrai in casa e lui chiuse la porta. Era una casa accogliente. Davanti a noi c'erano delle scale che portavano al piano di sopra, a destra la porta della cucina e a sinistra quella della sala. I muri erano color pesca.
"Ti piace?"
"Cosa?"
"La casa."
"Sì, molto carina, assomiglia molto alla mia."
Sorrise e mi condusse in sala.
"Hai fame?"
"No."
"Da bere?"
"Una birra grazie."
Lui annuì e andò in cucina. Iniziai a guardarmi intorno: c'era un caminetto davanti alla poltrona in cui stavo e sopra, una mensola con delle foto. Mi alzai e andai a guardarle. Ne presi una in mano e...rimasi a bocca aperta: era la stessa foto che stava a casa di Jason. Un uomo, una donna e due bambini mori. Allora uno dei due era Blane...si conoscevano da così tanto? La rimisi al suo posto e quando mi voltai vidi Blane a pochi passi da me.
"S-scusa non volevo farmi i fatti tuoi..."
"No, ma che...non fa niente."
Mi sedetti accanto a lui e iniziai a bere.
"Ho visto una di quelle foto anche a casa di Jason: non mi aspettavo vi conosceste da così tanto..."
"Ah, sì...quella foto. Un giorno dovrei buttarla."
"Se l'hai tenuta c'è un motivo."
"No, non c'è nessun motivo."
Sospirai e abbassai lo sguardo. Mi prese la bottiglia e l'appoggiò sul tavolino. Alzai la testa e lui me l'afferrò tra le mani.
"Blane."
"Sì?"
Le sue labbra si trovavano a pochi centimetri dalle mie.
"Che..."
Non mi fece finire la frase, perché iniziò a baciarmi. Misi la mano sul suo petto per respingerlo, ma lui me l'afferrò e mi fece sdraiare. Si mise a cavalcioni su di me, bloccandomi le braccia. Tutto quello mi ricordava la prima volta con Jason.
"Blane non posso..."
"Perché?"
Sospirai per un momento poi iniziai a guardarlo negli occhi.
"Perché non sei Jason."
"Che ha lui che io non ho? Lui è stronzo, io sono simpatico, lui è egoista, io sono gentile..."
Si alzò e si rimise a sedere sulla poltrona. Anch'io feci lo stesso.
"Non sei tu, anzi, tu sei perfetto, ma Jason è entrato nella mia testa, e nonostante il suo caratteraccio io non posso fare a meno di pensarci." dissi.
"Lui è sempre stato così, sempre un passo al di sopra di me, ed è per questo che ho fatto quel che ho fatto..."
"E cosa hai fatto...?"
Forse quella volta mi avrebbe rivelato il loro grande segreto...
"Si è fatto tardi, ti accompagno a casa."
Sospirai, rassegnandomi al fatto che forse non avrei mai scoperto quello che era successo tra loro due. Mi limitai a rispondere con un "okay".
Dieci minuti dopo eravamo nella sua auto.
Arrivati davanti a casa mia, lui accostò e spense il motore.
"Grazie..." dissi.
"Sai, riguardo a Jason...fammi una promessa."
"Sì...?"
"Promettimi che se ti uscirà dalla testa, o se ti spezzerà il cuore tu verrai da me."
Posai la mia mano sulla sua guancia e lo feci girare, poi lo baciai. Era un bacio dolce ma triste: io e Blane non potevamo stare insieme, e in quel bacio c'era la consapevolezza che forse non ce ne sarebbero stati altri. Mi staccai e guardai nei suoi bellissimi occhi. Poi scesi dalla macchina e andai verso la porta di casa. Mi voltai e vidi che lui era ancora lì a fissarmi con uno sguardo malinconico. Lo salutai con un cenno della mano e lui fece lo stesso, poi mise in moto e se ne andò. Aprii la porta lentamente, salii le scale e andai a farmi una doccia. Mi sdraiai sul letto e affondai la testa nel cuscino. Era entrato nella mia vita come un uragano, un fottuto uragano, e la stava distruggendo a poco a poco...
Erano passate delle settimane, ormai era inizio Aprile. Blane continuava a parlare e scherzare con me, anche se l'avevo rifiutato. Ormai eravamo amici, ma a Daniel non andava giù. Era il 2 Aprile, e mancavano sedici giorni al compleanno di Jason. Jason, giusto...lui non mi parlava più.
"Jake! Jake! Alzati stupido! La prof. sta spiegando."
Era la voce di Daniel. Alzai la testa dal banco e mi resi conto che per l'ennesima volta mi ero addormentato in classe.
"Daniel sei un amico, grazie." dissi un po' stordito.
"Okay ma ora togliti quell'espressione da deficiente dal viso."
Iniziammo a ridere.
"Smith e Taylor, silenzio!" ci rimproverò la professoressa.
"Scusi." disse Daniel.
Appena si rigirò per continuare a scrivere sulla lavagna io e lui ci scambiammo un sorriso complice. Due ragazzi intelligenti che ridevano come degli stupidi.
A ricreazione mi alzai, ma Daniel mi bloccò per un polso.
"Dove vai?"
"Da nessuna parte."
"Precisamente questo posto dov'è? Quinto piano...classe 4°B?"
Riflettei un attimo e gli diedi una pacca sulla spalla.
"Non vado da Blane! Vado...ahh!! Ma a te che te ne frega?"
Iniziai ad avviarmi verso la porta della classe.
"Fai il bravo Smith!"
"Ci proverò Taylor!"
Salii le scale fino al terzo piano dell'edificio. Girai a destra, poi a sinistra per attraversare un corridoio che univa le due ale della scuola. Andai davanti alla classe di Jason, guardai dentro e lo vidi: se ne stava seduto da solo, su un banco vicino alla finestra. Stava scrivendo qualcosa, sembrava molto concentrato. Alzò lo sguardo con distrazione e lo abbassò subito. Poi lo rialzò notandomi sulla soglia della porta. I suoi occhi verdi mi fissavano con tenerezza. Mi sorrise, gli sorrisi. Lo salutai con la mano e lui mi fece un cenno con la testa. Mi avviai verso le scale e iniziai a correre. Mi guardavano tutti, sembravo un pazzo. Ero felice, troppo felice. Un mattone di quell'ostile muro che ci divideva, era stato distrutto. Mi precipitai in classe e vidi che le cose di Daniel non c'erano più. Mi sedetti sul banco e la felicità di qualche istante prima svanì a poco a poco. Volevo dire a qualcuno che Jason mi aveva sorriso, volevo dire a qualcuno della mia felicità, ma per qualche strano motivo Daniel non era lì e non fu lì, nemmeno i giorni successivi.
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