Capitolo 12 "Tu sei Blane Johnson"
Ian's Point of View:
Come ci eravamo finiti in quella situazione? La musica assordante proveniente dal piano di sotto mi faceva tremare l'anima o forse era la scena di Teo che tentava con tutta la sua forza di rianimare Blane. Spingeva le sue mani con una foga ed una rabbia che non avevo mai visto negli occhi del dolce Teo. Il Teo gentile e silenzioso, a metà strada dal diventare un medico, che ora era inginocchiato in un bagno a tentare di salvare la vita di un suo amico.
Isaac continuava a ripetere che chiamare un'ambulanza sarebbe stata la decisione migliore e che avremmo dovuto avvertire gli altri, ma conoscevo Blane. Certo, non avevamo uno dei rapporti migliori, ma avevo riconosciuto quello sguardo quando mi aveva chiesto di non dire niente a Daniel: paura, terrore. Blane Johnson aveva un segreto più grande di lui e l'amore della sua vita non doveva scoprirlo, o almeno non subito.
Stronzo.
Mi inginocchiai accanto a lui, mentre Teo continuava a premere sotto al petto.
"No, brutto stronzo, non ti permetto di andartene così! Svegliati, cazzo!" esclamai, scuotendolo per le spalle.
In quel momento la porta si spalancò, rivelando Jasmine e Blane si riprese di scatto, inspirando profondamente. Aveva un'espressione sconvolta e si era aggrappato alla maglietta di Teo, iniziando a respirare a fatica.
"Ma che sta succedendo? Jake vi cerca." disse lei, facendo intrecciare le dita della sua mano con quella di Isaac.
"Non sono affari tuoi. Isaac, portala via e ricorda che Daniel e gli altri non devono sapere." risposi, con tono fermo.
"Ma-..." iniziò Isaac.
"Niente "ma". Andatevene. Ora."
I due non aggiunsero altro e sparirono, chiudendosi la porta alle spalle, la quale chiusi a chiave, per evitare che altre persone piombassero là dentro senza preavviso.
"I-Ian...Teo, ma cosa...?" farfugliò Blane, ancora sotto shock. "D-Dovete aiutarmi, devo andarmene da qui, m-ma senza che Daniel si accorga di niente." la sua voce tremava, così come le sue mani.
Lo aiutammo a sedersi e Teo appoggiò due dita al lato del suo collo, iniziando a controllare il battito.
"Prima devi spiegarci perché stavi per morire tra le mie braccia. Mi hai fatto paura..." disse Teo.
Blane fissò il vuoto per qualche secondo, come se stesse combattendo contro sé stesso, poi abbassò lo sguardo. Le parole che pronunciò poco dopo furono come una folata gelida in faccia.
"Sto morendo. Insufficienza renale."
Teo si sedette ed appoggiò la schiena al muro, coprendosi il volto, mentre io rimasi lì, inginocchio accanto a lui a guardarlo. Sembrava come un fiore fragile, un fiore ricoperto di neve e che appassiva a poco a poco. Senza nemmeno sapere il perché, ebbi l'istinto di abbracciarlo. Lo strinsi con vigore, cercando di decidere se odiarlo, perché lo aveva nascosto a tutti o se essere triste. Lui non si mosse, ma poi ricambiò, appoggiando le sue mani sulla mia schiena. Teo si aggiunse a quel contatto ed iniziò a singhiozzare silenziosamente.
"A che stadio sei? Hanno già provato una dialisi?" chiese quest'ultimo, interrompendo l'abbraccio.
Seguii il suo esempio e mi sedetti accanto al lavandino.
"Sì Teo, l'hanno fatto e sai già la risposta. Sto morendo."
"L'unica soluzione è..."
"Un trapianto. Le liste sono così lunghe che morirò sicuramente. È... è la fine." mormorò lui, passandosi le mani tra i capelli.
Parlammo per qualche minuto, poi iniziammo a cercare una scusa plausibile per far sì che Blane potesse andarsene senza destare sospetti: era ancora in uno stato orribile, gli occhi rossi e gonfi, la maglietta sporca di sangue e residui di vomito.
Teo annunciò che si sarebbe inventato qualcosa, mentre Blane mi pregò di poter passare la notte a casa mia. Non ero completamente senza cuore, quindi glielo concessi.
Riuscimmo ad uscire dalla porta sul retro che dava sul giardino, senza essere notati e ci avviammo velocemente verso la mia macchina.
"Sei sicuro di poter guidare?"
"Non ho bevuto." risposi secco.
"Mmh, ma l'ultima volta che sono salito in macchina con te stavi per investire un povero gatto."
Alzai gli occhi al cielo, salendo e lui fece lo stesso.
"Senti stronzo, non farmi cambiare idea."
"Era per sdrammatizzare, non prenderla così sul serio."
Appoggiai lei mani sul volante, stringendolo con forza e tentai con tutto me stesso di non sbottare, ma controllere il mio temperamento era del tutto impossibile in quel momento. Soprattutto dopo tutti quegli eventi traumatizzanti che erano accaduti nel giro di quanto? Una mezz'ora?
Prima Isaac che mi aveva rifilato delle patetiche scuse e baciato, come se la sua ragazza non si fosse trovata a pochi metri di distanza al piano di sotto; per poi fare discorsi assurdi su anime e gelato alla vaniglia. Poi Blane aveva deciso di collassare davanti ai nostri occhi.
"Senti brutto idiota, fino a dieci minuti fa te ne stavi sdraiato sul pavimento del bagno di quella casa a morire, con la bava in bocca. Mi spieghi che diavolo c'è da sdrammatizzare qui? Ora fammi il piacere di non parlare per il resto del tragitto e di non morirmi in macchina, perché non sono un dottore e non so rianimare come Teo. No, riflettici: e se Teo non fosse stato qui stasera? Forse tu... Oh Santo cielo, no non voglio nemmeno pensarci."
Misi in moto ed iniziai a guidare, respirando con leggero affanno a causa della sfuriata di poco prima. Sentivo che stava per accadere e ne ero terrorizzato, perché non avevo avuto una ricaduta da un paio di mesi ormai e stavo bene, più o meno.
"Ian..." mi richiamò lui.
Mi fermai ad un semaforo rosso ed iniziai a picchiettare insistentemente le dita sul volante. I miei occhi erano lucidi, ma di piangere non se ne parlava, ero stanco di farlo.
"Ian."
"Che c'è?!"
Il semaforo diventò verde.
"Che hai?"
Imboccai il viale di casa mia e finalmente arrivammo. Spensi il motore e mi tolsi la cintura di sicurezza velocemente, facendo per uscire, ma lui mi bloccò per un polso.
"Ian, mi dispiace, non era mia intenzione metterti questo peso addosso. È per questo che non volevo dirlo a nessuno, non voglio vedere le persone a cui tengo soffrire."
"Ah e qual'era il tuo piano? Morire e lasciare un post-it d'addio sul frigorifero con su scritto 'Oh, perdonatemi se sono morto e non vi ho detto niente, ci vediamo al mio funerale'. Blane sei un idiota, un egoista!"
Scesi dalla macchina ed entrai in casa, lasciando la porta aperta. Mio padre se ne stava in cucina a mangiare e scrivere chissà cosa sul suo laptop. Alzò lo sguardo solo per qualche istante e sorrise, prima di tornare alla sua tastiera.
"Ehi sole mio, come stai?" mi salutò.
Avrei voluto dirgli che avevo paura e che ero a pezzi, ma non ce la facevo. Era come se fossi già in quel buco nero di depressione, solo. Ricambiai il sorriso forzatamente, mentre Blane entrò, richiudendosi la porta alle spalle.
"Sto bene, grazie papà."
"Salve signor Hall." lo salutò.
"Oh, hey Blane." ricambiò mio padre, un po' confuso nel vedere il mio ex ragazzo in casa nostra alle una di notte. Almeno indossava una giacca, che ricopriva la sua maglietta piena di sangue e vomito: quello sì che sarebbe stato ancora più difficile da spiegare. "Non che siano affari miei, ma voi due..." non finì la frase, ma fece un gesto goffo con l'indice indicandoci.
Blane ridacchiò, evidentemente a disagio, mentre io scossi la testa ripetutamente.
"Oh... oh, ecco, no. Non-..." farfugliò Blane.
"No. Rimarrà qui solo stanotte: è ubriaco, ha vomitato anima e corpo e non vuole che il suo compagno lo veda così." spiegai, in tono freddo.
Mio padre sembrava sempre più confuso.
"E logicamente viene a dormire da te, il suo ex ragazzo? Ian Hall, sai che so che stai mentendo, vero?" mi prese in giro, per poi bere un sorso di acqua dal suo bicchiere.
"Sì, lo so e sinceramente sono troppo stanco per continuare questa conversazione, buonanotte." borbottai, iniziando a salire le scale.
"Buonanotte sole mio. Non fate troppo rumore, devo svegliarmi presto domani e vorrei riuscire a dormire almeno un paio di ore." concluse canzonatorio.
"Papà!" lo ripresi.
Poi mi arresi al fatto che tentare di ragionare con quell'uomo fosse impossibile a volte.
Blane mi raggiunse in camera e si sedette sul letto.
"Tuo padre non è cambiato affatto."
Non risposi alla sua affermazione ed iniziai a cercare qualcosa da fargli indossare e degli asciugamani. Nel silenzio della mia stanza i miei pensieri iniziarono a farsi più rumorosi e le miei mani presero a tremare.
"Grazie." aggiunse, dopo alcuni minuti.
Feci spallucce e gli lanciai un asciugamano ed un pigiama color indaco. Lui si alzò e lasciò il tutto sul letto, avvicinandosi un po'.
"Ian, cosa ci facevi in bagno con Isaac?"
Quella domanda mi spiazzò, ma non mi scomposi. Mi appoggiai alla mia scrivania ed incrociai le braccia al petto.
"Niente."
Lui rise appena, in modo ironico e fece un altro passo verso di me.
"Ian, non sono stupido, dimmi cosa stavate facendo."
"Oh, Blane, Blane, sei geloso? Non preoccuparti, non lo dirò al tuo adorato Dan." il mio tono di voce era pieno di sarcasmo.
Non potevo dirgli la verità, non potevo o sarebbe stata la fine ed avrei ceduto a tutto quello che mi ero tenuto dentro fino a quel momento.
"Ecco, lo stai facendo di nuovo. Sei ferito, così fai battutine e sposti l'attenzione sugli altri, per non dover fare i conti con i tuoi sentimenti."
"Sì hai ragione, lo sto facendo. E sai perché? Perché ho paura. Tu non sai com'è, non avere il controllo sulla propria mente, non lo sai..." mi giustificai.
Appoggiò una mano sulla mia spalla ed io abbassai il volto, sentendo gli occhi farsi lucidi.
"Isaac ha una ragazza. Ti stai facendo solo del male per un coglione che ti ha lasciato con un bigliettino ed è sparito per quattro anni."
Lo guardai negli occhi e demorsi: le mie labbra tremarono appena ed un singhiozzo spezzò il mio respiro.
"Allora perché mi ha baciato? Blane, perché l'ha fatto?"
Lui divenne improvvisamente scuro in volto e spostò la sua mano sulla mia guancia, asciugandomi una lacrima con il pollice.
"Perché è confuso e probabilmente non ammette nemmeno con sé stesso che in realtà non sa cosa vuole. Ciò non significa però che tu gli debba correre dietro come un cagnolino. Non voglio andarmene sapendo che quell'americano mangia hamburger continuerà a farti soffrire."
"Blane..."
"E non chiedermi più di darti delle pillole. Sono stato uno stronzo a vendertele per la prima volta, avrei dovuto fermarti. Non succederà più e tu la smetterai di farti di quella merda o dirò tutto a tuo padre."
Scostai la sua mano e mi sedetti sul letto.
"Perché parli in questo modo..." mormorai.
"In quale modo?"
"Come se stessi per partire e mi stessi facendo le ultime raccomandazioni."
"Perché sto morendo, Ian Hall. E non voglio andarmene da questo mondo da stronzo spacciatore buono a nulla. Voglio andarmene sapendo di aver fatto qualcosa di buono."
Mi alzai di scatto e mi accigliai, stringendo i pugni. Il fatto che si arrendesse così al suo destino mi faceva incazzare in una maniera indescrivibile. Avrei voluto prenderlo a schiaffi e mettere un po' di buon senso nella sua testa.
"Quindi hai la faccia tosta di startene qui a parlare della tua morte come se niente fosse? Tu non morirai. Fanculo l'insufficienza renale, tu sei Blane Johnson. Vuoi lasciare davvero che la vita ti fotti così? Troveremo un donatore, tu vivrai." gli afferrai le mani e sorrisi appena. "Vivrai, hai capito?"
Lui scosse la testa.
"Ian, lascerò Daniel. Lascerò l'amore della mia vita e me ne andrò in una piccola casa di campagna vicino a Londra a morire solo ed in pace. Non capisci, vero? Sto morendo. La morte non ti guarda in faccia, non importa se hai ventitré anni o se nei hai ottanta. Tu non dirai niente a nessuno, né a Jake, né a Helen, né a Jason, ma soprattutto non a Daniel. Lui non deve sapere. Certo, prima o poi lo scoprirà, forse quando sarò già morto, ma è meglio così. Deve odiarmi, così sarà più facile per lui lasciarmi andare. Deve andare avanti e trovare una persona che potrà stargli accanto ed invecchiare insieme a lui."
"Blane..."
I suoi occhi erano leggermente sgranati mentre parlava e continuavano a muoversi qua e là, come se stesse tentando di non crollare, ma alla fine lo fece nelle mie braccia: soffocava i suoi singhiozzi nella mia spalla destra e stringeva il mio pullover con forza.
Fu in quel momento che la cruda realtà mi colpì in faccia. Blane Johnson non piangeva quasi mai, ma quella notte lo fece ed il suo corpo tremava, così come la sua voce.
"P-Potrei scattare delle foto, nella casa in campagna e fare un album. Berrò tè alla fragola t-tutti i giorni e forse mi farò anche qualche canna. Tanto morirò, no? Morirò..."
Mi accorsi che era dimagrito. E mi spezzò il cuore vedere una delle persone più forti che io conoscessi crollare in quel modo.
-
Jake's Point of View:
"Che significa che se ne è andato?" chiese Daniel, confuso. "Lo chiamo."
"No! Voglio dire... Non ce n'è bisogno, di sicuro non risponderà. Il suo capo l'ha chiamato per sostituire un suo collega." farfugliò Teo.
Daniel lo guardò come se avesse appena visto un alieno e non capisse più la lingua inglese.
"Ma se sono le una di notte! Ti rendi conto che ciò che mi stai raccontando è una sciocchezza bella e buona?" ribatté il biondino, iniziando a perdere la calma.
Spostai lo sguardo su Isaac e Jasmine, che parlottavano con Cassie da qualche minuto ormai. Ma che stava succedendo? Isaac incrociò il mio sguardo, poi lo distolse immediatamente, tornando alla conversazione con gli altri due.
E dov'era Ian? Che i due fossero insieme? No, non poteva essere, Blane non lo avrebbe mai fatto. Giusto?
"Ha detto qualcosa su uno show televisivo ed un'interview, hanno bisogno di un fotografo, ovviamente. Per un articolo, sai..." continuò Teo.
Era nervoso, lo si capiva dal sudore sulla sua fronte e le dita che continuava tormentare e scrocchiare.
"Okay, ma è comunque strano, Blane non mi lascerebbe mai senza nemmeno farmelo sapere." Daniel mise su il broncio e mi guardò. "Jake sei testimone: se Teo mi sta mentendo mi deve offrire il pranzo per una settimana. Anzi, facciamo due."
Teo ridacchiò e sospirò sollevato. Okay, stava definitivamente nascondendo qualcosa, ma Daniel era probabilmente troppo brillo per accorgersene.
Sarah riaccese la musica, trascinandolo nuovamente a ballare, mentre io andai in giardino, a fumare una sigaretta. Guardai il cielo: non c'erano stelle quella notte, o almeno non se ne vedeva nemmeno una.
Ero felice e sollevato dal fatto che infondo la cena non era andata così male come mi aspettavo.
"Dobbiamo smettere di incontrarci così." la voce di Aleksandr interruppe i miei pensieri.
Alludeva al giorno del funerale di Adam, quella volta in cui lo avevo accusato di avere a che fare con l'accaduto.
"Ma se mi hai praticamente seguito." gli feci notare.
Lui prese la mia sigaretta ed iniziò a fumare. Più passava il tempo e più non lo sopportavo. Si piazzò davanti a me e mi buttò del fumo in faccia, per poi mordersi le labbra.
"Ma te lo togli mai quel sorrisetto strafottente dalla faccia?" domandai.
Non riuscivo più a trattenermi, lo avevo fatto per tutta la serata, ma ora eravamo soli e potevo finalmente lasciarmi andare.
"Nemmeno se me lo chiedessi per favore."
Ripresi la mia sigaretta dalla sua mano e feci un ultimo tiro, per poi buttarla a terra. Mi sedetti su una panca di legno a pochi passi da me, mentre lui rimase in piedi. Mise le mani in tasca ed iniziò a guardare il cielo.
"È evidente che conosci Ian. Cosa gli avrai mai detto di così orribile da farlo scappare in quel modo?" pronunciai, dopo qualche attimo di silenzio.
Sì leccò le labbra.
"No, non lo conosco, non so di che parli. È un bel ragazzo, ma anche molto, molto confuso. Forse le mie avances lo hanno spaventato." beffeggiò lui.
"Wow, non solo vuoi scoparti mio marito, ma ora importuni anche ragazzi indifesi?"
Il suo modo di fare mi seccava. Anzi, delle volte anche la sua mera presenza mi irritava. Ad Aleksandr non importava di niente e di nessuno, si nascondeva sempre dietro i suoi occhi di ghiaccio ed il suo sorriso beffardo, abbindolando tutti, ma non me. Si vedeva lontano un miglio che quel tipo nascondeva qualcosa e qualunque cosa fosse, non si trattava certo di rose e fiori.
"Credimi, Ian non è così indifeso come pensi."
"Pensavo non lo conoscessi. O stavi mentendo, come fai sempre?"
"No, infatti non lo conosco." disse, con fare innocente, per poi guardarmi dritto negli occhi. "E Jake, ho un piccolo consiglio per te. La prossima volta, se vuoi far ubriacare qualcuno per scoprire informazioni private, assicurati che la persona non regga bene l'alcool. Mio padre mi faceva bere vodka al limone a colazione all'età di tredici anni: diceva che mi avrebbe fatto diventare forte, un uomo vero. Hey, ma non ti abbattere, almeno ci hai provato e sono stupito dal tuo coraggio, davvero, quasi mi commuovo."
Mi alzai di scatto e lo afferrai per il colletto della camicia, tentando in tutti i modi di non prenderlo a pugni. Ma chi si credeva di essere? Perché voleva rovinare le nostre vite a tutti costi?
"Senti Aleksandr Tchaikovsky o come cazzo si pronuncia il tuo nome. Io so che tu centri qualcosa con la scomparsa di Adam. Forse mio marito e tutti gli altri sono troppo offuscati a causa di quel bel faccino che ti ritrovi, ma io ho iniziato a fare due più due ed inizio a vedere le cose più chiaramente. Sei arrivato esattamente una settimana dopo il nostro matrimonio, il tuo contratto è letteralmente legato ad Adam, dato che solo lui può licenziarti e sai cos'è la cosa che mi confonde ancora di più? Perché il mio suocero omofobo e senza cuore ha iniziato a fare il santo poco prima di morire, come se stesse cercando di accumulare punti per il paradiso? Ed i tuoi fottuti occhi, Aleksandr. Al funerale di Adam tu non hai fatto nemmeno un cenno, anzi, sembravi... quasi divertito dalla situazione."
Lui mi spinse, liberandosi dalla mia presa e scoppiò a ridere.
"Jake, Jake, Jake, cosa avevamo detto sulle accuse infondate?" disse, aggiustando la camicia leggermente sgualcita a causa della mia presa di poco prima. "Non si accusa la gente di cose così orribili senza prove tangibili. Smettila di giocare a fare il detective e stai al tuo posto. Non vogliamo che qualcuno si faccia del male, no?" sorrise, appoggiando una mano sulla mia spalla.
Rabbrividii a quel contatto e per la prima volta forse, ebbi un po' di paura, perché quella era una vera e propria minaccia. Deglutii a fatica.
"Che ci fate qui fuori, si gela." la voce di Cassie mi salvò letteralmente da quella situazione scomoda.
"Niente, Aleksandr se ne stava andando." dissi, con tono fermo.
Quest'ultimo non aggiunse altro e sparì in casa, mentre Cassie mi guardava con mille punti interrogativi stampati in faccia.
"Jake, mi spieghi che diavolo succede?"
Mi toccai la gola, riprendendo fiato.
"Non lo so, Cassie. Non ne ho la minima idea..."
Spazio autrice:
Opinione sincera: quanto odiate Aleksandr da 1 a 10? 😂
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