Capitolo 10 "Piani e peccati"
Jake's Point of View:
Era arrivato il giorno della resa dei conti: quella sera si sarebbe tenuta la cena di "addio" per Cassie ed Isaac a casa nostra, che alla fine era diventata una semplice rimpatriata tra amici, dato che entrambi sarebbero rimasti a Londra.
Un fastidioso formicolio continuava a tormentare il mio stomaco, a causa dell'ansia: era la prima volta dai tempi del liceo, in cui ci riunivamo tutti insieme in quel modo. Da una parte ero felice, dall'altra, una strana sensazione mi faceva tremare di tanto in tanto mentre ci pensavo. Non tutti erano in buoni rapporti tra di loro, ma speravo che quella cena potesse, almeno in parte, aiutare il processo di riappacificazione.
In mattinata, Mercy ed Eric avevano deciso di passare a casa nostra, perché entrambi sarebbero stati all'estero per tre settimane, per questioni di lavoro.
Jason ed io eravamo seduti in cucina a bere un caffè, dato che quella notte avevamo dormito a malapena.
Quando bussarono alla porta, lui mi diede un bacio sulla fronte e sorrise, per poi andare ad aprire. Li sentii parlottare all'ingresso per qualche minuto, poi entrarono in cucina. In quel momento notai che c'erano anche Edward e Meredith.
"Perché mi guardi in quel modo, ragazzino? Non ti sono mancato?" mi provocò Edward, per poi arruffare i miei capelli.
Scostai la testa e lo fulminai con lo sguardo.
"E dai lascia il mio piccolo in pace." intervenne Mercy, sedendosi accanto a me ed appoggiando la sua giacca sulla sedia.
Tra qualche tazza di caffè e delle chiacchiere, Mercy ci raccontò di un nuovo progetto a cui stava lavorando.
"Una linea di profumi ispirata alle quattro stagioni dell'anno? È l'idea più-..." iniziò Eric, ma si bloccò quando notò che Edward lo stava fulminando con gli occhi. "...brillante che abbia mai sentito." concluse.
Mercy guardò suo marito e scosse la testa.
"Smettila di minacciare mio fratello con i tuoi bellissimi occhi e fammi sentire un'opinione onesta." lo rimproverò.
Edward alzò gli occhi al cielo e si rilassò sullo schienale della sedia, iniziando a picchiettare le dita sul tavolo. Erano adulti, ma a volte si comportavano ancora come dei ragazzini. Poi improvvisamente lui cambiò tema, scatenando una tempesta.
"Jason, sarai tu a capo dell'organizzazione del gala aziendale di Capodanno. Di solito lo faceva papà e so che avrebbe voluto che tu..." Edward guardò suo fratello nel pronunciare quelle parole, ma si percepiva insicurezza dal suo tono di voce.
La tensione nell'aria era quasi insopportabile e Jason abbassò lo sguardo.
"Sai che è una grandissima cazzata. Dovresti farlo tu." rispose, per poi alzarsi ed appoggiare la sua tazza nel lavandino.
Mercy ed Edward mi stavano guardando in cerca d'aiuto, ma cosa avrei dovuto fare? Non potevano costringerlo a farlo, era un passo importante: prendere il controllo sarebbe stato come accettare ufficialmente che suo padre se n'era andato e che la vita andava avanti. E Jason non sembrava affatto pronto.
"Pensaci." disse semplicemente Edward, per poi bere un sorso si caffè.
"Vado a comprare le uova, le abbiamo finite." se ne uscì Jason, per poi sparire velocemente, senza nemmeno salutare.
Sospirai e guardai Edward negli occhi.
"Ma che diavolo ti è preso? Era davvero necessario?" chiesi, quasi incredulo nel vedere quanto freddo Edward potesse essere a volte.
"Jake, la nostra azienda deve andare avanti. Jason deve ricomporsi e mostrare al pubblico ed ai nostri clienti che non abbiamo perso il controllo o sarà la fine. Agli occhi della concorrenza ora siamo solo dei ragazzini che giocano a fare i capi e noi non possiamo permettercelo."
Mi alzai di scatto, appoggiando le mani sul tavolo e chinandomi verso di lui. Mercy si sollevò a sua volta, mettendo il palmo della sua mano sinistra sul mio petto, cercando di tranquillizzarmi, prima che la situazione escalasse.
"Stiamo parlando dei sentimenti di Jason e della sua salute mentale. Fanculo a te e alla tua azienda!" esclamai, fuori di me.
"Nostra azienda. Voglio ricordarti che tuo marito, nonché mio fratello è a carico di tutto questo, tanto quanto me. Jason è un uomo, se la caverà." rispose lui, con freddezza.
"Ragazzi, vi prego calmatevi..." riuscì ad intervenire Meredith, con un filo di voce.
Eric appoggiò una mano sulla sua spalla e scosse la testa, come per dire che sarebbe stato inutile farci ragionare.
"Tu stanne fuori, Meredith. È una cosa tra me e lui." Edward si alzò a sua volta.
A quel punto Eric lo trattenne per le spalle, mentre Mercy afferrò la mia mano destra. Sentivo il sangue ribollire nelle mie vene e lo sguardo di sfida di Edward non faceva altro che peggiorare la situazione.
"Ma che diavolo vi prende?! Cosa volete fare, eh?! Picchiarvi? Bene, fate pure. Ma Edward, se provi a toccare mio fratello, giuro che ti faccio dormire sul divano. E Jake, prova a torcere un capello a mio marito se hai il coraggio di accettarne le conseguenze." la voce di Mercy era ricca di severità e rancore.
Scostai la mano di mia sorella e mi voltai verso la finestra della cucina. Come potevano essere così insensibili? Perché Edward non sembrava smosso dalla morte di suo padre e come aveva fatto a riprendersi così in fretta? Infondo era passato meno di un mese dalla morte di Adam. Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo, prima di parlare.
"Ne discuterò di nuovo con Jason e vi farò sapere. Ora fuori da casa mia."
-
Jason's Point of View:
Continuavo a girovagare nel supermercato ed ormai erano passati trenta minuti da quando ero entrato. Tentavo di cancellare dalla mente ciò che era successo, ma più ci provavo e più le parole di Edward tornavano a rimbombare nella mia testa.
"Cazzo!" esclamai, buttando a terra il pacco di biscotti che stavo fissando da qualche minuto.
Una signora anziana passò accanto a me e mi guardò indignata.
"Ah, i giovani di oggi..." mormorò tra sé e sé, per poi sparire dietro ad un altro scaffale.
Qualcuno raccolse il pacco e me lo porse. Quando rialzai lo sguardo e fui sorpreso nel vederlo.
"Aleksandr, che ci fai qui?"
Lui ridacchiò e rimise i biscotti a posto, vedendo che non mi decidevo a prenderli.
"Ciò che si fa in un supermercato. E lei, signor McCurthy?"
Misi le mani nelle tasche della mia giacca e mi guardai intorno: non lo sapevo nemmeno io cosa diavolo ci facevo là, ero semplicemente uscito con una stupida scusa per scappare da una situazione scomoda.
"Cerco di schiarirmi le idee." risposi secco.
"Ma certo, ognuno ha il suo modo per combattere lo stress. Alcuni bevono, altri vanno a vandalizzare dei biscotti al supermercato..." fece una pausa e sfiorò una confezione con l'indice, per poi puntare le sue iridi nelle mie. "...oppure si presentano a casa del proprio segretario senza preavviso."
Distolsi lo sguardo e feci un passo indietro, notando che si stava avvicinando un po' troppo.
"Aleksandr, mi dispiace di essere venuto a casa tua l'altra volta(*Nota a fine capitolo), ero confuso e avevo avuto una piccola discussione con-...senti il punto è che non sono stato professionale."
Lui sorrise e fece spallucce. Quel suo modo così naturale e spensierato mi rilassava. Ogni volta che a lavoro si presentava un problema o un cliente faceva delle richieste assurde, Aleksandr non si scomponeva. Mai. Metteva su un sorriso e risolveva tutto mantenendo la calma. La sua voce mi strappò dal flusso di pensieri.
"Non si preoccupi, a me non è dispiaciuto affatto e spero che anche a suo marito non sia dispiaciuto."
"Lui non lo sa ed è meglio così." risposi.
Aleksandr fece sparire il sorriso dalle sue labbra e sospirò.
"Sì, il signor Smith non mi sopporta, questo penso lo sappia anche la donna delle pulizie dell'azienda ormai." c'era ironia nella sua voce, ma nessun rancore.
In effetti Jake non aveva mai avuto buoni rapporti con Aleksandr, diceva che mio padre lo aveva assunto per fargli un dispetto. Ma la cosa era assurda, mio padre era uno stronzo, sì, ma non sarebbe arrivato a tanto. Mi sentii improvvisamente in colpa per il modo in cui Jake trattava Aleksandr, perché quest'ultimo era una delle persone più competenti della nostra azienda al momento e mi aveva tirato fuori da situazioni difficili, se non impossibili già numerose volte ormai. Dovevo riuscire a far vedere a Jake che Aleksandr non era la persona orribile che lui descriveva sempre.
"Vieni a cena da noi stasera."
Sgranò leggermente gli occhi nel sentire quelle parole.
"Cosa?"
"I miei amici saranno ospiti a casa nostra, facciamo una specie di rimpatriata. Vedilo come un gesto di scuse da parte mia e di Jake. So che mio marito può essere testardo a volte, ma sono sicuro che se vi conosceste meglio, potreste andare d'accordo."
Sembrava confuso, ma il sorriso non lasciò le sue labbra. Appoggiai una mano sulla sua spalla e lui seguì il mio gesto con lo sguardo, per poi tornare al mio volto.
"Aleksandr, sappiamo entrambi che tu mi servi. Ora che...mio padre non c'è più, non posso fidarmi di nessuno, soltanto di te. Perché sei competente, riesci sempre a mantenere la calma e ti accorgi anche di piccoli dettagli."
Rimase in silenzio per qualche istante, come se stesse riflettendo e cercando di capire ciò che avevo appena detto. Ero stato troppo diretto? Mi avrebbe mandato affanculo?
"Sì, va bene, accetto, ma spero che lei e suo marito sappiate cucinare bene: sono abituato alla cucina di ristoranti lussuosi." scherzò lui.
Ridacchiai ed annuii, rimettendo la mano in tasca.
"Sì, sì, non preoccuparti. Allora a stasera." conclusi.
Lui fece un cenno con la testa e sparì in un altro corridoio, mentre io iniziai a pensare a come avrei detto a Jake ciò che avevo appena fatto.
-
Jake's Point of View:
Ero a dir poco incredulo e mentre tagliavo la verdura, non riuscivo più a controllarmi, lo facevo quasi con rabbia. Jason aveva avuto il sangue freddo di invitare quel coglione del suo segretario ad una cena tra amici, ma soprattutto a casa nostra. Tomas e Sarah erano venuti un po' prima per aiutarci con i preparativi. Ian se ne stava nel portico di casa a fumare e parlare al telefono con chissà chi, mentre tutti gli altri dovevano ancora arrivare.
"Oh no, tu non l'hai fatto." dissi con tono fermo, continuando a tagliare le carote. "Dimmi che mi stai prendendo per il culo."
Sarah ridacchiò, per poi prendere un pomodorino e mangiarlo: anche lei sembrava stupita dall'azione di Jason, per non dire scioccata.
Conficcai la punta del coltello sul piano di lavoro in legno, per poi prendere una sigaretta dal pacchetto che tenevo sempre sopra al frigo.
"Tomas, ti prego, proteggimi da mio marito." scherzò Jason.
"Sì, sono un poliziotto ed è mio dovere proteggere gente in difficoltà, ma fratello mio, stavolta te la sei davvero cercata." ridacchiò l'altro.
Sarah tolse la sigaretta dalle mie labbra e la ripose di nuovo nel pacchetto e quando Jason fece per avvicinarsi a me, lei bloccò i suoi movimenti appoggiando una mano sul suo petto.
"Jason, sai che ti voglio molto bene, ma stavolta hai esagerato. Non abbiano già abbastanza bombe ad orologeria?" lo rimproverò la rossa, per poi incrociare le braccia al petto.
"Ancora con questa storia tra Isaac ed Ian? Cazzo, hanno solo scopato un paio di volte al liceo, non vedo perché ne dobbiate fare un dramma."
"Ian potrebbe sentirti, abbassa la voce!" gli fece notare Tomas.
"Sei uno stronzo patentato Jason. Non può essere stata solo una scopata se Ian è ancora distrutto dopo quattro anni, non credi?" intervenne Sarah. "E non cambiamo argomento. Stavamo parlando del tuo segretario, come ti è venuto in mente che invitarlo potesse essere una buona idea?"
Afferrai la mia testa tra le mani, cercando di fare ordine in tutta quella confusione. Dovevo assecondare Jason e cercare di usare quella situazione a mio vataggio.
"Sarah, vieni, devo parlarti." me ne uscii, afferrandole una mano ed iniziando a camminare verso il corridoio.
"Wow, credevo che solo le ragazze andassero in bagno insieme." mi prese in giro Tomas.
Gli mostrai il dito medio senza nemmeno voltarmi a guardarlo ed allungai il passo, salendo le scale che portavano al piano di sopra.
"Mi spieghi che ti prende?"
Mi fermai ed appoggiai la schiena al muro.
"Dobbiamo usare questa cena per scoprire di più su Aleksandr."
"Jake, non siamo dei detective o dell'F.B.I.. Ho anche chiesto a Tomas di controllare nel database della polizia. Cazzo, quel ragazzo è un fottuto fantasma, fedina penale immacolata e nessuna traccia sui suoi spostamenti negli ultimi anni o della sua famiglia."
"Allora è vero che nasconde qualcosa. Non so, potremmo...prendergli il telefono! Forse troveremo qualcosa."
Sarah si diede un colpetto sulla fronte, per poi iniziare a picchiettare la suola della sua scarpa sul pavimento.
"È un'idea assurda, come vorresti prenderglielo? E se avesse la password?" bofonchiò, mordicchiandosi il labbro inferiore. "Forse dovremmo lasciar perdere..."
In quel momento la porta del bagno si spalancò, facendo sussultare sia Sarah, che me. Ci voltammo entrambi e sospirammo di sollievo, nel vedere Ian.
"Ma tu non eri di sotto a fumare?" chiese la rossa, massaggiandosi il petto nel tentativo di riprendersi dallo spavento.
"Non posso più andare in bagno?"
"Ma sì, certo." sorrise forzatamente, per poi far cenno ad Ian di andarsene.
Quest'ultimo non si mosse.
"Drogatelo. Posso darvi delle pillole se volete. Un paio di queste e parlerà senza freni." disse, con una naturalezza quasi agghiacciante e tirando fuori una bustina dalla tasca dei suoi pantaloni.
Io rimasi a bocca aperta, letteralmente. Quel ragazzo diventava sempre più imprevedibile. Sarah si avvicinò a lui e lo afferrò per un orecchio.
"Senti, ragazzino, prima di tutto non si origlia, mamma non te l'ha insegnato? E secondo, ciò che hai appena detto è molto grave." lo rimproverò.
Ridacchiai a quella scena esilarante: Sarah era entrata in "mom-mode", mentre Ian tentava invano di liberarsi dalla sua presa.
"Ha parlato quella che complottava con Jake per rubare il telefono ad Aleksandr. Tuo marito non è un poliziotto? Non dovresti dare l'esempio?" la provocò, stampandosi un sorrisetto beffardo sul volto.
La rossa lo lasciò e gli indicò le scale, scuotendo la testa.
"Non ti faccio niente solo perché oggi sono di buon umore. Ora sparisci e non dire niente agli altri di ciò che hai sentito."
Ian si avviò verso le scale, ridacchiando e facendole il verso.
"Non trattarmi come se fossi tuo figlio. Sono un adulto anch'io." concluse, prima di sparire al piano di sotto.
"Sono stata troppo severa?" chiese Sarah. "Ma cazzo però, deve smetterla con quella merda di droga! Se solo scoprissi chi gliela procura farei il culo a quella persona."
Deglutii, pensando a quell'idiota di Blane, nonché il dealer di Ian. Alzai gli occhi al cielo e presi un respiro profondo.
"No, hai fatto bene. Ora però, ritorniamo ad Aleksandr."
Sarah sorrise maliziosa ed io conoscevo bene quell'espressione: aveva qualcosa in mente, qualcosa che probabilmente ci avrebbe messo anche nei guai.
"Ian mi ha fatto venire un'idea: facciamolo ubriacare." se ne uscì.
"E come pensi di fare? Gli rifiliamo un po' di vodka in gola con un imbuto? E poi credimi, l'ho già visto bere, penso che non sarà affatto facile..."
Sarah afferrò le mie spalle, non facendo una piega, anzi, il suo volto s'illuminò ancora di più.
"Non preoccuparti. Ricordi ciò che facevamo al liceo? Un gioco infantile, stupido e pieno di alcool."
Scossi la testa ripetutamente, guardandola quasi incredulo. Non poteva fare sul serio...
"Non stai seriamente parlando di 'Obbligo o verità'. Pensi che quello stronzo di Aleksandr si faccia ingannare così? E per l'amor del cielo, non siamo più dei ragazzini..."
Sarah appoggiò il suo indice sul mio petto, guardandomi intensamente negli occhi.
"Vuoi saperne di più su quel segretario rovina matrimoni sì o no?"
Deglutii rumorosamente, riflettendoci. Opzione uno: lasciare che Aleksandr portasse a termine il suo piano e che rovinasse il nostro matrimonio. Opzione due: parlarne con Jason e litigare per l'ennesima. Opzione tre: capire cosa stesse nascondendo il russo e far sì che sparisse dalle nostre vite una volta e per tutte.
"Sì, va bene, tentare non nuoce."
O almeno così credevo in quel momento...
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Ian's Point of View:
Scesi le scale quasi con rabbia, per poi andare a sedermi nuovamente sulle scale del portico. Misi una sigaretta tra le labbra pronto ad accenderla, ma una voce purtroppo familiare, interruppe le mie azioni.
"Oh, tesoro guarda. C'è Ian."
Jasmine si piantò davanti a me, mostrando i suoi perfetti denti, mentre Isaac rimase qualche passo indietro.
Lei indossava un vestito corto, con un mantello scuro: quella combinazione era a dir poco bizzarra, era come se volesse mostrarsi, ma allo stesso tempo nascondersi.
"Non dovresti fumare, è peccato e fa male." disse con voce dolce, togliendomi la sigaretta dalla bocca e rimettendola nel mio pacchetto ancora aperto ed appoggiato accanto a me.
Rimasi immobile per qualche istante, per poi alzarmi, per guardarla negli occhi.
"Anche vestirsi da troia è peccato, ma ad ognuno il suo." le feci notare.
Aspettai con ansia la sua reazione, me ne sarebbe bastata una qualsiasi: un cenno, un'espressione stupita, un insulto. Ma lei non si smosse e quello che seguì dopo mi lasciò sconvolto: scoppiò in una risata. Non sembrava finta, era come se si stesse davvero divertendo.
"Penso che io e te andremo davvero d'accordo, sei così ironico e senza peli sulla lingua, mi piaci cazzo! Oh, scusa, che Dio mi perdoni, le brutte parole non si dicono." disse e mi fece l'occhiolino. "Isaac, tesoro, non essere maleducato, saluta."
Jasmine lo tirò leggermente per un avambraccio e finalmente ci ritrovammo di nuovo faccia a faccia. Alzai leggermente il volto, per compensare la differenza d'altezza e guardai le sue iridi azzurre, cercando di provare odio, ma invece il mio cuore prese a battere più forte che mai.
Smettila, cazzo. Riprenditi.
Isaac sorrise appena e fece un cenno con la testa. Dopodiché i miei occhi si fecero lucidi in un istante. Ricambiai il cenno ed abbassai subito lo sguardo, tentando di nascondere le lacrime che si erano fatte strada sulle mie guance. Mi chinai a prendere il mio pacchetto di sigarette e rientrai in casa. Dovevo solo sopravvivere a quella serata. Dovevo solo sorridere e non mostrarmi debole. Ce la dovevo fare.
*Nota: Nel capitolo 5 "Nella tana della volpe" Jason era andato da Aleksandr dopo una discussione con Jake, ma non è successo niente tra i due.
Spazio autrice:
So che molti si sono dimenticati di questa storia e lo capisco, perché non ho pubblicato per più di un anno, ma se siete ancora qui e state leggendo, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate della storia nei commenti o con dei voti. Mi aiuterebbe a motivare la mia voglia di continuare a scrivere. Sono aperta a critiche costruttive o anche apprezzamenti 🌻💛🧡
Sto lavorando anche ad una nuova storia "The unspoken words" (è boy×boy, ma ci saranno anche temi molto forti e sensibili). Spero di poter iniziare a pubblicare presto, vi terrò aggiornati.
xxThewallflowergirl13
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