Capitolo 6 "Bad things"
Jake's Point of View:
Quel giorno dopo scuola sarei andato con gli altri a comprare un regalo per il compleanno di Tomas. Vidi Daniel e Cassie parlare nel corridoio: lei sembrava quasi arrabbiata. Decisi di non intromettermi e uscii, rimanendo davanti al cancello della scuola. Incrociai le braccia e sospirai.
"Ehi Jake!"
Mi voltai e vidi Jason correre verso di me. Mi guardai intorno per capire se stesse chiamando davvero me.
"Ehi, come va?" chiese quando arrivò davanti a me.
"Parli con me?"
Scosse la testa e ridacchiò.
"E con chi sennò?"
Alzai le spalle e sbuffai.
"Vieni anche tu con noi?" chiesi.
"Sì, ti da fastidio?"
Scossi la testa.
"Bene, e..." iniziò lui.
Lo guardai negli occhi e socchiusi la bocca. Scesi con lo sguardo fino al suo petto, poi ancora più in giù.
"Jake?"
"Mmh?"
Tornai a guardarlo negli occhi. Sorrise e si morse il labbro inferiore.
"Tutto okay?" chiese.
"Sì, cosa stavi dicendo?"
Arrossii leggermente.
"Comunque puoi venire quando vuoi."
"Dove?"
"A casa mia."
Alzai un sopracciglio e inclinai leggermente la testa.
"Scherzi?"
"No, ma cosa hai capito? Per studiare." disse.
"Oh, no. Penso che cambierò tutor o studierò da solo."
"Daniel aveva detto che-..."
"Mmh?"
"Niente."
Si mise le mani in tasca e abbassò lo sguardo.
Quando arrivarono gli altri notai che mancava Daniel.
"Cass dov'è Daniel?" chiesi.
"Ha detto che aveva da fare." rispose lei.
Alzò le spalle e sospirò: forse avevano litigato.
Andammo a Westfield London, uno dei centri commerciali più grandi di Londra. Ci fermammo all'entrata per decidere come organizzarci.
"Dividiamoci per fare più in fretta." propose Sarah.
Helen mi guardò, poi si avvicinò a Sarah.
"Io sto con te." disse.
Ce l'aveva ancora con me, era ovvio. Sospirai e mi avvicinai a Cassie, che scosse la testa ridacchiando.
"Io vado con Teo, scusa."
"Ehi no..." replicai.
Fu inutile, perché qualche istante dopo se ne andarono tutti lasciandomi solo con Jason. Mi girai e lo guardai.
"Sembra che lo facciano apposta." dissi.
"Sì, lo so."
Sorrisi appena, poi tornai serio.
"Cosa piace a Tomas?" chiese.
"Musica."
Sorrise e mi prese per mano facendo un paio di passi.
"Ja..." sussurrai.
Si bloccò e mi guardò.
"Che?"
Guardai le nostre dita intrecciate.
"Oh, scusa."
Mi lasciò la mano e continuò a camminare, mettendosi le mani in tasca. Lo seguii. Entrammo in un grande negozio di musica. Andammo nella sezione dedicata ai CD.
"Il suo gruppo preferito?" chiese.
"I Linkin Park."
Iniziò a sfiorare alcuni dischi.
"Questo andrà bene." disse, mostrandomi un CD.
"Sì, gli piacerà di sicuro."
Alla cassa tirai fuori il portafogli, ma lui mi bloccò.
"Pago io."
Non mi diede nemmeno il tempo di replicare, che diede i soldi alla cassiera e uscì dal negozio, con il pacco regalo in mano. Sbuffai e gli andai dietro.
"Dove scappi?" chiesi.
"Vado a fumare."
Esitai per qualche istante, prima di uscire con lui e andare nell'area per i fumatori, vicino al parcheggio. C'erano diversi ragazzi e ragazze che stavano a gruppi ed erano circondati da dense nuvole di fumo. Tossii leggermente passandoci in mezzo e mi appoggiai accanto al muro vicino a Jason. Misi una sigaretta tra le labbra e lui fece lo stesso. Cercai nelle tasche, ma mi accorsi che non avevo l'accendino. Lui se ne accorse e si avvicinò a me, facendo scattere il suo clipper e avvicinando la sua sigaretta alla mia. La fiamma fece bruciare il tabacco delle due estremità, riempiendo i nostri polmoni di fumo e nicotina. Ci guardammo negli occhi e lui rimise l'accendino nella tasca. Rimase davanti a me e iniziò a fare lunghi tiri. Mise la mano sinistra in tasca e inizio a guardare i gruppi che stavano a poca distanza da noi. Probabilmente molti di loro erano fatti ed ubriachi.
"Che coglioni." disse Jason, buttandomi il fumo in faccia.
Tossii, perché lo inspirai dal naso.
"J-ja...son." dissi, continuando a tossire.
"Oh, scusa scusa."
Buttò la sua sigaretta a metà e mi afferrò il volto tra le mani, iniziando ad accarezzarmi le guance. Feci cadere il mio mozzicone e tossii un altro paio di volte, prima di riprendermi e deglutire.
"Meglio?" chiese, inclinando leggermente il volto e avvicinandolo al mio.
"Sì..." sussurrai.
"Ma guardate un po' che froci che abbiamo qua!"
Si staccò da me. Ci girammo verso il ragazzo che si era appena avvicinato a noi.
"Scusa?" disse Jason, facendo finta di non aver capito.
Altri quattro ragazzi si avvicinarono con fare minaccioso: alcuni a braccia incrociate, altri con le mani in tasca.
"Hai sentito bene, frocio."
"Senti, stronzo-..." iniziò Jason.
Lo bloccai per un polso quasi istintivamente. Lo guardai, pregandolo con lo sguardo di non fare niente di impulsivo. Si morse il labbro inferiore, come se stesse lottando con sé stesso per decidere se spaccargli il culo o lasciarlo stare. Sospirò.
"Non ho tempo per i coglioni come te."
Prese la mia mano e iniziò a camminare, ma due dei ragazzi gli si piazzarono davanti.
"Dove pensi di andare?" chiese quello moro.
"Dai ragazzi non fate i bambini. Toglietevi e lasciamoci tutto alle spalle."
Il ragazzo che aveva parlato per primo, probabilmente il capo del gruppo, prese Jason per la maglietta e lo spinse contro il muro.
"Mi hai appena dato del coglione?" chiese, in tono serio.
"Lascialo stare!" esclamai.
Feci per andare ad aiutarlo, ma gli altri due mi presero per le braccia e mi bloccarono.
"Ma che cazzo?! Lasciatemi, mi fate male!"
I due risero e strinsero la presa. Tutti gli altri gruppi di ragazzi se ne andarono, probabilmente intimoriti da ciò che stava accadendo.
"Sì, esattamente." rispose Jason, con molta calma.
"Fanculo!" esclamò il tipo, prima di colpirlo violentemente in faccia.
"Jason!" urlai, dimenandomi.
Lui si piegò leggermente e si afferrò il naso. Quando tolse la mano, vidi del sangue.
"Cazzo." imprecò. "Ma che problemi hai?!"
"Frocio!" esclamò l'altro.
I suoi amici risero e iniziarono ad incitarlo. Jason gli diede diversi colpi, iniziando ad avere la meglio. Ritornai a respirare per un po', finché gli altri due non bloccarono le braccia di Jason per renderlo un bersaglio facile. Era ingiusto e estremamente doloroso vedere quella scena e non poter fare niente. Il ragazzo si riprese dai colpi e iniziò a prendere a pugni l'addome di Jason, per poi passare al volto.
Iniziai a dimenarmi con tutta la forza che avevo, ma era inutile: i due non lasciavano la presa.
"E ora chi è il coglione?"
Altre risate, altri colpi, altri versi di dolore che uscivano dalla bocca di Jason. Lo lasciarono cadere a terra e se ne andarono. Il capo si girò e mi guardò ammiccando.
"Ci rivedremo, froci."
Mi precipitai da lui, inginocchiandomi.
"Ehi..." sussurrai.
Lui mi guardò negli occhi e fece un mezzo sorriso.
"Che stronzi è... " disse.
"Jason, è tutto okay? Ti fa tanto male?" chiesi, appoggiando una mano sul suo addome.
"Ahi!" esclamò, strizzando gli occhi.
Si appoggiò sui gomiti e deglutì.
"Andiamo in ospedale." dissi.
"No! Niente ospedale."
Mi bloccò per un polso e mi attirò leggermente a sé. Appoggiai l'altra mano al suolo per non cadergli addosso.
"Jason..."
"Ti prego, niente ospedale."
Il suo volto era a pochi centrimetri dal mio.
"Okay, ma ora lasciami."
Lo aiutai a rialzarsi. Lui si toccò la pancia e fece una smorfia di dolore. Presi un fazzoletto dalla mia tasca e gli pulii parte del sangue che gli stava uscendo dal naso.
"Sei messo male."
"Lo so..."
"Chiamo gli altri."
Si appoggiò con la schiena al muro e io presi il telefono digitando il numero di Sarah.
"Pronto?"
"Ehi, Sarah. È successo un bel casino. Jason è stato pestato da un gruppetto di teppisti."
"Cosa?! Dove siete?! Jake tu stai bene?"
"Non urlare, Dio mio! Siamo nell'area fumatori vicino al parcheggio."
Staccò e io guardai lo schermo del telefono, un po' perplesso. Guardai Jason e mi avvicinai.
"Hai del sangue qua..."
Appoggiai la mia mano destra su un lato del suo collo e appoggiai il mio pollice sull'angolo della sua bocca. Strofinai leggermente fino a togliergli il sangue e iniziai a fissare le sue labbra.
"Jake..." sussurrò.
Non ebbi il tempo di rispondere, che le sue labbra incontrarono le mie. Sgranai gli occhi e appoggiai le mani sul suo petto. Cercai di staccarmi, ma lui mi afferrò per i fianchi, facendomi appoggiare la schiena al muro. Strinsi le mani a pugno e le appoggiai nuovamente al suo petto: perché non mi scostavo e basta? Mugolai quando approfondì il bacio e fu allora che mi staccai, girando la testa di lato. Le sue labbra si appoggiarono sulla mia guancia e lentamente iniziò riprendere fiato.
"Jason, che cazzo ti salta in mente?"
Il suo corpo premeva ancora contro il mio, le sue mani stringevano i miei fianchi.
"Scusa, io non-..."
Quando sentimmo delle voci avvicinarsi, ci staccammo. Mi passai l'indice sinistro sulle labbra e sospirai.
"Ragazzi!" esclamò Sarah appena ci vide.
"Perché mi hai staccato il telefono in faccia?" le chiesi.
"Tu togliti, fammi vedere come sta Jason!"
Mi spostai e rimasi a bocca aperta. Sarah iniziò a fargli il quarto grado e ha toccargli il volto, poi le spalle e l'addome, domandando se faceva male.
Helen stringeva tra le mani due buste, una rossa e l'altra blu.
"Non farci caso, sai che scherza." disse Teo, dandomi una pacca sulla spalla.
"Sì, la conosco, tranquillo."
"Okay Sarah, porto il nostro amichetto a casa. Tanto con i regali abbiamo fatto quindi ci vediamo domani."
"Domani è sabato e il nuovo orario non prevede lezioni." dissi guardando un po' tutti.
"S-sì, noi avevamo organizzato un falò, in realtà..." rispose Sarah.
"E tu non sei invitato." aggiunse Helen in tono freddo.
Teo le diede una leggera pacca sulla spalla per riprenderla.
"Helen! Jake certo che sei invitato."
"E allora perché lo vengo a sapere solo adesso?" chiesi, mettendo le mani in tasca.
Sentii un groppo alla gola.
"Scusa, non ci avevamo pensato..."
"Oh, certo. Nessuno pensa a me, mai. Perché io sono Jake Smith, il ragazzo stronzo esiliato dal gruppo."
"Se tu ti decidessi a perdonare Jason e a mettere da parte l'orgoglio sarebbe tutto semplice!" sbottò Helen.
"Tutti a difenderlo è?! Ma vi siete mai chiesti con chi cazzo mi ha tradito? Vi siete mai chiesti come sono andate veramente le cose?! No, perché a nessuno importa. A nessuno."
Rimasero tutti in silenzio e a bocca aperta. Misi il cappuccio della felpa e me ne andai, ignorando la voce di Sarah che urlava il mio nome da dietro. Potevano andare tutti a farsi fottere, ormai non mi interessava più. Ero stanco e volevo soltanto andare a casa e rifugiarmi in camera mia per tutto il weekend.
-
Jason's Point of View:
Jake se ne andò e io ebbi l'impulso di corrergli dietro, ma mi bloccai: sarebbe stato inutile e probabilmente mi sarei beccato un altro pugno in faccia.
"Helen, dai non dovevi trattarlo così." disse Sarah, dopo aver chiamato Jake invano.
"Okay, forse ho esagerato."
Guardai Helen e la fulminai con lo sguardo.
"Mi spieghi che cazzo ti ha fatto?" le chiesi.
"Che te ne frega, eh? E io che ti aiuto anche per far sì che lui ti perdoni. Ma chi me lo fa fare..."
"Non ti ho chiesto nessun aiuto."
"Okay bambini, è ora di andare a casa." intervenne Teo.
Alzai gli occhi al cielo e presi il regalo per Tomas, che mi era caduto a terra durante la rissa. Salutai Sarah e andai via con Teo. Salimmo nella sua auto. Tirai il capo all'indietro e sospirai. Lui mise in moto.
"Ti ha conciato male è."
"Hanno."
"Quanti erano? "
"Cinque, ma due erano impegnati a tenere Jake. Erano teppistelli da quattro soldi, comunque."
"E cosa ha scatenato la furia di questi 'teppistelli'?"
"N-niente..."
Arrossii leggermente.
"Che? Questo "niente" ti ha fatto diventare rosso come un pomodoro però."
"Okay, io e Jake stavamo fumando e io mi sono avvicinato un po' troppo al suo volto. Ci hanno chiamati con un termine poco gentile ed è successo quel che è successo."
"Jason, quante volte ti devo dire che devi controllarti?"
"Ma io mi ero bloccato, perché Jake era lì e in un certo senso mi ha calmato. Poi quel bastardo mi è saltato addosso e io gli ho dato ciò che meritava."
"Jason."
Scosse la testa e sospirò.
"E poi dopo..."
"Che altro hai combinato?"
Rimasi in silenzio. Arrivammo a casa sua. Scendemmo dalla macchina ed entrammo in casa. Andammo nel bagno al piano di sotto e lui iniziò a medicarmi le ferite che avevo sul volto.
"Allora?"
"Allora che?" chiesi.
"Che stavi dicendo?"
"L'ho baciato."
Smise di tamponarmi il naso con il cotone e si bloccò.
"Cosa?"
"Hai capito bene."
Presi il cotone dalle sue mani e continuai da solo.
"E lui come ha reagito?"
Incrociò le braccia.
"Ha ricambiato, ma con esitazione. Poi si è staccato e per un momento ho avuto davvero paura che mi avrebbe preso a pugni anche lui."
Rise leggermente poi tornò serio.
"Bè, forse è questione di tempo. Però sai che non ha tutti i torti a comportarsi così. Infondo tu l'hai tradito."
Abbassai lo sguardo e sospirai.
"Ero ubriaco, cazzo! Non sapevo cosa stavo facendo!"
"Ehi, calmo..."
Appoggiò una mano alla mia spalla e la strinse.
"Tutti sbagliano, siamo esseri umani."
"Ma ci sono certi errori da non fare."
"Andrà tutto bene, alla fine le cose si sistemano sempre. E poi Jake è un ragazzo speciale, ti perdonerà. Ma devi capire che tu hai ferito il suo cuore e che ci vorrà del tempo prima che ciò accada."
Annuii e mi voltai verso lo specchio: avevo un'occhio leggermente gonfio e un po' nero, il labbro inferiore spaccato sul lato destro e un graffio sulla guancia.
"Vado di là a preparare qualcosa da mangiare."
Uscì dal bagno e chiuse la porta. Sospirai e guardai i miei occhi attraverso lo specchio. Rimasi immobile per un'infinità di tempo a fissare il verde dei miei occhi, tanto che mi sembrò di vedere quella notte nelle mie pupille. Scossi la testa e mi afferrai il volto tra le mani. Mi facevo schifo per ciò che avevo fatto. Riaprii gli occhi e mi guardai nuovamente allo specchio. Delle lacrime mi rigarono il volto.
Era tutto così sbagliato.
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