Capitolo 46 "Addio?"
Jason's Point of View:
Era da un po' che lavoravo a quel progetto. Avevo deciso che forse era arrivato il momento giusto per andare a convivere con Jake. Così avevo comprato una casa in uno dei quartieri più tranquilli di Londra e avevo iniziato ad arredarla e a fare eventuali riparazioni. Avevo fatto tutto in segreto, dato che volevo fosse una sorpresa. Per questo ero distrutto e stanco nell'ultimo periodo: avevo lavorato da solo per tutto quel tempo.
Ed ora la casa era finita, pronta ad essere abitata e ad essere testimone dei momenti più belli e brutti, miei e di Jake.
Solo che c'era qualcosa che mi bloccava e che mi impediva di decidermi a chiedergli di andare a convivere.
Per questo avevo chiamato Blane, l'unico che mi avrebbe saputo dare un buon consiglio. Ora eravamo sdraiati sul tappeto della sala della nuova casa, a fissare il soffitto e parlare.
"Perché me l'hai tenuto nascosto? Fratello, avrei potuto aiutarti a fare qualcosa. Questa casa è enorme!"
Sospirai e ridacchiai appena. Comunque trovai tenero il modo in cui mi aveva chiamato "fratello".
"Volevo fosse una sorpresa e poi tu hai avuto un periodo difficile..."
"Bé, ora la casa è finita, perché non chiedi a Jake di convivere?"
Sospirai ed appoggiai le mani sul mio addome, mettendomi più comodo.
"Ho una paura fottuta, Blane. E se dicesse di non essere pronto? E se io non fossi pronto?"
Ci fu una pausa di silenzio, in cui la mia mente viaggiò nel passato, ricordando i momenti più belli con Jake.
"Senti, Jason, ne avete passate tantissime e siete ancora qui, insieme. Vi conoscete da quasi due anni e vi amate alla follia. Questo dovrebbe bastarvi. Voglio dire, quanto vuoi aspettare ancora? Vuoi aspettare che tuo padre si metta di nuovo tra di voi o che lui si stanchi e trovi un'altra persona? Siete due anime gemelle, legate da ancor prima che vi siete conosciuti. Certi legami non possono spezzarsi così facilmente. Quindi ora lo chiami e gli dici che vuoi parlargli."
Quel discorso fu così spiazzante, che rimasi qualche minuto immobile, con il cuore che batteva all'impazzata. Cazzo, Blane aveva ragione. Cosa stavo aspettando?
"Grazie amico, sapevo che saresti stato l'unico a capirmi..."
"Ne abbiamo passate tante, troppe... Ti conosco bene, ormai."
Sorrisi e girai la testa di lato, per guardarlo: nei suoi occhi c'era una strana luce, come se qualcosa lo turbasse.
"E come va con tua sorella? Le hai parlato? Poi, spero che Dereck non ti abbia dato fastidio..."
Lui si irrigidì di colpo e distolse lo sguardo, alzandosi e andandosi a sedere sul divano. Feci lo stesso e mi sedetti accanto a lui, in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.
"Lucy ha organizzato una cena venerdì sera. Ha detto di invitarvi tutti." mormorò, abbassando lo sguardo.
"Oh, che carina. Significa che sta per partire? Sapevo che avreste chiarito tutto." dissi, sorridendo ampiamente.
"J-Jason..." mi richiamò, con voce leggermente spezzata. "È una cena di addio."
Afferrai il suo mento per indurlo a guardarmi: i suoi occhi erano lucidi e rossi.
"Cosa diavolo significa?"
"Parto con loro."
Mi accigliai e lasciai la presa, sentendo la rabbia invadermi improvvisamente.
"Cosa cazzo stai dicendo?! Spero che sia un fottuto scherzo, Blane Johnson!"
Mi guardò negli occhi, scuotendo la testa e rimanendo in silenzio.
Io mi alzai ed iniziai a camminare avanti e indietro, cercando di rimanere calmo.
"Non ti lascerò mai andare insieme a quel pervertito. Poi pensa a Daniel, ai ragazzi, a me! Vuoi abbandonarci in questo modo?"
Lui si alzò e si piazzò davanti a me, interrompendo la mia camminata nervosa. Appoggiò le mani sulle mie spalle, mentre le lacrime iniziavano a rigargli il volto.
"Devo farlo, Jason. Mia sorella è preoccupata per me e non ho il coraggio di dirle il vero motivo per cui ho tentato di...farla finita."
Afferrai con delicatezza il suo volto tra le mani e gli diedi un bacio sulla fronte.
"Blane, devi dirglielo. Se continui a tenertelo dentro, non avrai mai pace. E poi, partendo non risolverai niente."
"Non posso dirglielo! Mi odierà e le farò schifo..."
Lo abbracciai ed accarezzai la sua schiena.
"Devi. E se davvero tiene a te, capirà. Se non lo farà, ricorda che non sei solo e che ci siamo io e i ragazzi."
Sospirò e lo sentii rilassarsi notevolmente.
"Grazie Jason..." sussurrò, stringendomi ancora di più.
-
Teo's Point of View:
Stavo studiando nella biblioteca della scuola, quando ricevetti quella chiamata: Robert White era tornato in città.
Io e Robert eravamo cresciuti praticamente insieme, eravamo come fratelli. Anche se con personalità diverse, io timido e lui ribelle, eravamo sempre andati d'accordo.
Poi all'età di sedici anni, la sua famiglia aveva deciso di trasferirsi in America. Da allora ci eravamo sentiti di rado, a volte con delle lettere, altre con messaggi.
E ora, dopo tre anni, lui era di nuovo a Londra.
Quando lo vidi uscire da una delle tante porte scorrevoli dell'aeroporto, sentii una bella sensazione nel petto.
Era cambiato notevolmente: alto, gambe magre, abbastanza muscoloso, i capelli tinti di blu e gli occhi grigi che lo avevano sempre caratterizzato, ora sembravano stanchi. Inoltre aveva un piercing sul labbro inferiore e dei tatuaggi sulle braccia, che gli davano un'aria da ragazzo cattivo.
Lo raggiunsi e lo abbracciai senza esitazione.
"Teo, amico mio..."
Sorrisi e mi staccai, guardandolo.
"Rob, ti trovo in forma."
Si grattò la nuca e ridacchiò.
"Diciamo che in America mi sono dato da fare."
Alzai un sopracciglio e sorrisi malizioso.
"Ma che vai a pensare, stupido! Ho giocato in una squadra di basket."
Scoppiammo a ridere, poi le risate si affievolirono a poco a poco.
"Quindi, qual buon vento ti ha portato qui a Londra?"
Fece un mezzo sorriso, poi giocherellò un po' col piercing, con la lingua.
"L'America non fa per me. Londra, questa è casa mia." fece un pausa e sorrise. "E poi ci sei tu, Teo. Mi è mancato avere un amico come te."
Sorrisi in modo sincero: anche a me era mancato. Avevo Jason, Tomas e gli altri, ma non era lo stesso. Tra me e Robert c'era come un legame tra fratelli.
"Allora cosa aspettiamo? Andiamo a mangiarci qualcosa. Dio, non sai quante cose devo raccontarti..." dissi.
-
Blane's Point of View:
Era venerdì sera. La cena proseguiva in modo tranquillo, perché nessuno sapeva il vero motivo per cui erano stati invitati. Jason era l'unico a saperlo e continuava a guardarmi per incitarmi a parlare con Lucy.
"Allora, vi piace la cena?" chiese Lucy, sorridendo.
"Sì, sei un'ottima cuoca." rispose Jake, con sincerità.
Mi morsi il labbro inferiore ed abbassai lo sguardo. Daniel, che era accanto a me, appoggiò una mano sulla mia gamba.
"Tutto okay, tesoro?" sussurrò.
"Sì, sì..." risposi, forzando un sorriso.
Daniel mi diede un bacio veloce sulla guancia e tolse la mano dalla mia gamba. Quel gesto non passò inosservato, soprattutto agli occhi di Dereck, che alzò un sopracciglio e scosse la testa. Ma che diavolo aveva da guardare? Dio, quanto lo odiavo.
"Voglio ringraziare tutti per essere venuti. È davvero importante per Blane, dato che siete le persone più importanti della sua vita. Ma ricordate che questo non è un addio, potrete sempre venire a trovarlo." disse Lucy, facendo calare il silenzio nella stanza.
Daniel mi guardò con sguardo interrogativo, così come tutti gli altri.
"Che significa?" chiese Sarah, accigliata.
Presi un respiro profondo e parlai. Ormai la boccaccia di mia sorella mi aveva messo nella merda, tanto valeva dire tutta la verità.
"Parto con loro."
Dopo quella frase, ci fu un altro lungo momento di silenzio. Poi Daniel si alzò, facendo cadere la sedia terra e sbattendo le mani sul tavolo.
"No, cazzo! Questo è uno scherzo! Pensavi di andartene così senza dire niente? E poi vuoi davvero andare a vivere sotto lo stesso tetto di quel pervertito?!"
Sgranai gli occhi e sentii una fitta al cuore. No, cazzo. Lucy non doveva scoprirlo così.
Daniel si coprì la bocca e guardò Dereck, che aveva un'espressione sconvolta.
"Daniel!" lo riprese Jake, alzandosi e afferrandolo per le spalle.
"Perdonami, Blane i-io non intendevo..."
Scossi la testa e guardai mia sorella, che non sembrava così sorpresa.
"Lucy..." sussurrai, temendo il peggio.
Infatti, quel peggio, arrivò subito dopo.
"Blane, perdonami, i-io sapevo già tutto." mormorò, abbassando lo sguardo.
Quella frase fluttuò nell'aria, per poi andare a colpire il mio cuore. Lei sapeva.
Mi alzai e guardai Dereck con rabbia.
"Brutto stronzo, come hai potuto dirglielo?!"
Lucy si alzò a sua volta e scosse la testa, mentre le lacrime iniziavano a rigarle le guance.
"L-Lui non me l'ha detto. I-Io vi ho visti, ma ho fatto finta di niente. Avevo paura e..." guardò Dereck. "Ti amo così tanto che non ho avuto il coraggio di lasciarti. Così ho finto di non s-saperlo... Blane, perdonami, io non-..."
Mi tappai le orecchie con le mani e scossi la testa.
"Ora basta!" urlai con tutto il fiato che avevo. "Fuori da casa mia, ora."
"B-Blan-..." tentò lei.
A quel punto intervenne Jason, che appoggiò una mano sulla spalla di Lucy e disse:
"Forse è meglio che ve ne andiate."
Una ventina di minuti dopo se n'erano andati tutti, tranne Jason ed Helen. Gli avevo chiesto di rimanere, perché mi sentivo a pezzi. Anche la migliore delle droghe o delle bottiglie d'alcool non avrebbe aiutato in quel momento.
Avevo bisogno solo dei miei migliori amici e di una cioccolata calda.
Loro non parlarono di Lucy e di ciò che era successo, per tutta la serata e gliene fui grato. Passammo tutto il tempo a parlare dei bei tempi e a bere cioccolata calda. E quello in un certo senso, mi aiutò.
Alla fine ci addormentammo sul divano.
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