Capitolo 44 "Flashback|Isaac Wood"

Sono Isaac Wood, ho diciannove anni e vengo da New York. Ora mi trovo a Londra e ho alle spalle un anno molto difficile, che mi ha procurato un cuore spezzato. Ma c'è un motivo se sono qui: stavo cercando di dimenticare e ricominciare...

Sono sempre stato un ragazzo semplice, con il solito gruppo di amici e con il sogno di andare al college. Un ragazzo con delle normali aspirazioni ed una vita un po' monotona. Almeno lo è stata fino a quel fatidico giorno che cambiò il corso della mia esistenza, per sempre.
I miei amici mi avevano praticamente supplicato di andare a quell'importante partita di football e di partecipare alla festa che si sarebbe tenuta in seguito. C'erano diversi motivi per cui non volevo accettare: non me ne fregava un cazzo di football, sarei stato circondato da gente rumorosa e ubriaca, non amavo le feste, era venerdì e avevo già in mente di starmene a casa a guardare la replica della terza stagione di Skins. Insomma, l'idea non mi allettava affatto. Però i miei adorati amici sapevano come ottenere ciò che volevano e mi avevano promesso che il giorno seguente avremmo fatto una maratona di Skins, tutti insieme. Era da anni che aspettavo quel momento, ero stanco di vedere quel capolavoro da solo, nella mia stanza. Quella serie tv doveva essere condivisa con il mondo. Alla fine dovetti sospirare ed accettare.

Così mi ritrovai lì, seduto sugli spalti e circondato da tutta la scuola a guardare quella noiosissima partita di football. Che poi che ci trovavano in quello "sport"? Sembrava più una rissa di massa, dove spesso dei poveracci ci rimettevano qualche dente.
Non ricordo esattamente cosa stessi facendo in quel momento, forse stavo ridendo ad una battuta di Fred, quando i miei occhi caddero su di lui.
Era un ragazzo un po' basso, appena uscito dal campo, con i capelli corti color nocciola, i lineamenti morbidi e gli occhi azzurri. Il ragazzo si voltò: le guance rosse per lo sforzo fisico e le labbra umide. Era dannatamente sexy, ma tenero allo stesso tempo. I nostri sguardi si incontrarono ed io sentii un brivido percorrermi la schiena. Ero stato con diverse ragazze, ma nessuna di loro mi aveva mai fatto provare una sensazione così forte, con un semplice sguardo poi...
Il ragazzo si voltò di nuovo verso il campo ed il mio sguardo scivolò sul suo fondoschiena, stretto nei pantaloni attillati della divisa. Oddio, cosa mi stava succedendo? Ero etero, giusto? Giusto?

"Isaac, mi caghi?" esclamò Fred, dandomi una pacca sulla spalla.

Mi ripresi e lo guardai come se mi fossi appena svegliato.

"Chi è quel tipo? Il numero undici." chiesi, ignorando la sua frase.

Margaret si unì alla nostra conversazione e si attaccò come un koala al mio braccio destro.

"Chi? Ah, sì! Si chiama Luke, fa il quarto. Dio, Isaac frequenti questa scuola da quattro anni e non l'hai mai notato?"

Luke. Era un bel nome, proprio come il ragazzo stesso.

"Perché avrei dovuto?"

"Ah, giusto, a te piacciono le patatine, non è così?" ridacchiò la ragazza, beccandosi un'occhiataccia da me.

Per qualche assurdo motivo Margaret era convinta che io fossi gay. Ma ad essere sinceri, non ci avevo mai realmente pensato. Avevo fatto le mie prime esperienze con le ragazze, come ogni normale adolescente ed era finita lì. Non mi ero mai posto alcuna domanda sul perché, il per come o il per cosa. Fino a quella sera, almeno.

"Sì, giusto." risposi, nell'intento di concludere quella conversazione.

Ci fu un po' di silenzio, poi Margaret sussurrò.

"Carino quel Luke, è..."

Alzai gli occhi al cielo e mi diedi uno schiaffetto sua fronte.

"Piantala."

La partita si concluse e la squadra della nostra scuola vinse. Margaret, Fred e Joe si alzarono ed iniziarono ad esultare, come tutti gli altri, mentre io raggiunsi la macchina di Fred.
Quando gli altri arrivarono, salirono ed insieme andammo a casa di un certo William Adler. Bé, chiamarla casa era un insulto: quella era una vera e propria villa.
Quando entrammo, Margaret si mostrò subito entusiasta.

"Sì, cazzo, finalmente una festa decente! Guarda che casa!"

"La nostra ragazza è felice perché finalmente perderà la sua verginità." la prese in giro Fred.

Margaret gli fece la linguaccia: a volte sembravano dei bambini.

"Stronzo, quella l'ho persa molto tempo fa a causa di un idiota."

Ed ecco che ricomonciavano con quella storia. Fred e Margaret erano andati a letto durante il secondo anno di liceo, ma erano ubriachi. Da quella sera le cose cambiarono tra i due, una specie di odio-amicizia. Eppure sapevo che entrambi provavano un'attrazione reciproca. Avevano solo bisogno di una piccola spinta.

"Okay ragazzi, andate a bervi qualcosa e calmate gli animi." intervenne Joe.

Io li lasciai lì ed iniziai a camminare tra la folla di gente, molta della quale non conoscevo nemmeno. Forse dovevo iniziare ad uscire di più.
Mi guardai intorno e, non attratto da tutto quel rumore e quell'odore di alcool, salii al piano di sopra.
Girovagai un po' a caso tra le stanze, finché non sentii delle voci provenire da una camera. La porta era socchiusa e anche se sapevo fosse sbagliato, decisi di guardare.
Il ragazzo di prima stava avendo una discussione con una ragazza.

"Lisa, ti ho già detto che non scoperò con te, quindi mettiti l'anima in pace e trovatene un altro."

"Ma Luke, io voglio te..."

"Sparisci Lisa, mi irriti e non poco."

La ragazza mise su il broncio, ma poi uscì. Prima di andarsene mi guardò accigliata, poi continuò a camminare.
Luke era girato di spalle e non si accorse della mia presenza. Mi avvicinai lentamente e mi accostai a lui, da dietro. Lui si voltò di scatto e sembrò sorpreso nel vedermi. I nostri volti a pochi centimetri di distanza.

"Chi sei?" chiese, con un filo di voce.

Non sembrava più lo stesso ragazzo sicuro di sé di pochi istanti prima, che aveva cacciato quella ragazza.

"Isaac e tu?" mi presentai.

"Luke..."

La sua voce era insicura e tremava appena. Guardai le sue labbra e quella fu una delle prime volte che iniziai a farmi qualche domanda. Perché avevo voglia di baciarlo fino a perdere il respiro?
Lo feci e basta, catturai le sue labbra in un bacio quasi selvaggio, ma lui non si oppose. Anzi, si ritrovò a gemere nella mia bocca quando la mia lingua entrò in contatto con la sua. In poco tempo ci ritrovammo nudi, sul letto, in cerca di qualcosa di più. Un qualcosa di nuovo per entrambi, probabilmente. Eravamo inesperti, ma quella fu una delle scopate più belle e vere della mia vita. Non come quei rapporti senza sentimento che avevo avuto con le ragazze fino a quel giorno.

Da quella sera la mia intera esistenza cambiò. Iniziai una relazione segreta con Luke. Segreta, perché lui non poteva permettersi di fare coming out, a causa dei pregiudizi di quei coglione della squadra di football, io perché mi vergognavo. Non sapevo che reazione avrebbe avuto la mia famiglia e inoltre Margaret mi avrebbe detto un milione di "te l'avevo detto", che io non sarei riuscito a sopportare.
Ma era okay, perché nonostante lo stress di dover mantenere la nostra relazione segreta, sapevo che ne valeva la pena. E con il tempo, quella semplice relazione fatta di sveltine nei posti più nascosti della scuola e scopate occasionali a casa mia o sua, divenne qualcosa di più, almeno per me.

Tutto filava liscio e avevo anche deciso di dichiararmi a Luke, quella sera di fine giugno. Ma come sempre, il coraggio mi venne a mancare e finimmo per scopare sul divano di casa mia. Mossa falsa, dato che la mia famiglia rientrò e ci trovò nudi sul divano preferito di mio padre.

"Oh mio Dio, lo sapevo!" esclamò Kayla, ridacchiando, ma senza malizia.

Luke si alzò di scatto ed iniziò a vestirsi in fretta e furia, mentre io lo feci con più calma: tanto ormai ero stato beccato, che senso aveva scappare?

"Luke, ci vediamo a scuola." dissi, senza ottenere alcuna risposta.

Il moro uscì di casa e sbatté la porta. Mio padre, che si era trattenuto fino a quel momento, scoppiò in preda ad una furia cieca.

"Cosa cazzo era quello?! Isaac, tu non sei frocio, che cazzo ti è saltato in mente? Scoparti un ragazzo, inoltre sul mio divano!"

Non feci una piega e mi alzai, guardandolo.

"Hai finito?" chiesi, per poi sbuffare.

"Non parlarmi in quel modo! E fai sì che ciò non si ripeta più in futuro!"

"Papà, io scopo con chi voglio, okay? Mi piace quel ragazzo e non ti permetterò di rovinare tutto, come fai sempre..."

Calò il silenzio e mia madre iniziò a singhiozzare, mentre Kayla andava a consolarla. Bene, ci mancava solo quello.

"Io voglio solo il meglio per te, Isaac." continuò mio padre.

"Sì, come quando mi rinfacci il fatto che non mi piace il football come ogni 'normale ragazzo' o che non ho una fidanzata? Ho capito molte cose durante quest'anno e una di queste è che mi piacciono i ragazzi, che tu lo voglia o no."

"Oh Isaac..." mormorò mia madre, continuando a singhiozzare.

"No, tu non te ne andrai in giro a prenderlo in culo come quei froci! È sbagliato, cazzo! La Bibbia lo condanna e tu non vuoi essere un peccatore, vero?"

Lo guardai dritto negli occhi e scossi la testa, mentre delle lacrime iniziarono a rigare il mio volto.

"Amare Luke mi rende felice e se amare è un peccato, allora sì, sono un peccatore, un abominio. Ma sai che c'è? Non me me frega un cazzo! Sono così e né tu, né nessuno potete cambiarmi."

A quel punto mio padre mi mollò un paio di ceffoni forti sul volto.

"Ti do una scelta: rimani e trovati una ragazza o vattene da questa casa e vivi come meglio credi."

Scossi la testa ed iniziai a piangere silenziosamente, mentre la pelle delle guance bruciava a causa dei colpi violenti.
Volevo solo essere me stesso, ma se in quella casa non potevo esserlo, allora la scelta migliore era andarsene.
Due giorni dopo mi presentai a casa di Luke con due grandi valigie accanto a me e lui fu sorpreso nel vedermi. Gli chiesi se ne valeva la pena, gli dissi che se anche lui mi amava allora io avrei trovato una casa a New York e sarei rimasto lì solo per lui. La sua risposta fu un "No, non credo di amarti" e un bacio sulla fronte. Una delle situazioni più penose della mia vita.

Così scrissi un messaggio a Margaret, Fred e Joe, dove gli spiegavo la situazione. Non dovevano per forzare comprendere, bastava solo che mi appoggiassero. E lo fecero, non mi giudicarono affatto e mi diedero anche dei soldi per il viaggio.
Sì, avevo deciso di partire. Forse era anche un po' da vigliacchi scappare in quel modo, ma non riuscivo più a reggere il peso di tutto quella situazione.
Così a metà Luglio arrivai a Londra, città di cui tutti parlavano e dalla quale io non ero mai stato particolarmente attratto. Ma almeno parlavano inglese ed era abbastanza lontana da New York, da mio padre e dalle persone che volevano ferirmi.
Il giorno stesso in cui arrivai, andai al Regency. Quel giorno vidi Jake Smith per la prima volta, la stessa persona che poi mi spezzò il cuore.
Eppure non mi pento delle mie scelte. Qui a Londra ho incontrato persone fantastiche. Magari abbiamo avuto qualche discussione e forse non gli ho mai nemmeno detto quanto tenga a loro, ma ormai non ha più importanza.
È arrivato il momento di tornare a casa.

Spazio me:

Tra poco pubblicherò una storia breve, si chiama "1945"(il prologo è già uscito). È una storia boyxboy, naturalmente e spero la apprezzerete.

Pubblicità: passate a leggere la storia "Stanza 210" di @phsycoixx ♡!

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