Capitolo 31 "I'll find you"

Jake's Point of View:

"Cassie?"

"Jake?"

La guardai confuso e mi accigliai.

"Che ci fai qui?"

Incrociò le braccia al petto e alzò un sopracciglio.

"Io ci lavoro qui. Che ci fai tu qui, a quest'ora poi..."

"I-Io..."

Guardai i soldi ancora appoggiati sul bancone e feci spallucce, abbassando lo sguardo.
Lei sospirò e mi arruffò leggermente i capelli.

"Se aspetti dieci minuti, finisco il turno e possiamo parlarne."

Avevo davvero bisogno di sfogarmi in quel momento, quindi annuii. Lei prese le cinquanta sterline e le mise nella tasca della mia giacca, per poi tornare a pulire alcuni bicchieri.
Io mi alzai ed uscii, per fumarmi una sigaretta. Dopo una decina di minuti Cassie mi raggiunse: indossava una giacca grigia e lunga, dei leggins neri e delle vans. Notai che tra i suoi lunghi capelli rossi, spuntava una treccina.

"E quella chi te l'avrebbe fatta?" chiesi, ridacchiando appena.

Lei sfiorò la treccia con un dito e sorrise appena.

"Mia madre."

Annuii e decisi di non farle altre domande, perché era diventata un po' triste tutto ad un tratto.

"Che ne dici di me, te e una bottiglia di vodka lemon vicino al Tamigi?" chiese, tirando fuori una bottiglia di vodka dalla sua borsa.

Sorrisi e annuii. Dopo una quindicina di minuti eravamo seduti su una panchina di un parco vicino al Tamigi, a bere e a parlare. Le spiegai cosa stava succedendo e lei all'inizio credette che la stessi prendendo in giro, ma non era così purtroppo.

"E cosa pensi di fare ora? Voglio dire, nessuno sa dov'è Jason e il mondo è grande."

Sospirai e feci un altro lungo sorso dalla bottiglia: l'alcool si rivelò essere un ottimo calmante, perché la tristezza mi stava abbandonando a poco a poco. Sapevo che il giorno dopo mi sarei sentito mille volte peggio, ma in quel momento avevo altro per la testa.

"Non ne ho idea Cassie, so solo che quello stupido di Jason se n'è andato senza dire una parola a nessuno, che ora mi sento uno schifo e che questa vodka mi sta facendo salire il vomito..."

Lei prese la bottiglia e la buttò in un cestino là vicino. Iniziò ad accarezzarmi la schiena con dolcezza e a fissare la superficie del Tamigi, che quella sera era estremamente calmo.

"Jake, lo troveremo. Tu lo ami, lui ti ama. Non può essersene andato di sua spontanea volontà, ci deve essere qualcosa sotto, non credi?"

Arrossii leggermente per la sua affermazione, anche se sapevo che ci amavamo, sentirlo dire ad alta voce dopo così tanto tempo era strano.

"Hai ragione Cass, ma se non dovesse più tornare? Edward non vuole dirmi dov'è, né perché è partito. So solo che sta per sposarsi con chissà chi in chissà quale luogo sperduto di questo mondo..." mormorai, preso improvvisamente da una profonda angoscia.

"Non ha senso... Cosa diavolo succede...?"

La guardai e lasciai che una lacrima rigasse la mia guancia sinistra.

"Non lo so, niente ha più senso." dissi, alzandomi e camminando verso il fiume.

Sentii dei passi dietro di me e una mano afferrare la mia. Cassie fece intrecciare le sue dita con le mie e iniziò a guardare il Tamigi, insieme a me.
Chiusi gli occhi e mi feci travolgere da gli odori e i rumori di Londra, mentre un leggero venticello mi rinfrescava il volto. L'alcool iniziava a farmi un bell'effetto, perché per qualche istante sentii il mio corpo farsi leggero, così come la mia mente.

"Jake?"

La voce di Cassie mi riportò alla realtà, facendomi sobbalzare appena.

"Mmh?"

"Andrà tutto bene..."

-

|2 settimane dopo|

Alla fine non andò tutto bene. Jason era semplicemente sparito nel nulla e io mi sentivo solo e affranto.
Sarah e Tomas erano più uniti che mai. Il loro amore cresceva ogni giorno di più insieme al pancione che iniziava ad essere evidente.
Daniel e Blane erano semplicemente perfetti insieme, quindi non volendo fare il terzo in comodo, la maggior parte delle volte li lasciavo in pace.
Teo aveva deciso di studiare molto quell'ultima settimana prima delle vacanze di primavera, mentre Helen e Cassie non si facevano vedere quasi mai.
Era tutto completamente sbagliato. Loro sapevano quello che stava succedendo, allora perché non avevano fatto niente? Sì, si erano preoccupati all'inizio, ma poi con il passare dei giorni era come se lo avessero dimenticato a poco a poco.
Ma io no. Non avrei mai dimenticato Jason McCurthy. Avevo un'altra scelta? No, perché era stato il mio primo amore e io lo avrei trovato a qualsiasi costo.
Mentre ero preso dai miei pensieri e mi dirigevo a passo lento verso il mio armadietto, una mano si appoggiò sulla mia spalla. Sobbalzai appena, perché la scuola era quasi vuota dato che l'ultima campanella era suonata, quindi non avevo idea di chi potesse essere.

"Jake, dobbiamo parlare..."

Riconobbi subito la voce e misi su un'espressione frustrata, mentre mi voltavo a guardarlo.

"Isaac, pensavo di essere stato chiaro... Se vuoi essere mio amico va bene, ma niente di più."

Sembrò esitare un po', ma poi continuò a parlare.

"Io non posso essere tuo amico, mi dispiace."

Un sospiro uscì dalla mia bocca, mentre mi voltavo per continuare a camminare.

"Okay..." mormorai.

Mi afferrò per un polso e mi attirò a sé, provocandomi un sospiro sorpreso. Lo guardai nei suoi occhi color del mare e rimasi in silenzio.
Poi accadde: mi baciò. Mentre le sue labbra accarezzavano le mie dolcemente, le sue mani andarono a trovar posto sulla mia schiena. Inizialmente ricambiai, forse anche con troppa foga, ma poi quando le nostre lingue entrarono in contatto, lo scostai bruscamente.

"No..." sussurrai.

Lui annuì e sorrise tristemente, toccandosi le labbra.

"Non provi lo stesso, vero?"

Lo guardai confuso e iniziai a giocherellare con l'orlo della mia maglietta.

"N-No... Jason è la persona che amo." dissi, con un filo di voce.

Avevo paura di ferirlo ulteriormente, ma era inutile, perché l'avevo già fatto. Lui si voltò, dandomi le spalle.

"Allora non lasciarlo andare così, vai da lui. Trovalo, ovunque lui sia. Però ricorda che io ti amo, nonostante tu mi abbia appena spezzato il cuore." detto questo, sparì girando all'angolo del corridoio.

Rimasi lì per qualche minuto, riflettendo su ciò che era appena successo. Sapevo di piacere ad Isaac, ma non sapevo che mi amasse. Ero sorpreso, pieno di sensi di colpa e frustrato.
Ma non potevo farci niente, il mio cuore apparteneva a quel testardo ragazzo dai capelli color cioccolato e gli occhi verdi. Il mio corpo apparteneva al suo. La mia anima, apparteneva a quella di Jason.
Amavo Jason McCurthy più di qualunque altra cosa e l'avrei trovato.
Mi tornarono in mente le parole di Edward, ma scossi la testa per scacciarle via. Non mi importava, volevo solo rivedere Jason, anche se per un'ultima volta.
Se si stava per sposare, con chissà chi poi, avrei almeno lottato per riprendermelo.
Se avessi perso, me ne sarei fatto una ragione. Un giorno.

-

Blane's Point of View:

Vidi Isaac e Jake baciarsi in corridoio. Non riuscii a sentire cosa si erano detti, ma capii che Jake doveva avergli detto che non voleva più stare con lui.
Quando Isaac si allontanò e venne verso la mia direzione, lo bloccai, spingendolo al muro.

"Ma che cazzo vuoi?" chiese lui, scocciato.

Alzai gli occhi al cielo e rafforzai la presa sulle sue spalle.

"Se vuoi baciarmi non farlo o giuro che ti prendo a pugni, Blane Johnson."

"Non ti bacerei nemmeno sotto tortura, Isaac Wood. Comunque ho visto ciò che è successo..."

Lui cercò di liberarsi dalla mia presa, ma non glielo permisi. Sospirò frustrato e scosse la testa.

"E allora? Cosa vuoi fare?"

"Niente, solo dirti di lasciarlo andare se tieni realmente a lui. So che detto da me suona strano, ma Jake deve stare con Jason. Ciò che c'è tra quei due è un qualcosa di troppo forte per essere spezzato, quindi fatti da parte e lascia stare Jake."

"Guarda che gli ho detto di tornarsene dal suo Jason se vuole, ma questo non cambia il fatto che io lo ami. E poi perdonami, ma tu non mi sembri nella posizione giusta per parlare, dato che hai causato la loro rottura."

Cercai di trattenermi dal prenderlo a pugni e feci un respiro profondo.

"Ho sbagliato, sì, ma ora voglio rimediare."

Lui mi spinse, facendomi cadere a terra e lasciò che una lacrima rigasse il suo volto.

"Isaac...?"

Quando lo richiamai, si coprì il volto con i palmi delle mani e iniziò a singhiozzare. Non sapevo che quel ragazzo così sorridente e menefreghista avesse un lato fragile. Mi alzai e appoggiai una mano sulla sua spalla, stringendola appena.

"Prima o poi tutti trovano la persona giusta, bisogna solo avere pazienza..."

Mi guardò e per un attimo mi si fermò il respiro, perché sembrava davvero devastato.

"I-Io..." mormorò.

Non finì e corse via, lasciandomi da solo.
Non sapevo che Isaac provasse qualcosa di serio per Jake.
Tossii appena e mi toccai lo stomaco.

"Fanculo..." mormorai, iniziando a camminare verso l'uscita della scuola.

Quelle fitte non volevano lasciarmi in pace e quel bruciore che a volte avvolgeva la mia gola, iniziava a farmi davvero male. Dovevo smetterla con tutta quella merda che mi distruggeva, lo avevo promesso a Daniel. Se prima non avevo un motivo per andare avanti, ora ce l'avevo: Daniel Taylor. Volevo cambiare e diventare una persona migliore, volevo farlo per lui.

-

Mercy's Point of View:

Ero stanca di vedere Jake in quello stato: era silenzioso, piangeva quasi tutte le notti e i suoi voti stavano peggiorando.
Mancava una settimana alle vacanze di primavera, così decisi di agire, perché non avrei sopportato vedere Jake in quello stato ancora per molto.
Andai nell'ufficio di Edward, senza nemmeno essere fermata. Entrai e chiusi la porta alle mie spalle.

"Una Smith nella nostra azienda? Ma come hai fatto ad entrare?"

"C'era molta gente all'ingresso, non è stato difficile."

Lui si alzò dalla sua sedia e mi venne incontro, fermandosi a qualche passo da me.

"Che succede?" chiese.

"Jake."

Sospirò leggermente e guardò altrove, evitando il mio sguardo.

"Jake cosa?"

"Avanti Edward, sai di cosa sto parlando."

Annuì e incrociò le braccia al petto.

"Non posso farci niente Mercy. Non l'ho deciso io e nemmeno Jason, ma nostro padre. Quindi di a tuo fratello di mettersi l'anima in pace e di andare avanti."

"Non diventare come tuo padre, Edward. Tu non sei così e io lo so bene. Dimmi dov'è Jason, non ti chiedo nient'altro."

Lui esitò un attimo, per poi parlare con un tono di voce serio e calmo.

"Non siamo più dei ragazzini, Mercy e dobbiamo prendere delle decisioni. Io non sarò mai come mio padre, ma non posso mettermi contro di lui. Questa è la mia decisione, che a te vada bene o no."

Scossi la testa e mi voltai, andando verso la porta.

"Pensavo fossi diverso. Mi ero sbagliata..."

Appoggiai la mano sulla maniglia della porta, ma lui mi richiamò.
Mi voltai e lo guardai con sguardo interrogativo.

"Che?"

Prese un foglio da un cassetto e vi scrisse delle cose, prima di piegarlo e mettermelo nella tasca dei miei jeans. Mi guardò con quei suoi occhioni verdi e sorrise appena.

"Non dire niente a mio padre o mi fa fuori."

"Che? Cosa hai scritto su quel foglietto?"

"Ma allora sei stupida! L'indirizzo della nuova casa di Jason."

"Precisamente dov'è?"

Ridacchiò appena, per poi tornare serio.

"In Italia, a Roma."

Sgranai occhi e bocca: non potevo crederci.

"Però ti prego, non dire niente a mio padre... Se scopre che te l'ho detto, sono finito."

Annuii e sorrisi, riprendendomi dallo stupore iniziale. Lo abbracciai e nella foga del momento appoggiai le mie labbra sulle sue. Non mi mossi e nemmeno lui. Mi scostai per prima, guardandolo: aveva le guance rosse e lo trovai adorabile.

"Perdonami i-io...non so cosa mi sia preso."

"È tutto okay, non fa niente."

Ci guardammo per qualche secondo, poi ridacchiammo per l'imbarazzo del momento.

"Allora io vado." dissi, indicando la porta.

"Oh certo, anch'io ho del lavoro da fare."

Aprii la porta e lo guardai un'ultima volta, prima di uscire.
Cercai di dimenticarmi di quel piccolo 'incidente' e andai subito a prenotare il biglietto per Jake: sarebbe partito la sera dell'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze.

Durante la settimana parlai con i suoi amici e loro decisero che sarebbero partiti con lui, per stargli accanto. Infondo non sapeva a cosa andava incontro, quindi sarebbe stato meglio non lasciarlo solo.
Speravo con tutto il mio cuore che quei due avessero chiarito una volta e per tutte, perché avevano sofferto entrambi negli ultimi mesi. Ma ero più che certa che alla fine il loro amore avrebbe trionfato. E a quel punto sarei stata felice e soddisfatta, perché in un certo senso avevo contribuito a farli ritrovare.

-

Jake's Point of View:

Finalmente era arrivato l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanza di primavera. La campanella dell'ultima ora era suonata, quindi mi alzai e feci per uscire, ma la professoressa di letteratura mi richiamò.

"Jake!"

Mi voltai lentamente, mettendo le mani in tasca e aspettando che dicesse qualcosa.

"Vogliamo parlare del tuo ultimo tema?"

Alzai gli occhi al cielo per un momento cercando di ricordare di cosa stesse parlando. Non ci misi molto a realizzarlo: l'ultimo compito lo avevo letteralmente consegnato in bianco.

"Oh, non si preoccupi, lo recupererò dopo le vacanze."

Le regalai un sorriso un po' forzato e ripresi a camminare, ma lei mi richiamò nuovamente.

"Jake, se c'è qualcosa che ti turba devi parlarne con qualcuno. Non dico che quel qualcuno debba essere io, magari un amico..."

Scossi la testa e guardai in alto per non far scendere le lacrime. La guardai e forzai un altro sorriso, sentendo un groppo in gola.

"No, è tutto okay. Buone vacanze."

A quel punto uscii una volta e per tutte dalla classe, dirigendomi verso l'uscita della scuola.
Di tornare a casa non se ne parlava, ero stanco di quelle quattro mura e non volevo nemmeno stare con i miei amici. La maggior parte di loro sembrava felice ed era come se tutti avessero trovato la propria strada.
E poi c'ero io, rimasto solo, in un certo senso. Perché sì, da quando Jason era sparito nel nulla mi sentivo tremendamente solo.
Ero andato più volte nel suo appartamento che ormai era vuoto, lo avevo chiamato infinite volte senza mai ottenere una risposta. Passavo le notti a piangere e a mordere il cuscino, disperato per un amore che mi stava distruggendo a poco a poco.
Ero stanco.

Decisi di comprare dell'alcool da quattro soldi in un piccolo negozio vicino alla scuola e andai nel parco vicino al Tamigi in cui io e i ragazzi andavamo spesso.
Mi sedetti sull'erba e mi guardai intorno, per poi prendere la bottiglietta di quella strana bevanda e iniziare a sorseggiare. Mentirei se dicessi che non facesse schifo, ma era l'unica bevanda alcolica che potevo permettermi, dato che avevo lasciato il portafogli a casa.
Rimasi lì per una buona oretta, prima di decidere che ero abbastanza brillo. Tornai a casa con un taxi, che mi lasciò davanti al vialetto della mia abitazione. Diedi all'uomo i miei ultimi spicci e uscii dalla macchina, dirigendomi verso la porta. L'aprii e mi tolsi la giacca, buttandola da qualche parte vicino alle scale. Tolsi le scarpe e solo a quel punto guardai verso la sala: Mercy e gli altri erano lì che mi fissavano.

"Che significa questo? Non mi ricordo di avervi invitato." dissi.

Entrai in sala e vidi due mie valigie appoggiate al muro.

"E quelle?" chiesi.

Daniel sorrise ampiamente e lasciò la mano di Blane, che venne a stringermi le spalle.

"Andiamo." disse.

Alzai un sopracciglio e lo guardai con sguardo interrogativo.

"Dove?"

"A riprenderci quello stupido."

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