Jack e Jamie
Erano passati non più di una ventina di minuti da quando Jack si era svegliato. Non appena si fu assicurato della salute delle due piccole fate, i quattro guardiani gli avevano spiegato come l'avevano tratto in salvo; anche le due piccole creature aggiunsero la loro versione dei fatti, spiegando con esattezza ciò che era accaduto subito dopo che Pitch l'aveva colpito.
Il ragazzo, però, era ancora alquanto confuso, non solo per il fatto che comunque si era svegliato da poco, ma anche, e soprattutto, perché non riusciva a comprendere come potesse essere ancora lì, vivo e vegeto. Sì, era vero, era uno spirito, in qualche modo era immortale, ma aveva percepito chiaramente il dolore nel momento in cui la lama di polvere oscura della falce dell'uomo nero, l'aveva colpito.
«Io però non capisco... – disse, tentando di spiegare anche agli amici il suo dubbio – Pitch mi ha colpito... Allo stesso modo di come aveva colpito Sandy tempo fa...» specificò.
Nord si passo una delle sue manone sulla folta barba bianca, lisciandosela e osservando il vuoto coi suoi grandi e attenti occhi azzurri, come se stesse cercando di trovare una possibile risposta a quel dubbio.
«Forse tua essenza reagisce in modo diverso da quella di nostro amico Sandman...» disse, rivolgendosi a Jack, come agli altri guardiani, anch'essi pensierosi.
«Ma certo! – esclamò Tsuko, battendo il pugnetto, sul palmo dell'altra mano, facendo voltare tutti quanti verso di lei – Il potere di Pitch è la paura, no?»
«E allora?» domandò Calmoniglio, aggrottando le folte ciglia nere, in contrasto con il pelo blu.
«E allora vuol dire che ogni sua vittima reagisce in modo diverso al colpo.» commentò Dentolina, quasi tra sé e sé.
«Esatto! Insomma, se avesse colpito Sandman, avrebbe trasformato i sogni d'oro dei bambini in incubi, perché avrebbe intaccato con la paura la sua polvere. Perciò Jack, Pitch ha alimentato la tua pau... ra...» la piccola fata, sembrò pentirsi della sua deduzione, mentre vedeva il custode del divertimento, sbiancare, più di quanto già era, e mostrare il terrore più puro negli occhi.
Le sue labbra si mossero appena, emettendo solo un fiato, che a tutti parve il nome di una persona: «Jamie...». Senza dare scuse, spiegazioni, o parole di congedo, afferrò il suo bastone e scappò via da quel luogo.
«Ma insomma Tsuko, ti sembra il modo di dire certe cose?» la rimproverò la sua compagna dai capelli neri.
«Scusate...» mugolò lei, sinceramente dispiaciuta; evidentemente non le era venuto in mente che a quella notizia il ragazzo avrebbe potuto reagire a quel modo.
Fu nuovamente Yuki a rivolgersi agli altri guardiani, cercando di capire cosa avesse spaventato Jack e dove fosse andato; insomma, se erano state mandate dall'Uomo della Luna per stare al fianco dello spirito della neve, dovevano fare bene il loro lavoro o almeno tentare di farlo.
«Quale sua paura pensa che possa essere stata intaccata?» domandò.
«Beh... – disse subito Dentolina, facendo però una lunga pausa e scrutando le due fate con i suoi occhi fucsia – Fino a qualche mese fa, credo che la paura più grande di Jack fosse il non essere visto da nessuno. Non so con esattezza come sono andati i fatti, non ce l'ha mai raccontato, ma Jamie è stato il primo bambino a credere in Jack Frost, il primo bambino che riuscì a vederlo.»
«Per questo sta andando da lui... – intervenne Calmoniglio – Vuole assicurarsi che il ragazzino creda ancora in lui.» a quelle parole Nord fece un verso stizzito, come se stesse sentendo una marea di stupidaggini, una dietro l'altra.
«Pitch può essere forte quanto lui vuole, ma non può impedire a bambino di credere. Ricordate cosa ha dovuto fare ultima volta per spegnere luci di tutti i bambini? Finché bambini e Jamie fanno buoni sogni e credono in noi, crederanno anche in Jack!»
In risposta a quella giusta e sensata spiegazione, Sandman cercò di dire la sua, o meglio, cercò di suggerire ciò che secondo lui si doveva fare, mostrandolo con la sua polvere dorata, com'era solito fare.
«Sì, hai ragione Sandman, dovremmo andare a vedere come sta, sia che Jamie creda ancora in lui o no.» confermò la fata piumata e il grosso coniglio dal pelo blu sospirò.
«Questa giornata non vuole proprio finire, eh? Spero solo che tutta questa storia abbia un lieto fine.» commentò, passandosi una zampa sul muso, come nel tentativo di scacciare la preoccupazione, per poi battere quella anteriore a terra e aprire una voragine sotto di sé, mentre Nord e gli altri, usavano un'altra palla con la neve.
Arrivarono a casa del piccolo Jamie, poco dopo di Jack. Il ragazzo era già nella camera del bambino e lo stava osservando dormire profondamente; tra le mani il telefono cellulare che i suoi genitori gli avevano regalato per il suo compleanno qualche mese prima e che lui aveva sfoggiato per un sacco di tempo, con orgoglio. Sullo schermo, ancora acceso, appariva un messaggio scritto a metà, probabilmente perché, stravolto anche lui da quella giornata, si era addormentato prima di completarlo. Intimava ai suoi amici di continuare a credere nonostante tutto, di ricordarsi dei guardiani e del fatto che sarebbero sempre rimasti dalla loro parte.
«Non potrà mai dimenticarsi di te...» gli sussurrò Dentolina, entrando dalla finestra e poggiando una mano sulla sua spalla.
Sulla testa dell'omino d'orato, apparvero due figure, una più bassa che correva incontro ad un'altra più alta per poi abbracciarla e quella alta somigliava molto a Jack. Ricordava bene quel momento, era successo alla fine della battaglia contro Pitch, sette mesi prima, Jamie era corso tra le sue braccia, lasciandolo completamente senza parole. Quel bambino, che ora dormiva beato nel suo letto, era stato il primo a volergli davvero bene, come si vuole bene ad un custode, no, forse ancora di più, come si vuole bene ad un fratello maggiore. Sì esatto, per questo Jamie era così importante per lui, perché gli ricordava sua sorella, la sua vita passata e quel terribile incidente che l'aveva portato a diventare ciò che era adesso.
I suoi compagni avevano ragione: era impossibile che Jamie Bennet si dimenticasse di lui.
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