In cerca di speranza

Jack non aveva nessuna intenzione di raggiungere gli altri guardiani al Polo, si sentiva stanco e provato e qualcosa gli diceva che più sarebbe stato lontano da loro, soprattutto da Nord e meno casini sarebbero successi. Allo stesso tempo però non voleva starsene con le mani in mano a non fare nulla, per questo motivo si propose per andare da Jamie e riferire ai bambini che sebbene le fatine dei denti fossero sparite non dovevano smettere di credere, ma anzi avrebbero dovuto continuare a insistere anche con i loro coetanei.

Lo spirito dell'inverno, quindi, si separò dalla fata dei denti e assieme alle sue due piccole amiche, sempre sistemate nella grande tasca della sua felpa, si diresse verso la città.

Non fu facile trovarlo. Era convinto che a quell'ora di martedì mattina potesse essere a scuola, ma quando si affacciò alla finestra della sua classe il banco era vuoto. Provò ad attirare l'attenzione dei gemelli, ma nessuno dei due sembrava notarlo; guardavano entrambi con aria triste e annoiata la lavagna. Pensò allora che potesse trovarsi al rifugio che avevano adibito per tutti coloro che ancora credevano e dove fino a qualche giorno prima il gruppo aveva radunato un bel po' bambini, ma anche lì trovò l'assoluta desolazione.

«Forse si è preso qualche malanno ed è rimasto a casa.» propose Tsuko, vedendo lo sguardo deluso del ragazzo.

Effettivamente Jamie era rimasto a casa, ma non aveva nessun malanno; o meglio alla madre aveva fatto credere di avere mal di pancia, ma tutto ciò che lo affliggeva era solo una grande malinconia. Se ne stava sdraiato sul suo letto, a gambe e braccia divaricate, fissando interamente il soffitto. Quando Jack entrò dalla finestra di camera sua a malapena lo salutò.

«Ehi...» disse solamente.

«Che succede?» fu la domanda schietta di Jack, stupito di vedere il ragazzino così giù di morale.

«Non ci riesco.» sbuffò lui.

«A fare cosa?»

«A convincere gli altri. Tu mi avevi detto che il credere in voi faceva anche di me un guardiano, ma io non riesco a convincere nessuno. Stamattina Monty è venuto da me a dirmi che non voleva più credere a voi, perché non valeva la pena continuare ad avere gli incubi se poi non riceveva nemmeno il suo soldino in cambio al dente che gli è caduto ieri.» raccontò Jamie, si capiva dal suo tono di voce quanto fosse deluso da se stesso.

«Già... Purtroppo stanotte è successo qualcosa al palazzo di Dentolina.» fu il commento dello spirito della neve, che con un movimento leggero si sedette sul letto vicino al ragazzino.

«Lei sta bene?» quella notizia l'aveva fatto riprendere, scatto seduto come se avesse appena ricevuto una scarica elettrica, mentre si voltava verso il ragazzo.

«Sì, lei sta bene. Ma non sappiamo che fine abbiano fatto le sue fate e sembra che tutto si stia ripetendo come mesi fa, se non...» avrebbe voluto dire "peggio", ma si trattenne per non spaventare il ragazzino ancora di più.

«Come facciamo? – chiese Jamie, dopo l'ennesimo sospiro, tornando in un attimo giù di morale – Ormai quasi tutti i miei amici hanno detto che dormono male e che hanno paura persino a chiudere gli occhi.»

«Troveremo una soluzione. – disse Jack, sorridendo al bambino, un falso sorriso che aveva imparato a fare sin da umano, quando doveva tranquillizzare la sua sorellina – L'importante è avere fiducia e speranza. Vedrai, manca pochissimo a Natale e con Nord e i suoi regali tornerà la luce.» gli scompigliò i capelli, dopodiché lo salutò e volò via.

«Oh Dentolina! Finalmente! – esclamò Nord, allargando l'enormi braccia, ma il sorriso che aveva regalato alla fatina dei denti si spense in un attimo vedendo il suo sguardo affranto – Che successo? Tuo palazzo?»

Dentolina scosse la testa, facendo comprendere senza nessuna parola che anche il suo campo, quello dei ricordi dei bambini, era andato perduto.

«Dov'era Jack? Non toccava a lui sorvegliare il tuo palazzo?» domandò Calmoniglio, ormai si fidava dello spirito della neve, non era più come i primi tempi in cui era stato nominato Guardiano, in cui i dissapori tra di loro erano evidenti a tutto il gruppo; eppure quella cosa ancora lo insospettiva e allo stesso tempo lo faceva sentire quasi in colpa il solo pensarlo.

«No lui... Lui ha combattuto, credo. Non lo so. Ero andata a riposarmi un po' e quando mi sono svegliata era tutto ricoperto di ghiaccio. Non so cosa sia accaduto, ma Jack non farebbe mai una cosa simile, lui...»

«E Jack? Dove è lui, ora?» chiese Nord.

«Ha detto che si preoccupava di andare ad avvisare i bambini e poi ci avrebbe raggiunto.» la voce della fata era proprio lieve, tanto da percepire la sua tristezza.

«Dentolina ci dispiace tanto.» le disse il coniglio blu, poggiandole una zampa sulla spalla piumata. Lei per tutta risposta tirò sul col naso, poi si diede una scossa al suo meraviglioso piumaggio e s'impettì.

«Basta piagnistei! Dobbiamo aiutare Nord a realizzare il miglior Natale di sempre, giusto?» disse tirando un sorriso.

«Oh sì, Yeti stanno ultimando regali. Se volete possiamo impacchettare.» confermò l'omone, facendo loro strada tra i vari tavoli da lavoro in cui alcuni Yeti stavano sistemando giocattoli, cucendo bambole e testando videogame.

Jack, però, non li raggiunse. A che scopo andare al Polo Nord? Non era affatto in vena di mettere su un finto sorriso d'incoraggiamento, soprattutto dopo che aveva tradito in quel modo la fiducia di Dentolina. Non aveva la più pallida idea di cosa fosse successo, ma sentiva come una tenaglia allo stomaco e riconosceva perfettamente la sensazione: senso di colpa. La cosa assurda è che quel dolore era più forte di quello avuto mesi prima, quando per la sua curiosità aveva rischiato di rovinare la Pasqua a Calmoniglio. Eppure questa volta non era nemmeno sicuro che la causa fosse lui.

«Non andiamo alla fabbrica di Nord?» gli chiese Tsuko, poggiandosi sulla sua spalla, non appena Jack si fu sdraiato sul ramo dove solito riposava, vicino al lago ghiacciato.

«A che scopo? Rovinerei anche il Natale.» sospirò il ragazzo, osservando i rami spogli dell'albero, carichi di neve che aveva portato lui stesso.

«Ehi! – lo rimproverò l'altra fata – Tu sei lo spirito della neve, il custode del divertimento. Non puoi fare il broncio in quel modo!»

«Beh, in questo momento non riesco proprio a sorridere.»

«A che pensi?» chiese allora Tsuko.

«Comincio a credere che non c'entri affatto Jamie con quella cosa accaduta durante lo scontro con Pitch.»

«Che intendi dire?» Yuki si accomodò sull'altra spalla, il suo tono era tornato più gentile.

«Credo che sia successo qualcosa quando mi ha colpito, prima che mi salvaste. Ho paura di essere io la causa di tutto quello che sta accadendo agli altri guardiani.» a quelle sue parole calò il silenzio, durò almeno un paio di minuti, poi la voce di Yuki cominciò a intonare una melodia. All'inizio furono solo versi, poi si aggiunsero le parole, sebbene fossero in una lingua completamente sconosciuta al ragazzo.

«Cosa stai...?» cercò di chiedere, ma la risposta gli arrivò dalla fatina bionda, che stava sorridendo al gesto della compagna.

«È la canzone della Hevì. Nella valle delle fate la cantiamo quando le stagioni faticano a cambiare, è la canzone della speranza.»

«Speranza...» disse in un soffio Jack.

«L'hai detto anche a Jamie, no? – continuò Tsuko, mentre Yuki gli sorrideva proseguendo a cantare – Tutto ciò che ci serve è un po' di speranza.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top