Ghiaccio e buio
«Staremo a vedere...» rispose con voce minacciosa lo spirito del buio, subito dopo con un veloce movimento delle braccia creò un'onda di polvere nera che quasi investì Jack.
La evitò per un soffio, con una capriola laterale, si tirò su con un movimento svelto e iniziò a correre, nel tentativo di avvicinarsi di più al suo bastone. Pitch però improvvisamente gli comparve di fronte, ostruendo la sua unica possibilità di combattere seriamente.
«Non puoi battermi Jack, non qui, questo è il mio regno. Io vivo di oscurità e paura e per quanto tu possa negarla o combatterla, più tu ne provi più io divento forte.» lo minacciò con quell'inquietante e perfido sorriso sulle labbra, creando poi la sua falce di polvere nera e tentando di colpirlo.
Il ragazzo dai capelli bianchi fece un balzo indietro, evitando anche quell'attacco, ma sapeva che non poteva andare avanti in quel modo: il suo avversario aveva ragione e non poteva negarlo. Era preoccupato, preoccupato per le fate, preoccupato di non farcela, preoccupato di deludere di nuovo i suoi compagni com'era accaduto nell'ultima battaglia e, tutto quello, non lo stava affatto aiutando a superare le sue paure. Scosse la testa, non doveva pensare a quello, il suo obbiettivo adesso era recuperare il bastone, fatto ciò avrebbe potuto affrontarlo. Pitch temeva il suo potere di ghiaccio, lo sapeva bene, l'aveva scoperto nella loro ultima battaglia sei mesi prima e per quanto l'uomo nero potesse essere diventato forte, lui non si sarebbe arreso.
Un'altro colpo della falce arrivò veloce, quasi imprevisto e per pochi millimetri non gli prese il viso. Quel colpo però fu la sua fortuna, sfruttando l'arma nera del suo avversario come rampa di lancio, saltò oltre il nemico atterrando proprio vicino al suo bastone e afferrandolo. Lo strinse forte, percependo ogni venatura e ogni scheggia, sentendosi finalmente al sicuro: ormai da più di trecento anni quel pezzo di legno era diventato la sua ancora di salvezza, il suo unico vero alleato; era tutto ciò che l'Uomo nella Luna aveva dato a lui, oltre al suo nome e, fino a che non aveva ricordato il suo passato, erano state le uniche due cose che gli avevano impedito di crollare nella disperazione e nella solitudine. Per questo motivo, stringere nuovamente il suo bastone, in quel luogo oscuro, dopo le minacce di Pitch e il suo tentativo di ucciderlo, l'aveva ricaricato di energia, trasformando tutta la sua paura in coraggio.
«Te lo ripeto per l'ultima volta Pitch. Libera le fate!» ordinò perentorio.
L'uomo nero, però, rispose semplicemente con una risata divertita, per poi osservarlo con i suoi inquietanti occhi grigio ambrati.
«Trovo che sia fantastico affrontarti lo sai? Tu sei diverso dagli altri guardiani. Loro sono così meticolosi, premurosi, cauti; mentre tu sei impulsivo, così carico di furore e di rabbia. Jack Frost, per quanto tu lo possa negare io e te siamo più simili di quanto pensi...» concluse, dando però l'impressione di lasciare la frase a metà, come se avesse voluto aggiungere qualcosa, ma non l'aveva fatto per aumentare la tensione.
«Te l'ho già detto una volta Pitch, io e te non abbiamo nulla in comune. Non sarò mai come te! Mai!» urlò Jack, scagliando un una raffica di vento ghiacciato e neve contro il suo nemico.
Lui con un semplice movimento delle braccia la spostò verso destra, accompagnata dalla sua solita polvere nera, creando di fianco a lui una di quelle terrificanti e allo stesso tempo sublimi strutture di ghiaccio nero, con le punte aguzze che nascevano quando le magie dei due spiriti s'incrociavano.
Più nessuna parola uscì dalle loro bocche per svariati minuti, entrambi si muovevano nell'ombra di quella grotta buia, incrociando le armi e creando decine di inquietanti sculture ghiacciate, che ben si sposavano al già tetro luogo.
Gli occhi di Jack, ormai, si stavano abituando a quell'ambiente e iniziavano a vedere meglio ciò che lo circondava: senza più il bagliore dei cilindri, che contenevano i denti rubati alla fata piumata, dell'ultima volta in cui si era recato lì, la visibilità era diminuita parecchio in quel luogo. Forse anche per questo motivo si distrasse: quando vide nuovamente le enormi gabbie appese al soffitto, questa volta stracolme di fate dalle sembianze umane, i ricordi di ciò che aveva combinato quel giorno di Pasqua di sei mesi prima riaffiorarono nella sua mente.
Fu un attimo, sopraffatto dal ricordo di ciò che era accaduto, abbassò lo sguardo verso lo strapiombo, dove sapeva bene non avrebbe visto quelle montagne di cilindri dorati in cui si era tuffato quella volta, per inseguire la voce che lo chiamava, eppure ciò che vide gli mise comunque i brividi.
Non ebbe nemmeno il tempo di domandarsi il perché di quei corpi che qualcosa, lo trafisse alla schiena, proprio in mezzo alle scapole, esattamente allo stesso modo in cui la freccia nera aveva colpito Sandman nella loro penultima battaglia.
«Scoprirai quanto siamo simili Jack!» gli sussurro quella voce fredda e terrificante all'orecchio, mentre un gelo assoluto, che lui non aveva mai potuto provare, lo avvolse completamente, facendogli perdere conoscenza.
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