Festa

Jack sperava con tutto se stesso che le cose andassero come aveva previsto. Sarebbe entrato in casa di Meredith, avrebbe visto suo padre e avrebbe potuto liberarlo in almeno una ventina di modi differenti. Rachel continuava a non essere così fiduciosa, ma nonostante ciò lei lo aiutò a trovare un vestito decente. Prese una delle sue camicie bianche unisex, il cui utilizzo si era limitato ad una sola sera, e un paio di pantaloni eleganti dall'armadio di suo fratello, che non l'avrebbe mai saputo dato che stava passando un anno in Spagna per uno scambio.

-Ti stai convincendo almeno un po'?- chiese lui mentre finiva di allacciarsi i bottoni della camicia.

-In realtà no...- rispose lei dalla terrazza.

-Potrebbe essere la mia unica possibilità, dimmi che almeno una piccola parte di te pensa che potrei farcela!-

-Jack c'è differenza tra i film e la realtà. É già un miracolo se vedrai tuo padre lì, non ti illudere troppo-

Lui uscì dal salone -Come sto?- chiese con un sorrisetto soddisfatto.

Rachel lo guardò e notò quanto in realtà Jack fosse snello e quasi gracile. Essendo abituata a vederlo sempre con la pesante giacca da cacciatore, lo aveva immaginato un po' più grosso di quanto non fosse in realtà. Aveva un viso molto carino e il suo fisico, anche se non molto allenato, non era male. Rachel cominciò a chiedersi perché stesse cominciando a notare quei particolari solo in quel momento. Scosse la testa: non voleva e non poteva innamorarsi di lui come succedeva a quelle protagoniste dei telefilm che lei odiava.

-Stai molto bene- rispose.

-Bene! Ora mi servono solo più le scarpe e un invito da parte di una certa Meredith-

-Ehm a proposito...lei non ha nessuna intenzione di invitare qualcuno della nostra scuola, nemmeno la sua migliore amica quindi figurati se darebbe un invito a me-

-Oh...ok e...e allora cosa facciamo?-

-Non ti preoccupare, so io come farti entrare-

La festa cominciò verso le nove di sera e una schiera di giornalisti, paparazzi e curiosi si era insediata davanti ad una villa gigantesca e magnifica che sorgeva sulla cima della collina. Jack era lì, ma Rachel non aveva potuto accompagnarlo perché altrimenti i suoi avrebbero fatto fin troppe domande. Jack aggirò la folla e raggiunse il retro della casa. Voleva scavalcare, ma aveva paura che qualcuno lo potesse vedere e chissà, magari denunciare. Dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei dintorni saltò per raggiungere la cima del muro, ma lo sfiorò con la punta delle dita prima di ricadere al suolo. Si rialzò massaggiandosi la testa e si ritrovò faccia a faccia con un ragazzo di almeno vent'anni che lo fissava.

-Ehm io...i-io non-

-Senti non mi interessa tutto quello che so è che lì dentro c'è Annabel Jones e io devo fare delle foto per il mio capo quindi taci e dammi una mano ad entrare-

-Solo s-se tu la darai a me-

-Affare fatto-

Gli porse la mano e Jack la strinse. Si alzarono entrambi.

-Salgo prima io, afferra il mio piede e spingi verso l'alto- disse quel misterioso ragazzo.

-D'accordo-

Jack afferrò il suo piede e riuscì a sollevarlo di circa un metro, prima di cedere. Quel ragazzo si sedette sul bordo della recinzione e si mise in ginocchio, stringendo una sfera in pietra che sovrastava la cima di un palo del muro, poi allungò una mano verso Jack.

-Veloce ragazzino- disse.

Jack saltò e si sorprese della forza di quel ragazzo quando lo sollevò fino a portarlo accanto a lui.

-Ok, grazie per l'aiuto, ciao ragazzino-

-Ciao- rispose Jack timidamente.

Entrambi saltarono giù, dentro il giardino di quella meravigliosa villa. Il ragazzo sparì silenziosamente come era arrivato, mentre Jack si diresse verso l'ingresso. Capì che era stata una pessima idea appena scorse due agenti sulla porta. "Dio, come non potranno accorgersi che mio padre è stato rapito?" pensò. Cambiò strategia e fece un giro della casa per cercare qualcosa come una finestra aperta o cose simili e ne trovò una molto piccola praticamente attaccata al suolo. Riuscì a sfondarla prendendola a calci e, strisciando, si lasciò cadere dentro una cantina. Non vedeva molto, ma individuò subito la maniglia della porta che fortunatamente era aperta. Jack salì al piano di sopra senza fare troppo rumore e cercando di non attirare l'attenzione. In mezzo a quella folla ridente, lui cercava l'unico uomo che stava fingendo non per l'immagine, ma per la sua vita.

Michael non riusciva a capire come tutto stesse accadendo. Era entrato senza problemi con Shannon e la pistola che aveva in borsa senza che nessuno riuscisse a leggere la parola aiuto in fondo ai suoi occhi, com'era possibile? Tra tutta quella gente fu avvicinato dal regista con cui stava lavorando prima che quella storia cominciasse.

-Michael! Che piacere vederti-

-Sam...ciao- "aiutami" pensò.

-Che fine hai fatto?-

-Sono stato impegnato...io...ehm io dovevo sistemare alcune cose-

Vedeva Shannon vicino a lui mentre fingeva di cercare qualcosa nella borsa, quando in realtà stava preparando l'arma.

-Peccato...mi sarebbe davvero piaciuto lavorare con te-

-Come?-

-Lei mi ha detto che hai deciso di prenderti un anno sabbatico-

Lui incrociò lo sguardo di lei. Sorrideva tranquilla come se niente fosse.

-Giusto...ehm mi dispiace molto, ma ne ho bisogno-

-Si sente! Amico stai parlando con un tono totalmente diverso dal solito, stai bene?-

-Benissimo- "aiutami ti prego"

-D'accordo...se avessi bisogno di qualcosa, beh hai il mio numero-

-Grazie mille-

Se ne andò. Non aveva capito per niente. Michael cercò di nascondere la delusione, ma forse non ci riuscì così bene.

-Sorridi ora- disse fredda Shannon.

-Non darmi ordini, so cosa devo fare-

-Allora fallo-

Michael cominciò a guardarsi intorno, poi lo vide: il bagno degli uomini, dove Shannon non poteva assolutamente seguirlo. S'incamminò rapidamente verso quel luogo ed entrò. Un uomo lo seguì. Non lo aveva mai visto prima, ma da come si comportava doveva essere un complice di Shannon. Si lavò le mani cercando di smetterla di tremare. Nessuna possibilità di fuga con quel bestione a sbarrare la porta e la finestra chiusa. Uscì quasi correndo. Squadrò ancora una volta la stanza.

-Jack- mormorò così piano che nessuno lo sentì.

In quel momento anche il ragazzo lo vide e i due si fissarono per alcuni secondi, poi Jack gli sorrise e lui invece distolse lo sguardo. Se lo avessero visto...non poteva neanche immaginare cosa sarebbe successo. "Vattene Jack" fu tutto quello che riuscì a pensare.

"Papà ti prego reagisci". Jack non capiva come mai suo padre non stesse facendo nulla per farsi aiutare e cominciò a preoccuparsi. Mentre ancora cercava di non perderlo di vista tra la folla, intravide un'ombra familiare. L'uomo che aveva sognato era lì, con l'aria seccata. La repulsione che sentì nei suoi confronti fu tale da fargli percorrere qualche passo all'indietro. Non si poteva fidare di lui e anche se non sapeva perché, non lo avrebbe fatto.

Decise di andare immediatamente via da lì. Forse quell'uomo teneva suo padre sotto controllo chissà come. Scese nuovamente in cantina, ma questa volta l'uomo inquietante dell'incubo lo seguì.

-Dove vai ragazzino?- gli chiese in tono divertito, come un gatto pronto a giocare con un topo indifeso.

-Via- rispose rapido Jack, ma l'uomo lo prese per un braccio.

-Tu vieni con me ora-

Michael afferrò l'uomo per i capelli e lo scagliò contro il muro, poi afferrò Jack e subito i due si rifugiarono dentro una stanza, chiudendo a chiave la porta.

-Papà cosa sta succedendo? Stai bene?-

Michael gli diede un brevissimo abbraccio.

-Andrà tutto bene Jack, ma tu mi devi stare lontano...trova il modo per portare la polizia agli Infinity Studios, ok?-

-Ma-

-Dimmi se hai capito- lo interruppe lui.

-Sì-

-Bravo, ora corri-

Suo padre lo aiutò a raggiungere la finestrella da cui era entrato e lo fece uscire. Jack sentì il rumore di una porta sfondata in quel momento. Alcuni uomini dissero che lo avrebbero ucciso se non fosse uscito da lì subito. Quello del suo incubo invece saltò e raggiunse la finestrella. Jack non aspettò nemmeno un secondo e si mise a correre veloce verso un albero vicino. Aveva visto la tecnica di Rachel per arrampicarsi facilmente e provò ad emularla, riuscendoci. Appena superò la recinzione saltò giù e continuò la sua fuga nel bosco buio e terrificante. L'uomo non si era arreso e ora gli era alle spalle. Jack si sforzò per correre il più velocemente possibile fino a casa, ma, a pochi metri da quest'ultima, l'uomo lo placcò.

Lo voltò a pancia in sù e gli tirò un pugno in faccia. Jack aveva appena sedici anni, come poteva combattere contro un uomo sulla quarantina bene allenato? La risposta era scontata.

-Ti prego non uccidermi- fu tutto quello che riuscì a mormorare.

-Mi dispiace, ma il tuo cadavere mi sarà molto più utile di te!-

Gli mise le mani sulla gola stringendo con tutta la forza che aveva in corpo. Jack cercò di gridare per chiamare aiuto, ma era inutile dato che nemmeno l'aria poteva raggiungere i suoi polmoni. Non voleva morire, non in quel modo dopo aver visto per appena pochi secondi suo padre e senza averlo salvato. Andy comparve dal nulla e subito attaccò l'aggressore mordendogli il braccio. L'uomo imprecò e gridò per il dolore, ma il cane non cedette. Jack si alzò in piedi e si mise a correre lontano. Il suo aggressore, ferito e disarmato, fu messo in fuga dal suo cane, che con calma rintracciò il suo odore e lo raggiunse poco dopo.

Jack passò tutta la notte col fucile carico in mano. Guadava l'ingesso senza distrarsi. Era terrorizzato, ma doveva tenersi pronto ad agire. Fortunatamente il suo cane era con lui...quella creatura gli aveva salvato la vita. Ma ora cosa ne sarebbe stato di suo padre? E chi diavolo era quell'uomo? Perché voleva ucciderlo? Non lo sapeva.

Rachel si svegliò presto e subito andò da Jack, ormai per lei era un'abitudine. 

-Jack! Sono io svegliati!- disse come ogni mattina.

Trovò il ragazzo seduto in un angolo con il fucile accanto. Aveva uno sguardo distaccato e disperato, mentre i suoi occhi erano pieni di lacrime e segnati da una notte insonne. Aveva un grosso livido vicino all'occhio sinistro e dei segni sulla gola.

-Jack...cos'è successo?- 

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