Bisogno di Verità
Rachel tornò a casa e subito si fece una doccia per schiarirsi le idee. Aveva visto uno dei suoi idoli cinematografici venire portato via davanti a lei, poi aveva scoperto dell'esistenza di Jack, il figlio di Michael, tenuto segreto senza motivo al mondo e che ora si trovava a pochi metri nella casa accanto alla sua. Ma cosa stava facendo? Davvero aveva intenzione di ascoltare Jack e non chiamare la polizia o non dire nulla ai suoi genitori? Certo che no! Eseguire i suoi ordini non aveva senso.
Uscì e si asciugò lottando con asciugacapelli e spazzola poi si mise il pigiama e scese al piano di sotto, sentendosi più leggera e rilassata. Le succedeva sempre quando faceva la doccia. Lo sguardo le cadde inevitabilmente sul televisore a muro alla sua sinistra. Senza sapere come pensò "Jack potrebbe aver fame a quest'ora". In quel momento i suoi rientrarono in casa dal lavoro.
-Ciao tesoro! Come stai?- chiese sua madre chiudendo la porta.
-Insomma...oggi stavo passeggiando quando ho visto degli uomini portare via Michael Smith su un furgone- disse tutto d'un fiato. Sapeva perfettamente che era inutile servirsi di complessi giri di parole, anche perché i suoi genitori le avrebbero sicuramente fatto un quarto grado ricco di fraintendimenti in ogni cosa. Dunque perché rendere le cose più lunghe?
I suoi genitori si paralizzarono -Cosa?- chiese suo padre che si sarebbe aspettato ben altra risposta alla domanda della moglie.
-Sono sicura l'ho visto con i miei occhi- insistette Rachel.
I suoi si scambiarono un'occhiata preoccupata.
-Vi prego lo so che è assurdo, ma è la verità! Dobbiamo chiamare la polizia e avvertirli subito-
-Quando è successo?- chiese suo padre.
-Oggi, mentre stavo passeggiando-
-Dove?-
-Vicino al bosco...dove inizia il sentiero 66-
-Ne sei sicura?- chiese ancora sua madre.
-Sì lo sono-
Sua madre rimase con lei per continuare quella specie di interrogatorio su cosa fosse successo, come Rachel si aspettava, mentre suo padre chiamò la polizia. Dopo circa venti minuti tornò in salone furioso e senza dare spiegazioni esclamò -Perché hai mentito Rachel?-
-Cosa? No io non l'ho fatto!- protestò la ragazza.
-La polizia mi ha detto di aver contattato il suo agente: lui ha detto che Michael Smith è sul set del suo nuovo film, che sta bene e di non chiamare più a meno che non stia davvero accadendo qualcosa!-
-No ma...no non ha senso!-
-Rachel...magari hai visto la scena di quel suo nuovo film- disse sua madre, sempre mantenendo la calma.
-No mi sarei accorta delle telecamere! Io ne sono certa-
-Beh non so cosa tu abbia visto, ma Michael Smith sta bene ed è sul set quindi smettila di ripetere che è stato rapito e cerca di capire cosa sta succedendo davvero la prossima volta!-
Rachel era furente...avrebbe voluto Jack lì con lei in quel momento, ma preferì non dire nulla di lui ai suoi genitori. Se non credevano a lei, come poteva convincerli lui? E poi si sarebbero infuriati se avessero saputo che lui era nella casa accanto.
-D'accordo...scusate- disse e si ritirò rapida in camera sua.
-Ryan...lei non mente mai- osservò sua madre.
-Elizabeth lo so, ma cosa posso farci se l'agente ha confermato che lui è là!-
Elizabeth non disse una sola parola di più. Si convinse che sua figlia avesse visto la scena di qualche film e non pensò più a quella storia.
Rachel intanto veniva assalita da un milione di dubbi: e se davvero Michael non fosse stato rapito? E se Jack stesse solo fingendo di essere suo figlio? Perché il suo agente avrebbe dovuto mentire? Era la parola di un ragazzino come lei contro quella di un misterioso agente. E poi lei lo aveva visto con i suoi occhi...non c'erano telecamere, nessuno aveva gridato "Stop!". Non poteva essere la scena di qualche film, non poteva essersi sbagliata.
Michael si risvegliò dentro una stanza completamente vuota, rettangolare, dalle pareti bianche e le luci al neon sul soffitto. C'era una sola, grande finestra alla sua sinistra e una porta alla sua destra. Non sapeva dove fosse. Cercò di alzarsi, nonostante la testa gli girasse, e ci riuscì. Raggiunse a tentoni la finestra e subito capì quale edificio si era trasformato nella sua prigione: erano gli Infinity Studios, dove aveva cominciato la sua carriera. Il complesso era costituito da un vecchio palazzo di pochi piani, un tempo il cuore dei giovani talenti della città, e alcuni capannoni che ora erano spariti dato che gli Studios avevano fallito anni prima. Dunque ora il palazzo era totalmente abbandonato e la sua antica gloria era solo un ricordo.
Perché era lì? Come ci era arrivato? E Jack dov'era? Stava bene? Camminò velocemente verso la porta e cercò di aprirla, ma era stata chiusa a chiave. -Ok, non è un problema- si disse. Raggiunse la finestra e tentò di aprirla, ma qualcuno aveva fuso l'asta con l'anello in modo che, anche se qualcuno avesse provato a girare la maniglia, questa non si sarebbe mai mossa. Decise allora di spaccare un vetro. Si tolse la giacca e la maglietta avvolgendo quest'ultima intorno alla sua mano per proteggerla dalle scaglie di vetro. Tirò il pugno più forte che poté, ma capì che doveva esserci qualcosa di sbagliato nel materiale con cui la finestra era stata realizzata: la vetrata non si era nemmeno scalfita.
-É tutto inutile- disse una voce maschile alle sue spalle.
Lui si voltò di scatto e notò immediatamente l'uomo con una pistola e una bastone nelle sue mani. L'altro sorrise malignamente.
-Ciao Michael-
-Non ci posso credere...dopo tutto questo tempo-
-Non sono qui per ascoltarti, ma solo per dirti che tuo figlio è morto-
Michael si sentì morire in quell'esatto istante. Non poteva essere vero! Jack era corso via non poteva averlo raggiunto così in fretta.
-Non è vero- disse tremante.
-Invece lo è: gli ho sparato io-
-No, se fosse ti avrei sicuramente sentito, stai mentendo!- gridò pieno di rabbia e dolore.
-Non credo...ti stavano già portando via quando è successo-
-Non puoi averlo raggiunto, lui-
-Era accanto a te e i miei uomini lo hanno preso e appena ti hanno trascinato via...gli ho sparato in testa-
Michael non riuscì a nascondere un sorriso: Jack era vivo, quell'uomo stava mentendo.
-Quanto sei spregevole...sorridi per la morte di tuo figlio-
-Sorrido perché so che lui è corso via, lontano da me, i tuoi uomini non l'hanno neanche sfiorato-
L'uomo non poté non nascondere la sua sorpresa nell'apprendere quella notizia. Il sorrisetto soddisfatto di Michael gli dava profondamente fastidio. Provava un odio senza precedenti per quell'uomo e trovò immediatamente un modo per distruggere quella sua piccola punta di soddisfazione.
-D'accordo, ma anche se quel ragazzino è riuscito a scappare non oso nemmeno immaginare come morirà ora che tutto solo disperso in una foresta. Pensaci Michael...ora che il Sole è scomparso tuo figlio comincerà ad avere fame e freddo. Di cosa morirà prima secondo te? Pensaci- disse poi uscì chiudendo la porta a chiave.
Michael cominciò a preoccuparsi per Jack. Quell'uomo aveva ragione: suo figlio non sapeva sopravvivere da solo in un bosco...perché non gli aveva insegnato cosa fare nel caso gli fosse successo qualcosa? Cominciò a respirare affannosamente: doveva assolutamente uscire di lì. Provò e riprovò a rompere il vetro della finestra pensando a Jack, rannicchiato da qualche parte, spaventato, solo e affamato, ma era stato tutto inutile. Le sue mani erano mal ridotte quando capì di dover lasciar perdere. Bussò contro la porta gridando -Ehi! Ehi! Dimmi che cosa vuoi da me! Ti prego ho bisogno di tornare da Jack, ti prego!-
Nessuna risposta. Le luci al neon si spensero e una voce gli disse -Dormi Michael...sarà una lunga giornata, domani così come dopodomani e il giorno dopo ancora-.
Michael era terrorizzato così si raggomitolò in un angolo e mormorò -Ti prego...se c'è qualcosa o qualcuno, un Dio, un destino qualcosa...qualunque cosa sia protegga mio figlio, per favore- Dire quella specie di preghiera era tutto ciò che poteva fare per Jack in quel momento. Si addormentò con la terribile angoscia del dubbio sul destino della persona più cara che aveva al mondo ed ebbe solo incubi.
Rachel era ancora in camera sua a chiedersi se davvero quello che le aveva raccontato Jack potesse essere vero, ma perché avrebbe dovuto mentire? Sentì il suo stomaco protestare per il ritardo della cena e realizzò che nemmeno Jack aveva mangiato quel giorno e che molto probabilmente in quel momento stava congelando. Decise di rimediare subito e, senza che i suoi se ne accorgessero, scese in cucina e prese due pesche, un pezzo di formaggio, qualche fetta di prosciutto e del pane. -Porto io il cane fuori!- annunciò ai suoi.
-Rachel, ma non è venuto a passeggiare con te oggi?-
-No, lo porto fuori ora- rispose sbrigativamente lei e uscì di casa, senza che i suoi la vedessero. Suo padre era nel suo studio e sua madre in camera sua a cambiarsi. Non potevano scoprire che stava portando del cibo a qualcuno.
Il suo cane, Alma, alzò pigramente la testa dalla cuccia, scodinzolandole un po'. Rachel mosse leggermente la testa verso la porta aperta. Cibo? Porta aperta? Alma si fiondò fuori aspettandosi un premio e così, per tenerla buona, Rachel le diede un pezzetto di prosciutto, poi attraversò il buco nella recinzione e raggiunse il salone dove aveva lasciato Jack.
L'uomo che aveva parlato con Michael, scese dal terzo piano dove si trovava il suo prigioniero e raggiunse il parcheggio. Quel posto, vuoto, buio e silenzioso, aveva assunto quell'aspetto tetro già da tempo, ma non riusciva a inquietare quell'uomo. Lui lo trovava delizioso. Si avvicinò rapidamente a una bella e giovane donna che era in piedi, vicino alla sua macchina.
-Perché non mi hai detto che il ragazzino non è morto?!- gridò adirato.
-Volevo farlo, ma tu non mi hai dato retta e hai trascinato quell'uomo su per le scale-
-Merda...dov'è ora?-
-Non lo so...ma ho già dato degli ordini ai miei uomini, setacceranno la zona in cui Jack è sparito-
-Se non lo trovi entro cinque giorni sarai tu a morire, chiaro?-
Con quella minaccia si allontanò nuovamente sbattendo la porta invece di chiuderla. Colpì alcuni vetri con la sua mazza e sparò un paio di colpi a qualche asse rimasta lì per chissà quale ragione. Diede un'occhiata all'orologio: 22:40. Salì nuovamente fino al terzo piano, ma a pochi gradini dalla porta di Michael si fermò sentendo il suo prigioniero colpire più volte quest'ultima, gridando che aveva bisogno di tornare da Jack. Sentire la sua disperazione lo fece immediatamente stare meglio. Lo ignorò ed entrò nella stanza accanto. Premette un pulsante per spegnere le luci al neon e poi attivò un microfono che aveva nascosto dentro la stanza. Gli disse di dormire. Aveva deciso di modificare il suo piano e gli serviva Michael vivo.
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