Basta Un Solo Errore...

Quando Jack si risvegliò quella mattina, trovò un messaggio di Rachel sul telefono: "Oggi sarò a scuola fino all'una...ti ho lasciato la colazione vicino alla scala. Fai attenzione se torni da Andy"

Sospirò. Non voleva iniziare un'altra giornata ricca di pericoli. Preferiva restare lì, ma sapeva che ciò non era possibile. Andy aveva bisogno di lui e i genitori di Rachel potevano decidere di entrare nel rifugio da un momento all'altro, eppure una voce gli diceva di non muoversi da lì, che tanto ogni suo sforzo sarebbe stato vano. 

Lunedì.

Una settimana dal rapimento di suo padre e lui non aveva ancora un piano per trovarlo. Si alzò in piedi e si avvicinò all'uscita, sollevando di pochi centimetri il portello di ferro. Nessuno in vista. Scese la scala, prese la colazione, e ritornò sù. Appena spalancato il portello si mise a correre veloce, lontano da quella casa.

Stava camminando nel bosco e presto avrebbe raggiunto la strada che avrebbe seguito fino alla roccia. Intanto decise di aprire il sacchetto di biscotti e mangiarne alcuni. I dubbi non lo lasciavano in pace. Pensava, pensava, pensava senza sosta. Immaginava di vivere in quel modo per anni, prima che qualcuno si accorgesse che suo padre non si era mai preso un anno sabbatico. E se lui fosse morto? Non gli sarebbe rimasto nulla. Nessun posto in cui andare, nessuna guida a cui fare riferimento, nessuno che potesse spiegargli cosa stesse succedendo. A volte invece sperava di trovarlo e salvarlo. Fantasticava sul come sarebbe stato riabbracciarlo dopo tutti quei giorni. Giunse alla roccia ed entrò nel bosco come al solito. Camminava senza nemmeno guardare davanti a sé. Il sottobosco scricchiolava sotto i suoi piedi. Alzò lo sguardo sospirando e rimase senza fiato. Due uomini erano accanto all'albero del giubbotto fluorescente. 

-Fermo lì- disse il primo puntandogli una pistola contro.

Jack era paralizzato dal terrore.

-Metti quella roba a terra e voltati- 

Obbedì sapendo che questa volta né Rachel, né Andy sarebbero venuti in suo soccorso. Pensò di salvarsi da solo fuggendo, ma gli uomini erano troppo vicini. Se si fosse messo a correre, lo avrebbero preso o peggio: gli avrebbero sparato.

 -Richard ha intenzione di uccidermi- disse -Come potete aiutare un uomo come lui e prendere un ragazzino come me per...per ammazzarlo?- chiese soffocando il tremendo nodo alla gola.

-Sta zitto- rispose uno legandogli le mani dietro la schiena.

-No! Se morirò, se mi ucciderete voi o lui, voglio sapere come potete farlo senza provare niente?-

-Non saremo noi a ucciderti...ora non fiatare o giuro che te ne pentirai-

-Se siete un briciolo umani, vi prego, lasciatemi andare! Ho sedici anni, non voglio morire, vi prego-

-Taci!- gridò uno dei due.

Jack cercò di controllare la paura. Non poteva morire, non in quel momento...non voleva!

Gli uomini lo fecero camminare fin fuori dal bosco e, dato che erano sicuri del fatto che nessuno sarebbe passato lì, essendo una strada poco trafficata, lo portarono fino alla loro auto. Jack si chiese come avesse potuto essere tanto stupido da tornare in quel posto, senza nemmeno notare una macchina parcheggiata! Come avrebbe voluto che Rachel spuntasse fuori col fucile in quel momento, ma non sarebbe successo. Doveva almeno provare a salvarsi da solo.

Tirò un calcio nelle parti basse dell'aggressore che gli teneva la pistola sulla nuca, spostandosi subito dalla traiettoria di quest'ultima. Il secondo lo afferrò facilmente, ma lui cominciò a dimenarsi e a gridare aiuto. Era un tentativo disperato, ma la speranza era più forte di qualsiasi altra cosa. Ricevette un colpo sulla tempia sinistra col calcio della pistola del primo uomo. Per alcuni secondi rimase stordito e i due ne approfittarono per mettergli un pezzo di nastro adesivo sulla bocca, prima di spingerlo nel baule.

Quando Jack si riprese e capì dove fosse finito cominciò a disperarsi. Da quel momento in poi le sue possibilità di salvarsi erano pari a zero. Nuovamente le lacrime gli corsero rapide agli occhi, ma lui le ricacciò via. Non c'era tempo per l'autocommiserazione. Cercò di prendere il cellulare dalla tasca posteriore. Grazie a Dio quei due erano stati poco prudenti e non lo avevano gettato via. Sentì di averlo fatto cadere fuori dai jeans e ora doveva solo far passare le mani da dietro la schiena a davanti al petto. Si portò le ginocchia il più vicine possibile alla faccia e spinse con le spalle verso il basso e poi in avanti. Gli fece un po' male, ma alla fine aveva raggiunto il suo obiettivo. Si voltò e afferrò l'unica sua fonte di salvezza. Si chiese se chiamare la polizia togliendosi il nastro dalla bocca. E se quei due lo avessero sentito? E se avesse risposto Richard? No...al 911 rispondono delle persone diverse, ma...ma l'idea non lo convinceva in ogni caso. Mandò un messaggio a Rachel e appena lo inviò, la macchina curvò. Si tolse il nastro dalla bocca e decise di chiamare il 911 in ogni caso. 

-911, qual'è l'emergenza?-

-V-vi prego a-aiuto...mi-mi hanno rapito, sono in un bagagliaio...-

-Come ti chiami?-

-Jack...Jack Smith, chiamo d-da Oakville...North-North Carolina-

-Stiamo tracciando la chiamata resti in linea-

L'auto si fermò in quel momento.

-Si sono fermati...non mi dica più niente, io resterò in linea-

La voce non rispose. Jack abbassò lo sguardo sul telefono e lo vide...spento. Era troppo scarico. Jack non poteva davvero crederci.

Il baule si aprì e Jack fu tirato fuori. -Aiuto!- gridò il più forte possibile, ma capì subito che sarebbe stato inutile. Era in un bosco a chissà quanti chilometri da una qualunque strada dove qualcuno potesse sentirlo.

-Grida finché vuoi ora...non c'è nessuno qui che ti possa salvare- disse uno dei due uomini.

Lo trascinarono dentro una cascina abbandonata e lo spinsero giù da una scalinata che conduceva in cantina. Jack riaprì gli occhi e cercò di tirarsi sù, ma un uomo lo afferrò per la maglia e lo scagliò in una stanza vuota, chiudendo la porta a chiave. Jack andò a sedersi in un angolo in un'angosciante attesa del suo giustiziere...

Rachel stava per addormentarsi. Ultima ora della giornata: chimica. Non era stanca, ma quell'argomento in particolare era senza ombra di dubbio il più pesante e ricco di eccezioni che lei avesse mai affrontato. Finalmente la campanella suonò. Sospirò di sollievo e uscì rapidamente dalla classe. Arrivata al suo armadietto cominciò a frugare per capire quali libri dovesse portare a casa e quali lasciare a scuola. Vide il suo telefono e decise di controllare prima quello. Messaggio da Jack: "Sono stato catturato non so dove mi stiano portando aiutami"

Sentì il terreno sprofondare insieme a lei e rilesse la frase più e più volte mentre gettava i libri nell'armadietto. Non poteva essere vero, non doveva essere vero. La vita di Jack dipendeva da lei e lei non sapeva nemmeno dove andare a cercarlo. Non poteva neanche immaginare quanta paura avesse lui in quel momento. Corse fuori dalla scuola e raggiunse la macchina. Doveva andare alla polizia e convincerli che la sua storia era vera. Con un po' di fortuna, forse qualcuno sarebbe stato in grado di trovare una proprietà che Richard conoscesse e condurla lì. Le vite di due persone erano appese ad un filo e lei era l'unica che avrebbe potuto salvarli o lasciarli morire, se non fosse stata abbastanza convincente. Guidò velocemente col cuore in gola e, appena vide un posto dove parcheggiare, s'infilò e corse via dentro la stazione. Riconobbe Suzanne, la prima agente con cui aveva parlato quando era andata lì con Jack, e andò dritta da lei.

-Devo parlare con lo sceriffo Price, ora- disse decisa.

-Dov'è il tuoi amico?- chiese Suzanne incuriosita.

-Devo parlare con Price-

-D'accordo- rispose piuttosto offesa dal tono della ragazza.

-Che sta succedendo?- chiese proprio lo sceriffo Price.

Rachel fece un respiro profondo e disse -Devo raccontarle del mio amico Jack, ma non abbiamo molto tempo e lei non deve assolutamente permettere che Richard sappia che sono qui-

Jack era seduto da quelle che a lui parevano ore. Era terrorizzato. La stanza aveva le pareti in cemento e una piccolissima finestrella rettangolare sulla cima del muro alle sue spalle. Aveva provato più volte a raggiungerla ma era stato tutto inutile. Ora fissava la porta. Poteva sfondarla magari. Stava cercando di organizzare un piano per fuggire quando un uomo fece il suo ingresso.

-Ciao Jack-

-T-tu sei Richard- mormorò in preda al panico.

Richard aveva una mazza da baseball in mano e un sorriso malizioso e divertito cucito in volto.

-Sono felice di vederti finalmente- disse. -Prima che ti mostri quello che tu hai fatto a tuo padre, vorrei che ricevessi ciò che meriti senza che ci sia lui a fermarmi-

-Mio padre è ancora vivo?- chiese Jack sentendosi sollevato.

Richard non rispose e lo colpì con la mazza sulle gambe, facendolo cadere. Jack aveva ancora le mani legate, non poteva prenderla al volo e fermarlo così rimase a terra, inerme. Richard lo colpì diverse volte e quando si ritenne soddisfatto, Jack era davvero conciato male.

-Ora sei pronto...- disse ed uscì.

Jack era confuso e dolorante. Mosse un braccio per alzarsi, ma questo gli provocò altro dolore e basta. Si sforzò lo stesso e riuscì a sedersi contro il muro. Era ancora vivo...e sapeva che non lo sarebbe stato ancora per molto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top