Andiamo a casa?
A nessuno degli agenti sembrava importare del fatto che ormai fossero le due del mattino, dato che stavano ancora discutendo sul da farsi. Rachel e Tom avevano chiacchierato per un po' e i loro argomenti erano stati i polsi feriti di lei e il tentato sacrificio di lui. Jack era stato accanto a loro per tutto il tempo, ma non era mai intervenuto, avendo ancora in testa una gran confusione. Prima quella lite stupida, poi la preghiera per restare vivo e infine una tra le mosse più rischiose che avesse mai fatto. Cosa gli stava succedendo? Lui era diverso da così. Si era messo nei guai per salvare un amico e non gli era mai accaduto prima. Forse per questo si tormentava su quanto fosse stato giusto l'aver agito in quel modo impulsivo. Michael era poco più in là, da solo. Scott era andato via quando un superiore l'aveva chiamato.
-Agente Johnson, lei è sospeso da questo caso- formulò solennemente l'uomo.
-Il mio coinvolgimento- iniziò Scott.
-Non si tratta della sua amicizia con Smith- lo precedette l'altro -abbiamo scoperto che quel ragazzo è suo figlio, quindi il suo coinvolgimento è fin troppo alto e potrebbe compromettere le sue capacità di giudizio-
-Quando andremo via da qui, Tom non verrà con noi, ma io sì-
-La mia decisione resta invariata- e se ne andò.
Di lì a poco Tom, Rachel, Jack e Michael salirono in due volanti differenti per ritornare ciascuno a casa propria.
-Ciao Tom- disse Rachel abbracciandolo -ci mancherai, scrivi di tanto in tanto-
-Ciao Rachel, anche tu mi mancherai-
-Hey, grazie mille per averci salvato la vita- aggiunse Jack stringendogli una mano e dandogli qualche pacca sulla schiena.
-E a te per aver salvato la mia!-
-A presto-
-A presto-
La strada era buia e il fatto che stessero tornando verso quella baita a due piani rendeva Rachel nervosa. Voleva che finisse tutto. Chiudere gli occhi e riaprirli in casa sua o a scuola con i suoi amici, ma nulla. Era solo un sogno. Questa volta il suo ruolo era davvero superfluo: Jack era protetto dalla polizia e suo padre, Michael era al sicuro, lei non conosceva quel posto e stava quindi cominciando a sentirsi solo come una preoccupazione o una distrazione in più. Non disse nulla dei suoi pensieri a Jack, anche perché forse ora che sarebbe tornata a casa, sarebbe uscita da quella storia per sempre.
Michael non aveva praticamente disfatto la sua sacca, quindi decise di andare a dare una mano a Jack con la sua.
-Permesso-
-Ciao-
-Sei a buon punto?-
-Sì...mancano un paio di cose-
L'occhio di Michael cadde su una fotografia di lui, Sarah e Jack sul comodino. Sorrise perché poteva ricordare cosa fosse avvenuto prima e dopo lo scatto e pensò di dirlo a Jack, ma il ragazzo afferrò la foto e la buttò nella sacca, dove rimbalzò sui vestiti e scivolò per terra.
-Fai attenzione!- lo riprese suo padre.
-Cavolo, non è rotta vero?-
-No, fortunatamente no-
-Bene, rimettila dentro-
-Per favore- gli ricordò Michael.
-Sì, per favore-
-Ma cosa ti prende ultimamente?-
-Niente, papà sono lo stesso-
Michael decise di lasciar perdere e evitare che litigassero ancora. In quel momento Jack lanciò un libro dentro la sacca con una tale violenza da spingerla e farla cadere per terra, rovesciando quasi tutto quello che aveva messo dentro.
-Jack! Ma- cominciò Michael.
-Lo so, va bene? Per favore vattene- disse rimettendo dentro alcune cose -Oggi va così, stare qui con te che mi fissi non mi aiuta-
-Va bene...tornerò quando ti sarai dato una calmata e spero per te che accada presto signorino-
Jack, senza farsi vedere, alzò gli occhi al cielo. "Signorino" come quando aveva due anni. Alla fine sentì la porta sbattere e un po' gli dispiacque di essere stato così brusco con suo padre. Non ci poteva fare nulla, la sua vista lo irritava. Che fosse perché lo riteneva responsabile della morte di sua madre o dell'assassino che gli stava dando la caccia, in ogni caso era arrabbiato con lui e non sapeva se a ragione o torto e questo lo confondeva di più.
-Jack-
-Dimmi Rachel-
-Credo che ci sia qualcuno fuori-
Il sangue si gelò nelle vene del ragazzo.
-Come lo sai?-
-Non lo so, è una sensazione. É come se dovesse succedere qualcosa di terribile, ma non so cosa o quando-
-È solo paranoia, tranquilla. Ora gli agenti ci porteranno via da qui, andrà tutto bene-
-Si lo so, ma non riesco a sbarazzarmi di questa sensazione-
-Andrà tutto bene- disse e le diede un abbraccio per calmarla.
-Quando torneremo farai ancora il cretino con Meredith?-
-Dai!- ridacchiò lui -Non saprei...è tanto che non la vedo-
-Poco più di una settimana-
-Per la decisione che devo prendere è tanto tempo-
-Che decisione?-
-Niente- rispose e finalmente chiuse quella sacca. Non voleva dire a Rachel che aveva avuto l'idea di lasciare Meredith, non finché non ne fosse stato certo. -Andiamo-
Entrambi uscirono da quella casa e raggiunsero le volanti. Rachel si voltò verso la baita e improvvisamente capì quale fosse la causa della sua ossessiva sensazione di pericolo.
Scott intanto aveva noleggiato un auto per tornare in aereo a Quantico, dove avrebbe ripreso servizio con un altro caso. Non riusciva però a togliersi dalla testa quello che era successo poco prima. Tom. Un figlio che di certo non aveva mai dimenticato, ma che aveva tenuto il più possibile lontano dalla sua vita. Lui lavorava in ogni Stato lo chiedesse e coi peggiori criminali. Sua madre invece...Interpol, poi esercito. Erano stati sposati per tre anni prima della rottura e lui doveva ammettere che era stata colpa sua. Tuttavia pensare al passato senza fare nulla per salvare suo figlio da quella situazione era inammissibile. Si ripromise di chiamare Christie non appena sarebbe stato in città. Doveva farle sapere di quello che stava succedendo e prendere una decisione con lei. Che ore saranno state in Arabia? Improvvisamente si ricordò che Tom non aveva risposto alla sua domanda sul suo futuro. Inchiodò. Fece un inversione di marcia e si fiondò lungo la strada verso la fattoria di Tom.
Quando svoltò a destra, vide qualcosa che non si sarebbe mai augurato che accadesse. Un carro attrezzi stava tirando su da un burrone a lato della strada una volante. Chiese informazioni ad un uomo che aveva identificato come poliziotto in borghese e quello gli rispose che un pazzo aveva deliberatamente urtato la volante per farla finire fuori strada e che al momento il guidatore e due passeggeri si trovavano in ospedale in condizioni piuttosto gravi. Dato che i passeggeri erano solo due, capì che doveva trattarsi dell'auto che stava riportando Tom a casa. Risalì nella sua e subito raggiunse l'ospedale, sapendo che suo figlio non poteva trovarsi da un'altra parte. Quando entrò si rese conto di non sapere cosa dire. Si doveva presentare come il padre? Poteva farlo? No. Lui non era nessuno per Tom, almeno sulla carta. Decise di optare per una mossa più astuta, ma illegale.
-Buonasera, agente dell'FBI Scott Johnson, sono qui per le perone che erano sulla volante che è stata spinta in un burrone, dovrei interrogarli non appena sarà possibile-
-D'accordo, ora mi informo...ero certa che se ne sarebbe occupata la polizia locale-
-Cambio di giurisdizione- rispose con una tale sicurezza che per un attimo convinse anche se stesso di quella bugia. Attese qualche minuto.
-Allora il guidatore si trova ancora in sala operatoria, l'altro uomo purtroppo è entrato in coma e il ragazzo che era con loro si trova in terapia intensiva...se vuole parlare col suo medico, il dottor Nightingale, si trova ora in quel reparto-
Scott, con un autocontrollo che non credeva di possedere, si fece spiegare dove fosse il reparto e lo raggiunse con calma. Stava mandando la sua carriera a quel paese, forse lo avrebbero denunciato, ma non gli importava. Tom aveva bisogno di lui. Trovò subito il chirurgo in questione e recitò nuovamente la sua menzogna.
-Questo ragazzo ha bisogno di un trapianto di fegato. É stato sbattuto dentro il veicolo diverse volte, poi, non si sa come, i paramedici lo hanno trovato con un pezzo di vetro proprio in quel punto-
-Posso donare io, se risulterò positivo-
-Ma lei ha in un'indagine in corso-
-No io...sono il padre biologico di Tom e ho usato questa scusa per entrare. La prego di capire, lui è mio figlio non potevo aspettare che uscissero i giornali, volevo aiutarlo-
Il dottor Nightingale guardò la sua fede e pensò alle sue due figlie. Se davvero quell'uomo non poteva dimostrare con i documenti di essere davvero il padre del ragazzo, forse lui stesso non avrebbe agito diversamente. Poteva capire e in più il suo paziente avrebbe avuto qualche possibilità in più di vivere se quell'uomo davvero era suo padre.
-Acconsento, le faremo degli esami-
-Perfetto, solo...si potrebbe evitare che Tom sappia tutto questo? Non deve sapere che il donatore sono io e che sono suo padre-
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